SOMMARIO

Anno XIV
Numero 23
Febbraio 2022

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ARCHIVIO

 

 

Afghan 67 - Spedizione alpinistica all'Hindu Kush
di Mauro Ferraris

Nel 1967 un gruppo di alpinisti piemontesi si era recata all’Hindu Kush con l’intento di compiere alcune escursioni sulle vette di quelle montagne. La spedizione era organizzata da Riccardo Varvelli al quale il Governo Afghano aveva negato all’ultimo momento il visto d’entrata, sembra per un libro da lui scritto sul paese che non era stato gradito al Re. Riccardo e sua moglie Ludovica avevano dirottato sul Pakistan con l’intento di raggiungerli, in modo clandestino, via montagne.

Armi e bagagli erano stati caricati su un camion variopinto a Kabul e con quello avevano raggiunto il villaggio  per iniziare la spedizione vera e propria.

I portatori erano i famosi piccoli cavalli afghani. Cavalli umili, instancabili, coraggiosi, meravigliosi, ogni cavallo portava due casse una ovviamente per lato. Le casse erano di cartone ondulato rivestite con un foglio di alluminio, erano leggere e avevano una resistenza incredibile. Solo il cavallo del capo villaggio era sellato e non portava carico.

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Ognuno marciava per i fatti suoi, conducenti compresi, i cavalli seguivano soli, senza sbagliar passo, i sentieri erano evidenti anche se approssimativi, per alcuni versi simili a quelli delle nostre alpi, quelli in alta quota.

La colonna procedeva senza ordine preciso, cavalli, afghani alpinisti  mischiati.

I cavalli si mantenevano pascolando in determinati posti , posti dove cresceva erba, non venivano legati ma restavano lì, gli uomini afghani si riunivano intorno a una pietra  piatta su cui spargevano una salsa di pomodoro poi ognuno intingeva con la mano un po’ di farina, vivevano con quello, con niente, avevano inoltre un piccolo malloppo di miele impastato sempre con della farina della grandezza di due mozzarelle campane, alpinisti con scatolette un poco distanti, solo Luciano spesso mangiava con loro.

Una cavalla portatrice aveva il suo puledro al seguito, veloce e arguto. Una notte era agitata, in quella notte lo perse divorato dal Leopardo.

La marcia verso il Campo base proseguì, non ricordo se il fatto del puledro e del leopardo fosse prima o dopo l’Angiuma Pass.

I cavalli erano (e sono) di piccola taglia, infaticabili, frugali, docili, arguti, intelligenti, coraggiosi, umili.

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Hanno combattuto contro tutti: inglesi russi americani.

I torrenti o fiumi che scendono dall’Hindu Kush non sono ruscelli, sono impetuosi, gli alpinisti per guadarli salivano sulle casse fissate ai rudimentali basti, i cavalli entravano nella corrente , nuotavano e approdavano sull’altra riva impossibile centinaia di metri a valle, salivano su massi e pietre e raggiungevano la carovana.

L’Afghanistan meraviglioso paese devastato dagli interessi di noi altri, impositori di culture diverse e da loro rifiutate con evidenza e non abbastanza violenza.

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Alla fine degli anni 70 fricchettoni e hippies lo attraversavano veloci per scendere in India. Volevano esser liberi di “fumare”, questi europei pensavano di essere diversi dai colonialisti ma lo erano?

Certo è che non conoscevano né l’India né l’Afghanistan, essi non amavano questa terra popolata da Uomini che si comportavano da uomini.

Luciano è morto nel 1989, mentre sistemavo alcune sue cose rimaste in soffitta è venuta in mano una di quelle resistenti scatole di cartone, dentro cera una palla avvolta in carta stagnola, grossa come una palla da tennis, era fatta di farina e miele dono di un afghano, gli ho dato un morso, si poteva ancora mangiare.

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