SOMMARIO

Anno V
Numero 2
Ottobre 2015

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ARCHIVIO

 

 

 

 

OGGETTI DI USO COMUNE
Pastoie
di paola giacomini

Quando i luoghi attraversati sono abbastanza selvaggi da permetterlo, il rifornimento di foraggio può essere a carico del cavallo stesso che si nutre pascolando.
Le pastoie servono a questo:
- gli permettono di muoversi con tranquillità per andare da un ciuffo d’erba all’altro e per raggiungere l’acqua, di rotolarsi e di accucciarsi senza farsi male.
- gli rendono scomoda l’idea di lanciarsi in fughe precipitose che comprometterebbero l’esito della spedizione.
- obbligano il cavaliere a trovare un posto che abbia tutte le caratteristiche per mettere a suo agio il cavallo che altrimenti andrebbe a cercarsene un altro.

pastoie
Le pastoie argentine sono formate da due strisce di cuoio intrecciato o liscio fissate a un anello di ferro. Ai due capi di ogni striscia c’è un’asola e un bottone. Infilati i due bottoni nella reciproca asola con le pastoie intorno al pastorale come due braccialetti, si può lasciare il cavallo tranquillo sapendo che da quel momento in poi lui si aspetta di essere lasciato in pace a mangiare e riposare.

Ci sono diversi modi di utilizzare questo strumento, alcuni le legano sopra il nodello, altri le legano in diagonale da un pastorale a quello opposto. In ogni caso occorre fare attenzione alla massima lunghezza delle pastoie in tensione per essere sicuri che il cavallo non si inciampi né si attorcigli con il rischio di ferirsi gravemente.
Un sistema più raro che funziona solo con alcuni soggetti è quello di legare la pastoia a un anteriore e alla capezza. Inizialmente il cavallo è meno infastidito nei movimenti abituali per inseguire l’erba. Quando si accorge di non poter alzare la testa, capita che smetta di mangiare per la tristezza. È una possibilità, ma occorre una capezza molto ben fatta e un cavallo che non si faccia buttare giù di morale.
mettere le pastoie
Alcuni cavalli si abituano subito a questo sistema, altri si sentono in trappola, si arrabbiano e rischiano di farsi male. La prima volta che si provano le pastoie conviene scegliere un posto dove l’animale è abituato a stare e si sente tranquillo e vigilare affinché non capitino guai.

Il cavallo impastoiato può comunque percorrere molta strada un passo dopo l’altro, se se ne va, possono esserci diverse ragioni
- di solito è perché ci si è accampati in un posto a lui non congeniale o troppo vicino a casa da fargli desiderare di avviarcisi da solo.
- il cavaliere non si è accorto che ci sono insetti noiosissimi e imperterriti che a lui non danno noia, ma al cavallo sì.
- il cavallo ha avvisato in tutti i modi di voler 'prendere l’andi' e il cavaliere aveva altro da pensare e non gli ha dato ascolto.
- cavallo e cavaliere non hanno fatto abbastanza strada insieme perché al cavallo sembri indispensabile rimanere in vista del telo tenda per sentirsi al sicuro.
- ci sono diversi cavalli impastoiati poco abituati alla libertà e alla strada. In questi casi è sempre il più pivellino che parte a gran balzi, eccitando tutti gli altri che perdono la testa in una folle corsa verso pascoli migliori o situazioni pericolose. Prima o poi si fermano, solo dopo aver obbligato gli appiedati cavalieri a correre a unghie su distanze e dislivelli improbabili.
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Un cavallo abituato alle pastoie che, per abbeverarsi, ha dovuto discendere una scarpata pietrosa e risalirla per tornare al pascolo.
La prima notte in cui ho sperimentato la libertà di dormire senza legare la cavalla ero nei pressi di un villaggio con due abitanti nel bel mezzo dell’Appennino piacentino. La strada più vicina in cui potessero passare auto era a più di dieci chilometri e l’avevamo solo sentita dal nostro sentiero nel bosco. Raggiunto quel bel prato in piano dopo ore di foresta abbandonata, la cavalla ha buttato la testa nell’erba e ha percorso pochi metri, cinque centimetri per volta girando intorno alla posizione in cui stavo montando il telo. Ho deciso di provare. Non ho dormito tutto di un fiato. Ogni ora mi svegliavo da un sonno leggero e guardavo dove fosse. Dove poteva essere? Era lì. Tritava erba allontanandosi e avvicinandosi e, quando ha voluto coricarsi, mi sono svegliata sentendo il tonfo di lei che si buttava a terra a pochi metri dal telo. Credevo di svegliarmi stanchissima dopo una notte così, invece tutto era stato così sereno che al risveglio mi sentivo come se avessi dormito di fila.
Ci ho riprovato la notte dopo e quella dopo ancora: posti sempre nuovi dove, se ci tornassi adesso, sentirei di tornare a casa; posti scelti con un occhio particolare, immaginando che gusto potesse avere l’erba, cercando sempre quell’alito di vento che porta via mosche e zanzare, guardando di avere acqua a disposizione nei paraggi. Ogni notte a queste caratteristiche, corrispondono luoghi sempre diversi. A volte a fine tappa la guardavo in faccia e lei sapeva che stavamo cercando il posto del campo e, forse è un’impressione, ma mi sembrava che volesse dire: “Vediamo cosa riesci a inventarti questa volta”. Dopo una settimana così, un giorno sono arrivata in un paese e dovevo fare la spesa per rifocillare le scorte, quando l’ho legata fuori dal negozio mi ha guardata in un altro modo, come per dire: “Ma non hai capito che starò qui vicino anche se entri da quella porta e non me ne andrò finché non uscirai?”. Forse ho fatto male, mi è sembrato di tradirla. Non credo che se ne sarebbe andata, l’ho legata lo stesso.
in forma
Le pastoie sono una gran risorsa in viaggio, permettono di accamparsi in luoghi appartati per giorni e giorni e di scoprire che il cavallo, in ringraziamento per la libertà ottenuta diventa sempre più vicino e generoso.

Ricordo ai limiti dell’immaginazione:
Quel giorno avevamo fatto tantissima strada ed eravamo arrivate al fiume al crepuscolo di una delle notti più corte dell’anno. Un paio di chilometri prima del ponte c’era un promontorio erboso con una casa abbandonata un po’ decrepita. Anche il prato era abbandonato, l’erba alta come un cavallo, a tratti interrotta da file di cespugli di rosa canina, un piccolo canale mezzo ostruito dalla vegetazione lo attraversava. Ai cavalli non piace l’erba tanto lunga, quella volta c’era qualcosa che faceva pensare che fosse comunque di suo gradimento. Era ora di montare il telo al volo prima che diventasse buio e di cacciarsi nel saccopelo. Gesti abituali come ogni sera: fornellino, diario, spazzolino da denti, musetta e pigiama. Precipito nel sonno sentendo la cavalla masticare a pochi metri da me. Esco dal sonno quando non la sento più. Non c’è più. Dovevo legarla. L’erba lunga non le piace, lo sapevo benissimo da sempre. È andata di sicuro a cercare dell’erba corta. Mi vesto insonnolita, devo andare a cercare dell’erba corta pure io. Allacciando il cinturone, guardo il cielo che splende di stelle e ne cade una. Cade in un punto preciso del prato e io che non ho indizi decido di cominciare a cercare la cavalla in quella direzione. Faccio dieci passi e in mezzo all’erba lunga c’è la cavalla sdraiata con le quattro gambe distese e la testa appoggiata a terra. Mi ha sentita, si è accucciata, mi ha guardata tornare al sacco a pelo. Ho guardato un’altra volta le stelle, riconoscente.
siesta pastoie
Sosta al colle, deserto nivale, neanche un ciuffo d'erba da brucare. Aria ferma e tiepida dopo severo dislivello. La cavalla riposa con le pastoie, forse non era il caso di mettergliele.