SOMMARIO

Anno X
Numero 1
Novembre 2018

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Alce Nero e Lo Spirito Primitivo
di Mauro Ferraris

Due parole su Alce Nero che vogliono far Santo o meglio anche i Cattolici lo riconoscono tale


Una Domenica pomeriggio, poteva essere l’estate del 1975 ma non  son certo Carlo Marvulli mi portò un libro che volevo leggere e restituire, lui disse tienilo non è il mio l’ho comprato per lasciartelo; perché? Leggilo, lo capirai Carlo rispose. Dopo averlo letto non ho più abbandonato quel libro nemmeno  un momento.
Alce Nero è diventato presenza al punto che sul cippo di Luciano al confine della terra col cielo sono state da noi incise  parole dette da Lui.
In Italia sono usciti tre libri su Alce Nero il primo è: Alce Nero parla, il secondo : La Sacra Pipa, il terzo: Alce Nero missionario tra i Lakota, rispettivamente curati da : John Neihardt,  Joseph Epes Brown  i primi due, e scritto da Michael F. Steltenkamp il terzo.
Il più conosciuto è il primo quello di John Neihardt,  scritto negli anni 30 ma pubblicato ad arte nel 1968 in Italia quando cominciava la moda degli indiani nordamericani. Sono pagine potenti, Neihardt,  tralascia volutamente  ogni riferimento all’influenza avuta in Alce Nero dall’uomo bianco per non inquinare l’elemento squisitamente indiano, questo motivo ha attirato critiche notevoli soprattutto dagli ambienti cattolici esistenti all’interno della Riserva di Pine Ridge che non era in mano ai Protestanti bensì ai Gesuiti cattolici.
Indubbiamente la Religione Cattolica nella sua complessa dottrina aveva punti in comune con la forte spiritualità degli indiani delle pianure, soprattutto con i Sioux. I cattolici sono stati meno “nocivi” ed i Gesuiti in particolare più intelligenti dei loro ancor più cattivi colleghi Riformati. I Protestanti erano anglosassoni fondamentalisti, presuntuosi e arroganti, i Cattolici latini  e in un certo senso più morbidi, l’amicizia del Gesuita Padre Dee Smith con le bande più selvagge dei Teton è straconosciuta come l’amicizia personale  che aveva con Toro Seduto guerriero e Uomo di Medicina degli Hunkpapa.
Anche il secondo libro curato da Joseph Epes Brown,  è eccezionale , anche questo non fa menzione d’infiltrazioni   culturali esterne.
Il terzo  di Steltenkamp invece documenta il rapporto che Alce Nero aveva con i Gesuiti.
Per avere un’idea su chi era Alce Nero occorre leggerli tutti e tre ma per capire la situazione degli indiani nomadi nell’ultimo decennio del milleottocento non basta affatto. Gli ultimi decenni del secolo IX segnarono la fine di un epoca grandiosa e selvaggia dove la libertà si mischiava a violenza e sangue, dove spesso la crudeltà si faceva tragicamente sentire.
Un popolo selvaggio e primitivo  che viveva l’età della pietra veniva tragicamente a contatto con un sistema capitalista e già completamente moderno.
Dopo Little Bighorn 1876, a cui Alce Nero prese parte in giovane età, i nomadi furono costretti nelle Riserve e con la resa di Tasunko Victo, cugino di Alce Nero avvenuta nella primavera del 1877 a Camp Robinson nell’odierno Stato del Nebraska anche le ultime bande ostili cessarono di combattere.
Furono vinte.
Nella seguente desolazione fisica i missionari si avventarono sul popolo per neutralizzare la loro potente cultura, lo fecero con mezzi di spietato ricatto cercando di corrompere l’unità tribale, e istituendo terribili collegi dove si cercava di far diventare i loro bambini più bianchi possibile, caratteristica delle Democrazie occidentali in opera già allora.
Alce Nero era un Lakota della banda Oglala, fu confinato nella Riserva di Pine Ridge quella di Nuvola Rossa che era in mano ai Gesuiti
Lui fu effettivamente  per un certo tempo  catechista Cattolico o meglio era e rimase un Uomo di Medicina Sioux e anche catechista e i Gesuiti che non sono mai stati stupidi lo sapevano benissimo al punto da revocargli l’incarico quando rinunciarono alla sua “ completa conversione”; conversione inutile per l’evoluto Sciamano in quanto lui pregava lo stesso loro Dio Wanka Tanka; ora dopo secoli la Chiesa Cattolica se ne accorge al punto di beatificarlo, fossi un Cattolico farei lo stesso, appropriarsi del suo  universale  grande “potere spirituale” è “conveniente” molto conveniente.
Lui che direbbe? Forse niente in quanto già allora aveva capito cose che noi stiamo arrivando a comprendere ora.

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Nell’introduzione  di Black Elk Speaks Neihardt dice che la capanna di Alce Nero era due miglia a ovest di Manderson nella Riserva Sioux di Pine Ridge, ovviamente dovetti andarci, a quei tempi avevo una splendida moglie si chiamava Tritsch che era ottima interprete, Manderson era composta da quattro case  e uno spaccio semimoderno, presi l’unica  sterrata verso ovest e sulla destra a due miglia circa dall’emporio vi era una capanna, abbandonata ma solida che poteva essere quella sua, non so se fosse la figlia o la nipote che gestiva l’emporio semimoderno di Manderson nel 1993; la giornata era calda e seduti per terra avevamo bevuto latte al cioccolato ghiacciato comprato ovviamente all’emporio.
Si era nel cuore dell’ultima storia dei nomadi liberi, in posti dove si accampava Cavallo Pazzo, l’atmosfera era tranquilla e gli indiani  indifferenti  e attenti e gentili, a loro è rimasto l’istinto che permette di capire a fiuto chi hanno davanti, certo che se vai in quei luoghi per molti versi Magici con persone inadeguate sei tagliato fuori e risbattuto nel mondo normale da dove provieni.
Poi siamo tornati a Wounded Knee ma è altro giorno.


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Nota su Neihardt
Neihardt, era un uomo bianco, scrittore e poeta non un etnologo, Alce Nero raccontava in Sioux e suo figlio Ben traduceva in inglese, questi incontri avvenivano nel 1930, sembra che Alce Nero in quel mentre lavorasse nello spaccio di Manderson e avesse perfino i capelli corti, segno evidente ( per lui apparente) d’acculturazione. È sicuramente possibile che nel libro vi sia l’interpretazione personale di Neihardt,  chi legge infatti nota che  vi sono pochi riferimenti alla vita che Alce Nero conduceva negli anni 30, la vita nomade era finita più di quarant’anni prima, Little Bighorn ancor di più. Sicuramente Neihardt era etnologo non professionista, non aveva mai dormito in un tipì, i suoi incontri col Santo non erano continuativi, e a quanto risulta non andava a cavallo tuttavia il quadro da lui elaborato può corrispondere ed essere in qualche modo comprensivo soprattutto da chi ha conoscenza  della mentalità nomade e Sioux in particolare.
Per l’uomo bianco non è facile trasmettere, travisare e mistificare è consuetudine ora come allora.
Capire è oggettivamente difficile.

Joseph Epes Brown antropologo bianco che sembra abbia vissuto un anno intero con Alce Nero poco prima della sua morte avvenuta nel 1950. La sua introduzione al libro “La Sacra Pipa” accappona la pelle, in esso Alce Nero tramanda la ritualità “ Religiosa” Lakota.
Su questi due libri si sono avventati nugoli di aspiranti moderni stregoni che hanno  sfruttato in  malafede  coloro che avevano e hanno bisogno di esotismo , buffo è constatare che non sono solo bianchi, ma anche sud americani, africani e come  non bastasse pure indiani tutti con le penne ovviamente, è incredibile quanto sia facile per i ciarlatani abbindolare la gente.
La scorsa primavera ( 2017) ho passato la notte in un Mothel alla periferia di Rapid City, nella stanza accanto era venuto a tarda notte un Miniconjou si chiama  Michael Red Fox, viveva fuori la Riserva e per campare faceva l’artista di strada, l’intesa immediata, le “vibra” intense come non capita  spesso, notando i capelli lunghi aveva detto che erano simbolo di libertà, infatti i Sioux tradizionalisti legati alle antiche tradizioni si distinguono dagli indiani progressisti proprio per la lunghezza dei loro capelli.

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alce nero1

I primitivi avevano un rapporto intenso con il mondo di cui facevano parte, per la loro struttura mentale apparentemente semplice ma in realtà più complessa della nostra le manifestazioni eccezionali della natura non potevano essere capite o spiegate, esse erano Sacro Mistero e non erano considerate coincidenze , la loro interpretazione era lasciata agli uomini di medicina che possedevano i poteri.
L’azzurro del cielo, il volo dell’aquila, la potenza del tuono, l’apparizione del lupo non erano immagini erano simboli del rapporto che la natura aveva con loro. Non dimentichiamo che per i nomadi la vita sulla terra era solo la proiezione di quella vera: l’altra.
Inoltre il contatto con la morte era costante e per superare l’urlo di terrore si stringevano tra loro
L’uomo ha dimenticato quell’urlo, ma la mente primitiva lo conosce bene ancora.
E il terrore che spinge l’uomo nelle mani di Dio?
Certo l’uomo moderno pensa di averlo superato e l’ha dimenticato quindi si è allontanato da Lui.
Alce Nero sosteneva che nel cerchio della vita potessero trovare equilibrio bipedi quadrupedi e ali dell’aria ma si era anche accorto che quel cerchio si era spezzato.
L’uomo bianco ha studiato, alcuni hanno disprezzato, altri contemporanei hanno mistificato
Ma
La Spiritualità dei nomadi a cavallo non aveva e forse non ne ha bisogno ne degli uni e tanto meno degli altri