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SOMMARIO

Anno X
Numero 1
Novembre 2018

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ARCHIVIO

 

 

 

 

Qualche riga di confine
di Roberto Maggioni

Roberto racconta come ha fatto che ciò succedesse, mentre leggo mi vengono in mente le parole dette da………..quando le trovo le invio quando le avevo lette il rapporto tra tempo e lavoro era stato definito in maniera semplice e precisa, sicuramente Roberto non ha letto quelle righe, che comunque lette o non lette son per noi perfette

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“Ispirato da un nuovo mondo mi rendo disponibile al suo divenire”.

Quand'ero del "sistema" correvo come un matto per sistemare cose che non stavano insieme, pensavo: «Appena finisco l’inserimento del nuovo personale sistemo quella questione spinosa con il commercialista e poi raggiungo il fatturato programmato e... domani dedico la serata a noi». Ero completamente fuori tempo rispetto alla pulsione spontanea che fa crescere i fiori, muovere le nuvole e battere il cuore. Avevo più bisogni che energia per soddisfarli. Ero uno schiavo! 

Non avevo tempo. 

Il rammarico mi teneva sveglio di notte.

Chi ha il mio tempo?

Carta e penna, feci un elenco di chi lo possedesse, giocando in quella notte insonne. Dovevo sapere dove cercarlo e dove andava a finire.

La lista fu lunga e c’era dentro di tutto, tra cui un oggetto nero con un lato in vetro, posizionato in bella vista e circondato da divani rivolti verso di lui.

Quando la lucina rossa in basso a destra diventava verde, appariva gente che parlava, immagini che si muovevano e spettacoli che mi intrattenevano per del tempo. Tempo che stimai di un’ora al giorno. Una media di trenta ore al mese e trecentosessanta ore l’anno.

Il mattino seguente cominciai a guardare quel televisore come un colpevole, non era più un semplice oggetto d’intrattenimento ma un’ora giornaliera del mio tempo.

Osservandone i contenuti, da questo nuovo punto d’osservazione, mi sembrò che il pretesto chiamato “informazione” minasse anche il poco tempo libero che avevo.

Con la stessa cadenza dei pasti, un uomo - imitando un manichino parlante - presentava immagini e vicende che mi giungevano come «attento non sei al sicuro, il tuo vicino potrebbe essere un mostro, non intraprendere niente fuori dall’ordinario perché già l’ordinario è in grave difficoltà, questo paese è uno stivale bucato, il footing al parco di tua figlia verrà stuprato dietro un cespuglio».

E poi chiudeva: «Iniziano i saldi comprale un tapis roulant, il tuo bomber preferito ha bombato la tua valletta preferita, ricordati che scade il canone rinnovalo così continueremo a darti informazioni indispensabili».

Dopo qualche giorno lo regalai!

In un solo gesto mi riappropriai di trecentosessanta ore l’anno e sette ore la settimana che usai per fare ciò per cui lamentavo di non avere tempo. In qualche mese cambiarono le mie abitudini.

Tra le voci nella lista spiccava Entrate, a cui mi dedicavo moltissimo affinché raggiungessero la somma mensile che sceglievo occorrermi.

Quanto valeva un’ora del mio tempo?

Divisi la somma per le ore di lavoro mensili e risultò un importo di sedici euro. Ogni sedici euro che eliminavo, recuperavo un’ora di tempo.

Feci qualche raccomandata con ricevuta di ritorno, disdicendo contratti sottoscritti tempo addietro.

In breve mi riappropriai di diverse ore, fu più semplice del previsto. Il gioco cominciò a piacermi e continuai a farlo.

Tutto quello che decidevo di comprarmi o avere lo pesavo su una nuova bilancia, non era più una rinuncia scegliere di non avere qualcosa ma una scelta, la mia nuova priorità era avere più spazio per me.

Non mi sembrava più che qualcuno là fuori me lo rubasse senza che io potessi farci niente, se non scuotere la testa.

Più lo facevo, più mi impratichivo e più azzardavo.

Rilanciai mettendo sul tavolo tutto quello che avevo: vendere, realizzare, sistemare le cose in sospeso e con quello che rimaneva prendermi tre anni che volevo.

Per il dire comune, una follia. «Non si può fare! Dopo cosa farai?».

Non ne avevo la minima idea. 

Abbracciai una spaziosa essenzialità, abitando per qualche anno nei boschi, lasciai morire aspetti di me, bisogni e finte certezze. Imparai che potevo vivere con poco niente. Quando fui pronto un cavallo mi venne a prendere e la mia nuova vita si riempi di zoccoli e fieno, sentieri e campagna, selle e campanelle, stagioni e nuove relazioni. 

Ora conduco una vita di confine, in assetto leggero: non sono più del sistema, non gli sono ostile ma cerco di usarlo con stile. 

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