SOMMARIO
Anno V
Numero 3
Novembre 2013
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POSTA
a cura di Arianna Corradi |
Buongiorno,
mi chiamo Carlo Guardini, e vi scrivo dalla provincia di Udine.
Ho un
cavallo di 8 anni col quale faccio piccole passeggiate, e sto anche
iniziando a saltare. Casualmente ho conosciuto Francesco, di Gorizia,
che anni fa ha partecipato ad un vostro campo primaverile, e che mi ha
parlato della vostra scuola, perché gli accennavo che il
trekking a cavallo mi interessa sempre di più. E mi piacerebbe
iniziare a percorrere a cavallo i sentieri che solitamente faccio a
piedi nelle montagne che mi circondano. (Ho visto i vostri video su
Youtube, e mi hanno un po’ stregato…)
Ma la cosa mi spaventa un po’. Da perfetto inesperto vi scrivo per avere qualche consiglio.
1. Come faccio ad abituare il mio
cavallo a rimanere legato? Come la prende lui, se lo lascio legato per
due ore, supponiamo per andare a mangiare un boccone da qualche parte?
(Ho letto che i vostri rimangono legati anche per la notte
intera…) Considerate che vive in paddock e lo lego solo per
sellarlo e dissellarlo.
Il consiglio che Le do, è di prendere una cavezza e una longhina
resistenti, che non si spezzino neanche se il cavallo dovesse tirare.
Se inizia a tirare, prima di rompersi l’osso del collo la
smetterà. Specialmente se si trova vicino a suoi simili,
già abituati alla ‘novità’.
La longhina deve essere legata in modo che lui tocchi appena terra con
il naso, non più lunga, altrimenti si potrebbe incordare.
Magari si muoverà di qua e di là spazientito, ma poi capirà, e se ne starà lì buono.
Se vuole rimanga nei paraggi per un po’, ma non gli stia addosso.
Se Lei è tranquillo, è facile che lo sia anche lui. Ai
campi dell’alpitrek arrivano cavalli da un po’ tutto il
nord Italia, vengono legati come tutti gli altri, alcuni si muovono per
tutta la notte, specialmente il primo giorno. I proprietari rimangono a
guardare da lontano, a volte ci scherzano su. La mattina seguente si
sella e si parte, e spesso la sera seguente, o quella dopo
ancora, quando i cavalli vengono legati, qualcosa dal cielo li fa
magicamente capire.
2. Ho letto anche che a volte, quando
vi fermate per il pranzo, mettete le pastoie ai cavalli. A vederle
così mi sembrano pericolose, ma intuisco la loro utilità.
Come si fa ad abituare il cavallo ad averle?
La mia esperienza in fatto di pastoie non è vastissima, si
limita ad una cinquantina di cavalli. Non ho mai assistito a scene
drastiche, il massimo è stato un cavallo che ha saltellato un
po’ qua e là, ma poi ha capito e si è messo
tranquillo a brucare. La prima volta che le ho messe al mio, era in un
posto in piano, dopo una giornata impegnativa. Non ha fatto una piega.
Si rimane nei paraggi, col coltello in mano, pronti a tagliarle se la
situazione dovesse diventare davvero pericolosa. In ogni caso, ognuno
conosce l’indole del proprio cavallo, e ha un’idea della
sua reazione. Ma, in questa e nelle situazioni più svariate, se
Lei ha paura, non faccia nulla, perché altrimenti è
facile che la paura venga anche al Suo cavallo.
3. La mia sella da salto è
adatta? O è meglio che scelga una sella più comoda, visto
che magari si sta in sella parecchie ore?
Se fossi in Lei, non cambierei la sella, almeno per il momento. In
montagna, come nel lavoro in piano, l’importante è avere e
mantenere un assetto corretto. Consideri solo che per il trekking
è utile avere delle campanelle sia anteriormente che
posteriormente, da usare per legare materiale utile nelle uscite
(impermeabile, giacca, borraccia etc.) Il ‘comodo’ per il
cavaliere non è il fine della scelta di una sella. Consideri
anche che durante i trekking in montagna, capita di alternare pezzi in
sella a pezzi a piedi. Personalmente monto con una sella stubben, e
cerco di seguire il metodo di Caprilli. Perché? Perché la
cavalleria doveva affrontare qualsiasi tipo di terreno, salvando
cavallo e cavaliere. E questo è ciò a cui aspiro.
4. Ufarno, il mio cavallo, è
un incrocio tra un cavallo irlandese ed un sella francese, alcuni al
maneggio mi dicono che non è adatto ad andare in montagna. Di
che razza sono i cavalli che usate voi?
All’alpitrek ci sono cavalli argentini, anglo-arabi-sardi,
araboavelignesi, quarter. Ai campi partecipano anche cavalli olandesi
da salto, trotter, appaloosa, merens.
Credo che la razza non c’entri molto, l’importante è
il metodo e la chiarezza con la quale si comunica con il proprio
cavallo. E, anche qui, se il cavaliere è inesperto, suggerisco
di non improvvisare, perché il cavallo percepisce la differenza
tra un linguaggio improvvisato, e uno collaudato.
5. Mi piacerebbe partecipare ad uno
dei vostri campi, ma temo un po’ il lungo viaggio in van. Ci sono
degli accorgimenti particolare per affrontare lunghi viaggi? E, in
più, forse sono ancora troppo inesperto per ciò che fate
voi.
Anche in questo caso riporto solo la mia esperienza.
Borbera, il mio cavallo, viaggiò per 12 ore dalla Sardegna fino
a Bardonecchia. All’arrivo aveva un’aria un po’
sbattuta, l’ho legato vicino ad altri, gli ho dato del fieno e da
bere, si è fatto una bella dormita, ed il giorno dopo sono
montata in sella. Come sa va fatta un po’ di attenzione nella
guida, evitando il più possibile brusche frenate o svolte
improvvise.
p.s. nel 1998 i cavalli dell’alpitrek viaggiarono da Torino fino
in Ucraina, scendendo dai trailer solo la sera. Là percorsero
1000 km, e poi rientrarono, sempre sui mezzi.
‘Forse sono troppo inesperto per venire con voi’,
diversamente da come pensano molti, le uscite che si fanno
all’alpitrek non sono particolarmente impegnative a livello
equestre, anche perché vengono studiate in base alle esigenze
del meno esperto della compagnia, sia equino che umano. Le uniche
caratteristiche necessarie sono spirito di adattamento,
rusticità e umiltà.
Per quanto riguarda il cavallo, il metodo utilizzato è studiato
apposta per infondere tranquillità nei cavalli che non sono
abituati all’ambiente alpino, per affrontare in sicurezza le
varie asperità.
Scusate se vi ho sommerso di domande, e spero in una vostra risposta.
Grazie per l’attenzione e a presto
Carlo Guardini |
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