SOMMARIO

Anno XV
Numero 24
Aprile 2023

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I trapper
di Mauro Ferraris

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La colonizzazione del Nuovo Mondo è stata sovvenzionata in gran parte con il commercio delle pellicce, soprattutto quelle del Castoro, bisniss altamente remunerativo.

Il castoro si cacciava mediante trappole e quelli che lo cacciavano erano chiamati trapeur, la maggior parte infatti era costituita da francesi o da meticci francesi, la vasta regione dei grandi laghi era popolata da innumerevoli colonie di castori che costruivano dighe sui fiumi e torrenti che solcano quelle immense zone.
Immensa era anche la richiesta di pelli dall’europa che ne utilizzava il pelo, solo il pelo della pelle per fare un tipo di feltro finissimo e morbido utilizzato per confezionare cappelli per la classe ricca del vecchio continente.
La domanda aumentava e la caccia continuava, verso la fine del 1700 i castori a est del Missouri erano stati eliminati.

Nel 1803 la Francia vendette agli Stati Uniti la Louisiana, più di 2000 km quadrati di territorio per poco più di 23000 $
Nel 1804 partì la spedizione dei due Capitani per esplorare quell’immensa zona, essa finì nel 1806. Essa aveva risalito il Missouri, scoperto le sue sorgenti, attraversato le Montagne, trovato e disceso il Columbia fino al Pacifico.
Le conseguenze furono politicamente importanti, economicamente fece sapere al mondo che le Montagne pullulavano di castori.
Nel 1806 mentre la spedizione  stava tornado verso Sant Louis scendendo il Missouri incontrò un gruppo di trapper che lo risaliva e due soldati della spedizione chiesero il permesso di essere congedati, ricordiamo che la spedizione era costituita da soldati degli Stati Uniti, la richiesta fu accolta alla condizione che nessun altro soldato avesse fatto la stessa richiesta, uno di questi era John Colter.
Ebbe inizio così la seconda fase della caccia al castoro
La prima, quella orientale caratterizzata dalla canoa, la seconda quella più a ovest dal cavallo.

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Ebbe inizio l’epoca del mountain man, l’uomo delle montagne, delle imprese di uomini risoluti, coraggiosi come leoni di montagna,facciamo qualche nome? Jed Smith, Kit Carso, Joseph Reddefort  Walker, Lucien Fontenelle, Joe Meek , Tom Fitzpatrick , Jim  Bridger, Milton Sublette  nomi della leggenda dell’ovest, si formarono le Compagnie delle Pellicce in spietata concorrenza tra loro, loro cacciavano ed esploravano minuziosamente le Montagne dal Canada giù fino al vecchio Messico, avevano stretti legami con gli indiani, soprattutto con i Nasi Forati e le Teste Piatte  (che non avevano affatto la testa piatta), ma anche con i Serpente e i Corvi
Incrociarono spesso anche le tribù tipiche delle pianure: Sioux,  Cheyennes, gli Arapahos  ma solo di striscio in quanto i castori erano sui fiumi di montagna.

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I trapper vivevano e spesso cacciavano e sempre commerciavano con gli indiani, spesso sposavano squaw,  matrimoni  di comodo, come del resto tutti matrimoni, ma vi furono anche parecchie unioni affettive.
I rapporti tra indiani e trapper erano in genere buoni tranne che con i Piedi Neri, l’odio di questi verso gli americani risaliva al 1806 quando persero alcuni guerrieri in uno scontro con alcuni uomini della spedizione dei Capitani, anche con i Arikara non furono mai buoni.

L’epoca delle pellicce finì intorno al 1830, il prezzo del castoro crollò, in europa  la seta aveva sostituito il feltro nella confezione dei cappelli.
Il cambio di moda permise la non estinzione dei nostri amici Castori

Che fine fecero i trapper?
Alcuni pochi divennero cacciatori di bisonti, altri Scout per l’Esercito  U.S. durante le guerre indiane, molti vissero nelle tribù delle mogli e divennero veri indiani.

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Il campo
I trapper si accampavano sulle rive di un torrente, legna e acqua a portata di mano, erba abbondante per i cavalli, se non vi era pericolo di indiani il fuoco scoppiettava e l’odore della carne che arrostiva faceva ingolosire lupi e coyote, i pioppi parlavano tra loro nel vento, le stelle erano vicino agli occhi.
Era una bella vita

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Il mitico "Green River"

È il coltello da scuoio per eccellenza, dalla forma inconfondibile, prodotto ancora oggi dalle stesse fabbriche di allora. Il “Green River” è ormai leggenda, esso ha conquistato il West.
Due sono i fiumi Green River, il più famoso scorre nello stato del Utah, sulle cui rive i trappers delle Compagnie e quelli indipendenti, insieme ai loro amici indiani, aspettavano le carovane di muli, provenienti da St. Louis e da Indipendance sul Missouri, che rifornivano annualmente le Brigate rimaste a cacciare sulle montagne tutto l’anno. Erano i famosi Rendez-Vous. L’altro Green River era nel Massachussettes, sulle rive di quest’ultimo, precisamente a Deerfield, John Russell costruì nel 1832 una fabbrica di coltelli in concorrenza agli inglesi di Sheffield: la posta era l’immenso mercato dell’ovest.
Nel primo ottocento i coltelli usati sulla frontiera erano da caccia o da macellaio, questi ultimi più grandi dei primi, ma non enormi. Il coltello da caccia usato da Jedediah Smith nella sua grandiosa esplorazione misurava 9 pollici, da cui 5 erano di lama (circa 23 centimetri); la sua forma era semplice ed elegante, quasi uguale per forma, peso e dimensioni ai classici coltelli da caccia dei nostri giorni. Il coltello da scuoio di John Russell è il ferro - tagliente tipico dell’ovest, deriva dal coltello da macellaio e perfino gli inglesi lo imitarono perfettamente e tramite la Compagnia della Baya di Hudson lo commerciarono nei territori sconfinati del vecchio Nord Ovest (è immenso ancora oggi che si usano gli aeroplani).
Il marchio “Green River” inciso sulla lama aveva importanza; gli indiani lo esigevano come garanzia di qualità e per questo motivo anche gli inglesi marchiarono le lame di loro produzione con il marchio “Green River Sheffield England”. “Green River” divenne parola mitica: fiume del Wyoming che attraversa uno dei luoghi più belli della terra, luogo caro ai trapper e agli indiani, torrente del Massachussettes sulle cui rive Russell fabbricava il coltello di Green River.
La confusione era aumentata dal marchio “G.R.” inciso sulla lama, che per gli americani era “Green River”, per gli inglesi “Green River George Rex”. Questi ultimi lo continuarono ad usare anche sotto il regno della nonna: la Regina Vittoria, perché sapevano che gli indiani non avrebbero mai comprato lame senza quel marchio.
La storia di questo coltello si mescola a spazi inesplorati, sconfinati, a fiumi impetuosi, gole orrende, cieli senza fine, montagne a perdita d’occhio, pianure battute dal vento, bruciate dal sole e rivoltate dal gelo, storia che si mescola a grandi tribù: ai Nasi Forati, ai Serpente, Teste Piatte e Corvi, questi ferri erano nelle loro mani e nelle mani dei “mountain - men”, cioè di quei pochi Uomini Bianchi, forti e coraggiosi come leoni di montagna, che vivevano nel Wilderness spesso con mogli indiane, cacciando castori e combattendo i Piedi Neri, facendosi una concorrenza spietata tra loro, ma quasi sempre leale.
Per il trapper e per il suo amico indiano G.R. era “Green River”, cioè da qui, giù in fondo fino all’inferno, quindi un coltello piantato con forza fino al manico, con più forza possibile, giù fino al “Green River”.
I coltelli prodotti in Inghilterra attraversavano l’Atlantico, viaggiavano sui carri fino a St. Louis e qui venivano caricati sul dorso dei muli e portati sulle Montagne Rocciose risalendo la valle del Platte. I commercianti, poi, li vendevano fin oltre le sue sorgenti. Questo tipo di coltello era prodotto in gran serie, si parla di 5000 dozzine l’anno (e gli anni furono molti); essi durarono infatti dal mercato del castoro all’estinzione del bisonte, praticamente tutto il secolo scorso. E’ possibile trovarne di originali ancor oggi.


Il coltello di Jedediah Smith
Conosciamo le dimensioni del coltello usato da Jedediah Smith nella sua grandiosa esplorazione, era un normale coltello da caccia semplice e solido: misurava 9 pollici di cui 5 erano di lama, circa 23 centimetri in tutto.
L’acciaio era buono, il manico in legno era fissato al codolo con ribattini e rondelle.

Dopo il rendez-vous del 1827 sul lago degli Orsi, Jedediah Smith partì con 18 uomini per ritornare al mare occidentale attraversando il paese; voleva riprendere i suoi uomini lasciati l’anno prima nella valle del San Joaquin e continuare l’esplorazione dell’estremo ovest. Perse 10 uomini guadando il Colorado per un attacco di indiani Mojaves. Continuò, attraverso il deserto e la sierra, si ricongiunse con i suoi sul fiume Stanislaus, raggiunse San Francisco e puntò a nord, nel luglio del 1828, mentre era in ricognizione negli acquitrini del fiume Umpqua i Kalawatsets attaccarono il suo campo uccidendo quindici trappers. Jed e tre superstiti stravolti arrivarono alla foce del fiume Columbia dove trovarono ospitalità da Mc Loughlin della Compagnia della Baia di Hudson. gli americani svernarono a Fort Vancouver e risalirono nel marzo del 1829 il fiume Columbia fino alle sorgenti, attraversarono le montagne fino al Three Forks del Missouri, come avevano fatto Lewis e Clark nel 1804.
Passò l’inverno del 1829 sul Wind River meditando sugli orrori della vita; aveva perso venticinque uomini e si sentiva responsabile della loro morte, aveva esplorato un territorio immenso, scritto diari con una cartografia preziosa ma il prezzo che aveva dovuto pagare era stato troppo alto. Lasciò la Rocky Mountain Fur Company e si ritirò a St. Louis.
Nell’aprile del 1831 Jed sparì nelle pianure  a sud dell’Arkansas e pochi giorni dopo suo fratello Austin vide a Santa Fé dei Comancheros che avevano un fucile e due pistole con  guarnizioni d’argento da vendere: erano di suo fratello Jed. I messicani dissero di averle avute da una banda di Comanches sul sentiero di guerra.

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Il cappello di feltro
Il cappello di feltro era diffuso in tutto l’ovest ( ma non solo), aveva principalmente due funzioni: parasole e parapioggia, in più teneva calda la testa d’inverno e sempre la testa fresca d’estate soprattutto se la calotta era alta tanto da permettere un discreto cuscino d’aria.
I modelli non erano poi tanti ma l’uso li personalizzava al punto da renderli inconfondibili. Nell’est erano uguali a quelli europei: bombette, cilindri di varia fattura, i più pregiati in feltro di castoro, morbidi, vellutati e impermeabili.
Una delle caratteristiche di questo splendido materiale antico come l’uomo è appunto l’impermeabilità, tutti i tipi sono abbastanza impermeabili, quelli di lana sono meno pregiati e se non trattati s’inzuppano più facilmente poi ci sono quelli di coniglio con una resistenza all’acqua ben maggiore poi quelli di castoro, costosi ma superiori.
il cappello di feltro è duro a morire ed è indispensabile per chiunque deve stare sotto pioggia per parecchio tempo: ripara e permette al cranio di respirare nel contempo.
Il feltro va curato, se trascurato prende forme diverse da quelle volute, non deve essere asciugato vicino a forti fonti di calore meglio appoggiati con cura in posti asciutti e ventilati.
Il cappello diventa lavagna dell’anima di chi lo porta, se fate attenzione alla forma e alle decorazioni che possono anche non esserci potete capire molto sui gusti . abitudini e tipo di vita di chi l’indossa, conosco un tipo che per gioco ti spiega l’anima dell’uomo solo guardando il cappello, il buffo è che azzecca quasi sempre, i suoi commenti sono sussurrati sottovoce agli amici giubilanti e incuriositi.
Nel Texas e California il cappello risente dell’influenza spagnola, la calotta non è alta e la falda larga per riparare meglio il volto dai raggi del sole, a sud di Rio Bravo vi sono i Sombrero diffusi in tuttto il Messico, derivano dai cappelli di paglia dei contadini, ora la paglia si è diffusa anche a nord del Rio con un elaborato intreccio, i copricapi di questo tipo sono ottimi nel calore opprimente dell’estate.
Gli indiani non conoscevano il cappello, l’infiammazione oculare era piaga diffusa, come nota Parkman nel suo viaggio nel 1846, qualcuno usava visiere in cuoio crudo per proteggere le pupille, alcuni prendevano dei cappelli , li sfondavano e usavano solo le falde. Il cappello nero di calotta alta che siamo abituati a vedere indossati dagli indiani dell’epoca delle riserve sono forniture di cappelli quaccheri, infatti erano quest’ultimi che gestivano le Riserve nel primo periodo, l’estro indiano li abbelliva con ricami di perline e penne

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