Le
più frequenti difficoltà cui dovette far fronte George
Catlin durante i suoi lunghi viaggi furono di tipo finanziario; questo
spiega quanto potesse essere costoso per un artista recarsi nei
territori del West per dipingere. Le spese per il trasporto, per le
guide e per le provviste, oltre che per gli inevitabili quanto
essenziali regali per gli indiani costituivano una somma sostanziale e
scoraggiante.
Nonostante ciò esisteva un sistema per evitare questo problema,
l’antica tradizione europea del patronato artistico.
Fu proprio grazie al sostegno di ricchi protettori che i primi due
artisti che cercarono di seguire la strada di Catlin (Karl Bodmer e
Jacob Miller) riuscirono ad intraprendere i propri viaggi attraverso il
territorio Indiano.
Per “territorio indiano” si intendeva tutta quella porzione
del Nord America che ancora non faceva parte degli Stati Uniti.
Con un trattato, riconosciuto dal congresso nel 1834, venne stabilita
la cosiddetta Frontiera Indiana permanente, un’ipotetica linea
che si faceva coincidere con il fiume Missouri, con la quale si
intendeva segnare ufficialmente il confine tra i territori civilizzati
ad Est e quelli ancora selvaggi ad Ovest.
KARL BODMER (1809 – 1893)
Karl Bodmer nacque in Svizzera e intraprese la sua carriera artistica a
Parigi, dove potè conoscere l’arte del Romanticismo di
Eugène Delacroix e divenne un importante membro della celebre
scuola di Barbizone.
La sua grande abilità artistica non rimase a lungo sconosciuta e
nel 1831, il Principe Maximilian di Wied Neuwied, un ricco ed esperto
naturalista tedesco che stava organizzando una spedizione in
NordAmerica con l’intento di risalire il fiume Missouri, lo
ingaggiò in qualità di pittore illustratore. Il principe
aveva già trascorso un anno nell’est del Brasile a
studiare e disegnare gli Indiani dell’America del sud. Ora gli
occorreva un artista in grado di rappresentare gli Indiani
nordamericani in modo minuzioso, senza trascurarne la naturale
personalità.
Il 4 luglio 1832, il Principe Maximilian sbarcò a Boston con il
suo numeroso seguito. Si stabilirono temporaneamente a New Harmony
nello stato dell’Indiana dove trascorsero l’inverno. Bodmer
ne approfittò per discendere il Mississippi fino a New Orleans.
Fu in quest’occasione che dipinse i suoi primi ritratti di
Indiani, dei Choctaw, ma ciò che lo affascinò
maggiormente fu il notevole traffico di battelli a vapore che allora
animava il cuore di quei selvaggi territori. Il 24 marzo 1833, Bodmer
ed il Principe Maxmilin giunsero a Saint Louis, da dove sarebbe
iniziata la loro grande avventura attraverso il Territorio Indiano. Qui
incontrarono William Clark, il governatore del Missouri, che
trent’anni prima, insieme al capitano M. Lewis, aveva preso parte
alla celebre spedizione esplorativa. Clark spiegò loro come
raggiungere l’Oceano Pacifico risalendo i fiumi Missouri e
Columbia, progetto al quale però furono costretti a rinunciare a
causa delle guerre indiane, che già all’epoca atterrivano
i primi temerari viaggiatori. Durante la primavera del 1833, a Saint
Louis, si imbarcarono sul battello “Yellow Stone”, la
stessa imbarcazione su cui viaggiò Catlin soltanto un anno
prima. Soltanto tre anni più tardi, lo Yellow Stone
diverrà il battello a vapore più famoso di tutta la
storia dell’Ovest. Venne infatti utilizzato sul fiume Brazos
dall’esercito di Sam Huston, nel 1836, durante la guerra per
l’indipendenza del Texas. Risalendo il Missouri, lo Yellow Stone
si apriva lentamente la strada sostando presso le varie agenzie per il
commercio delle pellicce che sorgevano lungo il fiume. Alla foce
del White River, si imbatterono in un gruppo di guerrieri Sioux
Yanktonan e fu in quest’occasione che Bodmer dipinse una delle
sue opere più note: il ritratto di Wahktaegali (Il Guerriero
Valoroso). Questi rimase così entusiasta del dipinto da far dono
del suo prezioso abito di pelle di cervo, decorato con aculei di
porcospino e ciuffi di scalpi, al principe, come ringraziamento per
averlo fatto rappresentare in tutta la sua selvaggia maestosità.
A Fort Pierre si trasferirono su di un altro battello a vapore,
l’Assiniboin. Dopo due mesi trascorsi tra gli indiani e i
cacciatori di pellicce, la spedizione ridiscese il fiume fino a Fort
Clark dove sostò per trascorrere l’inverno presso gli
accampamenti dei Mandan e dei Minnetaree. Fu proprio durante
l’inverno del 1833 che Bodmer dipinse il celebre acquarello del
nobile capo dei Mandan, Mato-Tope, il quale era già stato
immortalato da George Catlin soltanto l’anno precedente, in
occasione della sua prima visita presso il villaggio dei Mandan. Un
altro famosissimo acquarello realizzato da Bodmer durante la permanenza
a Fort Clark, è il ritatto di Pehriska-Ruhpa, un guerriero
Minnetareee, raffigurato durante la cerimonia della Danza del Cane.
Pehriska-Ruhpa Minnetaree Warrior in the Costume of the Dog Dance 1834, incisione a colori
In
occasione della visita al villaggio dei Mandan di Mih-Tutta-Hang-Kush,
Il principe Maximilian fece la conoscenza del vecchio Touissant
Charbonneau, il cacciatore francese che, insieme alla moglie indiana
Sacagawea, aveva guidato la spedizione di Lewis e Clark nel 1804.
Accortosi della sua dimestichezza nel saper trattare con gli Indiani,
il principe lo assunse come interprete. In primavera la spedizione
riprese così il viaggio verso Fort Union, di cui Bodmer,
basandosi su vari schizzi, realizzò in seguito una splendida
veduta. Era ormai trascorso esattamente un anno da quando erano
sbarcati in America. Costruito nel 1830 dall’American Fur
Company, Fort Union era una stazione commerciale fortificata, posta
alla confluenza del Missouri con lo Yellowstone. Era circondato da una
palizzata di tronchi alta circa cinque metri ed aveva due bastioni a
scopo difensivo posti su due angoli opposti.
Giunta a Fort Union, la spedizione proseguì a bordo di una
chiatta (keel-boat) il Flora, che risalì il corso del fiume
Missouri fino a Fort Mc Kenzie sede dell’American Fur Company,
una delle più potenti compagnie di pellicce del NordAmerica. Qui
furono mostrate a Bodmer alcune tele di Gorge Catlin, lasciate
temporaneamente in deposito presso il forte dopo il suo viaggio lungo
il fiume l’anno precedente. Mentre il Flora stava transitando nei
pressi di un villaggio Atsina (Gros-Ventre), venne assalito da un
gruppo di guerrieri che si gettarono in acqua con l’intenzione di
raggiungere la chiatta a nuoto. Quest’incontro inaspettato
minacciava di tramutarsi in breve in battaglia aperta, quando,
finalmente, si levò un filo di brezza che permise al battello di
allontanarsi. Impiegarono trenta giorni per raggiungere Fort Mc Kenzie.
Nelle vicinanze del forte era insediato un vasto accampamento di
Blackfoot, presso il quale la spedizione sostò per circa un
mese. I dipinti che Bodmer realizzò in questo periodo, sono
ritenute dai critici le sue opere migliori. Poiché
all’Ovest infuriavano le guerre indiane, il Principe Maximilian
ed il suo seguito considerarono più consigliabile far ritorno
sui propri passi. Potevano ormai ritenersi soddisfatti del viaggio
compiuto.
Matò-Tòpe (busto) 1837, acquerello
La primavera seguente, la spedizione del Principe Maximilian fece ritorno in Europa, dopo due anni.
Questo fu l’unico viaggio di Karl Bodmer negli Stati Uniti. Con
il ruolo di illustratore, durante il viaggio era riuscito a disegnare
molti schizzi, grazie ai quali, tornato in Svizzera realizzò una
serie di incisioni raccolte in una sorta di atlante,
“Maximilian’s Reise in das imere Nord-America in Jahrem
1832 bis 1834”, pubblicato nel 1839, che rappresenta un resoconto
completo di tutta la spedizione.
La conoscenza delle tribù indiane di Bodmer, non può certo essere paragonata a quella di George Catlin.
Bodmer trascorse poco più di un anno vivendo tra gli indiani e
mentre Catlin riuscì ad entrare in contatto con quasi cinquanta
diverse culture di nativi americani, Bodmer, a quanto risulta, non ne
conobbe più di dieci.
E’ tuttavia una cifra già considerevole visto il periodo in cui la spedizione fu effettuata.
D’altra parte Bodmer era senza dubbio un abile artista dotato di una notevole capacità di osservazione.
Fort MacKenzie, August 28th, 1833- 1837, incisione a colori
Questo dipinto rappresenta una scena alla quale l’artista aveva
assistito dagli spalti del forte ,un violento scontro tra Corvi e Piedi
Neri ,due tribù rivali che si erano accampate nelle vicinanze.
Il celebre scrittore Bernard de Voto, nel suo famoso libro “Di
là del Grande Missouri” scrisse: … “i suoi
dipinti possiedono la chiarezza e la selettività della scienza
medica, delle illustrazioni anatomiche o della tecnica chirurgica. Come
in una scena reale riescono ad esprimere la separazione tra le diverse
forme e tra i vari piani con una naturalezza che ricorda le immagini
fotografiche”.
La tecnica più utilizzata da Bodmer nei suoi dipinti è
l’acquerello, che è anche il mezzo più largamente
diffuso, data la sua rapidità di stesura del colore, dai pittori
che realizzano le loro opere direttamente sul posto. Richiede molta
esperienza in materia per poterne prevedere il risultato finale.
Da molti disegni realizzati durante il viaggio nei territori del
NordAmerica vennero ricavate delle stupende incisioni accuratamente
colorate a mano dall’artista stesso.
Queste incisioni a colori hanno un aspetto straordinariamente
realistico, reso soprattutto dall’armonia tra le più
svariate tonalità del colore, così diverso dalle
sgargianti combinazioni di colori che saranno molto ricercate degli
artisti americani che lo seguiranno.
Bodmer non dipinse soltanto ritratti individuali, (indiani, trappers,
guide e scene di vita negli accampamenti indiani), ma anche paesaggi.
I più importanti tra questi dipinti, come “Junction of the
Yellowstone, and the Missouri River” e “View of Fort
Union”, non rappresentano soltanto le prime scene di paesaggi
dell’Ovest americano, ma sono considerati addirittura più
corretti sul piano della rappresentazione della natura rispetto alle
opere che saranno realizzate in seguito da una schiera di pittori
esclusivamente paesaggisti.
Il successo di Bodmer è dovuto alla capacità di
rappresentare nei suoi dipinti la reale vastità degli spazi di
quegli incontaminati territori che in quel periodo ancora facevano
parte dell’epica frontiera americana.
Assiniboin: acquerello e matita su carta
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