SOMMARIO

Anno VI
Numero 2
Settembre 2014

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Il recupero della Batteria 'D.Chiodo' a Montemarcello
Gen. Piero Pesaresi
 

Il 10 maggio scorso è stata inaugurata a Montemarcello  la batteria “Gen. D. Chiodo”, dopo un accurato e prolungato restauro, programmato ancora nel 2008, voluto ed attuato dalla Direzione del Parco di Montemarcello – Magra e dal Comune di Ameglia. Un recupero magistrale, equilibrato,  meritevole dei più vivi apprezzamenti. Un’opera di fortificazione permanente, in precedenza ingombra di macerie e di spazzatura ed ora restituita alla luce e ad una facile lettura anche da parte di un visitatore profano.

Si tratta, in ordine di tempo, dell’ ultima opera di difesa ottocentesca del Golfo. E’ stata costruita nel 1910 per battere un tratto di mare rimasto ancora scoperto dal piano di fuochi programmato ed attuato nella seconda metà del secolo XIX. Poi,  nel corso della Grande Guerra, i cannoni e gli obici del campo trincerato della Spezia vengono smontati e portati sul fronte dell’ Isonzo. L’Arsenale rimane privo di difese attive. Allora, già nel 1915, duecento metri sotto Montemarcello, iniziano i lavori di costruzione di una nuova batteria, la Dante De Lutti, dal nome del Tenente di Vascello eroe di guerra in Libia. Seguiranno altre batterie, sempre più lontane dall’ Arsenale, perché nel frattempo le artiglierie aumentano la loro gittata: sono la btr “Amm. Gregorio Ronga” all’isola del Tino e  la btr “Amm. C.A. Racchia” sotto Montenero a Riomaggiore, armate con lo stesso tipo di cannoni della R. Marina (4 pezzi da 152/40 ed un pezzo illuminante da 120/40),

Le batterie De Lutti e D. Chiodo saranno le uniche ad essere impegnate durante il secondo conflitto mondiale: la prima, con il fuoco di interdizione lontana; la seconda, con il tiro contraereo a difesa della De Lutti. Alla fine del conflitto, subiranno ambedue la stessa sorte:  saranno minate e fatte saltare dai tedeschi in ritirata.      

Da allora, l’abbandono e l’incuria. Tranne che per la batteria di Montemarcello, oggi felicemente restaurata.

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Fig. 1.  A sin, la batteria D. De Lutti a Punta Bianca in una foto del 1999: sono visibili la casermetta (in alto a sin), le due postazioni da 152 protette con i gusci di tartaruga (Schartenstände),  l’imbocco della galleria di protezione del proiettore di scoperta (al centro), la Direzione di Tiro (a dx) (foto A.). Nell’ immagine di destra, emerge appena, oggi, al di sopra della vegetazione infestante, la sommità della copertura della batteria alta (gentile concessione Cinzia Conti).

 

Il Convegno del maggio 1998

I gg. 16-17 maggio 1998 si è tenuto alla Spezia e a Portovenere un Convegno dal titolo “Progetti integrati per le antiche fortificazioni costiere”[1]. Vi partecipano Docenti universitari di Genova e Firenze (in primis il Prof. M. Gennari) e 120 architetti e studiosi accorsi da diverse parti d’Italia. Lo scopo principale di quel Convegno era quello di sollecitare il recupero del grande patrimonio di architettura militare costituito dalle opere fortificate dell’Ottocento a difesa dell’Arsenale e del Golfo della Spezia e disseminate lungo un circuito di 60 km da Ortonovo a Montemarcello, alla Rocchetta, a Montalbano e dal Parodi al Muzzerone, alla Palmaria, al Tino.

La prima esaltante risposta è stata data dalla Provincia della Spezia, con il recupero della Torre Corazzata Umberto I in Palmaria. Un’opera monumentale di architettura militare, armata con due cannoni del peso di 121 tonnellate ciascuno, su cupola girevole del peso di 1357 tonnellate, in precedenza in completo abbandono ed un immondezzaio su un lato. Abbiamo descritto la Umberto I ed il suo recupero nel numero 142  del marzo - aprile 2003 di questo Notiziario.   

La seconda risposta, anche se a distanza di tempo, è stata data ora con il recupero della batteria D. Chiodo a Montemarcello. Anche in questo caso, in precedenza: macerie e spazzatura che ne impedivano praticamente l’accesso.

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Fig. 2.    La batteria Gen. D. Chiodo a Montemarcello. A sin, la galleria a servizio delle postazioni soprastanti, ingombra di macerie e di spazzatura (foto dell’A del 1999.). A dx, la stessa galleria riportata alla luce e magistralmente restaurata (gentile conc. C. Conti).

 

Le sei postazioni degli obici da 280 sono state  riportate alla luce, con le tacche che scandivano le principali direzioni di tiro sia degli obici che dei cannoni da 90/53 che li hanno sostituiti nel tempo.

Si ritiene allora più che doveroso dare atto dell’ottimo lavoro fatto ed attribuire i più vivi e meritatissimi apprezzamenti all’Ente Parco ed al Comune di Ameglia, promotori della notevole impresa ed ai Professionisti Progettisti e Direttori dei Lavori: all’Arch. Alessandro Capetta, progettista del restauro delle strutture originali della batteria, progettista e direttore dei lavori dei nuovi ambienti destinati all’accoglienza, autosufficienti sotto l’aspetto energetico (impianti fotovoltaici per 20 kw, pannelli solari con accumulo di acqua calda per usi sanitari); all’Arch. Enrica Maggiani, direttore dei lavori di restauro della batteria (galleria, postazioni, casermetta), cui va un particolare apprezzamento per la qualità del restauro effettuato.

Di seguito alcune immagini del recupero.

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Fig. 3. A sin, le postazioni degli obici da 280 con cui era armata inizialmente  la batteria Chiodo. A dx, le vecchie murature in pietrame  restaurate e la protezione delle creste murarie (g. c. C. Conti.) 
 

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 Fig.  4.            Il prospetto esterno della galleria, dopo il restauro (foto C. Cinzia)

  Premesso questo doveroso riconoscimento, vorremmo, con questo modesto intervento, riprendere e fare nostro lo scopo del convegno del 1998, nel sollecitare la prosecuzione del recupero delle opere di difesa del nostro Golfo. In particolare, vorremmo auspicare il restauro della ”vicina” batteria De Lutti. Leggiamo infatti nella cronaca recente che il Comune di Ameglia ha acquisito dall’Agenzia del Demanio parere favorevole al trasferimento non oneroso del compendio di Punta Bianca al patrimonio comunale e che con atto n. 13 del 26.03.2014, ne ha deliberato l'acquisizione. Si tratta di un passo importante, decisivo, questo dell’acquisizione di un bene del demanio pubblico e del suo passaggio a bene patrimoniale: un iter burocratico che in passato richiedeva in generale annose defatiganti trattative. Ci si riferisce proprio al compendio della btr D. Chiodo, in concessione al Comune di Ameglia dal 1958, concessione sospesa nel 1974 e ripetutamente richiesta negli anni 1985 – 89, fino alla consegna anticipata del bene nel 1996.

Nel premettere che nel 2006 l’Arch. A. Bottari, sarzanese, ha sostenuto la sua tesi di laurea all’Università di Genova sul recupero ed un possibile riutilizzo della batteria di Punta Bianca (casa vacanze, scuola di vela, spazi museali e per conferenze, alloggio custode), nel seguito diamo alcune note e riproduciamo i disegni di progetto originali della batteria e della strada di accesso.

La batteria Dante De Lutti a Punta Bianca

I primissimi lavori di sbancamento per la realizzazione della batteria  De Lutti iniziano nell’ottobre 1915 e proseguono per tutto il 1916. Costruttore dell’intera opera e della strada di accesso, l’Imprenditore Galantini Mireno di Fabiano. Gli hanno dedicato una via, a Fabiano, per le benemerenze da lui acquisite presso la comunità locale. Raccontano, a Fabiano (la nipote è mancata pochi mesi fa, a 101 anni di età), che i suoi operai partivano il mattino, certamente in ore antelucane, dalla stazione della Spezia, sbarcavano a quella di Luni per raggiungere (a piedi?) il cantiere stradale che iniziava sulla riva destra del f. Magra e si concludeva a Punta Bianca. 

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Fig.  5.            A sin,  i primi lavori di sbancamento della batteria (1915) (arch. disegni  Marigenimil SP). A dx, Galantini Mireno (07.06.1870 – 31.05.1942), l’Imprenditore di Fabiano che ha costruito la batteria Dante de Lutti a Punta Bianca.

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Fig.  6              La batteria “antisilurante” D. De Lutti al termine dei lavori (1924 ca.). Dall’ alto e da sin: casermetta, alloggio Ufficiali e ufficio, torretta di comando, proiettore di scoperta, approdo di sbarco (arch. disegni  Marigenimil SP).

 

Nel maggio 1917 viene dato corso alla costruzione dell’approdo di sbarco e dei ricoveri in caverna dei proiettori di tiro e di scoperta. Poi, con una lunga serie di cottimi stipulati dal 07 gen 1921 al 1923 sempre con lo stesso Imprenditore Galantini Mireno, viene costruita la strada di accesso per lotti successivi e per una lunghezza complessiva di ml 3.670,65. Collegava la batteria con la “vecchia strada per Ameglia” sulla destra del f. Magra, in corrispondenza dell’attuale punto di collegamento tra via Pisanello e via della Pace. Anche la batteria vera e propria viene realizzata con lo stesso procedimento di lotti e cottimi successivi, con lo stesso Imprenditore. L’opera può essere considerata ultimata nel 1923. La casermetta  (il fabbricato a fianco dell’ex casa colonica adibita ad alloggi ed ufficio) ed il serbatoio idrico di riserva,  vengono costruiti l’anno seguente, nel 1924. Negli anni successivi, la Direzione di Tiro (1928), la postazione del pezzo illuminante da 120/40 (1935), la strada di accesso alla postazione del projettore di tiro (ml 209,74).

Dopo l’8 settembre ’43, l’Organizzazione Todt protegge le due postazioni della batteria alta con due gusci di tartaruga in cemento armato[2], una protezione necessaria per i serventi al pezzo, ma che ne  riduce a 90° - 120° il settore di tiro.
                                    

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Fig.   7.           Planimetria della btr De Lutti: 5, la poterna di rifornimento; 7, casermetta; 6, comando, 12, projettore di tiro; 1, batteria bassa; 4, camera compressori scaccia-fumo; 3, corridoio sotterraneo di rifornimento; 11, ricovero in galleria del projettore di scoperta, con le due piazzole; 2, batteria alta (archivio disegni Marigenimil SP). 

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Fig.   8.           Pianta e sezioni della btr De Lutti. Al centro, la poterna di rifornimento (ne è indicata la pendenza, del 49%) (archivio disegni Marigenimil SP). 

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Fig.   9.           Primo tratto della strada di accesso alla D. De  Lutti: dalla batteria al castello Fabbricotti, ml 1.356,95 (attuale Via Punta Bianca) (arch. disegni c.s.).

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Fig.   10.         Tratto intermedio della strada di accesso alla batteria, dal castello Fabbricotti alla Villa dell’Angelo, ml  929,305 (attuale S.P. 29) (arch. disegni c.s.).

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Fig.   11.         Tratto finale della strada di accesso alla batteria, dalla Villa dell’Angelo all’innesto con la vecchia strada per Ameglia (attuale allaccio tra via della Pace con via Pisanello), ml  1.384,40 (arch. disegni c.s.).

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Fig.   12.         Strada di accesso alla postazione del projettore  di tiro di q. 65, ml 209,74 (arch. disegni c.s.).

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Fig.  13.          La stazione di tiro, costruita nel 1928: a sin, pianta e sezioni. A dx, disegno prospettico: da sin, il ricovero degli operatori, telemetro e direttore di tiro, punteria centrale (arch. disegni c.s.).

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Fig.   14.   A sin, la postazione del pezzo illuminante da 120/40 (1935). A dx,  il ricovero in galleria del projettore, con le due piazzole di scoperta (archivio disegni c.s.). 

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 Fig.   15.   A sin, il piano particellare dei terreni espropriati per la realizzazione della btr D. De Lutti. A dx, una rarissima immagine  di una postazione da 152, protetta dal guscio di tartaruga (schartenstände M  158) (archivio  fotografico Marigenimil  SP). 

Conclusione

Auspichiamo vivamente che gli esempi della Torre Corazzata Umberto I in Palmaria e della batteria D. Chiodo di Montemarcello, vengano seguiti con il recupero della batteria Dante De Lutti di Punta Bianca. Nella circostanza, non possiamo ugualmente non augurarci che vengano completati i restauri intrapresi dall’Arch. C. Tognoni  alla batteria di Santa Teresa Bassa, che vengano ripresi i lavori di recupero alla batteria Pianelloni a Pozzuolo di Lerici, oggetto di studio accurato da parte di Doriano Lucchesini. Con la fiduciosa speranza che qualcosa si muova alla batteria Bramapane. Che infine, i brillanti esiti conseguiti dalla Provincia della Spezia a Punta Scuola, dall’Ente Parco Montemarcello – Magra e dal Comune di Ameglia con il recupero della btr D. Chiodo,  possano essere ripetuti alla sommità della Palmaria, alla prima grande fortificazione ottocentesca del Golfo, al forte Cavour.




[1]              Gli Atti del Convegno sono stati pubblicati da Agorà Edizioni, a cura dell’Arch. G. Bosco, La Spezia,

1999, pp. 228.

[2]              Il guscio di tartaruga è la struttura di protezione adottata nelle batterie da costa della Marina tedesca (M.K.B.,  Marine Küsten Batterie), nota come  Schartenstände. La Dante De Lutti era presidiata dalla 1^ e 8^ batterie del 622° Gruppo di Artiglieria di Marina (Marine Artillerie Abteilung 622), costituitosi alla Spezia nel settembre 1943.