Gregorio in cima al Tabor
La leggenda
Quando il Cavaliere tornò dalla Crociata, la Terrasanta rimase
nei suoi occhi, la sommità della più alta montagna della
Valle gli ricordava un monte della Palestina.
Vi salì superando belve e foreste, scavalcando massi erratici e
burroni giganteschi, tremando per il freddo nella neve della tormenta,
e mentre camminava gli tornavano in mente gli orrori ma anche la gioia,
la fede e l’avventura del Regno Franco d’Oltremare.
Sulla cima la bufera si spense, le nuvole si aprirono e alla vista
apparvero i Re Magi sui loro cammelli, il vento portò e fece
sparire di nuovo le nubi e al riapparire del sole i Re erano stati
sostituiti da tre magnifiche Rocce che chiamò Baldassarre,
Melchiorre, Gasparre.
Poi il cavaliere tornò nella sua Torre.
è
la quiete dell'animo quando
la
nostra ombra coincide con noi stessi
è raro che avvenga
è
capitato
durante
la salita dell'alpitrek al Monte Tabor
era
il dieci agosto del duemiladodici
la serenità è preziosa per tutti
soprattutto
per quelli che frequentano l'inquetudine
La storia
raccontata da don Masset, parroco di Melezét a Mauro nel 1956
Sulla cima la cappella esiste da tempo immemorabile e la gente vi
affluisce in pellegrinaggio da tutte le vallate francesi e piemontesi.
Ma nel 1694 la cappella di Nostra Signora dei Sette Dolori sul Thabor
era interamente distrutta, la domenica precedente la festa di San
Bartolomeo di quell’anno trentatré muli portarono il
materiale per ricostruirla, guidava l’opera il rev. Girolamo
Andrè parroco di Melezét.
Nel 1860 il tifo penetrò nelle case del paese, corse voce di porre speranza nel soccorso di N.D. di Monte Thabor.
Si era nel rigore dell’inverno. Il consiglio comunale di
Melezét fece allora voto perpetuo di fare ogni anno una
processione al Monte. Il voto approvato dalla diocesi fu registrato il
10 dicembre del 1860.
Il flagello cessò per incanto.
E da quell’epoca, ogni anno al 16 luglio Melezét va in processione alla cappella per ringraziare Nostra Signora.
cronaca del pellegrinaggio dell'alpitrek al Monte Tabor
venerdì 10 agosto 1012
ore 3,45 sveglia e profenda cavalli
ore 4 caffè caldo
ore 4,30 partenza con luna radiosa e brezza calda e qualche
frontale accesa
poi casa dei camosci
poi ponte del gufo con abbeverata
poi scossi fino al masso, 10 minuti di sosta, la luce è
completa
ore 6,30 pian del desinare
ore 7 verifica passerella
passaggio
ore 8 colle del tabor
ore 8,30 arrivo sulla cima
colazione davanti alla cappella di Nostra Signora dei sette
dolori
ore 11 inizio discesa
ore 13 boccone al masso
ore 15,30 arrivo al campo
elena valter e alberto sono venuti per un saluto prolungato
e potente
poi acqua limone e salvia per dar ristoro alle gole arse
Apre
la pista Cecilia (dodici anni), scout di Bardonecchia col vecchio
Giacomo Re, al col des Meandes da cui comincia l'ultima salita al monte
Tabor con i suoi nevai, il terreno è sassoso, ma il
sentiero percorribile.
leggendo la cronaca della salita al Monte Tabor sorgono alcune considerazioni
alcune cose son poco chiare, non dette,
la prima:
l'ak non dice chiaramente che sconsiglia vivamente la salita al Monte senza motivo ai cavalli
l'ak
non dice che il passaggio sulla passerella (che i cavalli dell'ak hanno
portato sui basti lassù) può essere pericolosa per
cavalli non abituati psicologicamente alla progressione su sentieri
difficili
l'ak non dice che il Monte è per loro un Santuario, il loro Bear Butte,
l'ak non dice che la marcia della notte nel volgersi dell'alba è rituale
l'ak
non dice che il sorgere del sole coincide con l'attraversamento della
preziosa acqua, dono inestimabile delle nevi che coprono il Monte
l'ak non dice niente, loro pretendono che l'attento si accorga
l'ak non spiega, coloro che non "sentono" raggiungono "solo" la cima
coloro guardano le alpi del delfinato turisticamente
ma
perché quel Monte porta quel nome?
perchè sulla cima gli uomini hanno messo la Cappella
perchè tutti gli anni da tempi immemorabili salgono in processione?
per l'ak, anche se non lo dice, il Monte non è una cima da raggiungere,
ma congiunzione con lo Spirito del Cavallo e del Cielo
loro non l'hanno mai detto chiaramente hanno costretto me
barbara hofman
cavalli in cima al monte
RELAZIONE INFORMATIVA SULLA RICOGNIZIONE DELL’ALPITREK INTORNO AL MONTE THABOR
- Estate 2008 -
L’obiettivo
Verificare la possibilità di effettuare con quadrupedi con
particolare attenzione ai cavalli l’anello del monte Thabor, al
fine di affiancare al turismo tradizionale l’escursionismo
equestre, dando la possibilità anche ai cavalieri di frequentare
percorsi alpini contribuendo allo sviluppo dell’economia montana.
Il percorso
Nel percorso sono stati scavalcati sette colli: colle di Valle Stretta
2434 m, col des Battaillères 2804 m, col des Marches 2725 m, pas
des Griffes 2554 m, col de la Plagnette 2540 m, col des Rochilles 2496
m, col della Scala 1762 m.
Bivacchi: campo base Valle Stretta 1750 m, primo bivacco a les Marches
2230 m, secondo bivacco camp des Rochilles presso le caserme del
79° Rgt RAM 2412 m.
Rifugi incontrati: Rifugio 3° Alpini e Rifugio Re Magi 1750 m Valle
Stretta, Rifugio del Thabor 2500 m, Refuge Les Marches 2230 m, posto
tappa di Valmenier, Refuge Drayères 2180 m, Refuge de Laval 2012
m, Refuge de Ricou 2115 m.
riposo tra ghette e scarponi sul sagrato della chiesa di notre dame de i 7 dolori
Diario di marcia
La ricognizione inizia idealmente il 10 agosto 2008 alle 4 del mattino
quando l’Alpitrek lascia il campo base di Valle Stretta per
salire al monte Thabor, la cui vetta viene raggiunta alle 8.30.
Questa uscita al monte è stata effettuata non solo per allenare
i cavalli, ma soprattutto per invocare la protezione di N. D. dei Sette
Dolori del Monte Thabor sulla nostra avventura.
15 agosto 2008: due scout dell’Alpitrek battipista vengono
ricacciati a valle da una violenta bufera di neve ai laghi Margherita,
rimandando l’inizio della spedizione al giorno seguente.
16 agosto 2008: mattina magnifica. L’Alpitrek è in sella
alle 8 del mattino. Risale il vallone di Valle Stretta, fa pausa ai
laghi Margherita e procede verso il col des Battailleres, dove vistose
macchie di neve fresca ricordano la bufera del giorno precedente. Il
colle viene raggiunto verso le 12.30 e i cavalieri procedono senza
fermarsi affrontando la ripida ma non pericolosa discesa verso il lago
della Bissorte, sostando ovviamente per la pausa del tè a quota
2450 sulle rive del lago des Battailleres. La compagnia prosegue quindi
verso il rifugio de les Marches, dove si accampa in un pianoro lungo il
sentiero che porta al col des Marches.
Nota 1. Appena sotto il lago des Battailleres abbiamo visto un bel
tunnel di ferro che in caso di maltempo può essere utilizzato
come bivacco per uomini e cavalli.
Nota 2. Con l’educazione che contraddistingue l’Alpitrek,
ordinati in silenzio con i cavalli sotto mano, seguendo rigorosamente
il sentiero nei pressi del rifugio les Marches, siamo stati
imperiosamente invitati dal gestore del rifugio a lasciare
immediatamente la valle. Non ne abbiamo capito il motivo. Volevamo
verificare l’accoglienza del rifugio fermandoci al suo interno
ma, non essendo stato possibile, ci siamo accampati in un magnifico
posto poco sopra, in perfetto stile Alpitrek: in piena libertà
per cavalli e cavalieri. Nubi salivano veloci dal lago della Bissorte,
ma non riuscivano ad oscurare l’orsa maggiore che danzava nel
cielo per darci gioia.
17 agosto 2008:
l’Alpitrek è in sella alle 7 del mattino (i nostri si sono
svegliati alle 5 per accudire i cavalli, fare colazione, smontare il
campo e preparare l’equipaggiamento). Seguendo con fiducia
Arianna Corradi che in passato aveva già effettuato il percorso,
i cavalieri salgono al col des Marches che viene raggiunto alle 8.20.
Il colle è avvolto da una fitta coltre di nebbia che impedisce
il superbo spettacolo che la natura avrebbe potuto offrire.
Infreddoliti scendono su Valmenier, fermandosi mezz’ora
perché Guardinga, una delle cavalle, perde un ferro. Valmenier
1800 viene raggiunta alle 11.00. I cavalli si riposano sul fondovalle
per due
ore e alle 13.30 ripartono alla volta di Pas de Griffes, raggiunto alle
15.50. Da questo passo inizia la parte più bella
dell’intero percorso: attraverso magnifici pascoli lontani da
ogni centro abitato, i cavalieri attraversano valloni selvaggi ricchi
d’acqua e di aria pura; perfino la Guglia Nera guarda benigna il
procedere della compagnia a cavallo che pian piano si avvicina
all’attacco del colle della Plagnette. L’attraversamento di
questi valloni permette ai cavalli di riprendere forza.
L’ulteriore pausa del tè alle 6 di sera prima
dell’ultima salita, insieme all’aria che si è fatta
particolarmente frizzante e fresca, rinvigorisce talmente i destrieri
da far portare senza fatica i propri cavalieri al colle, attraverso la
spettacolare luce del sole al tramonto. Il colle viene raggiunto alle 7
di sera, per poi iniziare la lieve discesa che porta alla sorgente
della Clarèe, ovvero il primo lago di Rochilles, nel quale i
cavalli fanno un salutare pediluvio per circa 20 minuti. Mentre i
cavalli calmi sostano nell’acqua, gli ultimi raggi del sole
accarezzano le cime delle montagne; non c’è anima viva, il
silenzio e la pace sono totali. Da qui viene raggiunto in pochi minuti
il campo di Rochilles, magnifico posto predisposto per acquartierare
cavalli e uomini.
Nota 1. La salita al col des Marches, tranne che per alcuni tratti,
è possibile effettuarla stando in sella, la discesa dal colle su
Valmenier non presenta tratti pericolosi, il terreno è in genere
di buon fondo anche se noi siamo stati agevolati da una lieve
fanghiglia dovuta alla nevicata dei giorni precedenti. Tale fanghiglia
ammorbidiva la progressione dei cavalli. Il sentiero da Valmenier al
pas de Griffes nel primo tratto è costituito da una vecchia
mulattiera con fondo pietroso ed è consigliabile farne alcuni
pezzi a piedi anche se la pendenza non è eccessiva. Quando il
sentiero sale verso il colle facendosi ardito è bene alternare
tratti a piedi, soprattutto se i cavalli dovessero essere affaticati,
ma il sentiero di per sé non presenta pericoli di sorta, a parte
uno scalino roccioso facilmente aggirabile. Sono stati avvistati due
camosci al pas de Griffes. Dal Pas De Griffes a Rochilles il sentiero
è di buon fondo e non presenta difficoltà per la
progressione dei cavalli.
Nota 2. Il campo di Rochilles è magnifico, l’esercito ha
messo ai disposizione dei turisti un bivacco sempre aperto con letti a
castello e materassi. Alcuni cavalieri hanno dormito dentro, altri
hanno dormito fuori, altri ancora in un baraccamento vicino. I cavalli
disposti in batteria, legati ai solidi anelli delle caserme. La luna
era piena, l’acqua fresca e leggera, vicina e abbondante. Non
possiamo fare altro che ringraziare l’esercito per aver dato la
possibilità di usufruire di questo magnifico posto, da noi
lasciato come l’abbiamo trovato.
18 agosto 2008: l’Alpitrek è in sella alle 7 del mattino.
Con lo spettacolo magnifico dei laghi di Rochilles sulla destra, i
cavalieri scendono sul rifugio Drayères dove si fermano alle 9
per la pausa di colazione. Da qui proseguono in sella verso Laval dove
la compagnia si divide in due gruppi: la maggior parte procede su
Nevache seguendo la strada asfaltata fino al camping per poi prendere
il sentiero sulla destra orografica della Clarèe, mentre
l’altro percorre il Chamin de Ronde. A Nevache il gruppo si
riunisce per poi dividersi nuovamente e raggiungere
l’accampamento in Valle Stretta dal col di Thures e dal col della
Scala.
Nota 1: dai laghi di Rochilles il sentiero scende sul rifugio
Drayères: ci sono due scalini rocciosi che possono creare
difficoltà ai cavalli, ma che è possibile aggirare con
delle deviazioni sulla sinistra, segnalate da ometti di pietra. Quindi
consigliamo di scendere con circospezione, ovviamente se non si ha una
guida che conosce il terreno.
Nota 2. Nelle vicinanze del rifugio Drayères è possibile
acquartierare i cavalli. Non sappiamo se questo è possibile
anche al rifugio di Laval perché non ancora ufficialmente
aperto. Il Chamin de Ronde è spettacolare: a parte la ripida
salita e la conseguente ripida discesa, si sviluppa in piano a mezza
costa (serviva per bloccare il contrabbando con l’Italia nei
tempi passati). La vista sulle punte della grande Area e del Chardonnet
è superba. Non presenta difficoltà alla progressione dei
cavalli, occorre però fare attenzione quando il sentiero
attraversa vaste zone paludose perché i ferri, soprattutto
quelli provati, possono essere risucchiati.
Nota 3. Dal secondo tornante del col della Scala verso l’Italia
parte un sentiero militare molto bello, a parte un tratto lungo 100
metri franato che è possibile attraversare con i cavalli sotto
mano, che porta direttamente alla parete dei militi e di conseguenza a
Valle Stretta.
Partecipanti
Guide Alpitrek: Arianna Corradi, Claudio Servetti
Allievo guida: Corrado Piccoli
Osservatori: Roberto Vaglio già assessore alla montagna Regione
Piemonte, Silvia Verducci responsabile ambiente comune di Piossasco,
Vittoria Moretta
Responsabile: Mauro Ferraris
Cavalli
Borbera, anglo arabo sardo di 600 kg - veterano
Brown, argentino - veterano
Lucianina, anglo arabo sarda - veterana
Soldato, argentino - veterano
Tequila, argentino
Guardinga, quarter horse - veterana
Topo, argentino - veterano
Delinquente, anglo arabo sardo di tre anni e mezzo - allievo veterano
Addestramento, allenamento
Tutti i cavalli che hanno partecipato a questa spedizione sono
addestrati a percorrere la montagna e l’alta montagna. Hanno
anche attraversato più volte deserti nivali. Hanno uno spiccato
senso dell’equilibrio, sono psicologicamente sereni e di
conseguenza hanno piede sicuro.
L’allenamento è cominciato all’inizio
dell’estate con una serie di trekking alpini alternati da lavoro
in piano dov’erano previste le tre andature: passo, trotto,
galoppo. L’allenamento è stato diretto e seguito dal dott.
Andrea Bertuglia, medico veterinario dell’Alpitrek.
Logistico
La nostra spedizione non ha previsto punti di appoggio. I cavalli hanno
trasportato, oltre ai cavalieri, l’equipaggiamento indispensabile
alla progressione e i viveri necessari per tre giorni. I viveri per i
cavalli sono costituiti dalle razioni ad alto contenuto energetico
lievemente maggiorate rispetto a quelle abituali. Ovviamente i kg di
pietanza somministrati variano da cavallo a cavallo, per tener conto
delle rispettive esigenze. La frugalità dei cavalieri e dei
cavalli dell’Alpitrek permettono questo tipo di progressione.
Il metodo di progressione dell’Alpitrek, basato
sull’essenzialità e nella più completa autonomia e
libertà, è frutto di una predisposizione alla vita rude
passata all’aria aperta 24 ore su 24. Questa nostra
peculiarità può non essere condivisa dai clienti che le
guide accompagnano. Per questo motivo, soprattutto nel secondo
itinerario proposto, occorre appoggiarsi ai rifugi e ai posti tappa che
si incontrano lungo il percorso.
Dalla nostra esperienza sappiamo che il numero di persone interessate a
queste escursioni a cavallo non è mai elevato, di conseguenza ci
tratteniamo dal proporre ai posti tappa e ai rifugi di avere fieno e
pietanza per i cavalli, perché i costi potrebbero superare i
guadagni. Queste valutazioni le lasciamo ai gestori dei rifugi e dei
punti tappa. Nell’eventualità che per questi validi motivi
non fosse possibile trovare vettovagliamento lungo il percorso,
l’unica alternativa per la compagnia diventa quella di avere un
logistico proprio efficiente e preparato, in modo da permetterle di
avanzare come una brigata autonoma.
Conclusioni
Il percorso descritto è magnifico, ma pensiamo impegnativo per
la maggior parte dei cavalieri. Lo sviluppo dei sentieri è
esclusivamente alpino, questo implica lunghi periodi di marcia a piedi
con i cavalli sottomano e il dover marciare non sempre è gradito
ai cavalieri. Inoltre (e sottolineiamo inoltre) non tutti i cavalli
possono affrontare questi sentieri senza un’adeguata preparazione
e allenamento, non è infatti pensabile che un cavallo vissuto
esclusivamente nei box di pianura possa affrontare in sicurezza
percorsi alpini senza un’adeguata preparazione psicologica e
fisica. Il cavallo dev’essere sicuro di se e soprattutto del
cavaliere che in questi casi diventa spesso conducente.
Quindi abbiamo pensato di proporre due percorsi: uno, quello della
nostra ricognizione, che può essere fatto da cavalli e cavalieri
esperti, dal cuore avventuroso, che attraversa le montagne selvagge
intorno al monte Thabor. Un secondo, più equestre e leggero, a
quota relativamente più bassa, che parte dal rifugio di Les
Marches, costeggia il lago della Bissorte e raggiunge la magnifica
pista forestale convergendo a sinistra per raggiungere il vecchio
abitato di Valmenier. Questa alternativa permette di fare una tappa
più breve evitando la salita al col des Marches, dando respiro
alla compagnia provata dall'impegnativa tappa precedente. Altra
alternativa: la compagnia può raggiungere se vuole Valloire su
facili strade di servizio agli impianti sciistici, ma senza eccessivo
impegno psichico e fisico. Quest’ultima variante permette di
evitare il più impegnativo Pas des Griffes. Da Valloire la
compagnia può raggiungere senza problemi il col de Plagnette
risalendo il magnifico vallone di Valloire. L’ultima tappa e la
prima rimangono invariate. Questo secondo itinerario, che secondo noi
è più proponibile del primo alla maggioranza dei
cavalieri, si percorre in cinque giorni e alterna colli alpinistici di
estrema bellezza a confortevoli tappe di collegamento.
N.B. L'alpitrek sconsiglia vivamente la salita al monte Thabor con
cavalli non addestrati e impreparati, in quanto alcuni tratti del
sentiero sono particolarmente esposti, con cattivo fondo roccioso e di
conseguenza possono essere pericolosi.
due righe sul pellegrinaggio al Monte Tabor
di Saulo Zanetta
Quattro anni che sentivo parlare del Tabor, e due che il
desiderio di salirci si era fatto più insistente. L'hanno scorso ci
abbiamo provato. Ma le condizioni non erano propizie. Perchè per
salirci credo una serie di fattori debbano essere in accordo tra loro.
Sia esterni che interni, umani ed ambientali per così dire.
Lo
guardavo e sentivo dentro che toccava qualcosa nel profondo.
Un'immagine depositata. Ci ho pensato a lungo su quale fosse. Penso
corrisponda a una sensazione nostalgica. Provo a spiegarla: Liguria, da
piccolo, partenza per il mare. Quando si esce dai tunnel
dell'autostrada, improvvisamente il mare, a destra o sinistra a
dipendenza che si scelga il ponente o il levante, e all'opposto la
montagna che degrada velocemente. Ecco quella montagna, quel tipo di
esposizione, la sua forma, mi riaccendeva una sensazione simile. E'
difficile da spiegare. Parte dalla pancia, ha che fare con le viscere e
poi si alza ed occupa il cuore. E' un misto di emozioni contrastanti,
vissute allora e ricercate per tutta la vita. E' ipnotica, attrae.
In
cima si gode uno spettacolo magnifico. Lo sguardo spazia ed è più
facile come dice Ungaretti "sentirsi una docile fibra dell'Universo".
Ma.. io ero preso da un inganno della mia mente e dal suo disvelamento.
Dal basso avevo pensato che quelle distese brulle che circondano la
chiesetta fossero prati, erba secca dal sole, e probabilmente questo
corrispondeva all' immagine depositata dentro di me. Ora, salendo, mi
ero reso conto che esse erano pietre, sfasciume generato dal
disgregarsi delle rocce. Effetto degli agenti atmosferici e del tempo.
Confesso che un po' del tempo l'ho passato a ricucire. Prima di
scendere ho dovuto abbandonare lì la delusione e l'illusione. Solo
allora ho potuto godere del viaggio e degli amici. Ringrazio ancora chi
mi ha permesso, pellegrino, di visitare un luogo dell'anima. Questo è
stato il mio Tabor
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