SOMMARIO

Anno IX
Numero 1
SPECIALE
I cavalieri cosacchi
in Carnia

1945
Febbraio 2017

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L'Alpitrek in Carnia. 1989
di Mauro Ferraris
La libertà del singolo che ha la patria e lo Stato nella sua tenda riconosce solo il cavallo sotto di lui e per partire ha solo bisogno di stringersi la cintura
Claudio Magris

Attraverso il passo del Rest ancora innevato, siamo arrivati in Carnia la prima volta su un vecchio furgone; cercavamo le ombre dei cavalieri cosacchi che la storia, con un guizzo drammaticamente bizzarro, aveva sbattuto in queste valli durante l'ultima guerra. Sapevo un  po' della loro storia attraverso le pagine di Sgorlon e di Magris, ma li ricordavo soprattutto dai racconti narrati da un lontano zio, Dal Canton, che era stato soldato nella brigata Osoppo.
Poi siamo dovuti saltare in sella in primavera per poter seguire queste ombre da vicino, ombre che hanno lasciato segni profondi e ancora evidenti; dirigevamo a nord verso una vana speranza oltre Plöckenpass.


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Villa Verzegnis - Partiamo dall'Hotel Stella d'oro di Villa Verzegnis ex quartier generale dell'Atamano Krasnoff, scendiamo a Tolmezzo e risaliamo la valle del Bùt fino a Paluzza. Gregorio deve portare la sciabola cosacca fino a Peggetz, in Austria. La guerra in Italia era finita il 29 Aprile 1945. I cosacchi iniziarono la ritirata sotto la pioggia la mattina del 1 maggio. I presidi abbandonavano i paesi, scendevano le valli d'Incaroia e Tagliamento; file interminabili di soldati a cavallo con le famiglie sui carri risalivano i canali di Corto per evitare l'aviazione alleata concentrata sulla Pontebbana, aprendosi la strada tra mille ostacoli; altri cosacchi salivano la valle del Bùt, quella che stiamo percorrendo noi.
Morte e disperazione e fatica e neve scendeva sulle scure montagne che dividono l'Austria dall'Italia. I cosacchi si fermarono presso Timau, stringendosi gli uni agli altri, contro i cavalli a ridosso dei carri. La bufera terribile li aveva fermati e quella notte morirono cavalli e morì anche una donna di fede musulmana; sempre quella notte i cosacchi lasciarono a Timau dei loro averi con cui gli abitanti costruirono, dopo la guerra, la chiesa che oggi sorge al centro del paese.
Noi, dopo una notte passata molto più serenamente, prendiamo la via dei montagna. Salire sulla montagna è lo stile dell'Alpitrek, non solo per il piacere che offrono le cose difficili e faticose, ma anche lassù lo sguardo spazia lontano, l'aria è fresca, l'acqua pulita e di conseguenza siamo contenti. La via si arrampica sul dorso del monte Paularo; la nebbia ogni tanto scroscia giù acqua, la salita è ardita, i cavalli salgono la montagna e Pit giù a valle comincia ad entrare nel mondo che i cosacchi hanno lasciato dietro le code dei loro cavalli e che è ancora vivo nei ricordi di molta gente, soprattutto di quella più semplice e umana non viziata del tutto dall'infame finzione suggerita da una qualsiasi  ideologia organizzata commercialmente.
Sul monte Paularo, gli zoccoli ferrati dei cavalli raggiungono "L'alta Via Carnica"; impercorribile secondo alcuni. Noi la percorriamo tutta fino al Passo di Monte Croce Gamico. Senza scendere giù a valle arriviamo a Casera Pramosio dove il vento portava pioggia, nebbia, sole e dopo di nuovo pioggia, nebbia e sole. Massimo Peresson, cavaliere friulano, responsabile del centro "Ciavaj Radijs", ci guida senza sbagliare un passo, tra nevai, creste, pietraie, su sentieri di guerra e di pastori, Pal Piccolo, Pal Grande vengono superati, i giorni passano e noi arriviamo al passo, una fessura di roccia tra l'Italia e l'Austria. L'accoglienza in Austria è commovente; là il ricordo dei cosacchi è vivo, più vivo che in Italia; li hanno visti annegare a centinaia nella Drava per non finire nelle mani di Stalin e hanno visto caricare gli altri sui "merci" a Oberdrauburg; famiglie intere portate nei campi di Koljna.
Il nostro "andare a cavallo", dopo essere stati ricevuti dal sindaco di Mauthen, accompagnati prima dai cavalieri di Würmlach poi da quelli della scuola di Lienz, ci avvicinava al campo di Peggetz. Le vicende del viaggio non sempre piacevoli si mischiavano al sentire la "Loro" presenza; forte per alcuni. Le ombre cosacche riposano nella fossa comune di Peggetz, ai bordi di una Drava gonfia di acqua di ghiaccio come in quel giorno - 1 giugno 1945 - dove cavalieri, soldati, donne, vinti e disperati ma incrollabili nella difesa della libertà, decisero di annegare.