SOMMARIO
Anno V
Numero 2
Ottobre 2015
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ARCHIVIO
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Guida a cavallo sui sentieri della Garfagnana
di Elisa Bozzi
Quando Mauro mi chiede di scrivere qualcosa per La Rivista mi metto
sempre un po' in agitazione... Si, insomma, è un impegno!
Cercare
un buon argomento e scrivere decentemente non è banale! Può interessare
qualcuno scrivere su cosa combiniamo qua fra le montagne toscane??
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Per darmi coraggio e per rompere il ghiaccio ho deciso di cominciare il
pezzo con una citazione (non autorizzata) di un grande maestro,
ritiratosi da anni sulle nostre Alpi Apuane, e che faccio mia:
"Esprimo solidarietà a tutti i cavalieri di montagna, e condivido con loro la fatica e la sofferenza."
Questa frase sintetizza una serie di concetti che suonano
familiari ad alcuni gruppi sparuti di cavalieri che si ostinano a
vivere e frequentare con i propri cavalli zone impervie, lontane dai
maneggi e dall'equitazione consumistica. Amo questa frase, poetica e
utile. Utile perchè ogni volta che mi trovo in difficoltà
o in crisi mi fa sentire meno sola. Non perchè la solitudine sia
un fatto assolutamente negativo, anzi, spesso la ricerco, ma trovo la
vicinanza e la compagnia "morale" importante quanto un buon
equipaggiamento. La frase citata suggerisce anche un altro concetto: i
cavalieri che frequentano per scelta luoghi montani impervi sono legati
fra loro, ovunque pratichino la loro strana equitazione. Che essi
viaggino sulle Alpi, sull'Appennino, o in altri luoghi con
caratteristiche simili, i cavalieri di montagna sono accomunati dalla
fatica e dalla sofferenza. Ma perchè, mi domando io, andare con
il cavallo in codesti luoghi lontani dal mondo per soffrire e faticare?
Eppure la risposta è ancora una volta nella frase citata: la
poesia. La poesia compare nel modo in cui il maestro pronunciò
la frase, nel suo tono di voce e nel suo sguardo, e la poesia compare
anche fra le parole stesse: evoca una realtà epica, che nella
civiltà convulsa di oggi è scomparsa. Tutto questo
preambolo per dire che il maestro che ha pronunciato la frase sa bene,
come ogni guida a cavallo che si rispetti, che vivere da "cavaliere di
montagna" non è facile, ma che può essere immensamente
affascinante e gratificante, addirittura irrinunciabile. Ecco
perchè ho scelto questo mestiere, e, per ora, non me ne pento.
Un altro aspetto importante che ci suggerisce la nostra
citazione: se i cavalieri di montagna sono pronti a faticare e
soffrire, vien da se che l'equitazione che essi, noi, pratichiamo,
può essere definita "di resistenza". Il significato più
banale di "resistenza", quello che pensa la maggior parte della gente
quando ci vede o ci sente parlare, è quello relativo alla
resistenza fisica e psicologica che è richiesta in tale pratica
masochistica: i cavalieri e i cavalli sono sottoposti a tour de forces
che mettono a dura prova il fisico e la mente, una sorta di prova di
sopravvivenza. L'altro significato di "resistenza"che più mi
piace è ancora più masochistico: resistere alle mode, a
quelle "equestri" ma anche a quelle socio-culturali. Il praticare
"equitazione di resistenza" (uso questo termine da poco, non so se e
chi lo ha usato prima di me, comunque sia me ne approprio! ) da immensa
gioia a me e ai pochi masochisti dell'equitazione rimasti. Nonostante
possa sembrare un'equitazione basata su prove di forza e torture varie,
esiste, fra chi osa avvicinarcisi, chi ne comprende l'assoluta
lontananza da tutto ciò. L'equitazione di resistenza presuppone
la sussistenza, non il profitto; è un'equitazione basata sul
rispetto del cavallo, trattato come tale, e come compagno di viaggio e
di vita. E' un'equitazione lontana dai raduni, dalle feste equestri,
dall'agonismo e dallo sport: è un modo di vivere che permette di
allontanarsi dall'equitazione intesa in senso consumistico, quella dei
maneggi che devono fatturare, per intendersi, e dei clienti che
vogliono tutto e subito, e che non ha niente a che fare con le "prove
di forza" a cui assistiamo continuamente in società; anzi, meno
forza si usa, meno chiasso si procura, meno clamore si ottiene e
più è forte l'equitazione di resistenza!
Ecco cosa combina un manipolo di cavalieri di montagna in questo pezzo di Toscana!
Come persona forestiera, da pochi anni integrata nella
zona, ho il privilegio di osservare tutto con occhi diversi da quelli
di chi qui è cresciuto. Ciò può essere un bene o
un male, sicuramente però è un punto di vista diverso da
quello della maggior parte degli indigeni. Riguardo al mio mestiere di
guida, posso affermare con sicurezza che di viaggiatori con cavallo ne
ho conosciuti pochi da queste parti, a mio giudizio; tre per
l'esattezza, di cui una sola "in attività", e due dei quali
legati fra loro da collaborazione e amicizia. Per il resto tanti
privati e tanti maneggi di piccole dimensioni con scuole di equitazione
che organizzano corsi e passeggiate, e qualche trekking di due giorni.
Questo mi pare alquanto strano, considerando le grandissime
potenzialità che hanno la Garfagnana, l'Appennino Tosco-Emiliano
e le Apuane: posti di una bellezza incredibile, con angoli di natura
ancora selvaggia, con miriadi di sentieri e di percorsi, e
facilità di trovare punti di appoggio per cavalli e cavalieri...
Come tutti sanno la Garfagnana si trova nella zona a Nord
della Toscana racchiusa fra l'Appennino Tosco-Emiliano a Nord e le
Apuane a Sud. Da sempre terra di pastori e montanari e di fieri
guerrieri. L'isolamento della zona e il particolare microclima ne hanno
determinato gli insediamenti, le tradizioni e le usanze. Oltre le cime
aguzze delle Apuane si trova il mare, ma la via del sale e quelle dei
commerci marittimi erano impervie e assai pericolose;
Vista Nord delle Apuane (le Panie) dalla Garfagnana
sull'altro fronte, oltre l'Appennino, si trova la fredda "Lombardia",
mentre la pianura lucchese, che comincia là dove il letto del
Serchio diventa largo e navigabile, è ad almeno un giorno o due
di cavallo. Da ognuno di questi "confini" sono arrivati nel corso del
tempo invasori e dominatori, ma la Garfagnana rimane comunque una zona
difficilmente conquistabile, date le sue caratteristiche
geo-morfologiche...
In primo piano il paese di Verni, fra Garfagnana e le pendici delle Apuane, sullo sfondo l'Appennino Tosco-Emiliano
Ancora oggi non ci sono grandi strade di comunicazione che
la attraversano, la ferrovia scarseggia e le strade asfaltate sono
spesso pessime. Andare a cavallo in questa zona montana e pre-montana
mi sembra la cosa più sensata da fare: quando percorri le
numerosissime mulattiere o strade comunali lastricate ti senti a tuo
agio in una realtà rimasta quasi immutata a 100 anni fa. E' vero
che tante vie di comunicazione sono state lentamente abbandonate con
l'avvento dell'asfalto, a partire soprattutto dal secondo dopoguerra, a
causa dell'industrializzazione, ma se le cerchi sono ancora lì,
magari malconce e dimenticate, o martoriate dai trattori o dai fuori
strada, ma sono come la porta per la realtà parallela che
viviamo quando viaggiamo a cavallo. Insomma, viaggiare col cavallo da
queste parti non è per niente "strano" a mio vedere, anzi,
sembra del tutto naturale, in un reticolo fatto a misura di pellegrino.
Pellegrinare da un paesino all'altro, bere l'acqua gelida che cade
nelle fontane o nei lavatoi, e parlare con le persone che s'incontrano
a piedi per i vicoli stretti o davanti alle chiese, è solo una
delle tante fortune che abbiamo.
Parlare invece della bellezza dei luoghi non è
facile: questa non deriva da qualcosa di sconvolgente, (come può
essere la torre di Pisa per i Giapponesi in vacanza!), ma dall'isieme
armonico dei rilievi, dai colori sempre diversi del paesaggio, dai
panorami di crinale, dal rumore dei torrenti e dalla presenza discreta
dei campanili in pietra che sbucano nel verde a segnalare gli antichi
villaggi fortificati. Bellezze uniche. La presenza umana nella zona
è segnata dalla fatica, e si mostra umile e fiera, (unica grande
eccezione, a mio vedere, è l'arroganza distruttiva che colpisce
le Apuane, oggi a rischio scomparsa a causa dell'industria del marmo).
Ma chiaramente non è tutto rose e fiori come nella
pubblicità turistica: l'incuria e l'abbandono nel tempo delle
antiche vie di comunicazione e dei sentieri che noi amiamo, delle
selve, dei pascoli e delle coltivazioni, ha generato frane,
smottamenti, distruzioni. Mi trovo spesso a dover "ripulire" come posso
sentieri devastati, che forse nel giro di qualche anno non saranno mai
più percorribili. E' una lotta contro il tempo ma anche contro
altri esseri umani che incoscientemente devastano con mezzi a motore
questo enorme patrimonio. Certo non sono sentieri "facili": pietre e
roccie, dislivelli, guadi, terreno argilloso, spesso scoraggiano i
gitanti della domenica, che facilmente si spostano in trailer fin dove
possono per frequentare solo i sentieri migliori, o per essere
più vicini al ristorante di turno.
Insomma, ecco spiegato in poche parole quello che trovereste se un
giorno vi capitasse, per sbaglio, di uscire da qualche grande strada di
comunicazione e di finire, ancora per sbaglio, in Garfagnana; e, ancora
continuando a sbagliare, se vi ritrovaste al campo base della nostra
associazione resistente. Ho conosciuto persone inizialmente
disperate, che si sentivano perse in questi luoghi, a più di un'
ora dalla prima cittadina con più di 4000 abitanti, ma che dopo
uno o due giorni si tranquillizzavano a tal punto da detestare l'idea
del ritorno alla normalità.
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