La leggenda narra che il gallo cedrone in uno slancio di
generosità insegnò ad un indiano Hurone come fare
l'intelaiatura della racchetta da neve e a sua moglie
mostrò come intrecciarvi dentro le strisce di pelle cruda
Gli Huroni ringraziarono il gallo e tornarono a casa senza più sprofondare nella neve mentre, e proprio così finisce la storia, il gallo moriva per aver parlato troppo.
Da allora gli Huroni sono i migliori costruttori di racchette da
neve. L'intelaiatura di legno, betulla, ikorj o frassino viene incurvata ad
arco sul ginocchio dopo averla ammorbidirla
nell'acqua calda; le estremità poi si congiungono a coda e si tengono
allargate al centro da un'assicella Una volta finita, l'intelaiatura sembra «una goccia d'acqua» e passa nelle mani delle squaw:
l'intrecciarvi dentro le strisce di pelle cruda, infatti, è lavoro tipicamente femminile. Gli antropologi pensano che le
racchette da neve siano il più remoto mezzo di locomozione inventato
dall'uomo, l'attrezzo più antico con cui l'uomo cacciatore si
portava dietro armi e bagagli. Originariamente adottate dai paleosiberiani
furono introdotte in epoca preistorica nell'America settentrionale dove,
perfezionate dagli Algonchini, si diffusero fino alla California I Lapponi ed
i Samoiedi, allevatori e non cacciatori, non conoscevano le racchette, ma
svilupparono gli sci in quanto per seguire le mandrie di renne transumanti
preferivano un attrezzo specializzato più alla velocità che all'appostamento. Parallelamente i cacciatori della foresta
artica e sub-artica perfezionarono la racchetta da neve facendone uno strumento tecnicamente adatto al suo uso e da allora rimasto in
pratica insuperato.
È curioso notare, a questo proposito, che i Lapponi arrivarono allo
sci proprio evolvendo il pattino da neve, cioè pian piano riducendone la larghezza, aumentandone la lunghezza,
curvandone le estremità
In una torbiera svedese, a Sattajarvi precisamente, furono
trovati i più vecchi sci della nostra storia
risalenti al 2000 AG Si ritiene quindi che già in quell'epoca i Lapponi non fossero più cacciatori ma allevatori di renne.
Il caribù o renna americana come viene
comunemente chiamata, invece, non è mai stato addomesticato. Due volte l'anno si sposta
attraversando la tundra: a primavera verso Nord in autunno verso Sud. Gli
indiani si acquattavano per cacciarlo e dovevano avere libere le mani per usare
l'arco e le frecce. Non dovevano spostarsi molto e di conseguenza la racchetta
era peculiare della loro cultura.
Sulle Alpi era diffusa l'opinione che la racchetta canadese
creasse delle difficoltà sulle forti pendenze. Chi le ha provate
sa che non è vero: la racchetta indiana sale dappertutto e meglio delle
altre, in quanto la punta del piede fa da rampone uscendo dall'apposito buco.
Tra l'altro l'Alaska è un paese montuoso e trappers e
cercatori d'oro le hanno sempre usate sulle Montagne Rocciose.
Le dimensioni sono di circa un metro di lunghezza e 25 cm. di
larghezza e tale superficie riesce a far galleggiare sulla neve fresca circa 50
kg. l'una. Sono quindi più che sufficienti per un uomo del peso
medio, carico naturale. La tecnica d'uso è molto diversa da quella usata con la racchetta nostrana, essendo
le dimensioni più grandi e l'intreccio più largo e fitto. Galleggiando bene sulla neve, si fanno scivolare
alzando il tallone di 45° buoni sulla punta in maniera molto
simile a quella usata nello sci-alpinismo. Va da sé che camminare così diventa divertente e molto meno
faticoso. Naturalmente nelle soste un piede deve essere appoggiato più avanti dell'altro, ma neanche troppo. Per quelli (e incominciamo
a vederne qualcuno) che usano le slitte tirate dai cani nordici, le racchette
diventano indispensabili per battere la pista quando nevica I cani, che procederanno
naturalmente a «tandem semplice» (in fila indiana) e che hanno una incidenza di 250 g. al cm2,
per zampa, sprofondano parecchio nella neve obbligando l'uomo ad aprire la
strada battendo la pista Per questo uso i Naskapi avevano inventato una
racchetta più corta e più larga (cm. 60) faticosissima da usare ma che assolveva egregiamente
questo compito. Non dimentichiamo che il dovere della battitura della pista
era tra gli indiani affidato alla donna. Bei tempi!
Quando la neve è fresca non ci sono particolari
problemi, mentre quando è più dura lo spostamento trasversale su
pendio può creare qualche problema al principiante. In questo caso
l'uso dei bastoncini da sci, meglio se del vecchio tipo con l'anello largo in
fondo, diventa indispensabile. Sui monti dell'Alaska molti usavano la picozza
tradizionale a cui aggiungevano al fondo un disco di ferro con della tela per
non farla sprofondare, gli indiani tagliavano degli alberelli lasciando tutti
gli spuntoni dei rami. Come vedete, l'ingegno di ognuno in questi casi risolve
i problemi che di volta in volta potevano nascere. Le racchette non sono
alternativa allo sci, sono solo un'altra cosa. Nei trekking sono indicate
soprattutto verso la fine dell'inverno, quando la neve a fondo valle e sui
pendii esposti si è già sciolta mentre sui passi è ancora alta; legate allo zaino quando si va a piedi sono meno
ingombranti e pesano poco, possono essere usate inoltre con una scarpa
qualsiasi.
Manutenzione: le racchette sono in commercio verniciate con flatting
nautico, ma i durante l'uso la vernice sparisce: la neve ed il ghiaccio la
grattuggiano via Vanno quindi ingrassate bene dopo l'uso, e mai fatte asciugare
vicino ad una fonte di calore, in modo che il legno ed il cuoio si conservino
bene per tutta la stagione calda All'inizio dell'inverno, non fa male
riverniciarle con lo stesso prodotto al fine di rendere più impermeabile la pelle che comunque è già stata nutrita dal grasso per tutta l'estate. Quando partiamo
mettiamo nello zaino anche qualche striscia di pelle, un po' di fil di ferro e
un coltello. Se qualche cosa si rompe, l'aggiusteremo. A questo punto con una
manciata di frutta secca nel sacco, ben equipaggiati e con questi magnifici
attrezzi nei piedi possiamo fare quello che riteniamo opportuno, fuori dal
mondo «civile» lontano dalle piste, nella bianca
solitudine del Wilderness, ritrovare la poesia del silenzio ricordando l'abilità e la fatica dell'indiano, che sulle
stesse racchette nei tempi remoti, inseguiva l'alce e il caribù.
Due modelli classici di racchette: nel disegno a sinistra, la «coda d'orso» (bearpaw), in quello a destra, la «coda di castoro» (beaver tali) con le relative orme lasciate nella neve.
le racchette da neve a forma di coda di castoro, lunghe e quasi piatte, sono particolarmente adatte alla neve profonda
le racchette a zampa d'orso, più leggere e dalla punta tondeggiante
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