SOMMARIO
Anno VI
Numero 1
Marzo 2014
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ARCHIVIO
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Il palio di Siena
di Saulo Zanetta
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Descrivere il Palio di Siena non è affare di poco conto. Meglio
viverlo. Immergersi nella realtà di una manifestazione che si
ripete con i suoi riti da 500 anni. Sempre uguale eppure ogni volta
diversa. L’organizzazione, la scansione del tempo, le
modalità sono le stesse. Le regole, rigide, a cui ci si appella
le medesime dei palii medievali che hanno visto correre gli antenati
dei fantini, dei contradaioli e dei cavalli che oggi vi partecipano.
Quello che cambia sono le facce, l’umanità passeggera, la
vita, che è transitoria, i protagonisti dell’attimo: siano
essi cavalli, fantini o pubblico che assiste. Se l’arte è
un pezzo di eternità sottratto al trascorrere del tempo allora
il Palio è arte. Lo è nel suo affidarsi ad uno schema
consolidato di ripetizione di gesti, procedure e ruoli, e, nello stesso
tempo, nel travolgere tutto questo con la sorpresa, l’inaspettato
che la gara porta con sé. Questo abbiamo trovato e vissuto
partecipando al Palio. L’umanità senese vi si aggrappa
come noi ci entusiasmiamo davanti alle opere dei grandi artisti.
Perché in esse viviamo l’illusione
dell’immortalità. La corsa, la sua liturgia, ci sopravvive
in eterno. Così i quadri, le statue ed i libri di cui ci
circondiamo. Ma ad essi chiediamo anche di sorprenderci, di scuoterci
dall’abitudine e dalla quiete. La festa racchiude in sé
tutto questo. Tradizione secolare ed emozione che raggiungono il loro
apice in tre giri di pista a cui si assiste, trattenendo il fiato.
Prima di ciò, cinque giorni. Nel primo le prove di
addestramento, all’alba. Alle cinque del mattino si presentano
sul tufo cavalli e proprietari. Ottanta, tra sauri, grigi e bai, che
aspirano ad essere notati dai capitani delle contrade incaricati di
scegliere i dieci barberi adatti alla carriera. Sono momenti magici,
c’è poca gente e ci si può accomodare sugli spalti
(poi è proibitivo per i costi). Le rondini riempiono il cielo di
acrobazie ed i fantini fanno del loro meglio, anch’essi
interessati a mettersi in mostra. I veterinari assistono e visitano i
cavalli decidendo poi, in base ad un rigido disciplinare, quali possano
essere ammessi alla tratta. Quest’ultima si svolge il
giorno successivo. Prima, al mattino, i cavalli rimasti, una trentina,
si ripresentano al canapo ed effettuano ancora qualche giro di pista
per essere osservati nel loro comportamento. E’ un momento
importante quello della scelta dei dieci cavalli. Dalla loro
capacità di stare appaiati, di non scalciare e di tracciare
curve mozzafiato nel Campo dipende lo svolgersi della corsa. E’
in questa occasione che uno di essi, Peccatrice, scaricato il fantino a
San Martino, inizia a correre scossa per ben tredici giri di piazza
entusiasmando il pubblico ed accreditando con vigore l’origine
del proprio appellativo. Al termine delle batterie i capitani si
riuniscono ed iniziano le votazioni per decidere quali saranno i
protagonisti. A seconda della qualità della decina prescelta
sentiremo parlare di lotto alto, formato per la gran parte da cavalli
forti e veloci, i cosiddetti bomboloni, o lotto basso, con prevalenza
di cavalli giovani ed inesperti. In questa occasione, palio del 2
luglio 2013, vengono scelti solo tre-quattro cavalli esperti. Gli
altri, giovani e poco conosciuti, sembrano far pensare ad una decisione
prudente per evitare troppa competizione. La particolarità di
questo Palio consiste nella presenza, poco probabile in altre annate,
di ben nove contrade rivali tra loro! Ci si aspettano scintille.
Al pomeriggio di quello che è considerato a tutti gli effetti il
primo giorno della manifestazione la piazza è gremita. Il
sindaco, in un silenzio carico di tensione legge prima i nomi dei
cavalli prescelti e poco dopo la contrada abbinata estratta a sorte.
E’ qui che avvertiamo per la prima volta la voglia di vincere il
cencio. Mi spiego: la sera prima abbiamo scelto la contrada.
Clara ha scelto la Lupa. Per intuito, per San Rocco, santo protettore,
perché è la nonna, quella che non vince da più
tempo. Ci siamo presentati in contrada e abbiamo chiesto di
partecipare. Al momento dell’estrazione ci capita Indianos, un
grigio con alle spalle già cinque palii, considerato tra i
più forti ed affidabili. E’ lì,
nell’esultanza dei contradaioli per l’abbinamento, che si
inizia a coltivare quell’ardito desìo. Il passo successivo
che spetta ai capitani è quello di assicurarsi la monta .
C’è da decidere chi sarà il fantino. Si aspetta
dopo l’estrazione perché la contrada che ha ricevuto in
sorte un cavallo considerato forte cercherà un cavaliere
esperto, che può regalare la vittoria, mentre la rivale, che ha
ricevuto, supponiamo, un cavallo meno ambizioso, ed il cui obiettivo
diventa ora impedire alla odiata di vincere, ingaggerà quello
che è conosciuto come il killer, e cioè un fantino noto
per la spregiudicatezza nell’ostacolare la corsa della contrada
nemica. Nel palio in questione la Lupa si affida ad Andrea Mari, detto
Brio, che, saputo dell’assegnazione del cavallo Indianos, si
propone lui stesso al capitano (e forse per questo si attirerà
l’odio degli istriciaioli). Andrea, fantino esperto, coltiva
sogni di trionfo con la contrada che da più tempo non vince.
L’Istrice a questo punto, considerato il binomio vincente che si
è venuto a creare nei vicoli confinanti ed avuto in sorte
Naikè, cavallo giovane di poche speranze, assolda Valter
Pusceddu, detto Bighino, con l’ingrato compito di preoccuparsi
solo che non sia la Lupa ad esultare.
I giochi sono fatti, inizia l’attesa e dal venerdì sera ci
si ritrova in piazza per assistere alla prova. Due al giorno. Una la
mattina e una la sera. Si parte dalla contrada e si accompagnano il
cavallo ed il fantino fino in Campo intonando cori che inneggiano
“..per forza e per amore lo dovete rispettar”. Le prove
servono ad abituare i cavalli meno esperti a stare al canapo e a
prendere confidenza con il tracciato. I favoriti si guardano bene dal
rischiare e mantengono un profilo basso trattenendo il cavallo e
badando a non farsi male. Gli altri li lanciano e provano in questo
modo le due curve, San Martino e Casato, per testare traiettorie e
velocità.
Partecipiamo alle cene che le sere prima del giorno fatidico si tengono
nelle vie. E’ l’occasione per ascoltare dalla viva voce dei
senesi che cosa significhi essere contradaioli. E ripenso a quella
sensazione, confortante, che ho provato spesso. Quella di sentirmi
parte di qualche cosa di grande. Il bisogno di appartenenza lo chiama
Eric Berne. Il motivo per il quale ci associamo a questa o a
quell’altra organizzazione, squadra o gruppo ricreativo. Per
perdere i limiti dell’identità e recuperarla in un
contesto allargato capace di infondere sicurezza, sostegno e conforto
alla paura di essere irrimediabilmente soli. Scacciare quella che per
gli esistenzialisti è la brutta sensazione di essere gettati nel
mondo. Eccoli dunque tutti qui, giovani e vecchi, attorno ai tavoli a
brigare di Palio. Canti, racconti, complotti, maledizioni e speranze.
Il cavallo riposa vicino ed ascolta, ma non intende per fortuna
ciò che ci si aspetta da lui. L’impossibile. Perché
anche questo è Palio. Sofferenza. Follia. Così tante le
variabili in gioco da risultare più probabile una delusione che
una vittoria. Forse è per questo che alcuni se ne vanno, non
giocano più ed improvvisamente si disamorano.
Veniamo a sapere che l’anno precedente, palio di agosto, grande
scazzottata con quelli dell’Istrice. In campo, dopo la corsa, le
due fazioni sono entrate in contatto e… Pare che la Lupa si sia
difesa ed abbia dimostrato di non aver paura. Dal racconto, e
dall’inno, si evince che sono considerati una contrada gentile,
non particolarmente litigiosa. Per questo alcuni sostengono la
necessità di tornare a farsi sentire, ad imporsi. E’ un
invito a non tirarsi indietro qualora dovesse ripresentarsi
l’occasione di alzar le
mani.
La cena della vigilia siamo un migliaio. La contrada è
interclassista. Si mangia fianco a fianco: l’operaio e
l’imprenditore, l’ambulante e il petroliere. Ad un certo
punto il Priore prende parola e commuovendosi ricorda David Rossi,
lupaiolo, che nella vicenda Monte Paschi è l’unico che ci
ha perso la vita, gettandosi dal balcone. Manca a tutti. E poi canzoni,
brindisi. Parla anche il fantino, ma non è molto ascoltato. Gli
gridano “cencio”. Vale a dire: l’unica cosa che conta
non son le promesse ma la conquista dell’ambito lenzuolo. Lo
pagano per questo. Ognuno di loro si autotassa per racimolare il
gruzzolo che serve a pagare il fantino e le altre contrade
perché siano benevole. Combine. Ma nonostante questo nessuno di
loro ha la certezza che quell’investimento vada a buon fine.
C’è sempre l’Istrice, ed anche altre cullano sogni
di vittoria. I soldi non bastano, ma aiutano. In realtà essi
finanziano un sistema sociale, quello della contrada, che fornisce
educazione, trasmissione di valori e sostegno.
Il giorno della corsa, al mattino, assisto alla messa del fantino. Poi
la cosiddetta “provaccia”, ancora una volta tutti sul tufo.
Lì si cercano gli ultimi accordi ed alleanze e nessuno vuole
farsi male, per cui si va piano. Poi, al primo pomeriggio, benedizione
del cavallo nella parrocchia della contrada e qui si sta fuori
perché è un momento privato tra loro, Dio ed il
quadrupede. Ed infine il corteo storico con la sfilata dei costumi e
degli sbandieratori. Fino ad entrare in piazza. L’area
all’interno del perimetro è a libero accesso fino a poco
prima l’ingresso dei cavalli, ma è gremita
all’inverosimile. Per i palchi chiedono duecento euro. Assistiamo
alla carriera in uno dei vicoli che accedono al Campo. Pizza al taglio
ha predisposto un video e così insieme a spagnoli, polacchi e
senesi ci sistemiamo ed aspettiamo il giungere delle venti. Entrano i
cavalli ed inizia la lunga operazione della mossa. Snervante, eterna,
estremamente tattica. Il Nicchio, di rincorsa, non si decide ad
entrare. E qui assistiamo all’accadere di uno di quei fattori
incontrollabili che possono decidere l’esito della corsa e
permettono al palio di mantenere la sua nomea ed il suo fascino.
Nell’ordine di ingresso al canape, tra la Lupa e l’Istrice,
c’è la Torre. Bene. Ma appena entrato, il fantino
dell’Istrice cerca di scavalcare e portarsi a fianco del cavallo
della Lupa. Il mossiere lo riprende più volte e lo invita a
tornare al suo posto, ma quando si avvede che tutti i cavalli sono
allineati ed il Nicchio salta dentro, che fa? Ritiene valida la
partenza e dà inizio alla corsa fregandosene dell’ordine
stabilito all’ingresso. Quello che succede dopo lo si può
immaginare. L’Istrice inizia a tempestare il fantino ed il
cavallo della Lupa di nerbate. Secche, ignoranti, ma ammesse dal
regolamento fin dal Medioevo. Lo splendido Indianos riesce dopo poco a
sfuggire a quella grandinata di colpi, ma è indietro. Al terzo
ed ultimo giro l’Oca è davanti con Guess montato da
Tittia. Brio cerca di entrare all’interno, al Casato, ma deve
difendersi dal cavallo scosso della Pantera, Pestifero che, nonostante
sia senza cavaliere, traccia traiettorie da campione. Si arriva sul fil
di lana, Tittia con il nerbo ricaccia indietro Indianos
all’ultimo, disperato, assalto e va a vincere. Brio, il nostro
Brio, urta con la gamba un paletto della recinzione, cade a terra e
trascina con sé il cavallo. Le immagini passano immediatamente
al trionfo dell’Oca. Intanto nel vicolo assistiamo a vere e
proprie scene di isteria collettiva. Dopo pochi secondi dal termine
alcuni contradaioli della Torre scappano. La loro rivale ha vinto e ad
essi non rimane che abbandonare precipitosamente la piazza.
C’è concitazione, urla. Non si capisce se di gioia o di
dolore. Improvvisamente, schiacciati alle pareti del budello, vediamo
il nostro fantino portato fuori a braccia, di corsa, scappano. Per
fortuna quando lo vediamo parla, dice di fare piano, che ha male.
Usciamo e dico a Clara che è meglio toglierci il fazzoletto
della Lupa. Alcuni turisti se ne vanno, spaventati dalle urla. Vediamo
altre persone, non so di quale contrada, urlare il loro giubilo
perché la rivale non ha vinto. Ma ognuno si guarda intorno
perché ogni pretesto potrebbe essere buono per azzuffarsi. Tutti
corrono, arrivano quelli dell’Oca, ubriachi di gioia.
M’è venuto mal di testa. Clara teme che il cavallo, il
nostro cavallo, si sia fatto male. Ci allontaniamo, siamo stanchi e
abbiamo perso. Incontriamo il posto dove hanno portato Brio, è
nel cortile della Civetta e aspetta l’ambulanza. Intorno un
cordone di sicurezza. Sapremo poi che appena caduto è stato
assalito da due dell’Istrice e preso a calci. Questo fatto
sarà l’argomento principale del giorno dopo e motivo di
grande indignazione da parte di tutta Siena, unita nel condannare un
gesto così vigliacco. Sapremo anche, come era stato anticipato
dai vecchi della Lupa, che si son menati. Dissero “se perdiamo
loro vengono..” e così è stato. Con il simbolo
della contrada in tasca e il morale sotto i piedi ripariamo in ostello.
Alla televisione rivedo le immagini della gara e mi sembra di capire
che il cavallo, nonostante la caduta rovinosa, non si sia fatto nulla.
Il giorno successivo siamo in centro per carpire un po’ di
informazioni. Il fantino si è rotto il bacino, non si sa se per
la caduta o per le botte. I giudizi su di lui sono lusinghieri
così come per il fantino dell’Oca che ha vinto con merito.
Il Palio non ha tradito le attese, la frase che si ripete è
“è stato un Palio come una volta..”. Le nerbate
dell’Istrice sono parte del gioco, quello che è accaduto
con il fantino a terra no. Tutti invocano provvedimenti in tal senso.
La Lupa ha perso, ma ha mantenuto l’onore così come recita
il suo motto: Et Urbis et Senae signum et decus (Di Roma lo
stemma, di Siena l'onore). Dei cavalli non chiediamo, nessuno ne parla
e non sappiamo come potrebbe essere intesa la domanda. Ci fidiamo del
fatto che siano tutti usciti dal Campo sulle loro zampe. Ci rechiamo in
contrada, vorremmo salutare e ringraziare per questi giorni. Ma
è deserta. La delusione trapela dalle persiane socchiuse ed
anche i muri trasudano sofferenza che merita solo rispetto e silenzio.
Ci allontaniamo ancora scossi.
Questa la cronaca di ciò che successe a Siena nell’anno
del Signore 2013 in occasione del Palio della Madonna di Provenzano.
Note:
1 i vocaboli in corsivo sono quelli effettivamente utilizzati dai senesi nei giorni del palio.
2 per chi volesse guardarsi la carriera in HD http://www.youtube.com/watch?v=XHY7wmdNgLs
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