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Anno II - numero 2 dicembre 2010

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SELLA E RISPETTO DEL METODO

Luca Zignin

Parlare di selle oggi è rischioso.

Il rischio è di scontentare qualcuno o peggio ancora offenderlo.

Non è questo il mio intento. Non cerco di convincere nessuno che il mio metodo e il mio equipaggiamento sia il migliore.

Per me e per noi però lo è.

Tutto ha origine nei secoli passati quando l’Italia, e in particolare il Piemonte, era sede della più grande scuola di equitazione in Europa. Tra la Reggia di Venaria e, successivamente, la sede di “Savoia Cavalleria” a Pinerolo si formò l’élite dell’equitazione europea e mondiale.

Ma purtroppo nel Belpaese non siamo capaci di valorizzare ciò che abbiamo, soprattutto quando non è di interesse popolare ma solo di una ristretta cerchia di persone. E così il metodo caprilliano si è diffuso e sviluppato in tutto il nostro continente ma è rimasto fermo in Italia.

Ecco, il metodo caprilliano che si basa sul contatto della mano e l’azione della gamba.

Da questo principio vorrei partire per provare a tracciare l’identikit di una buona sella da trekking. Viaggiare a cavallo non significa dimenticarsi dei principi dell’equitazione naturale. Un cavaliere completo è quello che all’accademia praticata in maneggio unisce anche l’esperienza fuori dal rettangolo. Le due cose sono complementari: una non può esistere senza l’altra.

La sella è il mediatore tra cavallo e cavaliere. E per questo deve poterne agevolare il continuo dialogare. La distanza tra perineo dell’uomo e schiena del cavallo deve quindi essere la minore possibile e lo stesso principio vale per i quartieri che mediano il contatto tra ginocchio e fianco.

E’ errato pensare che la caratteristica principale di una sella da campagna sia la comodità. E poi comodità di chi? Ovviamente sarebbe solo del cavaliere. Mi piace ricordare ciò che direbbe Max Catalano a proposito di questo argomento: “la sella è la sella, la poltrona è la poltrona”.

Una buona sella da trekking deve agevolare il cavaliere nel mantenere il corretto assetto nei cambi di equilibrio dovuti alle asperità del terreno, il tutto a vantaggio del cavallo che sarà egli stesso più in equilibrio e meno sbilanciato, e quindi più sicuro nel passo. Una sella americana ad esempio non è così funzionale perché il cavaliere si pianterebbe spesso il pomo nello stomaco al momento di alleggerire il posteriore del cavallo nelle salite e discese.

Una buona sella da trekking deve anche essere leggera. Ricordiamo che il cavallo può agevolmente trasportare fino a un terzo del suo peso. Ma in questo terzo del suo peso bisogna includere tutto: sella, equipaggiamento e cavaliere.

Una buona sella da trekking deve rispettare il cavallo. Se il cavallo si ferma anche il cavaliere si ferma. I cuscini devono essere imbottiti e la loro superficie uniforme. L’arcione deve essere di giusta misura, altezza e forma in relazione alla forma del garrese del cavallo (a un cavallo senza garrese facilmente la sella si girerà sulla schiena) e della necessità del cavaliere di mantenere l’assetto.

Un’ultima caratteristica che deve avere una sella da trekking è la possibilità di ancorarvi l’equipaggiamento. Il “bagaglio” del cavaliere, a differenza del cavaliere stesso, è un peso morto che se non è ben fissato si muoverà col rischio di far spostare la sella e di fiaccare il cavallo. Per questo sono necessarie delle campanelle (due davanti e tre dietro) munite di lacci in maniera a mantenere al loro posto i cilindri.

Ricordiamo che della sella fanno parte anche le staffe (che devono essere pesanti e di panca larga per agevolare il cavaliere nello sfilare lo scarpone in caso di caduta) e il sottopancia (possibilmente fatto di materiale naturale e il più largo possibile in modo da distribuire meglio le sollecitazioni).

Le caratteristiche qui elencate noi le abbiamo trovate nella sella “italiana”, comunemente chiamate “inglese”. Questa sella nasce, come già detto, dalla necessità di rispettare i principi fondamentali dell’equitazione caprilliana anche in campagna. Qualunque sella italiana di buona fattura è una buona sella da trekking.

Le caratteristiche che ricerchiamo in una sella derivano da anni trascorsi e chilometri percorsi sulla schiena dei nostri cavalli. Sono quindi frutto di esperienza, sicuramente aiutata dalla formazione e dai consigli ricevuti dagli istruttori della “vecchia scuola” che nel tempo ci hanno seguiti.