SOMMARIO

Anno VI
Numero 1
Gennaio 2016

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ARCHIVIO

 

 

Il Palio fra tradizione e un futuro possibile: l'infelice convivenza con un numero ancora troppo elevato d’infortuni

di Andrea Bertuglia e Alvise Pavinato

Il Palio: un motivo di scontro, sentimenti controversi, sensibilità urtate, tradizione popolare e cavalli che subiscono incidenti catastrofici. Nei Palii, competizioni che affondano le loro radici nella tradizione medioevale dell’Italia dei comuni, i cavalli si affrontano in una  pista ricavata all’interno delle città storiche, montati a “pelo”. Per la gran parte si tratta di gare in cui si competono cavalli di razza Purosangue, alla conclusione della loro carriera agonistica nelle gare ufficiali. Il livello di pericolosità di queste gare rimane tuttora molto alto, tanto che la riduzione del numero di incidenti gravi rappresenta il punto fondamentale su cui ancora è necessario lavorare, con serietà.
Come spettatori e appassionati di cavalli, non vorremmo mai vedere un animale che subisce un grave incidente durante la gara, o che peggio ancora, debba essere abbattuto per il trauma riportato. Come studiosi, siamo portati a cercare una soluzione razionale che possa prevenire l’incidente e pressoché annullare il rischio. Forzatamente, parlare di Palii significa stare nel mezzo di una trincea, tra chi difende la tradizione della gara cittadina e chi, invece, il diritto dei cavalli a non essere coinvolti in gare pericolose.
La sensibilità nei confronti del benessere animale è cresciuta tremendamente negli ultimi anni, ed ha prodotto un corpus di leggi che disciplinano i nostri rapporti con gli animali sia nell’allevamento che nella zootecnia. Allo stesso modo, sia le discipline equestri che l’ippica  sono vigilate in modo stretto da regolamenti specifici e federazioni preposte, nazionali ed internazionali.
 

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 I Palii invece, relegati in un circuito tradizionale, sono regolati da tradizioni antiche, e solo recentemente sono stati adottati provvedimenti per tutelare i cavalli, senza stravolgere la tradizione alla base dell’evento storico. Sarebbe un errore non riconoscere lo sforzo fatto dai comitati organizzatori in questi ultimi vent’anni, spronati dai veterinari e dall’opinione pubblica, per ridurre la possibilità di incidenti ai cavalli che partecipano a queste gare. Se la strada è tracciata, non rimane che percorrerla con fermezza. Un uomo su tutti, Stefano Zanichelli, professore di chirurgia veterinaria all’Università di Parma e recentemente scomparso, avrebbe avuto tanto da dire sull’argomento, lui che di commissioni tecniche veterinarie nei Palii ne ha guidate tante.
Se da molti anni alcune Amministrazioni Comunali hanno messo in atto una serie di iniziative per la tutela dei cavalli che corrono il Palio, ci sono ancora punti su cui possiamo intervenire con forza allo scopo di minimizzare il rischio di incidenti in queste gare e cercare di uniformare queste pratiche a tutte le sedi dove si svolge un Palio storico. Gli interventi a posteriori suonano sempre sgradevoli, perché hanno la faccia della tragedia preannunciata. Se a Siena si è proceduto a “progettare una nuova barriera protettiva ad alto assorbimento nella curva più pericolosa di San Martino”, è stato necessario che in precedenza avvenissero incidenti catastrofici per diversi anni.
Riconosciamo che il cavallo Purosangue è un cavallo scheletricamente esile, e se questo se vuol dire maggiore velocità, nasconde il pericolo di un rischio maggiore d’infortunio.
L’intervento più articolato in questo campo è sempre stato attuato dai senesi, con l’adozione in via sperimentale di un “Albo dei cavalli continuamente e appositamente addestrati per correre sul Campo”, dove si parla di selezione dei cavalli con caratteristiche rispondenti ai parametrici biometrici considerati ottimali per l'impegno da affrontare. Purtroppo questo regolamento non ha una diffusione nazionale ed in molti contesti il cavallo da Palio è un animale che deriva da una carriera agonistica in corse ufficiali, magari in seguito a un ritiro od ad una serie di performance meno che ottimali.
L’entrata nel circuito dei Palii di molti cavalli da galoppo dopo un rendimento atletico non ottimale nasconde il rischio di un precedente problema fisico. Tutte le amministrazioni comunali hanno adottato una commissione tecnica veterinaria allo scopo di visitare e verificare l’idoneità dei cavalli iscritti alle gare, per evitare di incorrere nel rischio di schierare alla partenza cavalli con precedenti patologie ortopediche, e con un maggiore rischio di aver subito trattamenti fraudolenti. Permane ancora una certa difformità negli esami collaterali e negli accertamenti diagnostici messi in atto nelle varie sedi e si sente l’esigenza di un modus operandi ripetibile ed efficace. L’esclusione di alcuni cavalli dalle gare non può solo basarsi sui test antidoping, ma anche prendere in considerazione precedenti problematiche ortopediche che possono essere solo indagate solo avvalendosi di opportuni esami di diagnostica per immagini. Il problema del doping è molto sentito nell’ambiente e combattuto con forza, ma anche per questo problema l’atteggiamento adottato fino ad oggi è quello dell’intervento a posteriori, laddove la medicina sportiva umana ha insegnato che l’adozione di misure preventive, con controlli a sorpresa prima delle gare e durante l’allenamento dell’atleta è l’unica tecnica che ha dato risultati.
La tipologia del fondo della pista sappiamo essere un fattore che può rallentare significativamente la velocità dell’animale durante il galoppo. Negli ippodromi del galoppo l’impiego di un fondo in materiale sintetico, rispetto ad un tradizionale fondo sabbioso è stato sufficiente a ridurre del 75% il numero di fratture catastrofiche durante le competizioni.

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Questo a discapito della velocità, in considerazione del fatto che l’atleta cavallo sottopone il suo apparato muscolo‐scheletrico (in particolare ossa e tendini) a un livello di stress meccanico, durante lo sforzo, prossimo al limite di rottura del sistema. Lavorare sul fondo delle piste significa ridurre la velocità, rendere la superficie più compliante, favorendo l’ammortizzazione del carico e ridurre in ultimo le fratture e le tendiniti.
Dal punto di vista strettamente veterinario si è lavorato tanto per una maggiore sicurezza dei cavalli e per rendere più efficace l’intervento in emergenza, direttamente in pista. L’adozione di un’ambulanza veterinaria durante la manifestazione permette di caricare un cavallo traumatizzato senza costringerlo a salire su di una rampa inclinata e poterlo trasportare rapidamente in una struttura, dove poter assicurare all’animale un soccorso adeguato. La presenza di veterinari qualificati in pista, in grado di immobilizzare correttamente l’animale ha offerto la possibilità di un trattamento nei casi di traumi che potevano essere altrimenti ritenuti intrattabili. Nonostante questo, fratture scomposte o più alte del carpo e del tarso o fratture della colonna vertebrale non lasciano ancora un ragionevole margine di manovra nel paziente equino. La gran parte di queste fratture avviene a grande velocità e presenta un livello di energia notevole, cosa che implica un livello di complessità del trauma superiore a quello che si produce in situazioni meno critiche. Ai fantini si dovrebbe chiedere una maggiore attenzione nelle fasi di partenza, dove le strategie legate alla partenza al canapo rendono la situazione convulsa e pericolosa.
In conclusione non esiste una singola formula efficace, ma dobbiamo essere consapevoli che la sopravvivenza di una tradizione è legata per forza alla capacità che questa tradizione ha di rinnovarsi, alla luce del cambiamento delle coscienze e in virtù di quanto sapremo salvaguardare i cavalli, i veri protagonisti di questa lunga storia che dura da secoli.

Andrea Bertuglia è un veterinario che si occupa di medicina sportiva e ortopedia equina, e svolge attività clinica presso l’ospedale veterinario dell’Università di Torino; Alvise Pasinato è uno studente in medicina veterinaria a Torino, e sta svolgendo la sua tesi sul cavallo da Palio.