SOMMARIO

Anno III  numero 1
aprile 2011

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ARCHIVIO

 

 

 

 

EQUIPAGGIAMENTO

a cura di Barbara Hofman

Non esiste buono o cattivo tempo

Esiste solo buono o cattivo equipaggiamento

Lord Baden Powell

 

INTRODUZIONE

L’equipaggiamento ed i materiali usati nei trekking a piedi “migliorano” in

continuazione, sempre più nuovi, più moderni, le fibre sintetiche la fanno da padrone con

colori vivaci accostati prepotentemente.

Nei trekking a cavallo è diverso; non solo si conservano i materiali tradizionali, dove il

cuoio grasso è ancora l’unico incontrastato sovrano, ma si vanno addirittura a cercare e

studiare le tecniche di trasporto usate dai nomadi o dai soldati a cavallo nei loro perpetui e

continui spostamenti come, ad esempio, il cuoio crudo, cioè non conciato, materiale

dimenticato, ma di incredibile resistenza. L’escursionista si serve dell’equipaggiamento

durante la gita; il cavaliere lo usa di continuo perché il cavallo si deve muovere. La plastica

non ha bisogno di manutenzione, selle e finimenti sì, quando si usano e soprattutto quando

non si usano. In parole povere avremo addosso i tipici odori del cuoio e del grasso frammisti

a quelli del sudore equino ed umano. Tutto quello che è a contatto della pelle del cavallo

deve essere naturale: la coperta di lana sottosella, il feltro per ammortizzare il peso della

sella e delle bisacce, e così via. Gli articoli disegnati e descritti sono quelli di cui ci

serviamo abitualmente negli Alpitrek.

Nel 1974, quando è cominciata la storia di salire a cavallo sulle montagne, fu

necessario costruire tutta l’attrezzatura con le nostre mani( tranne la sella). Come sapete i

trekking a cavallo( quelli veri) non hanno particolari basi d’appoggio, quindi tutto

l’equipaggiamento deve essere trasportato sul cavallo, legato all’arcione. Per questo è

indispensabile che sia composto di pochi, ma essenziali pezzi, leggeri, robusti, collaudati, di

un certo gusto, confortevoli. Il nostro modo di andare a cavallo è legato alla passione di

stare insieme con il nostro cavallo. Per questo motivo il contatto della gamba e il dialogo

della mano, sono così importanti da determinare il tipo e la disposizione

dell’equipaggiamento.



LA STORIA

Osservando i popoli nomadi e il movimento degli eserciti nei tempi passati, notiamo

che il materiale pesante era trasportato su carri e animali da soma. Solo nelle scorrerie, i

cavalieri dovevano percorrere grandi distanze in territorio ostile portando, legati

all’arcione, l’equipaggiamento e i viveri necessari alla progressione.

Tralasciando i popoli nomadi( come Mongoli, Tuaregh o i famosi Indiani delle

Pianure), troppo complessi per poterli analizzare velocemente, soffermiamoci sulla

Cavalleria dell’Esercito.

La Cavalleria militare

La Cavalleria è divisa sostanzialmente in pesante e leggera, quella pesante veniva

usata da “sfondamento” nelle famose travolgenti antiche cariche, quella leggera per azioni

di ricognizione e incursioni tipiche degli odierni “commando”.

Le divisioni corazzate sono eredi della cavalleria pesante e hanno contribuito a

cambiare, dal 1939 in poi la tattica militare, mentre i Gruppi Blindo e le divisioni

aviotrasportate in genere derivano da quella leggera.

Per questo lavoro abbiamo studiato l’equipaggiamento di quest’ultima composta da

Cosacchi, Ussari, Ulani, Lanceri.

Nomi noti a tutti i cavalieri: i Cosacchi indomiti animi liberi della steppa, gli Ussari

neri della morte dell’esercito prussiano con i teschi d’argento sui colbacchi neri, gli Ulani

coi cappelli a quattro punte polacchi, la XXVII brigata leggera inglese ( quella suicida)

famosa per la carica dei 600 a Balaklava durante la guerra di Crimea per arrivare alla

nostra Isbuscenskj di “Savoia Cavalleria” in Russia alla fine di agosto 1942.

Pensando a questi soldati a cavallo, ai mountain men delle Montagne Rocciose, alla

Cavalleria dell’Esercito degli Stati Uniti e ai loro formidabili nemici, entriamo nello spirito

della spedizione, del viaggio a cavallo e della sua inspiegabile epica entusiasmante unica

grande avventura.



LE DOTAZIONI INDISPENSABILI

Cominciamo con l’equipaggiamento operativo da campagna per il cavallo che

comprende: sella e finimenti, coperta sottosella, impermeabile, contenitori, impermeabile

termoriflettente, sacco piuma, longhina di cuoio, pettorale e sottocoda, pinze e martello,

musetta, piccola striglia, ramponi da ghiaccio e relativi maschi per filettare i fori dei ferri,

chiave per avvitare i ramponi, chiodi da roccia, cordino da montagna.

Ma andiamo per ordine come se dovessimo veramente metterci in viaggio, con il

cavallo riposato e tranquillo davanti a noi, legato con la longhina all’anello della scuderia.

Per prima cosa mettiamo la coperta sottosella; è importante disporla correttamente

perché da come viene messa, può dipendere il formarsi di fiaccature. Noi usiamo coperte

militari: sono robuste, costano poco e soprattutto siamo sicuri che sono di pura lana; la

coperta va piegata in due e quindi messa doppia; va appoggiata un po’ in alto sul collo per

poi farla scivolare leggermente all’indietro seguendo il verso del pelo, proprio per evitare

eventuali, imperdonabili fiaccature. Questa coperta di lana deve essere più larga del feltro.

Sopra la coperta viene posato il feltro, rettangolare, anche questo di lana. Esso ha,

oltre alle due strisce di cuoio per fissarlo ai riscontri, due occhielli davanti e due dietro

fissati con del cuoio per ancorarvi il materiale. Lo spessore del feltro è di circa 1 cm; esso

continua dietro i quartieri della sella per comprendere e ammortizzare il peso delle bisacce.

Sopra il feltro mettiamo la sella.

 

LA SELLA DA TREKKING

I trekking e i viaggi a cavallo non sono nuove discipline, ma un adattamento di quelle

già esistenti, pertanto un cow boy userà per il suo viaggio una sella da lavoro conosciuta da

noi come americana mentre i cavalieri che montano con metodo Caprilliano, e quindi nel

rispetto dell'equitazione naturale, avranno sui loro cavalli selle italiane da caccia.

In pratica ogni sella che rispetti il cavallo può essere usata per i nostri viaggi.

La sella che nel nostro paese viene comunemente chiamata inglese, è conosciuta nel

mondo come sella italiana.

Per sella da caccia si intende quel tipo di sella usata nella caccia alla volpe: questa

emozionante disciplina porta cavalli e coraggiosi cavalieri ad affrontare, spesso al galoppo,

gli improvvisi e innumerevoli ostacoli naturali offerti dalla campagna: alberi abbattuti,

muretti, fossati, paludi. Alle cacce alla volpe, quelle vere, non partecipano damerini

impomatati, ma cavalieri: non facciamoci quindi ingannare dagli impeccabili vestiti che

questi ultimi indossano.

Per rispettare il cavallo, è fondamentale che la sella abbia un buon arcione; "l'arcione -

dice uno dei più grandi sellai - è l'anima della sella”.

Le selle sembrano spesso tutte uguali, ma sono nella sostanza fondamentalmente

diverse. Non è cosa facile conoscere la bontà dell'arcione: la sella va dunque guardata molto

bene anche di sotto, dalla parte dei cuscini, ricordando che più è abbondante l'imbottitura,

maggiore è l'imperfezione dell'arcione

Alla sella si deve fissare l'equipaggiamento, che come abbiamo visto è notevole: dovrà

pertanto essere dotata di una serie di campanelle ed essere saldamente fissata al feltro.

La sella si lava con acqua e sapone e va ingrassata quando è ancora umida con i pori

dilatati; per nutrire il cuoio nel modo migliore, è utile usare olio di fegato (di merluzzo) tra

il lavaggio e l'ingrassaggio.

Il sottopancia deve essere piuttosto largo, ben lavato e spazzolato: anche minuscole

particelle che si accumulano tra sottopancia e cute possono fiaccare la cavalcatura.

Una buona sella dura una vita, purtroppo più del cavallo.

Molti cavalieri hanno selle piene di strada e ricordi, di vento e avventure: la sella va

rispettata, usata mai idolatrata, va sbattuta per terra per appoggiarci sopra la testa e

addormentarsi.

 

PETTORALE E SOTTOCODA

Sono due finimenti che impediscono alla sella di slittare avanti e indietro (ovviamente

nelle salite e nelle discese); in genere vengono poco usati in quanto un equipaggiamento ben

fissato ed equilibrato sta di norma al suo posto quando il cavallo è strutturato bene

fisicamente. Nei casi di ripide salite o discese, il cavaliere naturalmente non starà in sella,

ma camminerà davanti al suo cavallo. L’equipaggiamento pesante è ovviamente inerte, il

peso e gli urti tenderanno a farlo scivolare creando la possibilità del sorgere di fiaccature;

quindi, quando sarà necessario, useremo pettorale e sottocoda.

Dietro la sella le famose bisacce che caratterizzano l’immagine di questa disciplina. Ve

ne sono di vari tipi e di vari materiali, ma come al solito ci soffermeremo su quelle usate da

noi che, come potete vedere dal disegno, hanno parecchie tasche e taschini che ne

aumentano la praticità.

La cucitura delle borse deve essere molto robusta; può accadere, infatti, di strisciare

contro pareti rocciose o piante con conseguente strappo e il rovesciarsi a terra del contenuto;

se siete abituati alle cavalcate saprete come questo fatto succeda più spesso di quanto non si

creda. Le borse vanno di tanto in tanto ingrassate, soprattutto all’esterno per aumentarne

l’impermeabilità. Sopra le bisacce, legato dietro la paletta della sella, c’è il cilindro in

tessuto tecnico, diametro 20 cm, lungo circa 1 m, dentro il quale infiliamo l’occorrente per

la notte.

Davanti alla sella c’è un altro cilindro, dello stesso tessuto, ma un po’ più piccolo, che

contiene l’impermeabile per il cavallo.

Dentro le bisacce possiamo avere una piccola striglia di plastica, i ramponi da ghiaccio

e relativo maschio filettatore con chiave per avvitarli, mentre sono indispensabili le pinzemartello

e una manciata di chiodi per rimettere i ferri quando si perdono.

Appesa all’occhiello anteriore sinistro del feltro pende la musetta dell’avena, in tessuto

di cotone; questa serve a trasportare la razione di avena giornaliera -4-5kg – e soprattutto a

somministrarla senza sprechi.

 

L'EQUIPAGGIAMENTO DI MERLINA

Fino ad ora abbiamo teorizzato, adesso passiamo alla pratica quotidiana.

Le ricognizioni, che sono indubbiamente più impegnative dei trekking, necessitano di

un equipaggiamento completo e nel contempo leggero; le due caratteristiche non sono tra

loro antitetiche; all'esploratore occorrono poche cose, e conosce i comfort che la natura offre

generosamente ed è abituato ad usufruirne.

Osserviamo ad esempio l'equipaggiamento portato da Merlina (cavalla Anglo Arabo

Sarda del peso di 500 Kg) durante l'impegnativa attraversata del Monte Rosa nella piovosa

estate del 1989, che impegnò i cavalli per 10 giorni in passi di alta quota tra i 2700 e i 2900

m.

Il cilindro d'arcione (diametro 10 cm - lunghezza 1 m) conteneva un impermeabile

alluminato per il cavallo e viveri per il cavaliere: pane, formaggio, scatolette, fornello e

combustibile solido, bustine di caffè, latte in polvere e zucchero.

Al feltro sottosella, davanti al quartiere, sono appesi:

- a destra machete, longhina e musetta;

- a sinistra borraccia, cordino da montagna, moschettone e chiodi da roccia.

Queste cose vengono bilanciate tra loro a seconda che musetta e borraccia siano tra

loro più o meno piene.

Nelle bisacce trovano posto:

gilet e berretto di alpaca, pinza-martello e chiodi di cavallo, binocolo, taccuino con

penna, macchina fotografica, cartina e rullini, fiaschetta di Genepy e foulard.

Lo scout ha nella bisaccia una particolare dotazione per le riparazioni da fare sul

campo: durante una ricognizione può accadere che le redini cadano a terra, il cavallo le pesti

e le rompa, oppure che le bisacce, urtando contro una roccia o una pianta, si forino e lascino

fuoriuscire il contenuto.

Ago, filo, lesina e rivetti possono dunque tornare utili.

Il cilindro da sella contiene l'occorrente per il cavaliere:

impermeabile, saccopelo, scarpe da ginnastica, tuta, pila, maglione di alpaca, giacca a

vento non imbottita, telo tenda.

Il peso complessivo è di 32,5 Kg., comprendente sella, feltro e coperta militare

sottosella.

Sappiamo che il peso complessivo trasportato dal cavallo non solo non deve superare

un terzo del suo peso, ma deve restarne ben al di sotto; quindi il peso dell'equipaggiamento,

sommato a quello di sella, testiera, coperta e feltro, al peso del cavaliere e a quello del cibo

ingerito dal cavallo non deve superare un terzo del peso del cavallo stesso.

Quindi, visto che Merlina pesa 500 kilogrammi e noi possiamo portare un terzo del suo

peso ( 500/3) che è 166,6 kg, il peso del cavaliere più il peso dell’equipaggiamento (32,5kg)

si deve tenere al di sotto di 166 kg. Ovviamente quest’ultima cifra è il limite massimo

consentito: l’esperienza ci insegna a tenerci ben al di sotto. Merlina è un cavallo da

concorso che va benissimo anche nei trekking, ma in genere i cavalli da trekking pesano

meno e il carico trasportabile diminuisce in proporzione.

 

CAVALIERE

Sulle montagne, anche quando siamo a cavallo, si cammina sempre molto, vuoi per

dare sollievo al cavallo nel superare passaggi difficili, nelle salite impegnative o ripide

discese o per la gioia di camminare. Così diventa utile procedere con un buon paio di scarpe

da montagna nei piedi, non del tipo pesante, ma neanche troppo leggere, una via di mezzo

insomma, con il Vibram in buono stato. Questa calzatura va “fatta”; è consigliabile per

questo motivo non partire per un trekking con gli scarponi nuovi, ma solo dopo averli usati

un po’di volte. La scarpa deve essere impermeabile e resistente, quindi quelle fatte con pelle

e Goretex sono meno indicate, tendono a perdere con il tempo la loro impermeabilità.

Ricordiamo che nelle salite, e soprattutto nelle discese, è facile pigliarsi un “pestone” dal

cavallo, ed il suo piede è sempre ferrato: la scarpa con il cuoio più spesso protegge di più

anche in questo caso.

Altro discorso va fatto per le calzature da allenamento, come le scarpe da ginnastica o

gli stivali ( cogliamo l’occasione per ricordare che in Francia esiste un tipo di stivale

chiamato randonneur espressamente concepito per gli addetti ai lavori, robusto,

impermeabile, con la para che lo rende adatto anche per camminare su terreni difficili; lo

usano i grooms e durano molto anche usandoli a lungo).

Tra il piede e lo scarpone ci vuole il calzettone di lana, ma questo lo sanno tutti.

Nei lunghi itinerari è utile avere con sé una comoda scarpa da ginnastica per far

riposare il piede dopo la marcia faticosa.

Sopra il “vecchio scarpone”, per proteggere il polpaccio c’è la ghetta di pelle. Le

ghette hanno tre scopi: riparare la gamba da eventuali “pestoni”, proteggere il fondo dei

pantaloni dal sudore del cavallo e, per quei cavalieri che non hanno assetto perfetto, per

proteggere il polpaccio dalle ferite che provoca lo staffile.

Il machete da sella Abbiamo imparato ad usarlo dai vaqueros messicani, lo portiamo sempre

appeso all’anello anteriore sinistro del feltro ed è infilato tra questo e il quartiere della sella.

Per essere portato in questo maniera deve essere: leggero, sottile e flessibile per non

arrecare fastidio; quindi non tutti vanno bene, ma solo quelli appositamente concepiti; sono,

in genere, sudamericani da canna (da zucchero) e risultano molto utili anche se possiamo

non averne bisogno per giorni interi; accade, per esempio, che d’improvviso si incontri un

sentiero che dobbiamo ripulire per percorrerlo: allora sperate di averlo con voi. Nei casi in

cui il sentiero è invaso completamente dai rami di pino e dalle sterpaglie, il primo cavaliere

“ apre” il grosso del passaggio lasciando il suo cavallo dietro con le briglie legate intorno al

collo, mentre il secondo cavaliere rifinisce il percorso tenendo le briglie del suo cavallo. Un

sentiero inutilizzato da anni va ripulito a dovere: spezzoni appuntiti, lasciati qua e là,

possono provocare ferite nel costato del cavallo, a volte anche gravi, soprattutto se abbiamo

un soggetto un po’ pauroso. Inoltre i rami non tagliati possono rovinare la sella, ricordarsi

inoltre che pulire sentieri è un servizio gradito a tutti. Va da sé che un machete affilato torna

comodo anche per montare il campo serale.

Dentro il nostro cilindro, al quale abbiamo accennato poco fa, mettiamo le cose

impiegate di notte e che non devono essere a portata di mano nel corso della giornata e cioè:

sacco a pelo leggero o pesante a seconda della quota e della stagione, tuta da ginnastica di

cotone, pila, maglione caldo e leggero ( l’alpaca va benissimo per questo uso), ecc.

Legato dietro l’arcione sotto il cilindro c’è anche l’impermeabile per il cavaliere. Un

buon impermeabile appositamente concepito con lo spacco posteriore per restare ben

inforcati ci protegge perfettamente dal temporale improvviso o dalla pioggia che può durare

anche alcuni giorni. Infatti durante un trekking spesso dobbiamo continuare la marcia anche

se veniamo sorpresi dalla pioggia. Le precipitazioni in estate sono sovente a carattere

temporalesco e in genere durano poco e il cavaliere può aspettare che passino e poter quindi

ripartire. Ma nei nostri viaggi, anche quelli effettuati nella bella stagione si possono trovare

giornate piovose, di quella pioggia che cade a lungo e fitta. I cavalli non patiscono l’acqua,

lo sappiamo; naturalmente dobbiamo essere accorti, come sempre d’altronde, a non farli

sudare, rispettando i problemi della temperatura corporea rispetto a quella esterna per

evitare pericolosi e repentini raffreddamenti.

I cavalieri per poter continuare confortevolmente la marcia sotto la pioggia dovranno

infilarsi l’impermeabile.

Complemento dell’impermeabile è il cappello di feltro a falda larga; protegge gli occhi

e la testa dai raggi del sole e soprattutto dall’acqua; esso può essere di merinos o lapin:

entrambi sono resistenti, ma il lapin è sottile e morbido, mentre il merinos è più spesso e

grossolano. Ogni tanto è bene spruzzargli sopra un po’ di appretto per mantenere

l’impermeabilità. Possiamo forare la falda con un’occhiello, nel quale far scorrere un laccio

di pelle per assicurarlo alla sella quando non lo usiamo; può avere un sottogola o, meglio

ancora, un sottonuca; personalmente però non uso né l’uno né l’altro. Un buon vecchi

cappello di feltro della giusta misura non vola via quando è ben messo, anche se si

galoppa veloci; se incontriamo bufera basta passargli sopra il foulard e annodarlo sotto il

mento per non farlo volar via. D’inverno, però, conviene adoperare i colbacchi di pelo o di

montone come quelli dei trappers; sono belli e tengono caldo.

Come si è potuto intuire da queste brevi note, riguardo all’abbigliamento personale nei

trekking non ci sono regole fisse o etichette da rispettare, e ognuno si infila gli indumenti

che ritiene più comodi e adatti.

Ultima nell’elenco la borraccia; dev’essere di forma rotonda e piatta e contenere circa

1 o 1.5l d’acqua; si fissa all’anello anteriore destro del feltro e la sua forma serve a non

infastidire il cavallo e a non farla sobbalzare quando si trotta. Purtroppo borracce del genere

se ne vedono poche in commercio e molti trekkers hanno dovuto farsele loro.

La gamella di ferro serve per far bollire l’acqua per il caffè nei campi serali. Gli

articoli che abbiamo descritto sono quelli che ci portiamo di norma sempre appresso, cioè

legati all’arcione o dentro le bisacce, a seconda della durata del trekking o della stagione.