SOMMARIO
Anno V
Numero 2
Ottobre 2015
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Inghilterra: Terra di cavalli
di Luca Zignin |
LA BRITISH HORSE SOCIETY
Quest’anno ho avuto la possibilità di prendere parte ai
corsi organizzati in Italia per la British Horse Society. Una scelta
fatta per aumentare le competenze in ambito equestre e per avere quel
pezzo di carta necessario per essere riconosciuto come istruttore. La
BHS è un organo di formazione privato al quale si appoggia la
federazione inglese per la formazione delle figure professionali che
operano in ambito equestre, dal groom (che lì è
considerata una vera e propria figura professionale) agli istruttori di
I, II e III livello. Questi diplomi sono riconosciuti in 36 paesi nel
mondo, i principali per quel che riguarda il mondo equestre, dalla
Francia alla Germania, all’Olanda, agli Stati Uniti. Anche
perché al termine del percorso formativo è possibile
richiedere l’iscrizione all’IGEQ (l’organismo
internazionale che raggruppa gli istruttori di equitazione) e il
passaporto internazionale da istruttore.
Non è un caso che nell’elenco di prima non abbia incluso
l’Italia perchè nel Belpaese le cose sono un po’
diverse. Il diploma è riconosciuto ma solo dopo il conseguimento
del I grado.
La scelta di appoggiarmi alla BHS per la formazione è legata
anche a un discorso economico. C’è una differenza di
qualche migliaio di euro tra quello che si spende a fare la formazione
in Inghilterra e in Italia (ovviamente in Italia si spende decisamente
di più).
Già da queste poche righe si dovrebbe capire che in GB,
come del resto in gran parte d’Europa, sono molto più
avanti di noi nella mentalità equestre.
Con il conseguimento dei diplomi BHS si viene inseriti in un elenco
professionale a cui chiunque può accedere per ricercare le
professionalità di cui ha bisogno. Come dicevo la figura del
groom è riconosciuta professionalmente. Una ragazza che ha
seguito il mio stesso iter è stata recentemente assunta presso
gli impianti di Al Shaqab.
QUESTIONE DI MENTALITA’
Che l’aria sia diversa lo si percepisce facendo i primi
chilometri nella campagna londinese. Ogni cosa sembra fatta per
ospitare cavalli. Gli enormi prati lungo quella che noi definiremmo
autostrada sono tutti recintati. E di solito in lontananza compaiono le
sagome di quadrupedi che pascolano. E’ frequente incontrare
trailer o van che viaggiano, con la guida a destra ma spesso anche con
la guida a sinistra, quindi “continentali”.
Ho avuto l’occasione di parlare con un cavaliere italiano che si
è affermato a livelli internazionali. Da anni lui si è
trasferito in Inghilterra per portare avanti la sua attività di
allevatore, commerciante e preparatore di cavalli sportivi. Raccontava
che gli è capitato di presentare lo stesso cavallo ad acquirenti
italiani, una prima volta in Italia, ma il cavallo è stato
scartato. La seconda volta lo stesso cavallo è stato provato
nella sua scuderia inglese dalle stesse persone ed è stato
acquistato a una cifra superiore. Si stupisce anche lui di questa cosa
ma è perfettamente conscio che la mentalità è
diversa.
Non parliamo poi delle scuderie visitate.
La prima era un centro legato all’università in cui si fa
ricerca zootecnica. La seconda era il Wellington Riding Center. Tutto
è perfetto: c’è un ordine quasi maniacale delle
attrezzature (finimenti, ostacoli, campi di lavoro, steccati), le varie
aree sono sempre perfettamente pulite, in scuderia non si vede una
ragnatela, gli istruttori in campo sempre ordinati, i groom sempre con
cap e guanti quando conducono i cavalli a mano, gli allievi sempre in
ordine dall’esperto al principiante.
Ma è l’impostazione che cambia. Dall’inizio della
formazione viene dato un metodo. E il rispetto di questo metodo da
parte di tutti forma la testa di istruttori e allievi. Il metodo di
giudizio è imparziale: se sai fare vai avanti, se non sai fare
ti do la possibilità di preparati e ripresentarti
successivamente.
Nella tabella di valutazione degli esami non esiste un voto, la prova
può essere superata o non superata. E quando di un intero esame
non viene superato un solo modulo la volta successiva si dovrà
ripetere solo la parte in cui si è fallito.
Questo metodo non consente di parlare di favoreggiamenti da parte degli esaminatori per uno o l’altro candidato.
E questo metodo accomuna tutti gli istruttori che escono da
quella scuola. Cosa molto importante ai giorni nostri perché in
Italia, ad esempio, un “sistema di insegnamento”
dell’equitazione codificato e unico per tutti non esiste
più da quando si è lentamente estinta la
generazione di istruttori militari. Poteva essere corretto o sbagliato
ma quello era, ed era seguito da tutti. Oggi tutti ci mettono qualcosa
di loro ed ecco perché nei campi prova dei concorsi di salto
ostacoli si possono ascoltare frasi tipo: “cerca la sedia”
o “metti la gamba che hai il cavallo che scurva”.
Per fortuna accanto a questi si trova anche un gran numero di
istruttori che seguono il metodo (caprilliano) con le evoluzioni che ci
sono state nel corso degli anni per migliorare ulteriormente la tecnica
e i cui allievi portano a casa risultati positivi dai campi di gara. |
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