PERIODO TRASCORSO IN ARTIGLIERIA DA
MONTAGNA
Per una persona
nata nel sud dell'Italia trovarsi in Alto Adige, presso i reparti alpini in
qualità di sottufficiale maniscalco, dove l'estate è breve e
l'inverno lungo e freddo, l'italiano poco parlato, la popolazione che nutre
scarsa simpatia per i militari, sono condizioni non sempre accettabili per
proseguire la carriera. Oggi, raccontare è onore e vanto.
Giunsi verso la
fine dell'anno 1964 al gruppo Sondrio del 5° regg. art. mont. Brigata Alpina
OROBICA.
Premetto che avevo
precedentemente prestato servizio presso diversi reparti di specialità alpina al termine dei vari cicli di formazione. Come prima sede,
ultimato il corso di mascalcia, fui assegnato al gruppo art. mont. "Pinerolo"
con sede in Susa. Successivamente per un breve periodo presso il gruppo
"Aosta" in Saluzzo, ed al btg." Saluzzo" in Borgo San
Dalmazzo, in questo ente rimasi fino al suo scioglimento. Dovevo essere
trasferito, dove?
Venni contattato
dal comandante della scuola del servizio veterinario militare, su proposta del
maresciallo Paolo Muratore mio istruttore al corso di mascalcia, per un
eventuale trasferimento a Pinerolo con l'incarico di aiuto istruttore.
La proposta mi
lusingava; per me ritornare alla scuola di mascalcia significava ampliare
ulteriormente le mie capacità tecniche, pratiche e teoriche.
Accettai la proposta, ed aspettavo di essere trasferito a Pinerolo.
Vi fu
evidentemente qualche cosa che non funzionò a dovere. Ecco la sorpresa! Pinerolo
rimase un ricordo, mentre Vipiteno fu la mia nuova realtà.
Voglio parlare di
questo reparto pur se la mia permanenza fu breve, quei pochi mesi che vi
trascorsi, sono rimasti incancellabili nel mio spirito e contribuirono nella
mia formazione sia come soldato che come uomo e maniscalco di artiglieria da
montagna. Nel gruppo vigeva un forte spirito di corpo, questo fenomeno vanto
delle truppe alpine era forse il risultato dei sacrifici che gli
appartenenti a questi specifici reparti affrontavano tutto l'anno, ufficiali,
sottufficiali, artiglieri e muli.
Già i muli, ricordo il particolare rumore provocato dagli zoccoli
ferrati sul selciato, tra i battifianchi della tettoia delle scuderie l'uno
accanto all'altro, grandi e possenti, quelli della linea pezzi erano i porta
carichi centrali e laterali, più leggeri invece quelli della squadra comando e
salmerie.
Il giorno del mio
arrivo al gruppo, l'aiutante maggiore, allora capitano, Agea Angelo, mi presentò al comandante ten. col. Luigi Poli.
Era presente anche
un'altro ufficiale, il capitano Amilcare D'Antonio comandante la 53A batteria
alla quale venni assegnato. Al termine del colloquio, mi accompagnò alle scuderie, dove mi descrisse i pregi, difetti, e l'impiego
di ogni singolo mulo. In ogni posta, sopra la mangiatoia, appesa al muro c'era
una tabella con il nome e matricola del quadrupede; poiché eravamo nel periodo
invernale la lettiera era permanente, curata e pulita, non si sentivano odori
sgradevoli ed anche i muli, benché avessero il pelo invernale già abbastanza
lungo, si presentavano puliti grazie ai pochi conducenti presenti in batteria
che lavoravano incessantemente in questo gravoso compito. In questo reparto il
sottufficiale maniscalco mancava da molto tempo, e in alternativa i muli
venivano ferrati dai marescialli delle altre due batterie: Avogadro Piero e
Russo Vincenzo.
Il capitano mi
indicò quale era la mascalcia della batteria, questo locale per tutto
il periodo che rimasi al gruppo Sondrio fu il mio posto di lavoro.
Poiché si avvicinava il giorno della partenza per le escursioni
invernali incominciai subito a ferrare i muli che si presentavano in disordine,
cioè vecchi di ferratura. Avvalendomi della collaborazione degli aiuto
maniscalco che avevo a mia disposizione, incominciai a preparare i ferri da ghiaccio, la ferratura veniva
effettuata nella settimana precedente la partenza, per evitare l'eccessivo
consumo dei ramponi e delle grippe. L'attività di caserma era
tutta concentrata sul governo dei muli, delle scuderie, della manutenzione
basti, espletata dal personale conducenti, il responsabile di questo compito
era il maresciallo di batteria Sartoris Domenico. 1 serventi erano gli addetti
ai pezzi, artiglieri da montagna alti di statura e robusti, dovevano saper
smontare l'obice da 105/14 ed il mortaio da 120 in brevissimo tempo e caricarlo
sul mulo imbastato, a questa operazione provvedevano gii artiglieri conducenti.
La batteria era divisa in sezioni, ognuna comandata da un ufficiale subalterno,
il tutto controllato dal vice comandante, figura cha trasmetteva gli ordini del
comandante di batteria. Una sera molto fredda della seconda settimana di
Gennaio, con muli imbastati, i pezzi someggiati, partimmo per le escursioni
invernali del 1965. Il capitano in testa, alle sue spalle il mulo Tosto con il
basto zappatore dava inizio alla lunga colonna di uomini e muli. In coda il
veterinario, io ed il cane Spoletta. In silenzio marciammo per raggiungere la
destinazione a tarda notte, una caserma nelle vicinanze del passo Brennero. Il
campo durò due settimane tra marce su mulattiere con il fondo gelato, imprese
ardite con pezzi sui barchini trainati dagli artiglieri, presa di posizione in
cima ad un alto colle, scavalcamene vari e difficili, discese pericolose, con
l'impiego della trattenuta onde evitare lo spostamento del carico sulle spalle
del mulo. Il giorno dell'impresa ardita sul colle della Chiave, il freddo aveva
indurito gli scarponi e quindi la flessione della pianta venne a mancare,
rendendo difficile il cammino. Oltre il colle, scendendo in valle di Vizze, si
presentò un vento freddo, pungente e tagliente, era la tormenta, il capitano
Testa Alessandro da persona esperta di montagna consigliò a tutti di
massaggiarsi le mandibole per evitare il peggio. L'ultima notte di campo,
poiché non fu possibile trovare un ricovero, i poveri muli rimasero sotto le
stelle coperti dal telone n° 5, per lettiera solo neve e legati uno con l'altro
tramite la catena delle cavezze, messi in cerchio con al centro un fuoco ed un
artigliere di guardia. Il giorno seguente con nelle gambe una lunga marcia rientrammo
in caserma. Vennero scaricati i pezzi, sbastati i muli e portati in scuderia,
ognuno riprese la propria attività. L'inverno era quasi terminato, i muli
presentavano il pelo lungo e consumato sulle parti che venivano a contatto con
le cinghie de! basto, così per renderli più ordinati ed evitare fenomeni di
parassitosi, il veterinario, ten. Gentile Eros, mi ordinò di tosarli, la stessa
cosa dovettero fare i maniscalchi delle altre due batterie, i quali vennero ad
insultarmi dicendomi che in primavera il pelo cambia naturalmente e tosarli era
lavoro inutile, non avevano tenuto conto che il gruppo Sondrio aveva tutti gli
artiglieri impegnati in ordine pubblico, (era il periodo del terrorismo)
rimanevano in caserma solo i soldati impiegati per i turni di guardia alle
scuderie ed alla porta centrale, per questo motivo il governo della mano veniva
fatto di rado, quindi le operazioni di pulizia del mantello erano più
sbrigative con il pelo corto. Si convinsero?
Tra una marcia e
l'altra, il tempo passava abbastanza in fretta, la primavera si avvicinava, per
San Giuseppe, approfittando dei giorni festivi, chiesi ed ottenni cinque giorni
di licenza per recarmi a Borgo San Dalmazzo presso la fidanzata, oggi mia
moglie, non ci vedevamo dal giorno della mia partenza.
I cinque giorni
passarono come un lampo, il treno mi portò di nuovo a Vipiteno dove invece del
Monviso vedevo il passo del Giovo.
Gli alberi erano
fioriti, la neve cedette il posto al verde dei prati, l'aria diventata tiepida,
di domenica Vipiteno si avvolgeva di un'aria festosa, ristoranti e bar si
riempivano di turisti stranieri, quasi sempre si esibivano le bande musicali in
costume storico, seguite dalle vallette che offrivano il tradizionale grappino.
A giugno caricati
i muli, pezzi e personale su una tradotta, il SONDRIO partiva per la scuola di
tiro in Valsugana, il treno si fermò alla stazione di Strigno. Furono
scaricati e imbastati i muli con sul dorso di ognuno parte del pezzo,
all'ordine zaino in spalle, la 53A batteria iniziò la marcia di avvicinamento
verso la valle Tesina. Ci fermammo ad un splendida radura dove il serg. Magg. DE Domìnicis Vincenzo - addetto alla base logistica aveva fatto allestire l’accampamento.
Ogni mattina
all'alba, tutta la batteria a completo di uomini e muli con una marcia di circa
due ore raggiungeva
la quota prestabilita. Messi i pezzi in batteria iniziavano le esercitazioni di
tiro, era schierato tutto il 5° Regg. Art. Moni Alla base io e i miei aiutanti, con la mascalcia da campo preparavamo i
ferri da utilizzare per il campo mobile la cui partenza era fissata a fine giugno senza rientrare in sede. A fine luglio le escursioni
ebbero termine, dopo tante fatiche rientrammo
in caserma. In pochi giorni riferrai tutti i muli poiché le lunghe marce su per i monti avevano precocemente logorato i ferri. Il mese
di agosto lo trascorsi al mio paese aiutando
mio padre in mascalcia e quando mi era possibile la domenica al mare con gli
amici.
A fine licenza
rientrai a Vipiteno ripresi a sistemare la ferratura, che in mia assenza i miei aiutanti avevano svolto
solo il servizio di emergenza.
All'inizio di
ottobre il gruppo Sondrio ebbe l'ordine dal comando reggimento di formare una colonna di muli con
relativi conducenti per approvvigionare il personale comandato nei servizi
di guardia dei confini.
Il comando venne
affidato al capitano Michele Corsaro già comandante della 53A.b.t.r. Seguivano questo
reparto l'ufficiale veterinario ed io con tutto il materiale campale per
effettuare interventi di emergenza.
Fu allestito un
campo base composto da tende, e magazzino materiali da portare presso i rifugi, la tettoia con
filare per i muli, a tutto ciò provvide il maresciallo Onorato
Romano,
mentre il servizio
mensa e rancio fu disimpegnato dal maresciallo Tota Vincenzo.
Ogni giorno alle
prime luci dell'alba si partiva, e con circa cinque ore di mulattiera si raggiungeva il rifugio
dove venivano scaricati i materiali, legna, coperte e generi alimentari per
tutto il periodo invernale. Eravamo quasi giunti alla
fine del nostro turno, saremmo stati sostituiti
da una batteria del gruppo Vestane, venni chiamato dall'ufficiale veterinario
il quale mi comunicò che in caserma ero giunto il dispaccio del mio trasferimento
alla Scuola del Servizio
Veterinario Militare in Pinerolo.
Al circolo Sottufficiali
in presenza del comandante di gruppo fui salutato da superiori e colleghi, al termine mi
recai nel cortile principale ove era schierata la 53A, mi inquadrai,
salutai la bandiera e gli artiglieri per
l'ultima volta.
Andai al filare
dei muli mi avvicinai al lato sinistro di ognuno, feci loro una carezza, ricordandomi delle dure
fatiche di quel periodo che insieme trascorremmo, il cane della batteria Spoletta era là all'angolo della mascalcia ad aspettarmi come gli altri giorni, accarezzai anche lui, mi
guardò, e forse mi augurò buona fortuna.
Ritornai a
Vipiteno dopo molti anni, recandomi in caserma non recepii lo scalpitio degli zoccoli sul selciato,
il cane non mi venne incontro come di solito, nelle scuderie non c'erano i
muli che per un attimo mi era sembrato di vedere come
quel giorno della partenza per Pinerolo.
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