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Anno II - numero 2 dicembre 2010

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BALENA GRIGIA

Giorgio Cattaneo

Balena a babordo: schiena soffiante, avvistata in lontananza.
Posizione: a nord del Golfo di California. Oceano mercantile, timonieri troppo indaffarati per badare a certe apparizioni.
Balena grigia: grandi labbra rocciose, protese a prua. Una crosta di balani sulla groppa, che si inabissa lentamente e poi riemerge. Di tutte le auguste autorità cetacee, la più indifesa e confidente. Possenti vertebre, che sembran reggere da sole l'intero mare inverterbrato. E
carni rosse, di ferro nutriente, di sapore equino.
Balena di ponente, balena di acqua randagia. Guidata dal sonar misterioso della migrazione, che fa impazzire gli studiosi e attira orche fameliche sulla sua scia, lupi di mare in branco, sangue.
Eppure, vanno. Niente le dissuade. Nulla sconforta il loro ruminare, la bovina lentezza del loro bordeggiare placido, l'occhio alla costa e alla mappa delle stelle, nelle notti chiare. La loro storia racconta di un naufragio, un esodo possente culminato nella condizione più estrema di abbandono. Balene orfane di terra, ritornate al mare. Balene che, dopo millenni, hanno come una nostalgia di terraferma: così si spiaggiano, per morire a casa.
Dice la leggenda che cinquantasei cetacei salutarono, a modo loro, la dipartita di un grande artista della musica africana espatriata dalla costa degli schiavi. Quell'alba, davanti alla sua casa, si arenarono cinquantasei colossi: uno per ciascuno dei suoi anni.
Il pianoforte aveva pianto tutte le sincopi di Lenny Tristano, nel teatro già esploso per Duke Ellington, e poi rapito dalla fuga lancinante di Charlie Parker, dall'assoluta cecità di Monk, l'epilessia della visione.
Dal fondo del mare, il muggito celeste di Dio: per chi ha fame, ma fame davvero, e non riesce a saziarsi di altro.