Profondo nordest – sconosciuto
C'è un pezzettino di mondo qui,
nel profondo nord-est d'Italia che pochi Italiani
conoscono. Quelli che d'estate vanno in vacanza
nella vicina Dalmazia vi passano fugacemente e
come tutti noi quando viaggiamo in macchina ben
poco riusciamo a scorgere e tanto meno apprezzare
di ciò che attraversiamo.
Vorrei parlarvi di questo mio
piccolo mondo, che mi fa passare il desiderio e
curiosità per altri più lontani e grandi mondi,
un piccolo mondo ma dove in 1-2 giorni di cavallo
riesci a passare dalla periferia di una grande
città, Trieste in questo caso, in mezzora, a
sudest, ti trovi avvolto da un paesaggio alpino
come la Val Rosandra, se giri verso sud ovest
invece ti trovi dopo 2 orette nell'Istria Slovena,
collinosa, uliveti e vigne che ti pare di essere
in qualche Toscana o Umbria, giri di nuovo verso
est, con una serie di cenge e pareti per 400 metri
si alzano creando un qualcosa che devo aver visto
già da qualche parte ma “NON” viaggiatore
come sono sarà stata qualche rivista o al massimo
qualche documentario sui Pirenei o qualche altro
posto della Francia se ben ricordo, sopra questi
enormi gradini, che paiono fatti quasi apposta per
chissà che enormi creature della notte dei tempi
passi in un piccolo mondo nuovamente diverso,
diritto, arido e sassoso, un altipiano carsico che
ruba l'acqua al cielo in cavità o tra le fessure,
dove d'estate ben devi pianificare la strada col
tuo cavallo per riuscire a farlo bere. Un po' più
in là, a tre ore di sella da Trieste sei già sul
confine della Croazia, oltre per ora non ci vai a
cavallo ma la vista ti offre qualcosa di veramente
grande per essere un “piccolo mondo”. Ci
mancano solo i bisonti che pascolano e qualche
banda di apache che ti segue lontano sulla cresta
dei monti sopra la valle che da Jelovice va verso
sud a Vodice.
Siamo sotto la catena del Slavnik
(Taiano), nella “Čičarija”, la quale
prosegue con altre vette sempre attorno i 1000
metri giù verso sud. parallela al “gradone”
per quasi 60 km fino alle porte di Rijeka (Fiume)
e quindi golfo del Quarnaro e le varie isole
dalmate. Passi il Slavnik e dall'altra parte un
altro “mondo”, sempre piccolo ma che con un
netto confine marcato dalla strada Trieste-Rijeka,
passa da terreno carsico a arenaria e quindi
morbide colline e galoppabili prati, mele
tantissime mele, è la regione di “Brkini”, il
regno delle mele, dei antichi carbonai, dei boschi
di castagne, dove le ghiacciate invernali,
congelando la linfa degli alberi spaccavano interi
boschi e tralicci elettrici, dove la miseria del
ante guerra portava i carbonai a vendere il
proprio “nero” a Trieste, facce sporche di
carbone e sudore, a bussare alle porte della
“signoria” cittadina. Insomma un piccolo
mondo, un mondo da tutto insieme 4 giorni di
sella, ma che ti fa vivere un variopinto viaggio.
E poi la gente e le lingue: lo sloveno dei
carbonai dei Brkini, in Ciciaria, troviamo un
antico dialetto fossile romeno, subito a sud il
croato, sotto, in Istria, croato, istroveneto, e
sloveno e poi a Trieste, erede del suo passato di
importante porto dell'Impero Austro-Ungarico, di
Aquileia e della Serenissima oltre all'italiano e
sloveno l'orecchio viene carezzato dal greco,
serbo, tedesco, friulano e chi più ne ne metta.
Tanto variopinto e articolato
questo piccolo paradiso, piccolo ma saturo di
Natura, poco popolato, tranne che sulla costa,
all'interno qualche paesetto poco abitato e per il
resto l'ideale per chi intende viaggiare a cavallo
alla ricerca di un non so che, avventura,
silenzio, lo sferzare rumoroso della Bora o alla
ricerca della visione di qualche orso o branco di
lupi che qui non mancano. Ne trovi di cavalli, da
soli al pascolo o con qualcuno sopra col quale
scambiare qualche racconto di avventure, un sorso
di grappa o un invito a farsi visita nella
cavalcata della prossima domenica. Di cavalli ce
ne sono parecchi qua attorno, alle spalle di
Trieste ma ancor più subito oltre in Slovenia, al
pascolo, nella tirchia landa carsica, in qualche
giardino o stalla trasformata in scuderia
famigliare. Pochi i maneggi, ma tanta gente che
“vive” il cavallo in maniera anticonformista
rispetto alle pattinate riviste del settore. Un
cavallo “spontaneo” e più intermediario con
la Natura dei luoghi descritti sopra.
L'ho scoperto poco meno di dieci
anni fa questo piccolo mondo, o per dire meglio,
ho iniziato ad apprezzarlo e vederlo in un'altra
luce. Tra i vari angoli di questa terra di
confine, in particolar modo una piccola valle
sospesa, a mezza costa sul versante est del
Slavnik, proprio in occasione dell'apertura dei
confini con la Slovenia, come esame di
accompagnatore di t. equestre, mi venne dato di
organizzare un trekking di due giorni e mi trovai
a esplorare posti poco battuti nell'abituale
attività di escursionismo a piedi, bici. Una
conca circondata dai pini verso nord e verso sud,
verdi prati dal lento salire verso la cima del
monte. Ha anche un “padrone di casa” questa
fetta di paesaggio da film. Un pastore,
“chiamami pure Bozzo” mi disse un tempo. Mi
hanno parlato spesso di questo personaggio,
magrissimo e barbuto, descritto come schivo e
taciturno, ma come sempre mal si giudica ciò che
non si conosce. Ben presto si è rivelato di
piacevole conversazione e colto. Le vicende della
vita lo hanno portato fin quassù a vivere in
solitudine. Al disfacimento della ex Jugoslavia si
trovò ad abbandonare il suo lavoro di grafico
pubblicitario, un periodo a Venezia a progettare
stand fieristici e poi nuovamente per sfortunate
vicende a cercare altri sbocchi, pescatore sulla
costa istriana e infine ad allevare un gregge di
capre da carne, a difenderle dai lupi.
Negli anni, dal 2004, cioè
dall'apertura del confine, ci trovavamo solamente
a passare di qua, essendo un passaggio quasi
obbligato per attraversare il massiccio del
Slavnik verso i Brkini.
Nell'inverno del 2005, dopo due
anni da una esperienza invernale “estrema” con
i cavalli sul Carso Triestino di due anni prima
decisi di fare un qualcosa di simile ma in
solitaria in questa bella valle. Alla fine ci
andai assieme all'amico Alberto. Un inverno caldo
tutto sommato, con poca neve. E oltre a ciò ci
siamo sistemati, cavalli compresi, in una delle
stalle-fienile, la meno diroccata. Un vero lusso
se paragonato a 2 anni prima con gli allora 150 km
orari di vento di “Bora e i -10 gradi il dormire
in tenda. Allora fieno ed acqua ce lo portò un
mezzo di trasporto. L'avventura è stata vissuta
all'insegna del ghiaccio e del vento che strappava
i vestiti. I 5 cavalli, avvolti da doppie coperte
invece sembravano sbattersene delle avversità
climatiche. Qui sul Slavnik invece, 700 metri più
in alto, chissà come sarebbe con le medesime
condizioni climatiche. Sicuramente qualche lupo
sarebbe venuto ad approfittare della situazione
per venir a sgraffignarci qualcosa. Dopo un paio
d'anni di abbandono abbiamo cominciato ad
organizzare qui dei campi estivi, un po' scostati
dalla malga, su un cocuzzolo ai margini del bosco.
Un gruppo di rocce ideale per accendere un fuoco
riparato dal vento, alberi per legare i cavallo,
una zona piana per le tende e dormire, l'acqua a
200 m ma comunque il campo lo prepariamo il giorno
prima e riempiamo una tinozza da 200 litri.
Cavalli prima al pascolo, legati a corda lunga
tesa e per la notte all'albero, con del fieno
fornitoci dall'amico Bozzo. Il cibo e provviste,
trasportati il giorno prima, sono stati
rigorosamente chiusi in uno di quei bidoni blu
ermetici. Cibo abbandonato diventa subito preda di
cinghiali, volti lupi o nella peggiore delle
ipotesi degli orsi, rischio reale da queste parti
ma che se non motivati dal “palato” se ne
restano ben lontani dall'uomo casinista e
chiassoso. Un padellone, un po' di barattoli di
fagioli, pancetta, cipolla peperoncino e salsicce,
polenta precotta, bottigliette di vino da ½ litro
ed ecco quella convivialità che non può mancare
a noi triestini anche se il panorama offerto ci
basterebbe. Nelle versioni “tutto in sella”
abbiamo adottato una soluzione che non ci fa
rinunciare a un vero pasto caldo: una di quelle
teglie da forno antiaderenti in alluminio, 20x30x5
cm sta perfettamente nella bisaccia e fa da
contenitore per altro materiale, in alcuni casi di
tempo umido, 2-3 manciate di legnetti secchi che
bastano per il soffritto e per dare una bollita
poi ai fagioli e la polenta che comunque sono
precotti. Per la notte i cavalli vengono sistemati
legati ad un albero con qualche accorgimento
affinché non si attorciglino attorno (qualche
tronco di traverso o corde teste all'altezza del
petto). Per noi bipedi dipende dai gusti
personali, o tendine compatte (stanno bene dietro
la sella) oppure in sacco bivacco, dove ci si
infila con tutto il sacco a pelo, scarpe e vestiti
e magari imbottendolo di foglie o fieno per
aumentare l'isolamento nei bivacchi invernali. A
volte allestiamo un tendone comune che permette di
ospitare anche 8-10 persone, una struttura fai-da
te con teli economici acquistabili nei consorzi
agrari .
Per ora aspettiamo che passi
questo autunno di pioggia e fango che nonostante
la buona volontà poco ci attira ad uscire per più
giorni.
Intanto viviamo nel pensiero su
come organizzarci all'entrata della Croazia nella
UE, e così spingerci ancor più in questo
selvaggio e lontano nord-est, un piccolo-grande
mondo alle porte di casa.
|
|