SOMMARIO

Anno XII
Numero 21
Febbraio 2020

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ARCHIVIO

 

 

 

 

E vanno pel tratturo antico
di Paolo Santoianni

I tratturi, le antiche autostrade verdi, erano battute dagli armenti e dalle greggi già nel periodo compreso tra la prima età del bronzo e quella del ferro.
Origini che si perdono nella notte dei tempi.
Il tratturo, niente di più semplice che un largo sentiero a fondo naturale originatosi dal passaggio di greggi di pecore e/o mandrie di mucche durante la transumanza ossia la migrazione stagionale da un pascolo all'altro (era tradizione partire il 29 settembre - San Michele - dagli alti pascoli abruzzesi per scendere ai pascoli del tavoliere pugliese per poi lasciarli a maggio quando in Puglia i pascoli sono già secchi per tornare ai verdi pascoli dell'Alto Molise o dell'Abruzzo).

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Vi è una vera e propria mappa dei tratturi dove sono riportati tutti i Tratturi (larghi 60 passi napoletani equivalenti a 111 metri), i tratturelli ossia dei tratturi minori (larghi circa 55 metri) e i bracci (larghi 26 metri) ossia dei collegamenti tra tratturi principali.
Le loro piste erano percorse nelle stagioni fredde in direzione sud, verso la Puglia, dove esisteva, presso la città di Foggia la Dogana delle Pecore, mentre nei mesi caldi le greggi percorrevano il percorso inverso tornando ai pascoli montani dell’Appennino centrale dove la pastorizia era invece regolata dalla Doganella d’Abruzzo. L’intero apparato stradale si origina nelle zone montane e più interne dell’area abruzzese e si conclude nel Tavoliere delle Puglie. Lungo i percorsi si incontravano campi coltivati, piccoli borghi dove si organizzavano le soste, dette stazioni di posta, chiese rurali, icone sacre, pietre di confine o indicatrici del tracciato.
I Regi Tratturi costituiscono una preziosa testimonianza di percorsi formatisi in epoca protostorica in relazione a forme di produzione economica e di conseguente assetto sociale basate sulla pastorizia, perdurati nel tempo e rilanciati a partire dall’epoca normanno-sveva, e poi angioina ed aragonese, così da rappresentare un frammento di storia conservatosi pressoché intatto per almeno sette secoli e via via arrichitosi di ulteriori stratificazioni storiche, tanto da renderli il più imponente monumento della storia economica e sociale dei territori dell’Appennino Abruzzese-Molisano e del Tavoliere delle Puglie.
Il nome tratturo comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli dell'impero romano come deformazione fonetica del termine latino tractoria, vocabolo che nei Codici di Teodosio (401-460) e di Giustiniano (482-565), designava il privilegio dell'uso gratuito del suolo di proprietà dello stato e che venne esteso anche ai pastori della transumanza. La transumanza, ha costituito, nella realtà storica, un fenomeno molto complesso che ha coinvolto diversi aspetti della vita e della cultura. Nata come migrazione spontanea degli animali che seguivano i pascoli più verdi, divenne nel IV sec. A. C. un fenomeno gestito e controllato da un popolo: I Sanniti.
L'allevamento ovino iniziò così a segnare il paesaggio condizionando la nascita delle città e centri commerciali che si svilupparono lungo il tracciato delle vie percorse dalle greggi: i tratturi. Consolidatosi in epoca romana, il sistema trovò la sua massima affermazione nel XV sec. con gli Aragonesi che mutuarono il modello organizzativo della Mesa spagnola adeguandolo, con opportuni correttivi, alle peculiarità dell'Italia meridionale. Così nel 1447, si iniziò a parlare in maniera compiuta della Dogana della Mena delle pecore, un'istituzione fiscale , con sede a Foggia, che provvedeva ad affidare i pascoli e ad esigere i tributi. Il sistema economico-sociale della transumanza si conservò fino alla legge con cui, nel 1806, Giuseppe Bonaparte ne sancì il termine. In realtà ci furono da parte dei Borboni ulteriori tentativi di riaffermazione del modello, ma ormai il processo di declino innescato dalle leggi bonapartiane era andato avanti in modo irreversibile in linea con i mutamenti del sistema politico-economico.

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Cippi tratturali

I tratturi, ricchi di pascoli per le greggi in transito e delimitate, in seguito alle numerose reintegre, da cippi con la sigla R. T. (Regio Tratturo) che ribadivano non solo i confini ma anche la presenza dello Stato. Facevano parte di file interminabili che sui lati delimitavano le antiche vie in modo da segnalarne inequivocabilmente i confini rispetto alla proprietà privata. I cippi hanno forme diverse perché legati a tempi diversi e i primi risalgono alla fine del XVI sec. A metà del XV sec. Alfonso I d'Aragona aveva ampliato le sedi tratturali per adeguarle all'accresciuto numero di greggi transumanti. I terreni necessari erano stati acquistati per lo più dalle Università (Comuni) e dai baroni

I regi tratturi, quelli principali, sono cinque, essi prendono il nome dalle località estreme:

► L'Aquila-Foggia (244km)

► Pescasseroli-Candela (221 km)

► Celano-Foggia (208 km)

► Centurelle-Montesecco (155 km)

► Castel di Sangro-Lucera (130 km)

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Il più lungo, 244 km il tratturo L'Aquila-Foggia, quello più verso l'Adriatico.
Il secondo per lunghezza invece il Pescasseroli-Candela lungo 221 km è quello più verso il Tirreno.
Il più interno di tutti, e proprio per questa caratteristica meglio si inserisce nella vasta rete di vie armentizie: il tratturo CELANO-FOGGIA.

Ad esso, al tratturo Celano-Foggia sono legato più che agli altri, semplicemente perché passa a pochi metri da casa mia, nel primissimo tratto molisano ai confini con la Puglia. Sin da piccolo vedevo su di esso passare la mandria dei Colantuono che a tutt'oggi praticano ancora la transumanza. Mio padre mi portava bambino a vedere l'arrivo di questa mandria che sostava in paese uscendo dal tracciato originario del tratturo per esigenze di varia natura. Era in uso barattare ad esempio in paese una forma di formaggio in cambio di taglio barba e capelli.

Bonifacio Di Iusto mi mise a cavallo le prime volte, ormai 20 anni fa. Bonifacio, un enciclopedia vivente nel mondo della pastorizia e della transumanza, mi ha tramandato, mi tramanda e sono certo mi tramanderà ancora tanto. Con lui ho fatto teoria e pratica. Ne abbiam fatte di transumanze, giornate indimenticabili, tutte indelebili nei particolari. Con la sua mandria di podoliche le più belle avventure. Alla mucca più anziana la "campana maestra" grande e con suono differente da tutte le altre, riferimento per tutta la mandria. Poi mi spiegava che i pastori eran soliti distinguere il suono delle altre campane in "maschio" (suono più chiuso) e "femmina" (suono più aperto) e nella macchia di vegetazione un buon vaccaro sa dirti in mezzo a 300 capi di quale mucca si tratta solo dal suono della campana. Gente d'altri tempi. Messe le campane era ora di partire. Le vacche podoliche, più svelte di un cavallo, più agili di una gazzella. Tempo per rilassarsi o distrarsi non ve ne era. Le colazioni quelle tipiche dei pastori transumanti, latte e cipolla oppure pane fritto in un misto di uova e ricotta. Si mangiava la "muscisca" e si dormiva sotto un albero la notte con cavallo sellato e redini in mano. La muscisca ha forti legami con la pastorizia, essa veniva portata dietro dai pastori quando facevano la transumanza. Essa nasce dall'esigenza di conservare la carne essiccandola in quanto non vi erano all'epoca sulle montagne frigoriferi o mezzi di trasporto per portare animali macellati in paese, quindi l'essicazione restava la soluzione per conservare la carne (in origine di capre e pecore che morivano causa incidenti quali rottura di arti ecc). Tutti i tagli purché ricchi di polpa andavano bene. Una volta tagliate delle striscette da venti a trenta centimetri e spesse circa quattro centimetri, venivano cosparse di sale, peperoncino, finocchietto selvatico ed altri aromi e legati al sole ad essiccare e successivamente conservati in un sacchetto di stoffa nelle case. I pastori la mangiavano durante il cammino. Bonifacio mi insegnò ad "ammorbidirla" per renderla meglio masticabile lasciandola per qualche minuto tra la sella e il sottosella durante la marcia. Si dormiva, anzi si riposava, sotto un albero la notte, con cavallo sellato e redini in mano perché l'orario della partenza al mattino era dettato dalle mucche a seconda di più fattori (condizioni climatiche, fonti d'acqua, erba magari non sufficiente per la notte).

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io e Bonifacio


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