SOMMARIO

Anno VI
Numero 2
Settembre 2014

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Il vecchio Maresciallo
di Roberto Vaglio

Il vecchio maresciallo, come ogni sera, stava compilando il brogliaccio con i servizi per l’indomani. Non vedeva l’ora di terminare, lasciare le consegne al piantone e tornare a casa. Slacciare il colletto della camicia, infilarsi le pantofole ed ascoltare le chiacchiere della moglie, ritornare per un attimo alla normalità di una vita che oramai era lontana da troppo tempo. Avrebbe ascoltato le novità che circolavano in paese, avrebbe sentito il ricordo di quel figlio che chissà dove era prigioniero, chissà di chi. Avrebbe asciugato le sue lacrime e consolato la compagna di sempre dicendo: “vedrai, fra poco questa follia sarà finita ed i nostri ragazzi torneranno a casa”. Lo avrebbe detto perché così si sarebbe forse convinto un poco anche lui.

Adesso doveva pensare ai suoi ragazzi in divisa, ai quattro carabinieri della sua stazione, che come i figli si aspettano sempre che i padri risolvano ogni problema, in qualsiasi situazione. Ma lui si sentiva vecchio e stanco, stanco di morti, stanco di una guerra che non sapeva più con chi si stava combattendo, troppo vecchio per sopportare la guerra civile che metteva fratello contro fratello. Si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi: non ne aveva bisogno ma quel gesto gli consentiva di riordinare le idee, di scrutare per pochi momenti dentro se stesso. Come avrebbe voluto sfilarsi la divisa e in panni borghesi, con i suoi vecchi scarponi ai piedi, risalire ai monti della sua infanzia, verso la terra di suo padre. Ma il senso del dovere era ancora forte e sapeva che quello sarebbe rimasto un sogno.

Bussano alla porta, entra Caruso, il più giovane dei suoi carabinieri, ha il fiato corto come dopo una corsa, è trafelato. “Marescià, comandi. Giù in piazza è arrivata una Balilla carica di partigiani. Sono armati e vengono verso la caserma. Che cosa facciamo?”. Cosa vuoi fare Ciro,  pensa tra se il vecchio maresciallo. Si alza, abbottona la giacca, allaccia il cinturone da cui pende la Beretta 34 di ordinanza, si calca il berretto sulla testa ed esce, piantandosi sulla porta della caserma. Ordina ai quattro carabinieri di ritirarsi in camerata e non reagire qualunque cosa capiti e aspetta. Arrivano cinque civili in armi, in testa Stefano Ferrero, un ragazzo del paese, compagno di scuola di suo figlio. “Maresciallo – esordisce Stefano – siamo qui perché dobbiamo arrestare una persona e voi ci dovete dire dove si trova.” Il vecchio pensa, ma guarda qui che tracotanza, un ragazzo, un bravo ragazzo anche lui travolto da questa porcheria di guerra. Fa il duro e presto di pentirà degli eccessi, perché presto la vedremo finire questa guerra.

Sorride e “Ragazzi, io faccio il mio mestiere in questo paese da quando andavate tutti all’asilo delle suore. Vi conosco quasi tutti e so che tutto sommato siete brava gente. Lasciate perdere le faide, approfittate di essere a casa e andate a salutare i vostri padri, ad abbracciare quelle povere donne delle vostre madri che sono in pena per voi. Se è stato commesso qualche reato, denunciatelo a me ed io me ne occuperò, come sempre.”

I quattro paesani tentennano, hanno rispetto per il vecchio maresciallo, ma uno, un forestiero, capello di feltro a tesa larga, mezzo in divisa, chissà di quale esercito contendente, mezzo in borghese, una P08 che si scorge dalla fondina  aperta, si fa largo tra i compagni e si avvicina, arriva ad un palmo del naso del maresciallo e dice: “Sono il commissario politico, comando io questi uomini, e decido io chi si arresta e chi deve essere fucilato. Antonio Cerrato è un nemico del popolo e merita una palla in testa. Adesso mi dici dove lo trovo.” E’ calmo, le ultime parole gli escono dalla bocca sibilando. Ma guarda questo, darebbe del tu perfino al padreterno, però è pericoloso. “Sentite, dove sia il Cerrato non lo so, non sono un membro della sua famiglia, ma vi garantisco che anche se lo sapessi non lo metterei certamente nelle vostre mani. In questo paese fino ad oggi abbiamo evitato denunce, arresti e rastrellamenti. I morti ammazzati andateli a fare altrove. Qui la Stazione del Carabinieri è più che sufficiente a mantenere l’ordine e a consentire alla gente di vivere serena, per quanto possibile in tempi come questi.”

Il commissario politico estrae la Luger, guarda con interesse la canna “Di gente come te dopo la guerra non sappiamo che cosa farcene. Hai giurato al re e a mussolini non ti lasceremo giurare alla nuova repubblica. Dammi le informazioni o te ne pentirai.”

Sono vecchio per queste esibizioni tra galletti nello stesso pollaio, la minestra sarà quasi nel piatto e io devo perdere il tempo a contrastare questo scriteriato. “Ragazzi, datemi retta, non vi fate travolgere dall’odio, perché odio genera odio, l’odio vendetta e poi dovrete fare i conti con la vostra coscienza. Ritrovate un briciolo di buon senso e andate a casa.”

Un colpo di pistola e il vecchio maresciallo stramazza al suolo e muore con un solo pensiero “chi lo dirà a mia moglie che questa sera non ceno a casa…” E’ un momento  e dalle finestre della caserma quattro moschetti 91/38 vengono scaricati sul gruppo degli assassini del maresciallo. Muoiono così quattro ragazzi del paese ed un commissario politico, uno di città che avrebbe dato del tu anche al padreterno. Perlomeno adesso avrebbe potuto provarci di persona.

E’ il 26 aprile, e il vecchio maresciallo muore senza neanche sapere che la guerra è finita, senza sapere che suo figlio l’anno dopo potrà tornare a casa dalla prigionia, che in paese dopo quell’episodio non accadrà più nulla e che sul caso della sua morte calerà il sipario. Un incidente, si dirà, i quattro carabinieri immediatamente trasferiti in altre regioni, separatamente, ai quattro punti cardinali, ai quattro partigiani del paese l’intitolazione di una piazza ai “Martiri del 25 aprile”. E’ anticipata di un giorno, direte, e poi non sono martiri ma vittime della follia del commissario. Ma la storia non si scrive con la verità e poi, con il passare del tempo tutti si convinceranno che è stato proprio così.

E il maresciallo? Beh, lui era un uomo all’antica, che non sapeva stare al passo con i tempi. Convinto che il dovere venisse prima di tutto e che il suo compito fosse mantenere l’ordine perché in paese la vita scorresse serena, nonostante i tempi. Era vecchio, aveva 54 anni.