SOMMARIO
Anno VI
Numero 1
Marzo 2014
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ARCHIVIO
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Nonno Elio
ESPERIENZE PRATICHE POETICHE
di Elisa Bozzi
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OGNUNO COMBATTE LE PROPRIE BATTAGLIE
Una testimonianza vivente della Campagna di Russia
Mio nonno, Elio Pochini, classe 1916,
partecipò alle azioni militari italiane fra il 1939 e il 1943,
prima in Italia (Fronte Occidentale, in Liguria), poi nei Balcani
(occupazione della Jugoslavia), e in Russia fra il '41 e il '43.
Della Guerra ha ricordi vividi, e il suo racconto è ricco di
dettagli non sbiaditi dal tempo. In quegli anni mio nonno ha raccolto e
scattato foto belle e preziose, grazie alle quali è possibile
ricostruire in buona parte gli spostamenti e le vicende della sua
storia. Queste foto hanno valore in se stesse, oltre a quello storico e
affettivo. Sono foto scattate in momenti di riposo, non ci sono scene
“crudeli”, da film hollywoodiano, per questo allo
spettatore contemporaneo possono sembrare prive d'interesse. In
realtà ci danno l'idea della quotidianità del fronte,
delle piccole cose che un soldato amava immortalare, e ci svelano che
la guerra è fatta di uomini comuni con abitudini e desideri
comuni, non solo di grandi battaglie e di retorica.
Elio Pochini, geometra, frequentò la scuola
Allievi Ufficiali d'Artiglieria da settembre 1938 a marzo 1939 nella
Caserma Santa Maria di Potenza. Entrò poi nel 52° Reggimento
automotorizzato divisione Torino, che fece parte del Corpo Spedizione
Italiana in Russia, qui ricoprì la carica di Ufficiale Topografo
e Capo Pattuglio O.C.
Nel 1941 iniziò l'avvicinamento al fronte russo.
Jugoslavia 1940
Jugoslavia 1940-'41
Jugoslavia 1941
Russia 1941-'42
Russia 1941-'42, verso il Donbass
L'inadeguatezza dell'Esercito Italiano della prima ora e le
difficoltà dell'avanzata traspaiono in molte foto. Le uniformi,
scadenti, sono spesso integrate, da chi poteva permetterselo, con
vestiti acquistati nei paesi dell'Est. Le temperature arrivarono a
-47°C.
Russia 1942
Russia 1941
Durante il lungo periodo del raduno dell'Esercito
Italiano nella zona del Donbass (oggi Ucraina) nel '42, Elio assistette
alle riprese dell'Istituto Luce: ecco la famosa carica del Savoia
Cavalleria, più altri documentari propagandistici ai quali
avrebbe dovuto partecipare in prima persona. Elio si rifiutò di
prestarsi con la sua pattuglia alle riprese. Gli uomini stanchi,
provati dal fronte, l'esaltazione dell'ideologia militare e della
guerra, fecero decidere mio nonno per il no. No alle messe in scena, la
guerra è un fatto fin troppo reale per essere idealizzato.
Nessuna ripresa per la sua pattuglia, nessuna propaganda. Oggi ci
giungono quotidianamente immagini di guerra e di morte dai margini
della nostra società del benessere. Sono immagini crude e
terribili, eppure scorrono davanti ai nostri occhi senza suscitare
emozioni, mentre pranziamo, mentre viviamo la nostra vita di tutti i
giorni. Mi piace pensare che Elio si sia imposto, a suo modo, contro
questa commercializzazione della guerra.
Russia 1941-'42
La raccolta di foto s'interrompe prima del suo
rientro in Italia, nell'estate del 43, quando mio nonno venne
trasferito a Savona alla divisione Rovigo, 117° Artiglieria
Ippotrainata. Li fece le prime esperienze a cavallo, prima in maneggio
poi in campagna, per spostarsi e calcolare il puntamento dei cannoni.
In quel periodo conobbe i cavalli Delano e poi Enquiso, che fanno da
sempre parte del mio bagaglio di cultura equestre.
Dopo l'ennesimo racconto di mio nonno riguardo la
guerra, e il mondo che fu, mi domando: esistono ancora uomini e
realtà di questo tipo? Solo le contingenze storiche, socio-
culturali e ambientali ne determinano l'esistenza? Quando mio nonno
materno parla sembra di aprire un romanzo epico. Il confronto con le
mille meschinità del mondo di oggi, mediate dai mille canali
informativi, non può aver luogo. Nella società del
“tutto e subito” nella quale sono nata, della “dorata
ignoranza” e del consumismo, sentir parlare della morte, della
fame, del freddo, dei bisogni essenziali dell'essere umano, aquista un
sapore nostalgico; come se rimpiangessi un mondo, certamente
difficile, mai conosciuto, ma che parla di sostanza e di essenza, non
solo di apparenza come quello di oggi, nel quale le tragedie dei popoli
ai margini del nostro benessere ci appaiono troppo lontane e troppo
estranee.
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