SOMMARIO
Anno XII
Numero 21
Febbraio 2020
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ARCHIVIO
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Mike Smit
di Drew LUPO GRIGIO Mischianti
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Tirava forte il vento da Nord.
Era mischiato col nevischio.
Alzava la sabbia del Deserto Alto in grandi nubi gialle e poi le spazzava via con un soffio potente.
Noi eravamo a trottare lunghi ai piedi della montagna, dovevamo portare
indietro del bestiame ma controvento non era proprio un lavoretto
simpatico….se lo avete mai fatto, sapete perché.
Comunque eravamo in due, io e Levi. Abbastanza malconci da giornate
intere di sella in quella parte del mondo dimenticata da Dio e
soprattutto dagli uomini.
Rocce, artemisia selvatica, sabbia ed un immenso abbacinante vuoto.
Sembrava di cavalcare sulla luna e forse era proprio così.
Io montavo un puledrone grosso e sveglio e con la groppa fredda, Levi un baio grosso e veterano.
“In qualche modo le portiamo a casa queste vacche qui”…fa lui col tabacco tra i denti.
Io faccio segno di si con la testa mentre i miei di denti, battono dal freddo.
Alla fine arriviamo ad un cancello di filo spinato, di quelli lì fatti
apposta per far bestemmiare gli angeli, tanto sono molesti da aprire e
chiudere.
E noi lo apriamo, facciamo passare quelle dannate manze e poi ci mettiamo a richiuderlo.
Ecco all’orizzonte un cavaliere.
Trotta lungo, come tutti noi da queste parti, monta un roano blu.
Arriva da noi, o meglio appare tra noi come un fantasma.
E’ magro, abbronzato e con due baffi veri da mandriano, non gli vedo
gli occhi, foderati da occhiali da sole a specchio, il suo cappello è
frusto come i nostri, i suoi paramacchia anche.
Si chiama Mike, Mike Smit ed ancora non so che, da quel momento saremo amici per tutta la vita.
Capita ogni tanto di incontrare qualcuno unico.
Ecco questo è Mike.
Silenzioso, abile, elegante, rurale, saggio, sereno.
La sua voce sembra suonare come uno strumento.
Il suo sorriso ti spacca in due.
Per me ed una manciata di altri fratelli del tratturo, che sono tutti
rimasti laggiù tra l’Oregon e il Nevada, Mike è un esempio, un’icona,
un mito.
Ed anche per alcuni che sono da questa parte dello stagno.
Potrei starvi a raccontare mille avventure trascorse insieme, oppure
due chiacchiere serene, dietro al suo portico con un bicchiere di
“Carlo Rossi” in mano a guardare quei milioni di ettari di niente
perdersi all’ infinito ed un fuoco acceso a cuocere costate…
Potrei scrivere di quando ci siamo arrampicati lassù in cima alla Steen
tra le rocce di lava nera ed una pista indiana che non riuscivamo a
trovare, o di tanti rodei scassati e lontani, vissuti insieme tra corde
e broncs e poi dei mustangs del deserto e poi ancora delle nostre
risate silenziose.
Ma quello che in realtà voglio dire, per quello che conta, è che il
buon vecchio Mike mi manca maledettamente, ora che divido il mio tempo
tra l’Italia e il Montana e quel pezzo di Oregon è lontano e difficile
da andare a sbatterci il muso.
Gente come lui ti fa capire bene la differenza tra il movimento e
l’Azione, tra l’apparire e l’essere, tra l’imitazione e la sostanza.
Gente come lui ce ne è poca.
Con Mike ho trascorso giornate lunghe e faticose e maledettamente
belle, laggiù in quel selvaggio deserto montuoso e strano, a caccia di
vacche sparite nel nulla, in sella a cavalli mezzi sdomi, su vecchie
piste dei Paiutes e dei fuorilegge e dei pastori. Insieme a quest’uomo
ho attraversato territori lontani e privi di strade, paesi, umani
civilizzati, umani borghesi, umani in genere.
Un giorno eravamo in mezzo al niente e davanti a noi un branco di mustangs enorme, al galoppo nella sabbia, tra gli arbusti.
Quante volte siamo andati dietro a quei selvatici, anche soltanto per
il gusto di andargli dietro e con la scusa di allontanarli dai magri
pascoli…e vi assicuro che galoppare pancia a terra là in mezzo è molto
meno romantico di quanto sembri perché il terreno è pieno di rocce
maledette, buche fossi, radici d’artemisia ed il tuo cavallo ci vola
sopra e atterra dopo e se non sei uno di quelli che tengono bene il
culo sulla sella, finisce che ti spacchi le ossa per bene.
Ma lo abbiamo fatto con Mike …e ne abbiamo fatte altre.
Potrei scrivere per ore.
Ma non posso e non voglio.
Resta l’amicizia profonda che ci lega e supera e logora la distanza.
Resta il mio rispetto immenso per quest’uomo unico.
Resta dentro me, tutto quello che lui ha saputo raccontare di se.
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