‘La Via smussa
ciò che è affilato, districa ciò che è intricato, filtra ciò che è luminoso,
spiana le sue tracce’
TAO TE CHING
Le strade che collegano il mondo abitato sono confini che
isolano mondi selvaggi in cui non c’è nessuno. La rotta di un viaggiatore a
cavallo nel XXI secolo ne tiene conto per scoprire i varchi, i passaggi dove
attraversarle, subendo il meno possibile la loro corrente, impetuosa o
tranquilla a seconda dell’orario e delle dimensioni dei centri che collegano.
In tempi andati, non così lontani ma estinti, i cavalli
viaggiavano sulle strade. In quest’epoca conviene evitarle.
È successo che, guardando come evitare le strade, come erano
fatte le montagne e dove passavano i fiumi, sono andata a finire su antiche
rotte in disuso nascoste oltre il confine del traffico.
Le strade non sono sempre state negli stessi posti ma le
mete sì.
Gli animali hanno bisogno delle stesse cose da sempre, a
maggior ragione quando lavorano.
Hanno bisogno di cereali pascolo e acqua, di riposare al
riparo dal vento e dal fulmine, di sostenere il minimo dislivello possibile.
Tenendo conto di queste esigenze e della geografia non ci
sono tante possibilità, si cade a ripercorrere antiche vie di collegamento.
Andata e ritorno, il pellegrinaggio a Santiago da casa è una
somma di tappe dai venticinque ai quaranta chilometri al giorno che si aggira
intorno ai quattromilacinquecento chilometri totali. Già solo la parola è lunga
e impasta la bocca. Si può benissimo inventare un itinerario così lungo
partendo a caso ma è meglio trovare nella cartina i passaggi segreti per
attraversare rapidamente e al sicuro dalla civiltà territori diversi sfruttandone
la geografia per avere la meta sempre davanti, ridurre al minimo i dislivelli e
trovare posti dove fermarsi al sicuro con tutto quello che serve alle persone e
ai cavalli. Di solito, più è selvaggio il territorio e più è facile incontrare
l’indispensabile. Il superfluo scintillante, quando presente, appesantisce la
progressione. Questo percorso è nato così: guardando la cartina e chiedendo
conferma a cacciatori, motociclisti e alpinisti. Nello stesso modo si possono
costruire tutti gli altri possibili per raggiungere qualsiasi destinazione.
Senza una meta lontana, tutto il discorso che segue è inutile.
Sulla cartina si possono scegliere varie alternative per
andare in una certa direzione. In genere una carta stradale in scala 1:1 000
000 è l’ideale per rendersi conto a grandi linee degli ostacoli da superare e
dei corridoi da seguire per raggiungere l’obiettivo:
-se autostrade, strade nazionali, ferrovie o fiumi sono
nella stessa direzione della progressione, occorre trovare un percorso
parallelo,
-se invece la attraversano, bisogna trovare i passaggi in
cui è possibile andare al di là di queste grandi direttrici: ponti, sottopassi,
cavalcavia a cui bisogna mirare già da lontano per non trovarsi a costeggiare
un’autostrada sul bordo di una strada nazionale molto trafficata con la remota
prospettiva di un passaggio.
Le città sono un ostacolo speciale: non sono terreno ideale
per i cavalli, ma a volte è necessario entrarci. Può succedere che il ponte più
comodo per attraversare un certo fiume sia proprio in centro o che la via
d’acqua che si sta costeggiando le attraversi o può anche succedere che la
città stessa sia la meta. Da fuori sembrano quasi sempre peggio di quello che
sono da dentro e anche loro hanno un fascino nell’insieme del viaggio inoltre capita
che, chiedendo alla gente del posto, qualcuno sappia indicare il sistema per
superarle senza subire troppo traffico e a volte queste vie nascoste permettono
di arrivare con i cavalli a raggiungerne il cuore e a sentirlo battere senza
che lei se ne accorga.
Su carte di scala inferiore si valutano i dislivelli e ci si
assicura della presenza di sentieri. Ovviamente non è possibile partire per un
viaggio così lungo contando di orientarsi su delle carte 1: 25 000 che, per
quanto dettagliate, sono un ingombro e un peso. In Francia le carte IGN 1: 100
000 sono un ottimo compromesso per il buon dettaglio e il grande territorio
descritto in ogni carta, ma se non si devono superare ostacoli troppo complicati
sono sufficienti quelle 1: 125 000 con l’obbligo in ogni caso di tenere in gran considerazione le indicazioni che
possono venire fornite dalla gente del posto.
Qualsiasi sia la scala della cartina che si ha a
disposizione, azzarderei un altro strumento un po’ incosciente e sicuramente
soggettivo ma spesso inesplicabilmente efficace: il naso. Non so se vi è mai
capitato di prendere una strada sbagliata e di sentire dopo pochi metri un
cattivo odore o al contrario di aver scelto quella giusta guidati da un
profumo. L’unico difetto di questo strumento è che è molto legato allo stato
d’animo e funziona solo quando si è proprio sereni e attenti.
Pianure
Le pianure non sono
meno temute: < la piana bordolese [..] è un paese desolato dove manca tutto.
[..]. Se tu lo attraverserai d’estate, guardati di salvaguardare il tuo viso
dalle enormi mosche che abbondano laggiù e se non guarderai bene dove metterai
i piedi, affonderai fino al ginocchio nella sabbia.
Le pianure sono percorse dai grandi fiumi e disegnate da un
paesaggio agricolo.
A volte si tratta di campi di mais che in inverno sono
brulli orizzonti e d'estate alti muri ai lati di direttrici ottuse in attesa
del raccolto.
Altre volte sono distese di orzo o grano che a giugno
indorano e solo il rosso dei papaveri ne spezza la monotonia senza ricordi.
Intorno alle città, sui suoli fertili vicino ai fiumi, è
frequente costeggiare altrettanto folte distese di capannoni industriali di
ogni dimensione e colore cresciuti come funghi nel nome di uno sviluppo che in
un giorno ormai lontano sembrava tingere il futuro di felicità per l'umanità
intera.
In pianura l'ostacolo principale per un pellegrino a cavallo
è la civilizzazione, invece è più facile l'approvvigionamento.
Fiumi
L’attraversamento di
fiumi e torrenti è un’altra insidia avventurosa in un epoca in cui i ponti sono
rari e i guadi instabili. Anche i traghetti possono essere un’incognita.
Nell’antica guida custodita nella cattedrale, Aimery Picaud avverte che <in
alcuni casi i traghettatori, dopo aver ricevuto il pagamento, facevano salire
un così gran numero di pellegrini che il battello si ribaltava e i pellegrini
annegavano. Allora i battellieri si rimettevano in ordine dopo essersi messi in
salvo e spogliavano i morti.>
Costeggiare i fiumi che corrono nella stessa direzione è un
ottimo sistema per sbranare distanze enormi con la minima fatica possibile. A
seconda della valle o della pianura che attraversano, rimane da scegliere la
riva su cui costeggiarli, se rimanere sull’argine o seguirli dall’alto delle
creste spartiacque, risalirli o seguirne la corrente.
Quando la loro direzione non è favorevole, bisogna
attraversarli. Dove è possibile guadare, il cavallo è un piccolo ponte per
attraversare piccoli fiumi e torrenti. Capita a volte che un piccolo canale in
mezzo ai campi segnato con una lieve linea azzurra sulla cartina, si riveli
essere un mostro invalicabile che obbliga a un lungo giro per trovare il ponte
o il guado più vicino.
I grandi fiumi bisogna attraversarli sui grandi ponti, più è
grande il fiume, meno sono i ponti, la scelta del ponte a cui puntare và fatta
giorni prima per non trovarsi sprovveduti in orari sbagliati su passaggi molto
trafficati. Sono nodi obbligati, dove cammini provenienti da luoghi lontani
vanno a convergere. Quasi tutti i pellegrini che ho incontrato in Francia, li
ho trovati nei paraggi di ponti sui grandi fiumi.
Strade
Percorrendo una valle nella stessa direzione del fiume che
l’ha formata, è raro dover attraversare delle strade. Dovendola oltrepassare,
ci si trova di fronte a molti più ostacoli.
Ci sono una ventina di chilometri per raggiungere la
scuderia a cavallo dalla strada più breve. Prati boschi, un colle basso e di
nuovo prati. Questo tragitto attraversa due valli e le vie che portano il
traffico automobilistico dei rispettivi fondovalle. La prima statale si supera
da sotto, nel passaggio di un piccolo rio, e il primo fiume da sopra, su un
vecchio ponte della ferrovia ormai interrotta che collegava la cava di ghiaia
ai binari delle Ferrovie dello Stato. Subito dopo c’è l’autostrada e la si
attraversa da sotto. Per andare oltre la ferrovia, c’è un cavalca ferrovia che
porta direttamente sull’altra statale. Questo è il primo vero ostacolo, non c’è
altro modo per arrivare di là, se non attraversandola, al di là c’è un prato e
si può sparire di nuovo dalla circolazione. In quel punto la visibilità è buona
su entrambi i lati e in genere non ci sono problemi. Mi fermo, aspetto che i
flussi di auto si estinguano in entrambe le direzioni e scompaio nel prato.
Superato il villaggio, entro in un castagneto e risalgo il crinale per poi
scendere dall’altra parte. Dopo un prato sterminato, devo attraversare la
provinciale. A valle c’è un lungo rettilineo e la visibilità è buona, a monte
c’è una curva a gomito. L’unica misura per arrivare di là senza provocare
disastri, è aspettare il momento in cui nella curva non c’è neanche il riflesso
di un’auto. Sembra che la cavalla lo sappia e in quel punto è pronta al via e
non si distrae. Prati, circonvallazione da attraversare a raso, prati, altra
strada provinciale e altri prati fin quasi all’altro fiume. Lì c’è la scuderia.
Sono ferma prima di attraversare la provinciale. Sta
arrivando un’auto dalla curva. La madama alla guida vede qualcosa di estraneo
alla sua fantasia –un viaggiatore a cavallo che le sta dando la precedenza- e
inchioda. Altre due vetture stanno salendo nell’altro verso e ne arriva
un’altra alle sue spalle che, per non sfracellarsi è costretta a svoltare di
colpo finendo in mezzo al prato. Urlo finché la signora dai buoni sentimenti
–che non si è neanche accorta di cosa è successo dietro di lei- non si toglie
da lì. Al momento buono attraverso e nel frattempo lei è scesa dall’auto e
viene verso di me per accarezzare Isotta. Preteso ringraziamento per favore non
richiesto. Per fortuna l’altra auto era un fuoristrada e nel frattempo
l’autista è riuscito ad uscire dalla riva senza conseguenze. Andando via dice
con tranquillità alla signora di fare più attenzione. Accarezzando il muso di
Isotta – ma come si permette?-, l’eroina di questo attraversamento della
provinciale non lo guarda neanche e mi dice che quel signore stava andando
troppo veloce. I più pericolosi di tutti sono gli eccezionali nella testa.
Colline
Il luogo giusto per perdersi sono le colline. Dolci onde di
terra sotto un'agricoltura arida; a volte vigne, altre lavanda e fondovalle di
noccioli. Terre antiche in cui l'acqua indecisa sulla via da prendere, ha allungato il suo corso in curve e giravolte
incidendo valli labirintiche dove la bussola diventa indispensabile.
Si sale e si scende innumerevoli volte, capita di percorrere
per qualche chilometro un fondovalle umido e boscoso, oppure la via verso ovest
risale fino alla cresta panoramica dove sembra che il mondo sia un mare e le
case in cima la schiuma.
Montagne
Ostacoli naturali come
il colle di Roncisvalle di cui si descrivono le insidie in tutte le antiche
guide sono faticosi da superare ma <colui che compie la salita crede di
poter, con le proprie mani, toccare il cielo>.
Prima c'erano le montagne e qualcuno che doveva andare lassù
per scendere dall'altra parte, cercare lavoro, fare affari e tornare.
Dovevano andare lassù con ogni tempo, in ogni stagione e si
erano attrezzati come meglio potevano.
Come meglio potevano faceva comunque paura.
Lassù da novembre a maggio non ci vive nessuno, i sentieri
sono lì, sepolti sotto la neve e spesso conviene abbandonarli e seguire la via
delle creste per evitare gli accumuli sul fondo dei valloni e avere qualche
speranza di arrivare in cima senza correre inutili rischi.
La via delle creste d'inverno è popolata dal Vento e dai
Lupi. Il sentimento è la paura e intorno la bellezza è muta e solitaria.
Loro dovevano salire e i loro sogni erano incubi di burroni
sdrucciolevoli e slavine che trascinano a valle muli e compagni senza pietà.
Poi è arrivato qualcuno che ha desiderato di salirci sopra e
di andare fino in cima solo per vedere il mondo da lassù.
Lo stesso posto è diventato un' altra cosa: da ostacolo a
meta. Ambita in quanto difficile, più difficile, più ambita.
Lassù da novembre a maggio continua a non vivere nessuno e i sentieri
sono sempre sepolti sotto la neve. Le slavine continuano a cadere ed il vento a
soffiare ma i loro nomi destano desideri di avventura, tutti ricordano la loro
bellezza e solo qualcuno che fanno paura.
‘un milionesimo del pianeta è asfaltato, dove vuoi andare
senza Michelin?’
‘era una pubblicità, vero? Forse me la ricordo, forse non
andavo ancora neanche a cavallo’
‘allora adesso saranno due i milionesimi di pianeta
asfaltati’
‘magari anche di più, potrebbero anche foderare tutto il
pianeta di asfalto, così nessuno avrebbe più il desiderio di andare da un’altra
parte perché ogni posto diventerebbe uguale’
‘allora l’asfalto non servirebbe più?’
‘se non servisse più, nessuno più se ne occuperebbe e il
caldo, il freddo, le piante pioniere che non hanno paura di niente,
tornerebbero a germogliare e sgretolarlo. Di sicuro qualcosa si estinguerà nel
frattempo ma non ho dubbi che nascerà qualcos’altro.’
‘e sarebbe meglio di quello che c’è adesso?’
‘niente è meglio, ogni momento ha i suoi ingredienti che lo
rendono unico e meraviglioso, chi c’è adesso è adatto a quello che c’è adesso,
quello che c’era prima e quello che sarà sono stati e saranno realtà ma adesso
non ci sono più e non ci sono ancora’
‘allora perché viaggi a cavallo adesso?’
‘perché è l’unico modo che conosco per oltrepassare certi
confini’ |