SOMMARIO

Anno V
Numero 2
Ottobre 2015

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Karl Bodmer
di Mirco  Luzietti

Le più frequenti difficoltà cui dovette far fronte George Catlin durante i suoi lunghi viaggi furono di tipo finanziario; questo spiega quanto potesse essere costoso per un artista recarsi nei territori del West per dipingere. Le spese per il trasporto, per le guide e per le provviste, oltre che per gli inevitabili quanto essenziali regali per gli indiani costituivano una somma sostanziale e scoraggiante.
Nonostante ciò esisteva un sistema per evitare questo problema, l’antica tradizione europea del patronato artistico.
Fu proprio grazie al sostegno di ricchi protettori che i primi due artisti che cercarono di seguire la strada di Catlin (Karl Bodmer e Jacob Miller) riuscirono ad intraprendere i propri viaggi attraverso il territorio Indiano.
Per “territorio indiano” si intendeva tutta quella porzione del Nord America che ancora non faceva parte degli Stati Uniti.
Con un trattato, riconosciuto dal congresso nel 1834, venne stabilita la cosiddetta Frontiera Indiana permanente, un’ipotetica linea che si faceva coincidere con il fiume Missouri, con la quale si intendeva segnare ufficialmente il confine tra i territori civilizzati ad Est e quelli ancora selvaggi ad Ovest.


Karl Bodmer KARL BODMER (1809 – 1893)

Karl Bodmer nacque in Svizzera e intraprese la sua carriera artistica a Parigi, dove potè conoscere l’arte del Romanticismo di Eugène Delacroix e divenne un importante membro della celebre scuola di Barbizone.
La sua grande abilità artistica non rimase a lungo sconosciuta e nel 1831, il Principe Maximilian di Wied Neuwied, un ricco ed esperto naturalista tedesco che stava organizzando una spedizione in NordAmerica con l’intento di risalire il fiume Missouri, lo ingaggiò in qualità di pittore illustratore. Il principe aveva già trascorso un anno nell’est del Brasile a studiare e disegnare gli Indiani dell’America del sud. Ora gli occorreva un artista in grado di rappresentare gli Indiani nordamericani in modo minuzioso, senza trascurarne la naturale personalità.
Il 4 luglio 1832, il Principe Maximilian sbarcò a Boston con il suo numeroso seguito. Si stabilirono temporaneamente a New Harmony nello stato dell’Indiana dove trascorsero l’inverno. Bodmer ne approfittò per discendere il Mississippi fino a New Orleans. Fu in quest’occasione che dipinse i suoi primi ritratti di Indiani, dei Choctaw, ma ciò che lo affascinò maggiormente fu il notevole traffico di battelli a vapore che allora animava il cuore di quei selvaggi territori. Il 24 marzo 1833, Bodmer ed il Principe Maxmilin giunsero a Saint Louis, da dove sarebbe iniziata la loro grande avventura attraverso il Territorio Indiano. Qui incontrarono William Clark, il governatore del Missouri, che trent’anni prima, insieme al capitano M. Lewis, aveva preso parte alla celebre spedizione esplorativa. Clark spiegò loro come raggiungere l’Oceano Pacifico risalendo i fiumi Missouri e Columbia, progetto al quale però furono costretti a rinunciare a causa delle guerre indiane, che già all’epoca atterrivano i primi temerari viaggiatori. Durante la primavera del 1833, a Saint Louis, si imbarcarono sul battello “Yellow Stone”, la stessa imbarcazione su cui viaggiò Catlin soltanto un anno prima. Soltanto tre anni più tardi, lo Yellow Stone diverrà il battello a vapore più famoso di tutta la storia dell’Ovest. Venne infatti utilizzato sul fiume Brazos dall’esercito di Sam Huston, nel 1836, durante la guerra per l’indipendenza del Texas. Risalendo il Missouri, lo Yellow Stone si apriva lentamente la strada sostando presso le varie agenzie per il commercio delle pellicce che sorgevano lungo il fiume.  Alla foce del White River, si imbatterono in un gruppo di guerrieri Sioux Yanktonan e fu in quest’occasione che Bodmer dipinse una delle sue opere più note: il ritratto di Wahktaegali (Il Guerriero Valoroso). Questi rimase così entusiasta del dipinto da far dono del suo prezioso abito di pelle di cervo, decorato con aculei di porcospino e ciuffi di scalpi, al principe, come ringraziamento per averlo fatto rappresentare in tutta la sua selvaggia maestosità. A Fort Pierre si trasferirono su di un altro battello a vapore, l’Assiniboin. Dopo due mesi trascorsi tra gli indiani e i cacciatori di pellicce, la spedizione ridiscese il fiume fino a Fort Clark dove sostò per trascorrere l’inverno presso gli accampamenti dei Mandan e dei Minnetaree. Fu proprio durante l’inverno del 1833 che Bodmer dipinse il celebre acquarello del nobile capo dei Mandan, Mato-Tope, il quale era già stato immortalato da George Catlin soltanto l’anno precedente, in occasione della sua prima visita presso il villaggio dei Mandan. Un altro famosissimo acquarello realizzato da Bodmer durante la permanenza a Fort Clark, è il ritatto di Pehriska-Ruhpa, un guerriero Minnetareee, raffigurato durante la cerimonia della Danza del Cane.
Dog dance
Pehriska-Ruhpa Minnetaree Warrior in the Costume of the Dog Dance 1834, incisione a colori

In occasione della visita al villaggio dei Mandan di Mih-Tutta-Hang-Kush, Il principe Maximilian fece la conoscenza del vecchio Touissant Charbonneau, il cacciatore francese che, insieme alla moglie indiana Sacagawea, aveva guidato la spedizione di Lewis e Clark nel 1804. Accortosi della sua dimestichezza nel saper trattare con gli Indiani, il principe lo assunse come interprete. In primavera la spedizione riprese così il viaggio verso Fort Union, di cui Bodmer, basandosi su vari schizzi, realizzò in seguito una splendida veduta. Era ormai trascorso esattamente un anno da quando erano sbarcati in America. Costruito nel 1830 dall’American Fur Company, Fort Union era una stazione commerciale fortificata, posta alla confluenza del Missouri con lo Yellowstone. Era circondato da una palizzata di tronchi alta circa cinque metri ed aveva due bastioni a scopo difensivo posti su due angoli opposti. 
Giunta a Fort Union, la spedizione proseguì a bordo di una chiatta (keel-boat) il Flora, che risalì il corso del fiume Missouri fino a Fort Mc Kenzie sede dell’American Fur Company, una delle più potenti compagnie di pellicce del NordAmerica. Qui furono mostrate a Bodmer alcune tele di Gorge Catlin,  lasciate temporaneamente in deposito presso il forte dopo il suo viaggio lungo il fiume l’anno precedente. Mentre il Flora stava transitando nei pressi di un villaggio Atsina (Gros-Ventre), venne assalito da un gruppo di guerrieri che si gettarono in acqua con l’intenzione di raggiungere la chiatta a nuoto. Quest’incontro inaspettato minacciava di tramutarsi in breve in battaglia aperta, quando, finalmente, si levò un filo di brezza che permise al battello di allontanarsi. Impiegarono trenta giorni per raggiungere Fort Mc Kenzie. Nelle vicinanze del forte era insediato un vasto accampamento di Blackfoot, presso il quale la spedizione sostò per circa un mese. I dipinti che Bodmer realizzò in questo periodo, sono ritenute dai critici le sue opere migliori. Poiché all’Ovest infuriavano le guerre indiane, il Principe Maximilian ed il suo seguito considerarono più consigliabile far ritorno sui propri passi. Potevano ormai ritenersi soddisfatti del viaggio compiuto.

mato topeMatò-Tòpe  (busto) 1837, acquerello

La primavera seguente, la spedizione del Principe Maximilian fece ritorno in Europa, dopo due anni.
Questo fu l’unico viaggio di Karl Bodmer negli Stati Uniti. Con il ruolo di illustratore, durante il viaggio era riuscito a disegnare molti schizzi, grazie ai quali, tornato in Svizzera realizzò una serie di incisioni raccolte in una sorta di atlante, “Maximilian’s Reise in das imere Nord-America in Jahrem 1832 bis 1834”, pubblicato nel 1839, che rappresenta un resoconto completo di tutta la spedizione.
La conoscenza delle tribù indiane di Bodmer, non può certo essere paragonata a quella di George Catlin.
Bodmer trascorse poco più di un anno vivendo tra gli indiani e mentre Catlin riuscì ad entrare in contatto con quasi cinquanta diverse culture di nativi americani, Bodmer, a quanto risulta, non ne conobbe più di dieci.
E’ tuttavia una cifra già considerevole visto il periodo in cui la spedizione fu effettuata.
D’altra parte Bodmer era senza dubbio un abile artista dotato di una notevole capacità di osservazione.
fort mc kenzie
Fort MacKenzie, August 28th, 1833- 1837, incisione a colori
Questo dipinto rappresenta una scena alla quale l’artista aveva assistito dagli spalti del forte ,un violento scontro tra Corvi e Piedi Neri ,due tribù rivali che si erano accampate nelle vicinanze.

Il celebre scrittore Bernard de Voto, nel suo famoso libro “Di là del Grande Missouri” scrisse: … “i suoi dipinti possiedono la chiarezza e la selettività della scienza medica, delle illustrazioni anatomiche o della tecnica chirurgica. Come in una scena reale riescono ad esprimere la separazione tra le diverse forme e tra i vari piani con una naturalezza che ricorda le immagini fotografiche”.
La tecnica più utilizzata da Bodmer nei suoi dipinti è l’acquerello, che è anche il mezzo più largamente diffuso, data la sua rapidità di stesura del colore, dai pittori che realizzano le loro opere direttamente sul posto. Richiede molta esperienza in materia per poterne prevedere il risultato finale.
Da molti disegni realizzati durante il viaggio nei territori del NordAmerica vennero ricavate delle stupende incisioni accuratamente colorate a mano dall’artista stesso.
Queste incisioni a colori hanno un aspetto straordinariamente realistico, reso soprattutto dall’armonia tra le più svariate tonalità del colore, così diverso dalle sgargianti combinazioni di colori che saranno molto ricercate degli artisti americani che lo seguiranno.
Bodmer non dipinse soltanto ritratti individuali, (indiani, trappers, guide e scene di vita negli accampamenti indiani), ma anche paesaggi.
I più importanti tra questi dipinti, come “Junction of the Yellowstone, and the Missouri River” e “View of Fort Union”, non rappresentano soltanto le prime scene di paesaggi dell’Ovest americano, ma sono considerati addirittura più corretti sul piano della rappresentazione della natura rispetto alle opere che saranno realizzate in seguito da una schiera di pittori esclusivamente paesaggisti.
Il successo di Bodmer è dovuto alla capacità di rappresentare nei suoi dipinti la reale vastità degli spazi di quegli incontaminati territori che in quel periodo ancora facevano parte dell’epica frontiera americana.

Assiniboine

Assiniboin: acquerello e matita su carta