Stiamo attraversando un
territorio estremo, aperto, libero, selvaggio.
C’è soltanto una strada
che tira diritta a nordovest, qualche coyote morto
sulla mezzeria, salvia selvatica dai riflessi
d’argento che scintilla al sole e si perde
all’ orizzonte che confina con l’infinito.
Ci
fermiamo e loro sono li’. Puri , veri,
selvatici, fieri e indifferenti.
Cavalli. Selvaggi. Qualcuno
li chiama mustangs.
Io li conosco quei tipi, ne
ho montati diversi. Sono proprio quello che
sembrano, ne piu’ né meno.
Un po’ ribelli, ironici,
tosti, originali.
Siamo in mezzo al nulla.
Milioni di ettari di terra senza recinti, strade,
case o gente intorno a noi.
Si può trovare questa cosa
orribile oppure irresistibile, noi,
ovviamente la troviamo irresistibile.
Credo anche loro, laggiù, la
pensino come noi.
E’ bello osservare come il
vento muove le loro criniere.
Non è soltanto bello, è
assolutamente bello.
Non stanno galoppando.
Nessuno sta girando un commercial.
Sono un piccolo branco di
sette, otto individui. Probabilmente femmine con
un paio i giovani stalloni dietro le loro code,
che fanno a botte tutto il giorno. Pascolano, le
schiene larghe al vento, alzano i loro musi di
velluto e ci guardano.
Quando uno di quei cavalli ti
guarda ti fa sentire un po’ scemo.
Non ha importanza se, sulla
schiena di un loro lontano parente, hai vinto un
Gran Premio. Comunque, loro, liberi e veri, ti
fanno sentire così.
Dubito che la maggior parte
dei cavalieri da Gran Premio abbiano mai
incontrato un Mustang.
Altrimenti, credetemi, laggiù,
avrebbero provato, umilmente, deferenza verso
questi monumenti viventi dello spirito,
dell’anima, dell’idea stessa del Cavallo, che
noi tutti custodiamo nel cuore.
Siamo ancora qui e penso a
queste cose.
Ho un’immagine di un gruppo
di cavalieri con pantaloni elasticizzati bianchi,
stivali lucidi, giacche aderenti e cap griffati.
Mi piacerebbe averne qualcuno qui con me, adesso.
Oh… quanto mi piacerebbe…
So che non è posto per
loro… ma imparerebbero molto, semplicemente
osservando questi ragazzi a quattro zoccoli,
muoversi nel bel mezzo del niente, agili, veloci,
indistruttibili. Senza fasce, integratori, strane
stinchiere, medicine varie ed eserciti di grooms
al seguito.
Io, ogni volta che ne ho
avuto la possibilità mi sono fermato e sono stato
a guardarli. Un po’ per la poesia della cosa, un
po’ per capire davvero come si muove un cavallo.
Ed un cavallo lo sa sempre
cosa deve fare. Sempre.
Come diceva Ray Hunt, “ …
i cavalli non mentono mai, non dicono mai
bugie…”
Chiunque abbia smesso di
contare soldi, coccarde, indicazioni scritte in
inglese sui flaconi dei medicinali strani,
falcate, ricette veterinarie, aggeggi diabolici
chiamati “redini di ritorno” o peggio,
chiunque dicevo si sia fermato un’ istante ad
“ASCOLTARE” il proprio cavallo, avrà
certamente e meglio di me, avuto la possibilità
di comprendere che dovremmo smetterla di essere
arroganti e sciocchi a tal punto di chiamare
questi meravigliosi e magici esseri… atleti.
Un cavallo è un cavallo e
non sceglierà mai di essere un’atleta. Noi
vogliamo trasformarlo, ma il cavallo, ogni
cavallo, in tutto il mondo, ha un solo sogno, lo
stesso che hanno adesso, qui in Nevada questi
mustangs… un pascolo, un po’ di spazio e
nessuno che gli rompa le scatole.
In fondo, se ci penso, è
quello che sogno anche io. Non ho bisogno di un
podio e uno sponsor. Ho bisogno di spazio, di
verità e di libertà.
Ed ora guardo l’orizzonte
che si mescola con le groppe di quel mucchietto di
bai laggiu’. E mi sento un re, con una birra in
mano al posto di un flute smilzo pieno di stupido
champagne, con i miei jeans usati bene, i miei
vecchi stivali ed un cappello che mi assomiglia.
Si respira libertà quassu’.
Un altopiano immenso e poderoso dove ancora, un
uomo a piedi è un povero disgraziato ed un
cavaliere, un eroe.
Dove puoi portare la tua
donna e farle guardare il mondo e dirle questo è
il mio mondo ed è ancora un posto grande e grosso
e pulito.
E ci aspetta ancora strada
davanti. Lunga, diritta, sicura, sterrata. Vorrei
essere come questa strada.
Ed eccoci di nuovo in
viaggio, fino al ranch di un mio vecchi amico.
L’asfalto è finito da un
pezzo ed il nostro fuoristrada alza una coda di
polvere alta quanto quella di una carovana.
Ci vuole coraggio e fibra per
viaggiare qui, in questo strano angolo di mondo
dimenticato.
Un posto fatto per noi e per
i cavalli.
Adesso so che scriverò
qualcosa su questo viaggio, su quei cavalli
liberi, senza nome, senza padrone, senza
microchip, certificato della asl e passaporto
FISE.
Chiedeteglielo al vostro
cavallo se preferirebbe vivere un giorno cosi’,
oppure cento, chiuso in un box.
Provateci, datemi retta,
provateci.
Voi pensate che sia poesia
questa, romanticismo, retorica, stupidaggini.
Invece si chiama VITA.
Ed i
cavalli, a differenza di molti cavalieri,
lo sanno bene.
Verrà un giorno, lontano
purtroppo, ma inevitabilmente verrà. Quel giorno
i cavalli avranno diritto alla loro dignità.
La dignità di essere
rispettati ed amati per ciò che sono e non per
quello che noi vorremo farli diventare.
Spero di vedere quel giorno,
ma temo che ci vorranno secoli.
E purtroppo i pochi fortunati
saranno coloro che continueranno a permettersi il
lusso sfacciato di galoppare liberi e fieri nelle
praterie immense.
Ad un cavallo non interessa
avere le fasce di cachemire, la coperta con le
iniziali od i ferri fatti su misura. Loro sono i
giusti, i veri, i formidabili e, secondo me,
ridono spesso di noi.
Ora ho un volante tra le
mani. Sto tornando a casa… e casa per me è un
posto difficilmente immaginabile per molti.
In realtà non c’è nessuna
casa, tranne una vecchia baita disabitata.
Ed io, come quei cavalli
selvaggi, sono consapevole della aristocratica
opportunità che ho, di vivere ancora un pezzetto
della mia vita quassu’ , in questo immenso
palcoscenico naturale senza padroni.
Agli altri lascio Montecarlo,
un aereoplanino privato ed una cena bordo piscina.
Qui la storia è diversa.
Stringerò la mano della mia
ragazza ed andremo, domani nella vecchia scuderia
di legno, dove per lei sellerò un mustang
pezzato, con gli occhi azzurri ed andremo,
insieme, la’ fuori a conoscere quegli orizzonti
che nessuno ha mai vissuto. E so che sarà il dono
più prezioso che potrò farle. Perché queste
cose non si possono comprare in una boutique del
centro.
Non hanno prezzo.
Non conoscono carte di
credito.
Queste cose hanno un solo
nome, come i cavalli che abbiamo osservato
insieme, al lato della strada pochi minuti fa.
Cose che assomigliano ad un
sogno, chiamato Libertà.
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