SOMMARIO

Anno V
Numero 2
Giugno 2013

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ARCHIVIO

 

 

 

 

MONTE TABOR

di Cecilia Mainardi
gregorio in cima al tabor
Gregorio in cima al Tabor

La leggenda


Quando il Cavaliere tornò dalla Crociata, la Terrasanta rimase nei suoi occhi, la sommità della più alta montagna della Valle gli ricordava un monte della Palestina.
Vi salì superando belve e foreste, scavalcando massi erratici e burroni giganteschi, tremando per il freddo nella neve della tormenta, e mentre camminava gli tornavano in mente gli orrori ma anche la gioia, la fede e l’avventura del Regno Franco d’Oltremare.
Sulla cima la bufera si spense, le nuvole si aprirono e alla vista apparvero i Re Magi sui loro cammelli, il vento portò e fece sparire di nuovo le nubi e al riapparire del sole i Re erano stati sostituiti da tre magnifiche Rocce che chiamò Baldassarre, Melchiorre, Gasparre.
Poi il cavaliere tornò nella sua Torre.

ombre tabor

è la quiete dell'animo quando
la nostra  ombra coincide con noi stessi
è  raro che avvenga
è capitato
durante la salita dell'alpitrek al Monte Tabor
era il dieci agosto del duemiladodici

 la serenità è preziosa per tutti
soprattutto per quelli che frequentano l'inquetudine


La storia

raccontata da don Masset, parroco di Melezét a Mauro nel 1956

Sulla cima la cappella esiste da tempo immemorabile e la gente vi affluisce in pellegrinaggio da tutte le vallate francesi e piemontesi.
Ma nel 1694 la cappella di Nostra Signora dei Sette Dolori sul Thabor era interamente distrutta, la domenica precedente la festa di San Bartolomeo di quell’anno trentatré muli portarono il materiale per ricostruirla, guidava l’opera il rev. Girolamo Andrè parroco di Melezét.
Nel 1860 il tifo penetrò nelle case del paese, corse voce di porre speranza nel soccorso di N.D. di Monte Thabor.
Si era nel rigore dell’inverno. Il consiglio comunale di Melezét fece allora voto perpetuo di fare ogni anno una processione al Monte. Il voto approvato dalla diocesi fu registrato il 10 dicembre del 1860.
Il flagello cessò per incanto.
E da quell’epoca, ogni anno al 16 luglio Melezét va in processione alla cappella per ringraziare Nostra Signora.

cronaca del pellegrinaggio dell'alpitrek al Monte Tabor

venerdì 10 agosto 1012
ore 3,45 sveglia e profenda cavalli
ore 4 caffè caldo
ore 4,30 partenza con luna radiosa e brezza calda e qualche frontale accesa
poi casa dei camosci
poi ponte del gufo con abbeverata
poi scossi fino al masso, 10 minuti di sosta, la luce è completa
ore 6,30 pian del desinare
ore 7 verifica passerella
passaggio
ore 8 colle del tabor
ore 8,30 arrivo sulla cima
colazione davanti alla cappella di Nostra Signora dei sette dolori
ore 11 inizio discesa
ore 13 boccone al masso
ore 15,30 arrivo al campo
elena valter e alberto sono venuti per un saluto prolungato e potente
poi acqua limone e salvia per dar ristoro alle gole arse

meandes


Apre la pista Cecilia (dodici anni), scout di Bardonecchia col vecchio Giacomo Re, al col des Meandes da cui comincia l'ultima salita al monte Tabor con i suoi nevai, il terreno è sassoso, ma il sentiero percorribile.

leggendo la cronaca della salita al Monte Tabor sorgono alcune considerazioni
alcune cose son poco chiare, non dette,
la prima:
 l'ak non dice chiaramente che sconsiglia vivamente la salita al Monte senza motivo ai cavalli
l'ak non dice che il passaggio sulla passerella (che i cavalli dell'ak hanno portato sui basti lassù) può essere pericolosa per cavalli non abituati psicologicamente alla progressione su sentieri difficili
l'ak non dice che il Monte è per loro un Santuario, il loro Bear Butte,
l'ak non dice che la marcia della notte nel volgersi dell'alba è rituale
l'ak non dice che il sorgere del sole coincide con l'attraversamento della preziosa acqua, dono inestimabile delle nevi che coprono il Monte
l'ak non dice niente, loro pretendono che l'attento si accorga
l'ak non spiega, coloro che non "sentono" raggiungono "solo" la cima
coloro guardano le alpi del delfinato turisticamente
ma
perché quel Monte porta quel nome?
perchè sulla cima gli uomini hanno messo la Cappella
perchè tutti gli anni da tempi immemorabili salgono in processione?
per l'ak, anche se non lo dice, il Monte non è una cima da raggiungere,
 ma congiunzione con lo Spirito del Cavallo e del Cielo
loro non l'hanno mai detto chiaramente hanno costretto me
barbara hofman
pitture

vetta

cavalli in cima al monte

RELAZIONE INFORMATIVA SULLA RICOGNIZIONE DELL’ALPITREK INTORNO AL MONTE THABOR  
- Estate 2008 -

L’obiettivo


Verificare la possibilità di effettuare con quadrupedi con particolare attenzione ai cavalli l’anello del monte Thabor, al fine di affiancare al turismo tradizionale l’escursionismo equestre, dando la possibilità anche ai cavalieri di frequentare percorsi alpini contribuendo allo sviluppo dell’economia montana.

Il percorso

Nel percorso sono stati scavalcati sette colli: colle di Valle Stretta 2434 m, col des Battaillères 2804 m, col des Marches 2725 m, pas des Griffes 2554 m, col de la Plagnette 2540 m, col des Rochilles 2496 m, col della Scala 1762 m.
Bivacchi: campo base Valle Stretta 1750 m, primo bivacco a les Marches 2230 m, secondo bivacco camp des Rochilles presso le caserme del 79° Rgt RAM 2412 m.
Rifugi incontrati: Rifugio 3° Alpini e Rifugio Re Magi 1750 m Valle Stretta, Rifugio del Thabor 2500 m, Refuge Les Marches 2230 m, posto tappa di Valmenier, Refuge Drayères 2180 m, Refuge de Laval 2012 m, Refuge de Ricou 2115 m.

riposo

riposo tra ghette e scarponi sul sagrato della chiesa di notre dame de i 7 dolori
Diario di marcia

La ricognizione inizia idealmente il 10 agosto 2008 alle 4 del mattino quando l’Alpitrek lascia il campo base di Valle Stretta per

salire al monte Thabor, la cui vetta viene raggiunta alle 8.30.
Questa uscita al monte è stata effettuata non solo per allenare i cavalli, ma soprattutto per invocare la protezione di N. D. dei Sette Dolori del Monte Thabor sulla nostra avventura.
15 agosto 2008: due scout dell’Alpitrek battipista vengono ricacciati a valle da una violenta bufera di neve ai laghi Margherita, rimandando l’inizio della spedizione al giorno seguente.
16 agosto 2008: mattina magnifica. L’Alpitrek è in sella alle 8 del mattino. Risale il vallone di Valle Stretta, fa pausa ai laghi Margherita e procede verso il col des Battailleres, dove vistose macchie di neve fresca ricordano la bufera del giorno precedente. Il colle viene raggiunto verso le 12.30 e i cavalieri procedono senza fermarsi affrontando la ripida ma non pericolosa discesa verso il lago della Bissorte, sostando ovviamente per la pausa del tè a quota 2450 sulle rive del lago des Battailleres. La compagnia prosegue quindi verso il rifugio de les Marches, dove si accampa in un pianoro lungo il sentiero che porta al col des Marches.

Nota 1. Appena sotto il lago des Battailleres abbiamo visto un bel tunnel di ferro che in caso di maltempo può essere utilizzato come bivacco per uomini e cavalli.
Nota 2. Con l’educazione che contraddistingue l’Alpitrek, ordinati in silenzio con i cavalli sotto mano, seguendo rigorosamente il sentiero nei pressi del rifugio les Marches, siamo stati imperiosamente invitati dal gestore del rifugio a lasciare immediatamente la valle. Non ne abbiamo capito il motivo. Volevamo verificare l’accoglienza del rifugio fermandoci al suo interno ma, non essendo stato possibile, ci siamo accampati in un magnifico posto poco sopra, in perfetto stile Alpitrek: in piena libertà per cavalli e cavalieri. Nubi salivano veloci dal lago della Bissorte, ma non riuscivano ad oscurare l’orsa maggiore che danzava nel cielo per darci gioia.
17 agosto 2008:
l’Alpitrek è in sella alle 7 del mattino (i nostri si sono svegliati alle 5 per accudire i cavalli, fare colazione, smontare il campo e preparare l’equipaggiamento). Seguendo con fiducia Arianna Corradi che in passato aveva già effettuato il percorso, i cavalieri salgono al col des Marches che viene raggiunto alle 8.20. Il colle è avvolto da una fitta coltre di nebbia che impedisce il superbo spettacolo che la natura avrebbe potuto offrire. Infreddoliti scendono su Valmenier, fermandosi mezz’ora perché Guardinga, una delle cavalle, perde un ferro. Valmenier 1800 viene raggiunta alle 11.00. I cavalli si riposano sul fondovalle per due

ore e alle 13.30 ripartono alla volta di Pas de Griffes, raggiunto alle 15.50. Da questo passo inizia la parte più bella dell’intero percorso: attraverso magnifici pascoli lontani da ogni centro abitato, i cavalieri attraversano valloni selvaggi ricchi d’acqua e di aria pura; perfino la Guglia Nera guarda benigna il procedere della compagnia a cavallo che pian piano si avvicina all’attacco del colle della Plagnette. L’attraversamento di questi valloni permette ai cavalli di riprendere forza. L’ulteriore pausa del tè alle 6 di sera prima dell’ultima salita, insieme all’aria che si è fatta particolarmente frizzante e fresca, rinvigorisce talmente i destrieri da far portare senza fatica i propri cavalieri al colle, attraverso la spettacolare luce del sole al tramonto. Il colle viene raggiunto alle 7 di sera, per poi iniziare la lieve discesa che porta alla sorgente della Clarèe, ovvero il primo lago di Rochilles, nel quale i cavalli fanno un salutare pediluvio per circa 20 minuti. Mentre i cavalli calmi sostano nell’acqua, gli ultimi raggi del sole accarezzano le cime delle montagne; non c’è anima viva, il silenzio e la pace sono totali. Da qui viene raggiunto in pochi minuti il campo di Rochilles, magnifico posto predisposto per acquartierare cavalli e uomini.

Nota 1. La salita al col des Marches, tranne che per alcuni tratti, è possibile effettuarla stando in sella, la discesa dal colle su Valmenier non presenta tratti pericolosi, il terreno è in genere di buon fondo anche se noi siamo stati agevolati da una lieve fanghiglia dovuta alla nevicata dei giorni precedenti. Tale fanghiglia ammorbidiva la progressione dei cavalli. Il sentiero da Valmenier al pas de Griffes nel primo tratto è costituito da una vecchia mulattiera con fondo pietroso ed è consigliabile farne alcuni pezzi a piedi anche se la pendenza non è eccessiva. Quando il sentiero sale verso il colle facendosi ardito è bene alternare tratti a piedi, soprattutto se i cavalli dovessero essere affaticati, ma il sentiero di per sé non presenta pericoli di sorta, a parte uno scalino roccioso facilmente aggirabile. Sono stati avvistati due camosci al pas de Griffes. Dal Pas De Griffes a Rochilles il sentiero è di buon fondo e non presenta difficoltà per la progressione dei cavalli.

Nota 2. Il campo di Rochilles è magnifico, l’esercito ha messo ai disposizione dei turisti un bivacco sempre aperto con letti a castello e materassi. Alcuni cavalieri hanno dormito dentro, altri hanno dormito fuori, altri ancora in un baraccamento vicino. I cavalli disposti in batteria, legati ai solidi anelli delle caserme. La luna era piena, l’acqua fresca e leggera, vicina e abbondante. Non possiamo fare altro che ringraziare l’esercito per aver dato la possibilità di usufruire di questo magnifico posto, da noi lasciato come l’abbiamo trovato.
18 agosto 2008: l’Alpitrek è in sella alle 7 del mattino. Con lo spettacolo magnifico dei laghi di Rochilles sulla destra, i cavalieri scendono sul rifugio Drayères dove si fermano alle 9 per la pausa di colazione. Da qui proseguono in sella verso Laval dove la compagnia si divide in due gruppi: la maggior parte procede su Nevache seguendo la strada asfaltata fino al camping per poi prendere il sentiero sulla destra orografica della Clarèe, mentre l’altro percorre il Chamin de Ronde. A Nevache il gruppo si riunisce per poi dividersi nuovamente e raggiungere l’accampamento in Valle Stretta dal col di Thures e dal col della Scala.

Nota 1: dai laghi di Rochilles il sentiero scende sul rifugio Drayères: ci sono due scalini rocciosi che possono creare difficoltà ai cavalli, ma che è possibile aggirare con delle deviazioni sulla sinistra, segnalate da ometti di pietra. Quindi consigliamo di scendere con circospezione, ovviamente se non si ha una guida che conosce il terreno.

Nota 2. Nelle vicinanze del rifugio Drayères è possibile acquartierare i cavalli. Non sappiamo se questo è possibile anche al rifugio di Laval perché non ancora ufficialmente aperto. Il Chamin de Ronde è spettacolare: a parte la ripida salita e la conseguente ripida discesa, si sviluppa in piano a mezza costa (serviva per bloccare il contrabbando con l’Italia nei tempi passati). La vista sulle punte della grande Area e del Chardonnet è superba. Non presenta difficoltà alla progressione dei cavalli, occorre però fare attenzione quando il sentiero attraversa vaste zone paludose perché i ferri, soprattutto quelli provati, possono essere risucchiati.

Nota 3. Dal secondo tornante del col della Scala verso l’Italia parte un sentiero militare molto bello, a parte un tratto lungo 100 metri franato che è possibile attraversare con i cavalli sotto mano, che porta direttamente alla parete dei militi e di conseguenza a Valle Stretta.


Partecipanti

Guide Alpitrek: Arianna Corradi, Claudio Servetti
Allievo guida: Corrado Piccoli
Osservatori: Roberto Vaglio già assessore alla montagna Regione Piemonte, Silvia Verducci responsabile ambiente comune di Piossasco, Vittoria Moretta
Responsabile: Mauro Ferraris

Cavalli

Borbera, anglo arabo sardo di 600 kg - veterano
Brown, argentino - veterano
Lucianina, anglo arabo sarda - veterana
Soldato, argentino - veterano
Tequila, argentino
Guardinga, quarter horse - veterana
Topo, argentino - veterano
Delinquente, anglo arabo sardo di tre anni e mezzo - allievo veterano


Addestramento, allenamento

Tutti i cavalli che hanno partecipato a questa spedizione sono addestrati a percorrere la montagna e l’alta montagna. Hanno anche attraversato più volte deserti nivali. Hanno uno spiccato senso dell’equilibrio, sono psicologicamente sereni e di conseguenza hanno piede sicuro.
L’allenamento è cominciato all’inizio dell’estate con una serie di trekking alpini alternati da lavoro in piano dov’erano previste le tre andature: passo, trotto, galoppo. L’allenamento è stato diretto e seguito dal dott. Andrea Bertuglia, medico veterinario dell’Alpitrek.


Logistico

La nostra spedizione non ha previsto punti di appoggio. I cavalli hanno trasportato, oltre ai cavalieri, l’equipaggiamento indispensabile alla progressione e i viveri necessari per tre giorni. I viveri per i cavalli sono costituiti dalle razioni ad alto contenuto energetico lievemente maggiorate rispetto a quelle abituali. Ovviamente i kg di pietanza somministrati variano da cavallo a cavallo, per tener conto delle rispettive esigenze. La frugalità dei cavalieri e dei cavalli dell’Alpitrek permettono questo tipo di progressione.
Il metodo di progressione dell’Alpitrek, basato sull’essenzialità e nella più completa autonomia e libertà, è frutto di una predisposizione alla vita rude passata all’aria aperta 24 ore su 24. Questa nostra peculiarità può non essere condivisa dai clienti che le guide accompagnano. Per questo motivo, soprattutto nel secondo itinerario proposto, occorre appoggiarsi ai rifugi e ai posti tappa che si incontrano lungo il percorso.
Dalla nostra esperienza sappiamo che il numero di persone interessate a queste escursioni a cavallo non è mai elevato, di conseguenza ci tratteniamo dal proporre ai posti tappa e ai rifugi di avere fieno e pietanza per i cavalli, perché i costi potrebbero superare i guadagni. Queste valutazioni le lasciamo ai gestori dei rifugi e dei punti tappa. Nell’eventualità che per questi validi motivi non fosse possibile trovare vettovagliamento lungo il percorso, l’unica alternativa per la compagnia diventa quella di avere un logistico proprio efficiente e preparato, in modo da permetterle di avanzare come una brigata autonoma.

Conclusioni

Il percorso descritto è magnifico, ma pensiamo impegnativo per la maggior parte dei cavalieri. Lo sviluppo dei sentieri è esclusivamente alpino, questo implica lunghi periodi di marcia a piedi con i cavalli sottomano e il dover marciare non sempre è gradito ai cavalieri. Inoltre (e sottolineiamo inoltre) non tutti i cavalli possono affrontare questi sentieri senza un’adeguata preparazione e allenamento, non è infatti pensabile che un cavallo vissuto esclusivamente nei box di pianura possa affrontare in sicurezza percorsi alpini senza un’adeguata preparazione psicologica e fisica. Il cavallo dev’essere sicuro di se e soprattutto del cavaliere che in questi casi diventa spesso conducente.
Quindi abbiamo pensato di proporre due percorsi: uno, quello della nostra ricognizione, che può essere fatto da cavalli e cavalieri esperti, dal cuore avventuroso, che attraversa le montagne selvagge intorno al monte Thabor. Un secondo, più equestre e leggero, a quota relativamente più bassa, che parte dal rifugio di Les Marches, costeggia il lago della Bissorte e raggiunge la magnifica pista forestale convergendo a sinistra per raggiungere il vecchio abitato di Valmenier. Questa alternativa permette di fare una tappa più breve evitando la salita al col des Marches, dando respiro alla compagnia provata dall'impegnativa tappa precedente. Altra alternativa: la compagnia può raggiungere se vuole Valloire su facili strade di servizio agli impianti sciistici, ma senza eccessivo impegno psichico e fisico. Quest’ultima variante permette di evitare il più impegnativo Pas des Griffes. Da Valloire la compagnia può raggiungere senza problemi il col de Plagnette risalendo il magnifico vallone di Valloire. L’ultima tappa e la prima rimangono invariate. Questo secondo itinerario, che secondo noi è più proponibile del primo alla maggioranza dei cavalieri, si percorre in cinque giorni e alterna colli alpinistici di estrema bellezza a confortevoli tappe di collegamento.

N.B. L'alpitrek sconsiglia vivamente la salita al monte Thabor con cavalli non addestrati e impreparati, in quanto alcuni tratti del sentiero sono particolarmente esposti, con cattivo fondo roccioso e di conseguenza possono essere pericolosi.

due righe sul pellegrinaggio al Monte Tabor

di Saulo Zanetta

Quattro anni che sentivo parlare del Tabor, e due che il desiderio di salirci si era fatto più insistente. L'hanno scorso ci abbiamo provato. Ma le condizioni non erano propizie. Perchè per salirci credo una serie di fattori debbano essere in accordo tra loro. Sia esterni che interni, umani ed ambientali per così dire.

Lo guardavo e sentivo dentro che toccava qualcosa nel profondo. Un'immagine depositata. Ci ho pensato a lungo su quale fosse. Penso corrisponda a una sensazione nostalgica. Provo a spiegarla: Liguria, da piccolo, partenza per il mare. Quando si esce dai tunnel dell'autostrada, improvvisamente il mare, a destra o sinistra a dipendenza che si scelga il ponente o il levante, e all'opposto la montagna che degrada velocemente. Ecco quella montagna, quel tipo di esposizione, la sua forma, mi riaccendeva una sensazione simile. E' difficile da spiegare. Parte dalla pancia, ha che fare con le viscere e poi si alza ed occupa il cuore. E' un misto di emozioni contrastanti, vissute allora e ricercate per tutta la vita. E' ipnotica, attrae.

In cima si gode uno spettacolo magnifico. Lo sguardo spazia ed è più facile come dice Ungaretti "sentirsi una docile fibra dell'Universo". Ma.. io ero preso da un inganno della mia mente e dal suo disvelamento. Dal basso avevo pensato che quelle distese brulle che circondano la chiesetta fossero prati, erba secca dal sole, e probabilmente questo corrispondeva all' immagine depositata dentro di me. Ora, salendo, mi ero reso conto che esse erano pietre, sfasciume generato dal disgregarsi delle rocce. Effetto degli agenti atmosferici e del tempo. Confesso che un po' del tempo l'ho passato a ricucire. Prima di scendere ho dovuto abbandonare lì la delusione e l'illusione. Solo allora ho potuto godere del viaggio e degli amici. Ringrazio ancora chi mi ha permesso, pellegrino, di visitare un luogo dell'anima. Questo è stato il mio Tabor