SOMMARIO

Anno VI
Numero 1
Marzo 2014

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ARCHIVIO

 

 

WESTERN ARTIST

di Mirko Luzietti


   GLI ARTISTI AMERICANI DEL XIX SECOLO 

INTRODUZIONE 
L’epico periodo delle esplorazioni dei territori dell’Ovest del continente Nordamericano, ebbe inizio nel 1803 con il celebre Louisiana Purchase, con il quale vennero effettivamente raddoppiate le dimensioni che avevano gli Stati Uniti fino a quel periodo, raggiungendo un totale di 825000 acri. La Louisiana, ossia quella parte del Nordamerica che ancora apparteneva alla Francia, era stata ceduta agli Stati Uniti l’11 aprile 1803 da Napoleone Bonaparte per la cifra di 15 milioni di dollari a causa delle enormi spese causate dalle frequenti guerre in cui la Francia era coinvolta. Con questo accordo, conosciuto come Louisiana Purchase, si annetteva agli Stati Uniti un vasto territorio che si estendeva ad ovest, dal fiume Mississippi alla catena delle Montagne Rocciose.
La Louisiana era stata colonizzata dai Francesi nel 1682, quando Renè Robert Cavelier de La Salle aveva esplorato il percorso del fiume Mississippi chiamando quella regione Louisiana in onore del re di Francia Luigi XIV.
Eccetto alcuni trappers, cacciatori che lavoravano per le grandi Compagnie di pellicce che da pochi anni avevano cominciato a penetrare lentamente nei selvaggi territori delle Montagne Rocciose, nessun esploratore si era mai avventurato in quella regione e le informazioni relative alle terre che si trovavano ad Ovest del Mississippi non erano mai state adeguatamente sufficienti per rappresentare delle cartine accurate. Nel 1792, un esploratore scozzese, Alexander MacKenzie fu il primo bianco ad attraversare il continente Nordamericano e a raggiungere l’Oceano Pacifico passando per il Canada.
Ma fu l’acquisto della Louisiana che permise di organizzare la prima esplorazione scientifica.
Il presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson incaricò i capitani Meriwether Lewis e William Clark i quali, con una spedizione formata da 30 volontari, avevano il compito di raggiungere le coste dell’Oceano occidentale e di raccogliere quante più informazioni possibili durante il viaggio.
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ritratto di Sharita-rish guerriero Kansas
    George Catlin.
    1830
La spedizione partì da Saint Louis il 14 maggio 1804 a bordo di tre imbarcazioni risalendo il corso del fiume Missouri fino alla foce.
La navigazione procedeva lentamente, difficilmente si riuscivano a percorrere più di 15 miglia al giorno.
La spedizione aveva uno scopo pacifico: avviare delle trattative commerciali con le tribù Indiane incontrate lungo il percorso, ma aveva anche il compito di dimostrare la forza dell’esercito americano.
Il 2 novembre la spedizione raggiunse l’accampamento dei Mandan, nell’attuale stato del Nord Dakota, nei pressi del quale costruirono Fort Mandan, un gruppo di baracche di legno dove poter trascorrere l’inverno.
Fu in questo periodo che giunse al Forte un trapper di origine francese Touissant Charbonneau con la moglie, una ragazza Shoshone di nome Sacagawea, il cui ruolo di interprete si sarebbe rivelato fondamentale per l’esito della spedizione.
La spedizione ripartì il 7 aprile 1805,  e il 30 luglio raggiunse il territorio degli Shoshoni, dove, dopo lunghe trattative, riuscì ad ottenere i cavalli per poter proseguire il viaggio via terra valicando le Montagne Rocciose.
Il 20 settembre la spedizione giunse nel territorio dei Nez Percè.
Da lì il viaggio proseguì a bordo di canoe risalendo il corso dei fiumi Clearwater, Snake e Columbia.
Il 1 novembre 1805, dopo aver percorso quasi 4000 miglia, la spedizione di Lewis e Clark raggiunse l’Oceano Pacifico.
La via del ritorno fu più veloce e la spedizione giunse a Saint Louis il 23 settembre 1806.
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Mist in Kanab Canyon.
    Thomas Moran.
    1892,  olio su tela.
    Le annotazioni di viaggio dei capitani Lewis e Clark fornirono numerose informazioni scientifiche ed etnografiche, accurate cartine, ma soprattutto la spedizione era riuscita ad instaurare pacifici rapporti commerciali con molte tribù incontrate lungo il percorso.
Purtroppo durante i due anni di viaggio non era stata realizzata nessuna immagine relativa ai territori attraversati perché non era stato incluso nessun artista tra i componenti della spedizione.
Così quando venne pubblicato per la prima volta il resoconto della spedizione tratto dai diari di viaggio dei capitani Lewis e Clark, fu illustrato da xilografie che ritraevano indiani molto simili a quelli che abitavano le foreste del Nord Est degli Stati Uniti.
Attratti dai racconti di chi aveva partecipato alla spedizione, diversi esploratori, cacciatori e trappers iniziarono ad addentrarsi in quel nuovo territorio e presto si resero conto di trovarsi di fronte una zona più vasta di quanto avessero potuto immaginare.
Le grandi Compagnie di Pellicce estesero il loro impero commerciale su questi territori cercando di instaurare delle proficue alleanze con i Nativi che abitavano quelle zone.
A partire dal 1822, anche i trappers che non dipendevano dalle Compagnie, ma che cacciavano per proprio conto iniziarono a riversarsi in quella vasta regione risalendo le montagne e attraversando le grandi pianure. Le pellicce di castoro e degli altri animali da pelliccia furono il motivo che fece accorrere tutti quei trappers nei selvaggi territori che si estendevano ad Ovest del fiume Missouri e quando queste iniziarono a diminuire, intorno al 1840, alcuni di quei cacciatori divennero delle esperte guide per le spedizioni militari.
Tuttavia non esistevano ancora dei disegni che potessero soddisfare la curiosità del pubblico eccitato dai racconti sulla spedizione di Lewis e Clark e dal resoconto della spedizione di Zebulon Pike verso la sorgente del Mississippi.
Si conoscono soltanto tre artisti che sicuramente riuscirono ad addentrarsi nel territorio della Louisiana prima del 1830: Samuel Seymour, Joshua Shaw e Peter Rindisbacher.
Samuel Seymour si aggregò alla spedizione di Stephen Long nel 1820 risalendo il fiume South Platte.
Joshua Shaw, nello stesso anno aveva risalito un tratto del corso del fiume Missouri.
Peter Rindisbacher aveva vissuto con i coloni nei pressi del Red River dal 1821 al 1826.
Di questi tre artisti, solo i disegni di Seymour, ma solo alcuni di essi, ci sono pervenuti. Sei veloci schizzi furono utilizzati per illustrare un raro libro sulla spedizione di Stephen Long del 1820.
A parte questi disegni si può affermare che fino al 1830, cioè quasi 25 anni dopo la spedizione di Lewis e Clark, non esistessero ancora delle immagini in grado di illustrare in maniera adeguata i territori dell’Ovest americano.
Ma a tutto questo pose rimedio George Catlin, un pittore ritrattista arrivato a Saint Louis nel 1830 con l’intenzione di dipingere il West e in particolare i Nativi americani che lo abitavano.
Spinto da un grande interesse, Catlin era determinato a ritrarre gli Indiani nel modo più accurato possibile.
Questa è la caratteristica più importante delle opere di Catlin soprattutto se si considera il periodo in cui furono realizzate.
Al seguito di Catlin ci fu un’intera corrente di artisti americani ed europei che iniziarono a loro volta a dipingere gli indiani, ma in maniera assai più fantasiosa, senza interessarsi al loro aspetto reale, al loro abbigliamento e al loro stile di vita.
George Catlin, insieme ad un altro pittore, Karl Bodmer, (giunto in America dalla Svizzera nel 1832) non sono considerati solo come dei famosi artisti, sono ritenuti degli etnografi per quanto riguarda lo studio dello stile di vita delle popolazioni native americane.
I loro dipinti rappresentano tuttora una notevole fonte di informazioni per gli studiosi e gli appassionati delle tradizioni degli Indiani d’America. Fu solo grazie alle loro illustrazioni che gli abitanti degli stati dell’Est poterono capire quale fosse l’aspetto degli incontaminati territori che si estendevano ad Ovest e degli Indiani che li popolavano. Catlin e Bodmer non erano dei pittori romantici, essi rappresentavano in maniera realistica ciò che osservavano.
Entrambi realizzarono una grande quantità di ritratti che ritraevano capi, guerrieri, uomini della medicina…; questo genere di opere era molto apprezzato in Europa all’inizio dell’800. Il ritratto era considerato più importante di ogni altra rappresentazione pittorica.
Catlin, come altri artisti in seguito, iniziò la sua carriera di pittore Western ritraendo le delegazioni di capi Indiani che si recavano in visita a Washington o in altre città dell’Est.
Pur non essendo molto considerate dai critici dell’epoca e dai ricchi collezionisti, altre forme pittoriche che rappresentavano scene di guerre, temi storici e paesaggi, cominciarono a fare la loro comparsa tra le Grandi Pianure dell’Ovest, riscuotendo in breve tempo un popolare successo, dovuto anche alle numerose riproduzioni in stampe economiche.
La tradizione pittorica delle scene di genere era già molto diffusa in Europa; negli Stati Uniti, il massimo esponente è considerato William Sidney Mount, le cui opere che ritraevano scene di vita dei contadini e degli artigiani di Long Island, furono probabilmente utilizzate come riferimento per alcuni dipinti da pittori come Catlin, Jacob Miller e George Bingham. Tuttavia si può riscontrare una sostanziale differenza tra le opere di questi ultimi artisti: mentre Mount e Bingham rappresentavano scene a loro familiari, di cui essi stessi facevano parte; Catlin, Bodmer e Miller dipingevano ciò che per loro, come per tutti gli americani degli stati dell’Est, rappresenta un territorio sconosciuto, oltre i confini della civiltà.
Per questo le opere di Catlin, Bodmer e Miller vennero definite “esotiche”. Altri pittori, come Wimar, Deas, Ranney e Tait devono la loro popolarità alla drammaticità delle loro opere che rappresentavano lo scontro tra i coloni bianchi e gli Indiani.
Anche se forse nella realtà scene di questo genere non furono così frequenti, il successo di queste opere rispecchia il popolare pregiudizio, molto diffuso in quel periodo, verso i Nativi Americani, visti come dei violenti selvaggi che si opponevano all’avanzata della civiltà, considerata dai coloni bianchi quasi come una missione, per la quale gli Indiani rappresentavano un ostacolo.
Catlin e Bodmer rispettavano i Nativi americani e cercavano di rappresentare il loro reale aspetto e il loro stile di vita, ma per altri artisti questo non era così importante.
Tuttavia, sia gli artisti favorevoli all’avanzata dei coloni, sia quelli che rispettavano gli Indiani, erano consapevoli di essere gli ultimi a poter rappresentare i Nativi americani prima che il loro stile di vita fosse distrutto.
La Rocky Mountain School, un movimento di artisti paesaggisti che iniziò a sorgere verso la metà dell’800, i cui pittori aderenti produssero enormi dipinti su tela raffiguranti scene Western di stile Romantico, si dimostrò particolarmente rispettosa nei confronti della cultura Indiana. Questi suggestivi dipinti di paesaggi naturali sono in grado di evocare straordinarie sensazioni nello spettatore, esaltando la quieta maestosità e lo splendore di una natura incontaminata. Pittori come Albert Bierstadt e Thomas Moran dimostrarono tutta la loro abilità rappresentando la vastità delle Montagne Rocciose e della valle dello Yellowstone.
Nel 1860, i voyagers, i mountain men, i battellieri e molte tribù di Indiani d’America, coloro che erano stati i protagonisti della storia dell’esplorazione dei territori dell’Ovest e che erano stati utilizzati come soggetti da molti artisti, erano ormai scomparsi.
Fu soltanto a partire dal 1860 che fiorì l’epoca dei cowboys, considerata l’ultimo grande capitolo dell’epopea del West.
Nel 1865 la ferrovia Kansas Pacific aveva ormai raggiunto Abilene dove si era creato un grande centro di raccolta per le mandrie di bestiame che dovevano raggiungere Chicago e le altre città dell’Est. Durante i seguenti trenta anni migliaia di capi di bestiame vennero condotti, percorrendo le grandi piste che erano state appositamente create, verso le fiorenti “città del bestiame”.
Gli uomini che guidavano queste grandi mandrie, i cowpunchers, i vaqueros, i cowboys come erano diversamente chiamati, divennero i nuovi soggetti principali per gli scrittori e gli artisti degli stati dell’Est.
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The Cheyenne.

Frederic Remington.
    1907,  bronzo

I più celebri artisti che rappresentarono in modo estremamente realistico la dura vita dei cowboys furono Frederic Remington e Charles Russell. Entrambi provenivano da agiate famiglie dell’Est e divennero degli artisti di successo tra il 1880 e il 1890, un periodo in cui l’epoca dei grandi spostamenti di bestiame si stava ormai concludendo e le grandi pianure venivano recintate e vendute agli agricoltori, che erano ritenuti un ostacolo dai mandriani e da chi aveva vissuto tutta la vita in un territorio dove non erano mai esistite recinzioni.
Con Remington e Russell, la saga artistica della leggendaria epopea del West si può considerare conclusa.
Dopo di loro molti altri artisti continuarono a dipingere e a scolpire opere che seguivano gli stessi temi, ma nessuno di essi aveva mai visto realmente una caccia al bisonte, o un raduno di trappers sulle montagne, o aveva partecipato ad un lungo cattle drive verso le grandi “cow towns”.
L’epopea del West era terminata, ma ciò che ci rimane è l’arte.

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A Mix Up.
    Charles M. Russell.
    1910,  olio su tela

GEORGE CATLIN  (1796 – 1872)
- Il-Pittore-Della-Medicina-
catlin
George A. Catlin

Il più importante tra i pittori che ritrassero paesaggi e scene di vita dei territori dell’Ovest americano fu George Catlin.
Non soltanto fu il primo artista ad attraversare le grandi pianure, fu anche tra i primi americani a prevedere l’inevitabile distruzione dei nativi americani, del loro stile di vita e di quei territori selvaggi e incontaminati, minacciati dal continuo espandersi della colonizzazione.
Collaborò con il governo federale affinché venisse istituito un sistema di parchi naturali, per riconoscere il valore della cultura degli indiani d’America.
Nato a Wilkes–Barre in Pensylvania, George Catlin, al contrario di molti altri pittori del West, che erano europei, faceva parte di una famiglia di coloni stabilitisi in America già da tempo.
La mamma di Catlin, Polly Sutton venne rapita da un gruppo di indiani durante il terribile massacro della valle del Wyoming nel 1778, ma venne in seguito liberata.
Il padre,Putnam Catlin, era un avvocato e aveva partecipato alla guerra di Indipendenza Americana; dopo alcuni anni trascorsi a Wilkes-Barre,nel 1797, si stabilì con la sua famiglia in una fattoria nello stato di New York nella valle di Susquehanna.
Durante la sua infanzia George Catlin ascoltava con interesse i racconti della mamma sulla sua prigionia presso una tribù degli Irochesi, che narravano la vita libera degli indiani delle immense foreste del NordEst.
Catlin studiò legge alla Reeve school, a Litchfield nel Connecticut e cominciò a lavorare come avvocato a New York per qualche anno.  E’proprio in questo periodo che inizia a manifestarsi un grande interesse per la pittura.
Nel 1821 abbandonò il lavoro di avvocato, per diventare un rispettato pittore di ritratti, rappresentando i volti della borghesia di New York e scene della vita nelle città dell’est.
Nel 1823 si trasferì a Philadelphia dove conobbe artisti come Rembrandt Peale e Thomas Sully.
Nel 1824 venne eletto membro della Pensilvania National Academy. In questo periodo Catlin realizzò numerosi ritratti di persone illustri come De Witt Clinton e Oliver Woleott, i quali contribuirono ad accrescere la sua fama come pittore.
Nel 1824 un avvenimento imprevisto sconvolge la tranquilla città di Philadelphia, la visita di una delegazione di capi indiani delle pianure.
George Catlin ne rimase molto affascinato, e decise che avrebbe trascorso la sua vita e dedicato la sua pittura per documentare le usanze degli indiani dell’Ovest, ritraendoli nel loro ambiente naturale.
In quei luoghi, alcuni anni dopo, Catlin iniziò a realizzare, giorno dopo giorno, un’infinità di dipinti e disegni.
Nulla sfugge alla sua appassionata attenzione: cerimonie, vita quotidiana, scene di caccia…
L’opera che ci lascia non è solo il documento straordinariamente vivo di una cultura e di un’epoca ormai terminata, ma rappresenta anche l’immagine di una società libera e selvaggia che viveva in armonia con la natura.
Da quel giorno Catlin rimase entusiasta e cominciò a sognare di recarsi all’Ovest, per documentare la vita degli indiani delle pianure. Il suo guadagno, fino ad allora, dipendeva dai numerosi ritratti che egli dipingeva per i nobili cittadini delle città dell’Est, attività che aveva abbandonato da quando aveva deciso di partire verso i selvaggi territori dell’Ovest. Così l’artista dovette rassegnarsi a partire per il suo viaggio con ben pochi fondi a disposizione.

stu mick o suks
Stu-mick-o-sucks (Il Grasso della Gobba del Bisonte) capo dei Piedi Neri

           Ritratto a Fort Union
           George Catlin
           1832, olio su tela

Nella primavera del 1830 Catlin giunse a Saint–Louis, nel Missouri, dove grazie ad una lettera di presentazione di alcuni suoi amici di Washington, riuscì a mettersi in contatto con il Generale William Clark, Sovrintendente degli Affari Indiani, che gli consentì di dipingere diversi ritratti degli indiani che giungevano in visita nella città, che all’epoca rappresentava l’ultimo grande insediamento, oltre il quale si estendevano gli immensi e ancora poco conosciuti territori dell’Ovest. Durante il soggiorno a S. Louis ottenne di poter seguire il generale Clark nei suoi frequenti viaggi in territorio Indiano, durante i quali potè conoscere le più grandi autorità delle tribù circostanti; alcuni di questi sarebbero entrati a far parte della Storia, come il “profeta degli Shawnee” Ten-squa-ta-wa (La porta aperta), fratello di Tecumseh, considerato uno dei più grandi capi indiani di tutti i tempi.
Ad esclusione dei cacciatori che già si avventuravano tra le Montagne Rocciose, in cerca di animali da pelliccia e di nuovi territori di caccia, ben pochi bianchi avevano osato addentrarsi in quelle zone, popolate da centinaia di tribù Indiane, la maggior parte delle quali non avevano ancora mai visto un uomo bianco.
Nella primavera del 1831 Catlin si unì alla spedizione guidata dal maggiore John Dougherty che avrebbe dovuto risalire il fiume Platte, attraverso l’odierno stato del Nebraska, spingendosi a Ovest seguendo la pista che nel 1834 raggiungerà Fort Laramie, nel Wyoming.
Durante il viaggio Catlin ebbe modo di realizzare molti dipinti in occasione delle soste della spedizione nei pressi degli accampamenti delle tribù, Omaha, Oto e Pawnee.
Fino a quel momento Catlin si era limitato a dipingere ritratti di indiani, i quali erano disposti a rimanere a lungo in posa, per poter poi ammirare la loro immagine dipinta sulla tela.
Dal 1832 i dipinti di Catlin iniziano a raffigurare attività di gruppo, giochi e momenti di vita negli accampamenti.
Inoltre George Catlin fu uno dei primi americani bianchi che iniziò a collezionare oggetti artigianali dei Nativi Americani, come vestiti decorati, armi e ornamenti che gli venivano donati ogni volta che si recava in visita presso una nuova tribù.
Nel 1832 Catlin si unì ad una nuova spedizione, che si sarebbe svolta a bordo di un battello, lo “Yellow Stone”, che avrebbe risalito il fiume Missouri, percorrendo le 2000 miglia che separavano Saint Louis da Fort Union nell’attuale stato del Montana.
Dopo aver percorso 1200 miglia di viaggio sul fiume, il battello si fermò per una sosta nelle vicinanze di Fort Pierre, nel South Dakota. Qui Catlin incontrò per la prima volta gli indiani delle pianure i Sioux, che in quel periodo occupavano un vastissimo territorio che si estendeva dal Mississippi fino alle Montagne Rocciose, di cui erano padroni incontrastati.
Probabilmente gli indiani incontrati da Catlin appartenevano alla suddivisione dei Dakota, una delle tre grandi suddivisioni che formano la famiglia Sioux.
A questo punto Catlin riscontrò una difficoltà che si sarebbe ripresentata a molti artisti che negli anni seguenti tentarono a loro volta di rappresentare con immagini quelle popolazioni ancora primitive.
Quei Sioux non avevano mai visto un ritratto prima d’allora, e il primo dipinto che Catlin mostrò loro (che raffigurava il loro capo Ha-wan-je-tah) suscitò ammirazione, ma anche paura e incertezza quando il loro uomo della medicina fece notare a tutti che gli occhi del loro capo erano stati rappresentati aperti nel dipinto, ciò avrebbe significato che non avrebbe più potuto dormire.
Non fu facile per l’artista convincere quel gruppo di indiani che un dipinto non avrebbe provocato alcun danno alla persona ritratta, ma si trattava di un onore, di un mezzo per essere conosciuti e ricordati.
Chiariti questi dubbi iniziali, anche gli altri indiani vollero posare per essere ritratti su di una di quelle tele per poter guardare la loro immagine dipinta.
Quel primo incontro con i Sioux non era stato facile, ma da quel giorno George Catlin cominciò ad essere conosciuto tra i Dakota con il nome di Ea-cha-zoo-kah-wa-kovo, il Pittore della Medicina.

George Catlin non è ricordato solo come pittore, ma anche come etnologo e come antropologo.
Era interessato a rappresentare non soltanto gli esatti dettagli dei vestiti, delle armi e degli oggetti, ma anche le normali attività quotidiane dei Nativi Americani.
I suoi dipinti sorpresero molto il pubblico delle città dell’est, che conosceva soltanto gli indiani della costa, i quali, ormai da anni si erano assoggettati alle abitudini della crescente popolazione bianca e avevano in gran parte abbandonato le proprie tradizioni.
Gli indiani rappresentati da Catlin erano molto diversi, conducevano una vita libera, non avevano dimore fisse e spostavano continuamente i loro accampamenti seguendo le migrazioni delle immense mandrie di bisonti, che rappresentavano il loro fondamentale sostentamento e sul quale era basato il loro sistema di vita.
Quello che più sconvolse i cittadini delle città dell’Est furono i rituali praticati da quelle popolazioni, che Catlin rappresentava sempre con grande cura, come la “Danza del Bisonte”, o la Danza del Sole, chiamata dai Mandan “O-Kee-Pah”, a cui si sottoponevano i giovani guerrieri per dare prova della loro sopportazione al dolore.
Queste cerimonie non erano solo dei dolorosi rituali in cui si dimostrava la propria resistenza, ma avevano un grande valore spirituale.
Inoltre, Catlin, fu il primo ad illustrare tutte le attività che scandivano la vita degli Indiani delle pianure, le danze cerimoniali, la caccia al bisonte, le occupazioni quotidiane all’interno degli accampamenti, i giochi; fu il più meticoloso cronista della vita degli Indiani d’America.
Ma gran parte dell’opinione pubblica delle città dell’Est considerava Catlin un romantico che cercava di difendere le sorti di quei popoli nativi dall’avanzata della colonizzazione e della civilizzazione. I suoi dipinti dettagliati che raffiguravano le crudeli usanze di quelle genti, in alcuni casi, non avevano fatto altro che accrescere l’indifferenza verso il loro destino.
Proseguendo il suo viaggio verso nord a bordo del battello Yellow Stone, Catlin raggiunse Fort Union, che in quegli anni era soltanto un posto di scambi fortificato dove gli indiani della zona si recavano per barattare le loro pelli, ma si trattava comunque del più occidentale insediamento di bianchi in tutto il territorio del NordOvest. Non molto distanti dal forte sorgevano gli accampamenti delle nazioni dei Piedi Neri (Siksika) e dei Corvi (Absarokee).
Catlin si fermò a Fort Union per tutta l’estate, dove realizzò numerosi schizzi e dipinti che ritraevano la vita ardua e pericolosa degli indiani della zona.
Tra tutti gli artisti che si recarono ad Ovest per rappresentare dal vero la vita dei Nativi Americani, Catlin fu quello che riuscì a vivere più a stretto contatto con loro.
Al termine dell’estate Catlin ripartì per un’altra avventura straordinaria. Facendosi guidare da due trappers della compagnia di pellicce American Fur Company, Jean Batiste e Abraham Bogart,ridiscese l’intero corso del fiume Missouri a bordo di una canoa fino a S. Louis, percorrendo un viaggio di altre 2000 miglia.
Mentre discendevano il Missouri,dopo 200 miglia, i tre si fermarono a Fort Clark,nelle cui vicinanze sorgeva un villaggio dei Mandan, una tribù di cacciatori e agricoltori che abitavano, in capanne interrate, situato nell’attuale stato del North Dakota.
Il soggiorno di Catlin fra i Mandan è probabilmente il momento più importante di tutta la sua esperienza nell’Ovest. E’ in questo accampamento che Catlin realizzò uno dei suoi più famosi dipinti, il ritratto del capo Mah-to-toh-pe (Quattro Orsi).
Catlin è considerato l’unico uomo bianco che abbia assistito alla cerimonia dell’Okee-Pah, la Danza del Sole dei Mandan, e i suoi disegni sono ciò che rimane come testimonianza di quel complesso rituale e della società dei Mandan, che venne completamente distrutta, pochi anni dopo, nel 1837, a causa di una epidemia di vaiolo, una delle malattie introdotte nel continente americano dai bianchi. Proseguendo il viaggio di ritorno lungo il Missouri, Catlin e i due trappers sostarono prima presso gli accampamenti delle tribù dei Minnetarees e degli Hidatsa, poi dovettero evitare gli Arikara che a quel tempo erano considerati una tribù ostile.
mah to toh pe

Mah-to-toh-pe (Quattro Orsi) capo dei Mandan
           George Catlin
           1832, olio su tela
Quando raggiunsero Fort Leavenworth, situato nell’attuale stato del Missouri, Catlin potè raffigurare anche la potente tribù dei Pawnee, che era accampata nelle vicinanze del forte.
 Erano ormai vicini a Saint Louis; l’artista era riuscito nel suo intento di rappresentare la vita dei nativi americani, ritratti nel loro ambiente naturale.
Durante l’estate Catlin aveva realizzato 135 dipinti, oltre ad aver acquistato una grande varietà di oggetti d’artigianato dei nativi americani. L’anno seguente alcuni di questi dipinti furono esposti a S. Louis e a Cincinnati.
Nel 1834 ritroviamo l’artista in viaggio tra le praterie, questa volta diretto verso SudOvest.
Si era aggregato ad una spedizione militare che aveva il compito di esplorare per la prima volta i confini con il territorio del Messico.
Partendo da Fort Gibson, sul fiume Arkansas, dopo aver attraversato i territori dei Cherokee, dei Cree e dei Choctaw, la spedizione si addentrò nel deserto del sudovest.
Dopo pochi giorni i componenti della spedizione cominciarono ad ammalarsi e ben presto il viaggio si trasformò in una sofferenza. Solo la generosa assistenza dei Comanche e dei Pawnee permise alla truppa di sopravvivere da quel viaggio disastroso.
Morì oltre un terzo della spedizione e i superstiti, quando si furono ripresi si diressero verso St. Louis viaggiando per 500 miglia. Trascorso l’inverno in Florida, Catlin tornò all’ovest nel 1835. A bordo di un battello risalì il Mississippi fino a Fort Snelling, nell’attuale stato del Minnesota, dove riuscì a dipingere gli indiani Souk e Fox e i Chippewa, da lì proseguì con una canoa percorrendo 900 miglia fino a St. Louis.
Durante il suo solitario viaggio in canoa, quando si trovava a sole poche miglia da Fort Snelling, Catlin si imbattè in un gruppo di Sioux ubriachi, che lo costrinsero a fermarsi sparando su di lui e mancandolo di poco.
Catlin scese a terra armato di pistola e fucile ed obbligò gli indiani a posare per uno dei suoi disegni; quando finì lo schizzo, potè proseguire il suo viaggio senza che si verificassero ulteriori incidenti. Nel 1836, mentre si trovava nel Wisconsin, spinto dalla passione per l’artigianato dei nativi americani andò a visitare un’antica cava, da cui veniva estratta la limonite rossa, una pietra utilizzata per realizzare i fornelli delle pipe cerimoniali, nota come catlinite.
Nel corso degli anni trascorsi in viaggio attraverso il continente americano, George Catlin aveva realizzato un gran numero di disegni e di dipinti che egli definì Indian Gallery.
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White Buffalo:An Aged Medicine Man
            George Catlin
            1832, olio su tela
Nel 1836 espose una parte dei suoi dipinti nella città di Buffalo, nello stato di New York. Incoraggiato dall’iniziale successo ottenuto, Catlin espose le sue opere ad Albany nel 1837, a Troy e a New York City nel 1838, infine a Washington. In ogni esposizione si ebbe lo stesso riscontro da parte del pubblico: un iniziale entusiasmo a cui seguiva un progressivo disinteresse.
Il pubblico era affascinato dai dipinti di Catlin, che ritraevano la vita e le usanze  degli indiani d’america, ma non comprendeva l’enorme importanza che avrebbe avuto per gli storici e gli studiosi, che in seguito si sarebbero interessati alla vita dei nativi prima del contatto con i bianchi.
Nonostante l’opinione pubblica, Catlin tentò di convincere il governo federale a comprare la sua intera collezione per fondare un museo nazionale, ma a quel tempo nessuno avrebbe dato importanza a quell’ambizioso progetto. Catlin cercò anche di intervenire a favore degli Indiani, opponendosi ad un trattato introdotto dal Congresso tra il 1837 e il 1838, che prevedeva lo spostamento dei territori di alcune tribù indiane, consentendo l’avanzata della colonizzazione.
Non soddisfatto dei risultati ottenuti dalle esposizioni in America, Catlin si trasferì con la sua Indian Gallery in Europa.
Le mostre allestite in Inghilterra tra il 1840 e il 1844, e a Parigi dal 1845 al 1848, provocarono lo stesso risultato da parte del pubblico, un iniziale entusiasmo, seguito da un progressivo disinteresse.
In quegli stessi anni, la moglie ed il figlio di Catlin morirono, ma l’artista non interruppe il suo lavoro, scrivendo diverse monografie sui suoi viaggi e realizzando numerosi dipinti e incisioni basate sugli schizzi disegnati durante le sue spedizioni.
Nel 1841,mentre si trovava in Inghilterra,viene pubblicato,grazie al contributo della casa reale,il suo più famoso libro ,Letters and Notes on the Manners,Customs and Conditions of the North American Indians ,una raccolta delle numerose lettere scritte durante i suoi viaggi.
Scoraggiato dall’esito delle esposizioni, Catlin decise di partire nuovamente per uno dei suoi viaggi, questa volta si sarebbe diretto verso il Sud america. Lasciata la caotica vita della città di Parigi nel 1853, sbarcò in Brasile, dove trascorse cinque anni, dal 1853, al 1858, disegnando e viaggiando attraverso l’America.  Partendo dalla Terra del Fuoco risalì tutto il continente seguendo la costa del Pacifico fino a raggiungere il Mare di Bering.
Ritornò in Europa nel 1858, stabilendosi a Bruxelles, dove si dedicò a scrivere numerosi libri illustrati, tra cui “Life Amongst the Indians” (1861) e “Last Rambles Amongst the Indians” (1868).
Nel 1870 fece ritorno negli Stati Uniti, dove nel 1871 la sua ultima opera “Catlin’s Indian Cartoons” fu esibita al centro culturale della Smithsonian Institution. Per Catlin si era realizzato il sogno di una vita. George Catlin morì l’anno seguente,a 77 anni, lo stesso anno in cui il Congresso aveva cominciato a discutere a proposito dell’acquisto della sua collezione di dipinti.
L’Indian Gallery fu comprata dalla Smithsonian Institution nel 1879, mentre altri dipinti furono venduti al Museo di Storia Naturale di New York dalla figlia di Catlin. L’abilità di George Catlin come artista e come etnografo era finalmente stata riconosciuta.

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wi jun jon
 Wi-jun-jon (La Testa a Uovo di Piccione) guerriero Assiniboine
            Prima e dopo
            George Catlin
            1832, olio su tela
 Questo personaggio ha una storia triste.Faceva parte di una delegazione di capi recatasi in visita a Washington nel 1832.Ritorna vestito da“uomo bianco”e racconta storie  incredibili su ciò che ha visto, ma nessuno gli vuole credere, sembrano tutte invenzioni. Viene considerato un grande bugiardo e perde tutto il suo prestigio. La sua capacità di inventare storie fantastiche viene creduta una dote straordinaria, tanto da ritenerlo addirittura un”medicine-man”(uomo sacro). Per questo motivo viene ucciso, per invidia, da un altro guerriero della sua tribù, che gli spara con un fucile caricato con il manico di una padella..