SOMMARIO
Anno V
Numero 1
Febbraio 2015
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ARCHIVIO
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Pubblichiamo
in questo numero un pezzo scritto da mauroferraris nel lontano 1990,
pezzo inedito perché rifiutato dalle riviste di settore, era
stato considerato un po’ “ crudo” per i lettori, la
situazione nel nostro paese non è cambiata molto nella sostanza,
solo i numeri già esigui allora sono diminuiti in quanto la
passione per il trekking a cavallo si è, nella pratica, ridotta.
Cosa strana e stravagante è che l’Alpitrek non ha mai
avuto nella sua “lunga storia” tanti adepti come in questi
ultimi anni, il che fa pensare a quelle poche persone affascinate dai
viaggi a cavallo veri, come Nicola Amico, Rudolf, Sandrine e tanti
altri che si riuniscono intorno al nostro fuoco. Spero non solo
perché non ve ne sono altri.
barbarahoman
Ipotesi di ridefinizione del trekking a cavallo
di Mauro Ferraris
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Denuncia
della situazione: In questo momento la parola trekking non fa
più "notizia" e la "moda" dell'andare a cavallo per fortuna sta
passando; nonostante questo o forse proprio per questo notiamo per la
prima volta un autentico ed esteso interesse per questa disciplina
legata più al piacere che all'agonismo - interesse che ha spinto
un cospicuo numero di cavalieri a salire in sella per prendere la via
della montagna.
Falsificazioni o ingenuità: molti resoconti diffusi dalle
riviste di settore, ma non solo da queste, possono trarre in
inganno il lettore, per due motivi: falsità e volute omissioni.
falsità: ad esempio sappiamo di sedicenti giornalisti equestri
che giornalisti proprio non sono, di sedicenti guide a cavallo che
conducono carovane di cavalieri in posti assurdi e pericolosi senza
conoscere il sentiero e senza averlo collaudato portando nel
pericolo il gruppo intero, e così via.
Omissioni: resoconti di trekking che raccontano tutto, nomi e cognomi
dei cavalli poi quelli dei cavalieri, tralasciando di scrivere che un
cavallo è morto di colica lungo la strada e senza dire il
perché quella colica è arrivata: allenamento
insufficiente e relativo stress d'affaticamento - alimentazione:
ignoranza compieta sul come, cosa e quando somministrare la protenda
serale e così via. Poi le cose meno gravi ma che hanno anche
contribuito a creare confusione come i km fatti sui VAN e spacciati per
sudatissimi in sella, oppure, l'assenza di un'adeguata copertura
logistica e veterinaria, ecc. ecc .
Forse è bene porre FINE a questo stato di cose, almeno così penso.
Potrei documentare le cose sopra citate indicando periodi e luoghi dove
sono accadute le disgrazie, elencare i nomi dei prodi che le hanno
determinate; non lo faccio in primo luogo per non innescare sterili
polemiche, e poi perché lo scopo di questo lavoro è
quello di mettere in guardia i cavalieri - principianti nel trekking
-scrivendo chiaramente che il trekking a cavallo, quello vero diventa
facile solo rispettandone le leggi:
rispetto del cavallo
rispetto dell'uomo
rispetto della Natura
e noi dell'Alpitrek aggiungiamo rispetto del metodo: questa è l'equitazione gentile.
CRONACHE ONESTE DI TREKKING NON RIUSCITI
Mi sono reso conto la scorsa estate dell'utilità che poteva
avere per la gente questo lavoro, facevo da scout a gruppi di cavalieri
che avevano tentato l'attraversamento della montagna senza riuscirci,
mi sono chiesto il perché, il percorso non era faticoso e non
presentava particolari difficoltà, il tempo era bello, senza
bufere o temporali quindi il motivo andava cercato altrove.
Arrivando dal mondo dell'escursionismo e dell'alpinismo, ho sempre dato
per scontato che il dormire all'aperto non solo fosse bello per tutti,
ma che tutti sarebbero stati in grado di farlo, e che mangiare lardo e
galletta, camminare a fianco del cavallo fosse la condizione naturale
per affrontare questo gioco.
Ma così non è.
Belle immagini, storie ben raccontate e soprattutto manipolate
avventure hanno contribuito come dicevo appunto alla mistificazione del
trekking creando un'idea diversa da quello che in effetti è.
In particolare abbiamo notato che:
- non è vero che dormire all'aperto l'hanno fatto tutti e per più giorni consecutivi
- non è vero che alle 7,30 o alle 8 del mattino si riesce a
partire (il che vuol dire svegliarsi alle 5,30 per la prima profenda)
- non è vero che tutti curano i rispettivi cavalli dopo la fatica della giornata prima di curare se stessi.
- non è vero che si rispetta sempre la disciplina di gruppo,
(quella che riesce a ritmare la cadenza della progressione anche per
settimane, senza sfiancare un cavallo)
- non è vero che non si hanno esigenze nei posti tappa e dulcis
in fundo non è vero che si è sempre cortesi.
Esempio: durante un raduno ho visto con tristezza, un gruppo di persone
a cavallo (evito di definirli cavalieri) ¬piombare di goffa
carriera nel mezzo di un gruppo di principianti gettandoli nello
scompiglio, deridendoli perché usavano il cap. Ho visto il
medesimo gruppo galoppare sulla statale asfaltata durante il rientro
domenicale. Ho assistito ad un lite tra un accompagnatore equestre ed
un gestore di rifugio alpino, motivo: il primo infischiandosene delle
regole voleva introdurre all'interno del rifugio il suo indisciplinato
cane. Purtroppo potrei continuare.
Noi cavalieri dell'Alpitrek abbiamo reagito in questi anni alla nostra
maniera, chiudendoci a riccio, anche diventando antipatici, evitando i
raduni, spingendoci più in alto sulle montagne alla ricerca
dell'aria pura di cui abbiamo bisogno, e cercando di diffondere il
concetto di "equitazione gentile" intesa come l'arte del rispetto tra
uomo e Natura dove il cavallo introduce a questo rispetto.
Molti cavalieri a cui ho fatto da guida sono stati tratti in inganno
proprio dai brutti episodi sopra accennati e il più delle volte
omessi (anche da me) così al posto del tanto mistificato
trekking, alla prima esperienza hanno trovato quello, fin troppo vero,
polveroso senza docce e scontrandosi con la realtà ne rimanevano
delusi soprattutto nei primi giorni.
E' anche vero che alla fine si era contenti, e che con molti sono nati
legami di solida amicizia. A questo punto penso sia utile riportare
integralmente le impressioni di tre cavalieri che hanno fatto un trek
con noi. I cavalieri che si accingono per la prima volta a farlo ne
potranno trarre insegnamenti.
16/6/90 Partenza con Mirjana - Luca, una coppia di amici
più le guide Mauro e Silla, per un trekking a cavallo di 7/8
giorni.
Tutto bene in teoria, ma in pratica non avevamo fatto i conti con noi
stessi, e con la nostra preparazione e capacità a percorrere
sentieri di montagna.
Le difficoltà si sono concretizzate subito alla prima tappa ed
alcuni cavalieri non avendo il coraggio di ammettere i propri limiti
hanno cominciato a dare la colpa ai cavalli dichiarando che non erano
in grado di fare il percorso.
Sono nate proposte alternative ma non serie, di dimezzare le tappe o
cercare strade alternative per consentire ai cavalli di prendere fiato,
la realtà è che i cavalli erano gli unici a poter andare
avanti.
Un'altra cosa da chiarire sempre prima di partire quando la
preparazione dei cavalieri non è equiparata è cosa fare
quando 1 o 2 componenti del gruppo vogliono mollare, meglio decidere
prima che trovarsi a cena la prima sera e dover affrontare discorsi
spiacevoli ed a dover prendere decisioni affrettate. Questo salvaguarda
il rapporto tra i componenti del gruppo e la guida che organizza prende
impegni con le persone nei vari punti tappa esponendosi in prima
persona.
Per quanto mi riguarda durante questa esperienza ho avuto problemi
creati dal mio scarso allenamento ed anche relativi al mancato
affiatamento con il cavallo che ho affittato e conosciuto 8 giorni
prima di partire.
Non mi sentivo sicura anche se Ramon era molto generoso e disposto a
seguire i miei comandi. Ho imparato a conoscerlo durante il viaggio,
era maldestro (metteva i piedi un pò a caso dove capitava) e
molto timoroso, si spaventava per un nonnulla.
Vi sono comunque aspetti positivi, il rapporto con i cavalli si fa ogni
giorno più intenso, ed anche per la nostra famiglia le cose sono
andate bene, siamo stati bene da Alfonso ai piedi del Colle della
Russa, nella sua bergeria mentre i cavalli pascolavano liberi e Mirjana
giocava con Katia(la figlia di Alfonso) mungendo una capretta.
La cosa che più mi dispiace di questo trekking e di non aver
dato la possibilità di concluderlo a chi come Mirjana e Luca che
più di tutti potevano e volevano continuare sino a Bardonecchia.
Patrizia
Che ansia, che fretta di partire ma nello stesso tempo paura e il
timore di andare dove non ho mai neanche messo un piede. Già una
mezza idea di quello che mi aspettava ce l'avevo; le diapositive viste
prima di partire erano state piuttosto significative anche se era
ancora tutto da scoprire. Mi aspettavo di avere dei problemi con la mia
cavalla, ma lassù quando mi affidavo a lei allora si che le cose
andavano bene. Devo dire che tutti noi, cioè io, mia mamma e mio
papà quando eravamo in viaggio eravamo tranquilli e rilassati
anche se il pericolo era a due passi. Radja il "VECCHIO LEONE" (come lo
chiama Mauro) aveva messo da parte il suo orgoglio di stallone e
riconosciuta in Giacomo l'esperienza e la sicurezza, aveva rispetto per
Lui. La cosa più bella per me è stata andare fino su al
Colle della Russa. Arrivati in cima mi sembrava di aver scalato il K2 e
ammirando quel panorama avrei voluto immortalarlo con una foto,
purtroppo avevano lasciato la macchina fotografica a valle, ma quelle
immagini sono scolpite nella mia mente.
Il mio rapporto con Bunny era cambiato, io e lei eravamo una cosa sola
e quando lei sbagliava io la correggevo e viceversa. Mangiare vicino a
lei, dormire sopra la stalla e insomma, anche se per pochi giorni,
vivere con lei è stata un'esperienza indimenticabile. Si
è trattato per me della prima esperienza e il fatto di sapere
che c'era una guida con noi mi dava sicurezza, ci siamo visti alcune
volte prima di partire con Mauro e Silla, sono strani ma simpatici, con
loro posso parlare mi ascoltano e non mi fanno mai sentire una bambina.
Mi hanno insegnato a vedere il rapporto con la mia cavalla in modo
diverso che secondo Mauro e Silla è basato sulla fiducia e
comprensione e non sulla paura cioè se ho fiducia nella mia
cavalla Lei a sua volta avrà fiducia in me.
Non riesco a trovare le parole per descrivere Mauro e Silla però se uno li conosce non se li dimentica.
Anche se abbiamo interrotto il viaggio quello che abbiamo fatto mi
è piaciuto e credo che faremo ancora questa esperienza il
prossimo anno.
Mirjana
TREKKING IN MONTAGNA CON MAURO FERRARIS
II programma prevedeva sette tappe, partenza da GIAVENO ed arrivo a
Bardonecchia otto giorni dopo; ne abbiamo percorse una e mezza
poi siamo tornati indietro.
DIFFICOLTA’
Radja non era preparato atleticamente, dopo dodici mesi passati in un
box escluse le passeggiate di un’ora (due al massimo) il sabato e
la domenica se il tempo era buono. Oltre a questo che ha inciso in
misura minore sulla decisione presa, c'è il fatto che Radja
è uno stallone ed il primo tratto mi ha fatto penare, non teneva
l'andatura quindi correva oppure si fermava ad aspettare il gruppo. Il
problema si è risolto da solo, fortunatamente, perché
è un cavallo intelligente e dopo mezza giornata sui sentieri di
montagna ha riconosciuto le indubbie capacità di Giacomo quindi
lo ha seguito tranquillamente, sopprimendo il suo istinto di capobranco
a favore dell'esperienza sul campo che Giacomo dimostrava ad ogni passo.
Ho sofferto un po’ quando gli altri cavalli pascolavano liberi e
lui stallone invece in castigo, legato ad un albero raspava e nitriva
come un pazzo; così come ho sofferto un po’ quando dopo un
passaggio impegnativo ho notato dei graffi superficiali sugli stinchi e
sulle nocche del mio vecchio Leone. Resta da vedere se sia meglio
questa sofferenza o quella in alternativa di passare anche Agosto
chiuso nel box.
Deve esserci la ferma volontà di andare avanti altrimenti non ce
la fai. La fatica è notevole per chi come me fa poca
attività sportiva durante l'anno o non è allenato.
Durante le prime quattro ore credo di non avere neanche visto dove
siamo andati e solo ora comincio a ricordare, sul momento ero come
cieco, concentrato esclusivamente sul cavallo e su me stesso, Mirjana e
Patrizia.
Mirjana 11 anni e Patrizia, mia figlia e mia moglie alla loro prima
esperienza di trekking, sono state entrambe eccezionali, hanno saputo
affrontare le difficoltà con lo spirito giusto e questo breve
viaggio ci ha dato l'opportunità di sentirci più uniti.
Per me non era la prima esperienza, due anni fa avevo percorso 125 Km.
sull'Appennino Umbro - Tosco - Romagnolo ma allora le cose erano andate
diversamente, non aveva una tabella di marcia così precisa e
quando eravamo stanchi ci fermavamo uno o due giorni, abbiamo fatto in
15 giorni quello che Mauro e Silla avrebbero fatto in 5 giorni. Ed
anche questo mi ha dato una dimensione dei miei limiti che ora conosco
meglio e voglio migliorare. Questa montagna è dura ma molto
bella. So già cosa faremo io Mirjana e
Patrizia:
1° A Maggio un campo scuola di quattro giorni con MAURO e SILLA
2° A Giugno inizierò la preparazione fisica dei cavalli e dei cavalieri su percorsi
PROPOSTA DI LAVORO
Le impressioni dei tre cavalieri appena lette hanno un punto
sostanziale in comune la formazione professionale; la mancanza di
questa diventa vistosa incompetenza determinando situazioni spiacevoli
e pericolose, soprattutto quando sono aggravate dal protagonismo, altro
malanno del trekking a cavallo. Infatti la voglia di apparire ad un
pubblico inesistente e distratto neutralizza una delle nostre grandi
virtù l'umiltà facendo proseguire gli incompetenti
nel pericolo e creando le condizioni per l'evento della disgrazia nella
quale il più delle volte è purtroppo solo il cavallo a
pagare il conto finale.
Contro l’incompetenza per cominciare proponiamo questo programma
minimo:
1 ) Frequentare una buona scuola di equitazione al fine di apprendere le nozioni elementari dell'equitazione naturale.
2) Frequentare i campi scuola base di trekking a cavallo al fine di
applicare l'equitazione naturale al trekking a cavallo: quindi su
terreni difficili e impervi, con neve ghiaccio sole caldo freddo
pioggia e così via.
3) Farsi accompagnare da un valido scout nelle prime escursioni o
trekking al fine di verificare sul campo le proprie capacità
operative senza correre pericolo.
Contro il protagonismo proponiamo il piacere di fare trekking fine a se
stesso, un piacere che esclude inutili dimostrazioni e gratuite
competizioni ma al contrario vuole avere soltanto il potere di far
stare bene noi stessi intimamente senza dar fastidio a nessuno. Un
piacere forte capace di superare momenti faticosi, che non mette in
pericolo ma è capace dì tramutarsi in una carezza o
parola gentile verso il cavallo e il nostro prossimo.
SCHEDA 1:
PERCHE' IL TREKKING A CAVALLO NON E' UN DISCIPLINA AGONISTICA
Animale valutante per eccellenza, l'uomo ha ridotto l'agonismo in uno
sport; ha determinato delle regole, organizzato una misurazione sulla
quale ha imposto la competizione ai fini di ottenere un successo con
gli stessi schemi della produzione del mercato e dell'industria al fine
di proporsi, di apparire per essere consumato, al prezzo dell'eccesso e
dello spreco.
Ma nell'etimo di agonismo "^ A ^/ "
indica lotta, ma anche agitazione e angoscia e nella nostra lingua
indica l'estrema lotta contro la morte.
Noi dell' Alpitrek abbiamo in effetti il sentimento dell'angoscia,
della lotta e anche un po’ di agitazione e sono proprio questi
"sentimenti" che ci spingono a cavallo sulle montagne, con i cavalli,
animali lontani dalla valutazione del profitto che condivide con noi il
sentiero dell'agonismo ma non quello della competizione o della
supremazia dello sport.
Più vicini all'animale cavallo che all’animale uomo della citazione
Niciana i cavalieri dell'Alpitrek rimangono estremamente estranei ai
fenomeni della competizione e della vittoria, al prezzo del risparmio
dell'attenzione, dell'economia, dell'essenzialità intese come
rispetto.
Prezzo felice perché garantisce anche la lontananza dell'uomo dallo spreco organizzatore di gare.
SCHEDA 2
COSA E' IL TREKKING A CAVALLO
SCHEDA 3
CHI SONO I CAVALIERI DELL1ALPITREK
SCHEDA 4
IL TREKKING CHI LO PUO' FARE
Silvia Magri parla del trekking a piedi, ma le sue parole valgono anche per noi trekker a cavallo.
"Il trekking è alla portata di tutti: uomini, donne, bambini,
giovani e meno giovani, atleti e sedentari, chiunque può fare
del trekking, purché abbia un po' di entusiasmo e, soprattutto,
capacità di adattamento.
...Nelle persone mature, cioè dai quarant'anni in poi, si
riscontra una maggiore resistenza alla fatica, soprattutto da un punto
di vista psicologico. Il carattere, la forza d'animo e la
determinazione sono, infatti, in un certo senso, molto più
importanti della forma fisica, e non è detto che a una certa
età l'organismo funzioni magari meglio di quello di una persona
giovane. Inoltre sia le doti psicologiche, sia quelle fisiche possono
tranquillamente essere acquisite, le une con la volontà e le
altre con un appropriato allenamento.
...In un trekking ciò che conta soprattutto non sono i muscoli,
ma la testa: è importante avere la consapevolezza dei propri
limiti e saper dosare le proprie energie...
L'età non è un problema, anche perché nello
spirito del trekking non ci sono record da battere né, tanto
meno, la ricerca di situazioni ai limiti della sopravvivenza, anche se
chi vuole lo può fare. Una delle caratteristiche del trekking,
infatti, è che ognuno può adattare alle proprie
necessità, scegliendo un luogo comodo piuttosto che una regione
inospitale, il pernottamento in tenda, in una baita, in un rifugio o
anche all'aperto sotto le stelle."
(Estratto dal manuale "Trekking" di Silvia Magri - 1986, Sperling & Kupfer Editori, Milano)
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