Nel
1967 un gruppo di alpinisti piemontesi si era recata all’Hindu Kush con
l’intento di compiere alcune escursioni sulle vette di quelle montagne. La spedizione
era organizzata da Riccardo Varvelli al quale il Governo Afghano aveva negato
all’ultimo momento il visto d’entrata, sembra per un libro da lui scritto sul
paese che non era stato gradito al Re. Riccardo e sua moglie Ludovica avevano
dirottato sul Pakistan con l’intento di raggiungerli, in modo clandestino, via
montagne.
Armi
e bagagli erano stati caricati su un camion variopinto a Kabul e con quello
avevano raggiunto il villaggio per iniziare la spedizione vera e propria.
I
portatori erano i famosi piccoli cavalli afghani. Cavalli umili, instancabili,
coraggiosi, meravigliosi, ogni cavallo portava due casse una ovviamente per
lato. Le casse erano di cartone ondulato rivestite con un foglio di alluminio,
erano leggere e avevano una resistenza incredibile. Solo il cavallo del capo
villaggio era sellato e non portava carico.
Ognuno
marciava per i fatti suoi, conducenti compresi, i cavalli seguivano soli, senza
sbagliar passo, i sentieri erano evidenti anche se approssimativi, per alcuni
versi simili a quelli delle nostre alpi, quelli in alta quota.
La
colonna procedeva senza ordine preciso, cavalli, afghani alpinisti
mischiati.
I
cavalli si mantenevano pascolando in determinati posti , posti dove cresceva
erba, non venivano legati ma restavano lì, gli uomini afghani si riunivano
intorno a una pietra piatta su cui spargevano una salsa di pomodoro poi
ognuno intingeva con la mano un po’ di farina, vivevano con quello, con niente,
avevano inoltre un piccolo malloppo di miele impastato sempre con della farina
della grandezza di due mozzarelle campane, alpinisti con scatolette un poco
distanti, solo Luciano spesso mangiava con loro.
Una
cavalla portatrice aveva il suo puledro al seguito, veloce e arguto. Una notte
era agitata, in quella notte lo perse divorato dal Leopardo.
La
marcia verso il Campo base proseguì, non ricordo se il fatto del puledro e del
leopardo fosse prima o dopo l’Angiuma Pass.
I
cavalli erano (e sono) di piccola taglia, infaticabili, frugali, docili,
arguti, intelligenti, coraggiosi, umili.
Hanno
combattuto contro tutti: inglesi russi americani.
I
torrenti o fiumi che scendono dall’Hindu Kush non sono ruscelli, sono
impetuosi, gli alpinisti per guadarli salivano sulle casse fissate ai
rudimentali basti, i cavalli entravano nella corrente , nuotavano e approdavano
sull’altra riva impossibile centinaia di metri a valle, salivano su massi e
pietre e raggiungevano la carovana.
L’Afghanistan
meraviglioso paese devastato dagli interessi di noi altri, impositori di
culture diverse e da loro rifiutate con evidenza e non abbastanza violenza.
ps
Alla
fine degli anni 70 fricchettoni e hippies lo attraversavano veloci per scendere
in India. Volevano esser liberi di “fumare”, questi europei pensavano di essere
diversi dai colonialisti ma lo erano?
Certo
è che non conoscevano né l’India né l’Afghanistan, essi non amavano questa
terra popolata da Uomini che si comportavano da uomini.
Luciano
è morto nel 1989, mentre sistemavo alcune sue cose rimaste in soffitta è venuta
in mano una di quelle resistenti scatole di cartone, dentro cera una palla
avvolta in carta stagnola, grossa come una palla da tennis, era fatta di farina
e miele dono di un afghano, gli ho dato un morso, si poteva ancora mangiare.
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