SOMMARIO

Anno VI
Numero 2
Giugno 2014

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ARCHIVIO

 

 

La stagione invernale offre all'escursionista la possibilità di scoprire la natura nella sua veste forse più magica e suggestiva. Basta essere forniti dell'attrezza­tura più adatta per muoversi con agilità e sicurezza sulla coltre di neve. In questo servizio vi proponiamo alcuni itinerari da effettuare calzando le racchette da neve: dalle facili escursioni nel parco nazionale dello Stelvio all'impegnativo trek delle alpi Apuane, peraltro articolabile in gite giornaliere o di fine settimana. Si tratta di esperienze e testimonianze diverse, un invito per tutti ad avvicinarsi alla montagna servendosi di un attrezzo poco costoso e di antica tradizione.

LA RACCHETTA DA NEVE
passaporto per la solitudine

di Mauro Ferraris

La leggenda narra che il gallo cedrone in uno slancio di generosità insegnò ad un indiano Hurone come fare l'intelaiatura della racchetta da neve e a sua moglie mostrò come intrecciarvi dentro le stri­sce di pelle cruda

Gli Huroni ringraziarono il gallo e torna­rono a casa senza più sprofondare nella neve mentre, e proprio così finisce la sto­ria, il gallo moriva per aver parlato troppo.

Da allora gli Huroni sono i migliori costruttori di racchette da neve. L'inte­laiatura di legno, betulla, ikorj o frassino viene incurvata ad arco sul ginocchio dopo  averla  ammorbidirla  nell'acqua calda; le estremità poi si congiungono a coda e si tengono allargate al centro da un'assicella Una volta finita, l'intelaiatura sembra «una goccia d'acqua» e passa nelle mani delle squaw: l'intrecciarvi den­tro le strisce di pelle cruda, infatti, è lavoro tipicamente femminile. Gli antropologi pensano che le racchette da neve siano il più remoto mezzo di locomozione inventato dall'uomo, l'at­trezzo più antico con cui l'uomo cac­ciatore si portava dietro armi e bagagli. Originariamente adottate dai paleosibe­riani furono introdotte in epoca preisto­rica nell'America settentrionale dove, perfezionate dagli Algonchini, si diffu­sero fino alla California I Lapponi ed i Samoiedi, allevatori e non cacciatori, non conoscevano le rac­chette, ma svilupparono gli sci in quanto per seguire le mandrie di renne transu­manti preferivano un attrezzo specializ­zato più alla velocità che all'apposta­mento. Parallelamente i cacciatori della foresta artica e sub-artica perfeziona­rono la racchetta da neve facendone uno strumento tecnicamente adatto al suo uso e da allora rimasto in pratica insuperato.

È curioso notare, a questo proposito, che i Lapponi arrivarono allo sci proprio evolvendo il pattino da neve, cioè pian piano riducendone la larghezza, aumen­tandone la lunghezza, curvandone le estremità

In una torbiera svedese, a Sattajarvi pre­cisamente, furono trovati i più vecchi sci della nostra storia risalenti al 2000 AG Si ritiene quindi che già in quell'epoca i Lapponi non fossero più cacciatori ma allevatori di renne.

Il caribù o renna americana come viene comunemente chiamata, invece, non è mai stato addomesticato. Due volte l'anno si sposta attraversando la tundra: a primavera verso Nord in autunno verso Sud. Gli indiani si acquattavano per cacciarlo e dovevano avere libere le mani per usare l'arco e le frecce. Non dovevano spostarsi molto e di conse­guenza la racchetta era peculiare della loro cultura.

Sulle Alpi era diffusa l'opinione che la racchetta canadese creasse delle diffi­coltà sulle forti pendenze. Chi le ha pro­vate sa che non è vero: la racchetta indiana sale dappertutto e meglio delle altre, in quanto la punta del piede fa da rampone uscendo dall'apposito buco. Tra l'altro l'Alaska è un paese montuoso e trappers e cercatori d'oro le hanno sempre usate sulle Montagne Roccio­se.

Le dimensioni sono di circa un metro di lunghezza e 25 cm. di larghezza e tale superficie riesce a far galleggiare sulla neve fresca circa 50 kg. l'una. Sono quindi più che sufficienti per un uomo del peso medio, carico naturale. La tecnica d'uso è molto diversa da quella usata con la racchetta nostrana, essendo le dimensioni più grandi e l'in­treccio più largo e fitto. Galleggiando bene sulla neve, si fanno scivolare alzando il tallone di 45° buoni sulla punta in maniera molto simile a quella usata nello sci-alpinismo. Va da sé che camminare così diventa diver­tente e molto meno faticoso. Natural­mente nelle soste un piede deve essere appoggiato più avanti dell'altro, ma neanche troppo. Per quelli (e incomin­ciamo a vederne qualcuno) che usano le slitte tirate dai cani nordici, le racchette diventano indispensabili per battere la pista quando nevica I cani, che proce­deranno naturalmente a «tandem sem­plice» (in fila indiana) e che hanno una incidenza di 250 g. al cm2, per zampa, sprofondano parecchio nella neve obbli­gando l'uomo ad aprire la strada bat­tendo la pista Per questo uso i Naskapi avevano inventato una racchetta più corta e più larga (cm. 60) faticosissima da usare ma che assolveva egregia­mente questo compito. Non dimenti­chiamo che il dovere della battitura della pista era tra gli indiani affidato alla donna. Bei tempi!

neve freska

Quando la neve è fresca non ci sono particolari problemi, mentre quando è più dura lo spostamento trasversale su pendio può creare qualche problema al principiante. In questo caso l'uso dei bastoncini da sci, meglio se del vecchio tipo con l'anello largo in fondo, diventa indispensabile. Sui monti dell'Alaska molti usavano la picozza tradizionale a cui aggiungevano al fondo un disco di ferro con della tela per non farla sprofon­dare, gli indiani tagliavano degli alberelli lasciando tutti gli spuntoni dei rami. Come vedete, l'ingegno di ognuno in questi casi risolve i problemi che di volta in volta potevano nascere. Le racchette non sono alternativa allo sci, sono solo un'altra cosa. Nei trekking sono indicate soprattutto verso la fine dell'inverno, quando la neve a fondo valle e sui pendii esposti si è già sciolta mentre sui passi è ancora alta; legate allo zaino quando si va a piedi sono meno ingombranti e pesano poco, possono essere usate inoltre con una scarpa qualsiasi.

Manutenzione: le racchette sono in com­mercio verniciate con flatting nautico, ma i durante l'uso la vernice sparisce: la neve ed il ghiaccio la grattuggiano via Vanno quindi ingrassate bene dopo l'uso, e mai fatte asciugare vicino ad una fonte di calore, in modo che il legno ed il cuoio si conservino bene per tutta la sta­gione calda All'inizio dell'inverno, non fa male riverniciarle con lo stesso prodotto al fine di rendere più impermeabile la pelle che comunque è già stata nutrita dal grasso per tutta l'estate. Quando partiamo mettiamo nello zaino anche qualche striscia di pelle, un po' di fil di ferro e un coltello. Se qualche cosa si rompe, l'aggiusteremo. A questo punto con una manciata di frutta secca nel sacco, ben equipaggiati e con questi magnifici attrezzi nei piedi possiamo fare quello che riteniamo opportuno, fuori dal mondo «civile» lon­tano dalle piste, nella bianca solitudine del Wilderness, ritrovare la poesia del silenzio ricordando l'abilità e la fatica del­l'indiano, che sulle stesse racchette nei tempi remoti, inseguiva l'alce e il ca­ribù.


koda d'orso e koda di kastoro

Due modelli classici di racchette: nel disegno a sinistra, la «coda d'orso» (bearpaw), in quello a destra, la «coda di castoro» (beaver tali) con le relative orme lasciate nella neve.

koda di kastoro


le racchette da neve a forma di coda di castoro, lunghe e quasi piatte, sono particolarmente adatte alla neve profonda

zampa d'orso

le racchette a zampa d'orso, più leggere e dalla punta tondeggiante