SOMMARIO

Anno IX
Numero 2
Giugno 2017

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Perché Dostoevski
di Carlo Archetto

L’Alpitrek ha sempre marciato con un libro nella bisaccia, non è una caratteristica ma una necessità, una delle poche, cavalcare leggere volare, realtà fantasia e sudore per arrivare al quel briciolo di saggezza che assomiglia alla serenità.
Leggete queste pagine del “gran charlie” che è buon cavaliere ( forse il migliore dell’ak) ma anche letterato e gran estimatore di Dostoevskij.
Consiglio:
stampatele e leggetele nell’attimo di sosta

DostoevskjiFedor Dostoevskij è mio amico. Fin dalle mie prime letture di adolescente ebbi l’impressione non già di leggere Dostoevskij, ma di essere letto da lui. È lui che sceglie e svezza i suoi lettori.
Mio amico, perché subito mi catturò la lotta feroce tra la forma mentis di homo faber, data dai suoi studi di ingegnere, e quel suo cuor di poeta, che lo spingeva alla ossessiva, spietata ricerca interiore, alla vivisezione della propria coscienza. Spingendosi il braccio giù in gola, la mano ad afferrare e torcere le fibre che uniscono cuore e mente, dove divampa la lotta dei demoni, dove si scontrano e SI MESCOLANO continuamente il bene e il male che c’è in noi, i dolci occhi dell’Agnello e gli artigli insanguinati della belva, lo strame e il lucor di stelle. Là dove nasce, secondo Garcia Lorca, “la oscura raìz del grito”.
Mio amico, perché i poveri diavoli delle sue creazioni son quasi sempre giovani. La GIOVENTU’, con la sua capacità di far emergere le domande le più essenziali – e poi di prenderle troppo di petto – è al centro dello struggimento sempre presente in Dostoevskij. Quanti suoi eroi posseggono e vivono la “sfrenata lealtà dei sensi”!
Mio amico perché “la pietà è la cosa che più preme, forse l’unica legge dell’esistenza umana” come dice nell’IDIOTA il principe Myskin, costretto al pari di Don Chisciotte a rientrare nel suo stato di follia per non venire contaminato dalla bestialità del mondo.
Mio amico, perché anch’io, fin da adolescente, sentivo inconsciamente di riconoscere come unica legge dell’umana avventura la pietas dostoeskijana, che non teme – come Caravaggio con Annuccia suicida e incinta – di dare a una prostituta il volto della Madonna, come la Sonja di DELITTO E CASTIGO.
Nei DEMONI, il suicida Kirillov dice che “l’uomo non ha fatto altro che inventare Dio per vivere senza uccidersi”. Eppure proprio Cristo fu il primo suicida. Ma i cristi di Dostoevskij non salvano mai. Come scrive il critico Doninelli “i suicidi che affollano i suoi romanzi non sono l’approdo mesto di un’anima che ha smesso di amare la vita, bensì un ultimo rivolgimento iroso di chi VUOL vedere in quella perdita d’amore qualcosa di definitivo. E’ l’atto col quale S’INVOCA la catastrofe, più che la sua registrazione”. Contraddizione sempre, lotta tra opposti sempre, viltà ed eroismo, sempre.
Dostoevskij, in tutte le sue opere, imposta con potenza un PROBLEMA ETICO, senza mai arrivare a una soluzione univoca. Chissà, forse perché non esiste…
A meno di non arrendersi senza condizioni all’unica IDEA degna di adorazione - la BELLEZZA - con cui Petronio ed Eunice, aprendosi le vene, entrano nell’immortalità.
Dice Dmitrij KARAMAZOV a Alesa “sapere che esiste il sole è già tutta la vita”…

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DOSTOEVSKIJ, VITA E OPERE

dostoevski x

Nato a Mosca nel 1821, Dostoevskij rimase presto orfano di madre; il padre, un medico militare, morì in seguito, alcolizzato. Studiò ingegneria all'Istituto militare di San Pietroburgo. Dopo un periodo a Mosca (1843) come impiegato statale, si dimise per dedicarsi alla letteratura. Nel 1846 uscirono i fortunati racconti di Povera gente e il romanzo Il sosia.
Permeato, come molti altri intellettuali, da idee socialiste e utopiste, Dostoevskij aderì a un gruppo di giovani liberali. Nel 1849 fu arrestato dalla polizia e, dopo otto mesi di carcere, condannato a morte (22 dicembre 1849); fu quindi condotto, insieme ad altri diciannove compagni, sul luogo dell'esecuzione; poco prima che i gendarmi facessero fuoco, gli fu annunziata la commutazione della pena in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Durante la prigionia si ammalò di epilessia. Scontata la pena, si arruolò come soldato. Nel 1857 sposò una vedova, ma se ne separò presto.
Nel 1859 poté rientrare a San Pietroburgo, dove si tuffò nell'attività letteraria: con il fratello Michail e altri fondò la rivista Vremja (Il tempo); quindi pubblicò alcuni scritti umoristici e nel 1861 le Memorie da una casa dei morti, sulla vita di deportato in Siberia. Il libro colpì lo zar Alessandro II e gli procurò nuova fama, rinsaldata da altri romanzi: Umiliati e offesi (1861), Memorie dal sottosuolo (1864), Il giocatore (1865), Delitto e castigo (1866).
Nel 1866 si risposò con la giovane stenografa Anna Snitkina; poco dopo i due coniugi dovettero fuggire dalla Russia per debiti. Rimasero all'estero per alcuni anni (1867-71), passando dalla Germania alla Svizzera, a Firenze. La morte di una figlioletta, vissuta pochi giorni appena, suscitò nello scrittore un dolore immenso. L'idiota (1868-69) fu accolto freddamente, ma I demoni (1873) ottenne grande successo. Dostoevskij e la moglie poterono così rientrare a San Pietroburgo. Pressato dai creditori e dagli impegni con gli editori, scrisse e pubblicò altri due grandi romanzi, L'adolescente (1875) e I fratelli Karamazov (1879-80). Dal 1873 e con vari intervalli Dostoevskij compilò il Diario di uno scrittore, originale dialogo giornalistico con i lettori sui temi più scottanti del momento.
La sua fama era al culmine: nel giugno 1880 tenne la commemorazione pubblica, a Mosca, del centenario di Puskin. Morì il 28 gennaio 1881, onorato con funerali solenni.

Le opere che ne hanno fatto un immortale (Calvino definiva un classico “un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”):

Memorie dal sottosuolo: tormentosa indagine sull’inconscio, smarrita fra l’angosciosa ricerca di una verità che salvi e l’abissale distanza con “la maledetta realtà”

Il giocatore: autobiografico, dieci anni di passione per la roulette – mix di coraggio, sofferenza e libido – con gli editori-usurai sempre alla gola

Delitto e castigo: Dostoevskij è anche l’autore del primo “romanzo polifonico” dove tutti i personaggi hanno pari dignità, totale libertà di spogliarsi nudi davanti all’autore e al lettore, ciascuno con la propria visione del mondo, Raskolnikov l’assassino che finisce per accettare la sofferenza della pena per espiare, Sonja costretta a prostituirsi ma vergine in cuore, Svridrigailov l’alterego pervertito di Raskolnikov, ecc.ecc….

L’idiota: dove usa il suo realismo fantastico per dipingere l’uomo “buono” in assoluto, il principe Miskin, cioè la “bellezza morale”, il BENE
I demoni: vertiginosa penetrazione umana, spirituale, ideologica. Il terrorista Stavrogin è il simbolo – eterno – del depravato quanto lucido, del feroce quanto sublime, del MALE
I fratelli Karamazov: il primo vero non-romanzo del post-romanticismo, tragedia classica con esplosione finale delle forze insite nei protagonisti, giganti mossi dall’urgenza “morale” di scatenare nell’azione le proprie lancinanti pulsioni: il parricida, il poeta, il santo…
Diceva Hermann Hesse:
“Dobbiamo leggere Dostoevskij quando stiamo male, quando abbiamo sofferto fino al limite della sopportazione e quando sentiamo la vita come un’unica, bruciante e ardente ferita, quando respiriamo la disperazione e siamo morti di morti senza speranza. Allora, quando in uno stato di isolamento e di abbandono noi guardiamo dalla nostra miseria alla vita e non la capiamo nella sua selvaggia e bella crudeltà e non desideriamo più niente da essa, allora siamo aperti alla musica di questo terribile e magnifico poeta. Allora non siamo più spettatori, non siamo più intenditori e critici, bensì dei poveri fratelli in mezzo a tutti i poveri diavoli delle sue creazioni; e così soffriamo le loro pene, insieme a loro fissiamo ammaliati e senza respiro il gorgo della vita, l’eterno vorticare del mulino della morte. E proprio allora riusciremo a cogliere in Dostoevskij la musica, la sua consolazione, il suo amore; soltanto allora coglieremo il significato mirabile del suo mondo spaventoso e spesso così infernale”
Non sei tu che scegli Dostoevskij, è lui che ti afferra alla nuca e ti forza a guardarti dentro, con coraggio disperato e…con amore