SOMMARIO

Anno V
Numero 3
Novembre 2013

____________ 

ARCHIVIO

 

 

 

 

Esperienze di vita militare
di  Vincenzo Blasio

PERIODO TRASCORSO IN ARTIGLIERIA DA MONTAGNA

Per una persona nata nel sud dell'Italia trovarsi in Alto Adige, presso i reparti alpini in qualità di sottufficiale maniscalco, dove l'estate è breve e l'inverno lungo e freddo, l'italiano poco parlato, la popolazione che nutre scarsa simpatia per i militari, sono condizioni non sempre accettabili per proseguire la carriera. Oggi, raccontare è onore e vanto.

periodo in artiglieria da montagna

Giunsi verso la fine dell'anno 1964 al gruppo Sondrio del 5° regg. art. mont. Brigata Alpina OROBICA.

Premetto che avevo precedentemente prestato servizio presso diversi reparti di specialità alpina al termine dei vari cicli di formazione. Come prima sede, ultimato il corso di mascalcia, fui assegnato al gruppo art. mont. "Pinerolo" con sede in Susa. Successivamente per un breve periodo presso il gruppo "Aosta" in Saluzzo, ed al btg." Saluzzo" in Borgo San Dalmazzo, in questo ente rimasi fino al suo scioglimento. Dovevo essere trasferito, dove?

Venni contattato dal comandante della scuola del servizio veterinario militare, su proposta del maresciallo Paolo Muratore mio istruttore al corso di mascalcia, per un eventuale trasferimento a Pinerolo con l'incarico di aiuto istruttore.

La proposta mi lusingava; per me ritornare alla scuola di mascalcia significava ampliare ulteriormente le mie capacità tecniche, pratiche e teoriche. Accettai la proposta, ed aspettavo di essere trasferito a Pinerolo.

Vi fu evidentemente qualche cosa che non funzionò a dovere. Ecco la sorpresa! Pinerolo rimase un ricordo, mentre Vipiteno fu la mia nuova realtà.

Voglio parlare di questo reparto pur se la mia permanenza fu breve, quei pochi mesi che vi trascorsi, sono rimasti incancellabili nel mio spirito e contribuirono nella mia formazione sia come soldato che come uomo e maniscalco di artiglieria da montagna. Nel gruppo vigeva un forte spirito di corpo, questo fenomeno  vanto  delle truppe alpine era forse il risultato dei sacrifici che gli appartenenti a questi specifici reparti affrontavano tutto l'anno, ufficiali, sottufficiali, artiglieri e muli.

Già i muli, ricordo il particolare rumore provocato dagli zoccoli ferrati sul selciato, tra i battifianchi della tettoia delle scuderie l'uno accanto all'altro, grandi e possenti, quelli della linea pezzi erano i porta carichi centrali e laterali, più leggeri invece quelli della squadra comando e salmerie.

ferratura da mulo

Il giorno del mio arrivo al gruppo, l'aiutante maggiore, allora capitano, Agea Angelo, mi presentò al comandante ten. col. Luigi Poli.

Era presente anche un'altro ufficiale, il capitano Amilcare D'Antonio comandante la 53A batteria alla quale venni assegnato. Al termine del colloquio, mi accompagnò alle scuderie, dove mi descrisse i pregi, difetti, e l'impiego di ogni singolo mulo. In ogni posta, sopra la mangiatoia, appesa al muro c'era una tabella con il nome e matricola del quadrupede; poiché eravamo nel periodo invernale la lettiera era permanente, curata e pulita, non si sentivano odori sgradevoli ed anche i muli, benché avessero il pelo invernale già abbastanza lungo, si presentavano puliti grazie ai pochi conducenti presenti in batteria che lavoravano incessantemente in questo gravoso compito. In questo reparto il sottufficiale maniscalco mancava da molto tempo, e in alternativa i muli venivano ferrati dai marescialli delle altre due batterie: Avogadro Piero e Russo Vincenzo.

Il capitano mi indicò quale era la mascalcia della batteria, questo locale per tutto il periodo che rimasi al gruppo Sondrio fu il mio posto di lavoro.

Poiché si avvicinava il giorno della partenza per le escursioni invernali incominciai subito a ferrare i muli che si presentavano in disordine, cioè vecchi di ferratura. Avvalendomi della collaborazione degli aiuto maniscalco che avevo a mia disposizione, incominciai a preparare i ferri da ghiaccio, la ferratura veniva effettuata nella settimana precedente la partenza, per evitare l'eccessivo consumo dei ramponi e delle grippe. L'attività di caserma era tutta concentrata sul governo dei muli, delle scuderie, della manutenzione basti, espletata dal personale conducenti, il responsabile di questo compito era il maresciallo di batteria Sartoris Domenico. 1 serventi erano gli addetti ai pezzi, artiglieri da montagna alti di statura e robusti, dovevano saper smontare l'obice da 105/14 ed il mortaio da 120 in brevissimo tempo e caricarlo sul mulo imbastato, a questa operazione provvedevano gii artiglieri conducenti. La batteria era divisa in sezioni, ognuna comandata da un ufficiale subalterno, il tutto controllato dal vice comandante, figura cha trasmetteva gli ordini del comandante di batteria. Una sera molto fredda della seconda settimana di Gennaio, con muli imbastati, i pezzi someggiati, partimmo per le escursioni invernali del 1965. Il capitano in testa, alle sue spalle il mulo Tosto con il basto zappatore dava inizio alla lunga colonna di uomini e muli. In coda il veterinario, io ed il cane Spoletta. In silenzio marciammo per raggiungere la destinazione a tarda notte, una caserma nelle vicinanze del passo Brennero. Il campo durò due settimane tra marce su mulattiere con il fondo gelato, imprese ardite con pezzi sui barchini trainati dagli artiglieri, presa di posizione in cima ad un alto colle, scavalcamene vari e difficili, discese pericolose, con l'impiego della trattenuta onde evitare lo spostamento del carico sulle spalle del mulo. Il giorno dell'impresa ardita sul colle della Chiave, il freddo aveva indurito gli scarponi e quindi la flessione della pianta venne a mancare, rendendo difficile il cammino. Oltre il colle, scendendo in valle di Vizze, si presentò un vento freddo, pungente e tagliente, era la tormenta, il capitano Testa Alessandro da persona esperta di montagna consigliò a tutti di massaggiarsi le mandibole per evitare il peggio. L'ultima notte di campo, poiché non fu possibile trovare un ricovero, i poveri muli rimasero sotto le stelle coperti dal telone n° 5, per lettiera solo neve e legati uno con l'altro tramite la catena delle cavezze, messi in cerchio con al centro un fuoco ed un artigliere di guardia. Il giorno seguente con nelle gambe una lunga marcia rientrammo in caserma. Vennero scaricati i pezzi, sbastati i muli e portati in scuderia, ognuno riprese la propria attività. L'inverno era quasi terminato, i muli presentavano il pelo lungo e consumato sulle parti che venivano a contatto con le cinghie de! basto, così per renderli più ordinati ed evitare fenomeni di parassitosi, il veterinario, ten. Gentile Eros, mi ordinò di tosarli, la stessa cosa dovettero fare i maniscalchi delle altre due batterie, i quali vennero ad insultarmi dicendomi che in primavera il pelo cambia naturalmente e tosarli era lavoro inutile, non avevano tenuto conto che il gruppo Sondrio aveva tutti gli artiglieri impegnati in ordine pubblico, (era il periodo del terrorismo) rimanevano in caserma solo i soldati impiegati per i turni di guardia alle scuderie ed alla porta centrale, per questo motivo il governo della mano veniva fatto di rado, quindi le operazioni di pulizia del mantello erano più sbrigative con il pelo corto. Si convinsero?

Tra una marcia e l'altra, il tempo passava abbastanza in fretta, la primavera si avvicinava, per San Giuseppe, approfittando dei giorni festivi, chiesi ed ottenni cinque giorni di licenza per recarmi a Borgo San Dalmazzo presso la fidanzata, oggi mia moglie, non ci vedevamo dal giorno della mia partenza.

I cinque giorni passarono come un lampo, il treno mi portò di nuovo a Vipiteno dove invece del Monviso vedevo il passo del Giovo.

Gli alberi erano fioriti, la neve cedette il posto al verde dei prati, l'aria diventata tiepida, di domenica Vipiteno si avvolgeva di un'aria festosa, ristoranti e bar si riempivano di turisti stranieri, quasi sempre si esibivano le bande musicali in costume storico, seguite dalle vallette che offrivano il tradizionale grappino.

A giugno caricati i muli, pezzi e personale su una tradotta, il SONDRIO partiva per la scuola di tiro in Valsugana, il treno si fermò alla stazione di Strigno. Furono scaricati e imbastati i muli con sul dorso di ognuno parte del pezzo, all'ordine zaino in spalle, la 53A batteria iniziò la marcia di avvicinamento verso la valle Tesina. Ci fermammo ad un splendida radura dove il serg. Magg. DE Domìnicis Vincenzo - addetto alla base logistica    aveva fatto allestire l’accampamento.

Ogni mattina all'alba, tutta la batteria a completo di uomini e muli con una marcia di circa due ore raggiungeva la quota prestabilita. Messi i pezzi in batteria iniziavano le esercitazioni di tiro, era schierato tutto il 5° Regg. Art. Moni Alla base io e i miei aiutanti, con la mascalcia da campo preparavamo i ferri da utilizzare per il campo mobile la cui partenza era fissata a fine giugno senza rientrare in sede. A fine luglio le escursioni ebbero termine, dopo tante fatiche rientrammo in caserma. In pochi giorni riferrai tutti i muli poiché le lunghe marce su per i monti avevano precocemente logorato i ferri. Il mese di agosto lo trascorsi al mio paese aiutando mio padre in mascalcia e quando mi era possibile la domenica al mare con gli amici.

A fine licenza rientrai a Vipiteno ripresi a sistemare la ferratura, che in mia assenza i miei aiutanti avevano svolto solo il servizio di emergenza.

All'inizio di ottobre il gruppo Sondrio ebbe l'ordine dal comando reggimento di formare una colonna di muli con relativi conducenti per approvvigionare il personale comandato nei servizi di guardia dei confini.

Il comando venne affidato al capitano Michele Corsaro già comandante della 53A.b.t.r. Seguivano questo reparto l'ufficiale veterinario ed io con tutto il materiale campale per effettuare interventi di emergenza.

Fu allestito un campo base composto da tende, e magazzino materiali da portare presso i rifugi, la tettoia con filare per i muli, a tutto ciò provvide il maresciallo Onorato Romano,

mentre il servizio mensa e rancio fu disimpegnato dal maresciallo Tota Vincenzo.

Ogni giorno alle prime luci dell'alba si partiva, e con circa cinque ore di mulattiera si raggiungeva il rifugio dove venivano scaricati i materiali, legna, coperte e generi alimentari per tutto il periodo invernale. Eravamo quasi giunti alla fine del nostro turno, saremmo stati sostituiti da una batteria del gruppo Vestane, venni chiamato dall'ufficiale veterinario il quale mi comunicò che in caserma ero giunto il dispaccio del mio trasferimento alla Scuola del Servizio Veterinario Militare in Pinerolo.

Al circolo Sottufficiali in presenza del comandante di gruppo fui salutato da superiori e colleghi, al termine mi recai nel cortile principale ove era schierata la 53A, mi inquadrai, salutai la bandiera e gli artiglieri per l'ultima volta.

Andai al filare dei muli mi avvicinai al lato sinistro di ognuno, feci loro una carezza, ricordandomi delle dure fatiche di quel periodo che insieme trascorremmo, il cane della batteria Spoletta era là all'angolo della mascalcia ad aspettarmi come gli altri giorni, accarezzai anche lui, mi guardò, e forse mi augurò buona fortuna.

Ritornai a Vipiteno dopo molti anni, recandomi in caserma non recepii lo scalpitio degli zoccoli sul selciato, il cane non mi venne incontro come di solito, nelle scuderie non c'erano i muli che per un attimo mi era sembrato di vedere come quel giorno della partenza per Pinerolo.