Non esiste buono o cattivo tempo
Esiste solo buono o cattivo equipaggiamento
Lord Baden Powell
INTRODUZIONE
L’equipaggiamento ed i materiali usati nei trekking a piedi “migliorano” in
continuazione, sempre più nuovi, più moderni, le fibre sintetiche la fanno da padrone con
colori vivaci accostati prepotentemente.
Nei trekking a cavallo è diverso; non solo si conservano i materiali tradizionali, dove il
cuoio grasso è ancora l’unico incontrastato sovrano, ma si vanno addirittura a cercare e
studiare le tecniche di trasporto usate dai nomadi o dai soldati a cavallo nei loro perpetui e
continui spostamenti come, ad esempio, il cuoio crudo, cioè non conciato, materiale
dimenticato, ma di incredibile resistenza. L’escursionista si serve dell’equipaggiamento
durante la gita; il cavaliere lo usa di continuo perché il cavallo si deve muovere. La plastica
non ha bisogno di manutenzione, selle e finimenti sì, quando si usano e soprattutto quando
non si usano. In parole povere avremo addosso i tipici odori del cuoio e del grasso frammisti
a quelli del sudore equino ed umano. Tutto quello che è a contatto della pelle del cavallo
deve essere naturale: la coperta di lana sottosella, il feltro per ammortizzare il peso della
sella e delle bisacce, e così via. Gli articoli disegnati e descritti sono quelli di cui ci
serviamo abitualmente negli Alpitrek.
Nel 1974, quando è cominciata la storia di salire a cavallo sulle montagne, fu
necessario costruire tutta l’attrezzatura con le nostre mani( tranne la sella). Come sapete i
trekking a cavallo( quelli veri) non hanno particolari basi d’appoggio, quindi tutto
l’equipaggiamento deve essere trasportato sul cavallo, legato all’arcione. Per questo è
indispensabile che sia composto di pochi, ma essenziali pezzi, leggeri, robusti, collaudati, di
un certo gusto, confortevoli. Il nostro modo di andare a cavallo è legato alla passione di
stare insieme con il nostro cavallo. Per questo motivo il contatto della gamba e il dialogo
della mano, sono così importanti da determinare il tipo e la disposizione
dell’equipaggiamento.
LA STORIA
Osservando i popoli nomadi e il movimento degli eserciti nei tempi passati, notiamo
che il materiale pesante era trasportato su carri e animali da soma. Solo nelle scorrerie, i
cavalieri dovevano percorrere grandi distanze in territorio ostile portando, legati
all’arcione, l’equipaggiamento e i viveri necessari alla progressione.
Tralasciando i popoli nomadi( come Mongoli, Tuaregh o i famosi Indiani delle
Pianure), troppo complessi per poterli analizzare velocemente, soffermiamoci sulla
Cavalleria dell’Esercito.
La Cavalleria militare
La Cavalleria è divisa sostanzialmente in pesante e leggera, quella pesante veniva
usata da “sfondamento” nelle famose travolgenti antiche cariche, quella leggera per azioni
di ricognizione e incursioni tipiche degli odierni “commando”.
Le divisioni corazzate sono eredi della cavalleria pesante e hanno contribuito a
cambiare, dal 1939 in poi la tattica militare, mentre i Gruppi Blindo e le divisioni
aviotrasportate in genere derivano da quella leggera.
Per questo lavoro abbiamo studiato l’equipaggiamento di quest’ultima composta da
Cosacchi, Ussari, Ulani, Lanceri.
Nomi noti a tutti i cavalieri: i Cosacchi indomiti animi liberi della steppa, gli Ussari
neri della morte dell’esercito prussiano con i teschi d’argento sui colbacchi neri, gli Ulani
coi cappelli a quattro punte polacchi, la XXVII brigata leggera inglese ( quella suicida)
famosa per la carica dei 600 a Balaklava durante la guerra di Crimea per arrivare alla
nostra Isbuscenskj di “Savoia Cavalleria” in Russia alla fine di agosto 1942.
Pensando a questi soldati a cavallo, ai mountain men delle Montagne Rocciose, alla
Cavalleria dell’Esercito degli Stati Uniti e ai loro formidabili nemici, entriamo nello spirito
della spedizione, del viaggio a cavallo e della sua inspiegabile epica entusiasmante unica
grande avventura.
LE DOTAZIONI INDISPENSABILI
Cominciamo con l’equipaggiamento operativo da campagna per il cavallo che
comprende: sella e finimenti, coperta sottosella, impermeabile, contenitori, impermeabile
termoriflettente, sacco piuma, longhina di cuoio, pettorale e sottocoda, pinze e martello,
musetta, piccola striglia, ramponi da ghiaccio e relativi maschi per filettare i fori dei ferri,
chiave per avvitare i ramponi, chiodi da roccia, cordino da montagna.
Ma andiamo per ordine come se dovessimo veramente metterci in viaggio, con il
cavallo riposato e tranquillo davanti a noi, legato con la longhina all’anello della scuderia.
Per prima cosa mettiamo la coperta sottosella; è importante disporla correttamente
perché da come viene messa, può dipendere il formarsi di fiaccature. Noi usiamo coperte
militari: sono robuste, costano poco e soprattutto siamo sicuri che sono di pura lana; la
coperta va piegata in due e quindi messa doppia; va appoggiata un po’ in alto sul collo per
poi farla scivolare leggermente all’indietro seguendo il verso del pelo, proprio per evitare
eventuali, imperdonabili fiaccature. Questa coperta di lana deve essere più larga del feltro.
Sopra la coperta viene posato il feltro, rettangolare, anche questo di lana. Esso ha,
oltre alle due strisce di cuoio per fissarlo ai riscontri, due occhielli davanti e due dietro
fissati con del cuoio per ancorarvi il materiale. Lo spessore del feltro è di circa 1 cm; esso
continua dietro i quartieri della sella per comprendere e ammortizzare il peso delle bisacce.
Sopra il feltro mettiamo la sella.
LA SELLA DA TREKKING
I trekking e i viaggi a cavallo non sono nuove discipline, ma un adattamento di quelle
già esistenti, pertanto un cow boy userà per il suo viaggio una sella da lavoro conosciuta da
noi come americana mentre i cavalieri che montano con metodo Caprilliano, e quindi nel
rispetto dell'equitazione naturale, avranno sui loro cavalli selle italiane da caccia.
In pratica ogni sella che rispetti il cavallo può essere usata per i nostri viaggi.
La sella che nel nostro paese viene comunemente chiamata inglese, è conosciuta nel
mondo come sella italiana.
Per sella da caccia si intende quel tipo di sella usata nella caccia alla volpe: questa
emozionante disciplina porta cavalli e coraggiosi cavalieri ad affrontare, spesso al galoppo,
gli improvvisi e innumerevoli ostacoli naturali offerti dalla campagna: alberi abbattuti,
muretti, fossati, paludi. Alle cacce alla volpe, quelle vere, non partecipano damerini
impomatati, ma cavalieri: non facciamoci quindi ingannare dagli impeccabili vestiti che
questi ultimi indossano.
Per rispettare il cavallo, è fondamentale che la sella abbia un buon arcione; "l'arcione -
dice uno dei più grandi sellai - è l'anima della sella”.
Le selle sembrano spesso tutte uguali, ma sono nella sostanza fondamentalmente
diverse. Non è cosa facile conoscere la bontà dell'arcione: la sella va dunque guardata molto
bene anche di sotto, dalla parte dei cuscini, ricordando che più è abbondante l'imbottitura,
maggiore è l'imperfezione dell'arcione
Alla sella si deve fissare l'equipaggiamento, che come abbiamo visto è notevole: dovrà
pertanto essere dotata di una serie di campanelle ed essere saldamente fissata al feltro.
La sella si lava con acqua e sapone e va ingrassata quando è ancora umida con i pori
dilatati; per nutrire il cuoio nel modo migliore, è utile usare olio di fegato (di merluzzo) tra
il lavaggio e l'ingrassaggio.
Il sottopancia deve essere piuttosto largo, ben lavato e spazzolato: anche minuscole
particelle che si accumulano tra sottopancia e cute possono fiaccare la cavalcatura.
Una buona sella dura una vita, purtroppo più del cavallo.
Molti cavalieri hanno selle piene di strada e ricordi, di vento e avventure: la sella va
rispettata, usata mai idolatrata, va sbattuta per terra per appoggiarci sopra la testa e
addormentarsi.
PETTORALE E SOTTOCODA
Sono due finimenti che impediscono alla sella di slittare avanti e indietro (ovviamente
nelle salite e nelle discese); in genere vengono poco usati in quanto un equipaggiamento ben
fissato ed equilibrato sta di norma al suo posto quando il cavallo è strutturato bene
fisicamente. Nei casi di ripide salite o discese, il cavaliere naturalmente non starà in sella,
ma camminerà davanti al suo cavallo. L’equipaggiamento pesante è ovviamente inerte, il
peso e gli urti tenderanno a farlo scivolare creando la possibilità del sorgere di fiaccature;
quindi, quando sarà necessario, useremo pettorale e sottocoda.
Dietro la sella le famose bisacce che caratterizzano l’immagine di questa disciplina. Ve
ne sono di vari tipi e di vari materiali, ma come al solito ci soffermeremo su quelle usate da
noi che, come potete vedere dal disegno, hanno parecchie tasche e taschini che ne
aumentano la praticità.
La cucitura delle borse deve essere molto robusta; può accadere, infatti, di strisciare
contro pareti rocciose o piante con conseguente strappo e il rovesciarsi a terra del contenuto;
se siete abituati alle cavalcate saprete come questo fatto succeda più spesso di quanto non si
creda. Le borse vanno di tanto in tanto ingrassate, soprattutto all’esterno per aumentarne
l’impermeabilità. Sopra le bisacce, legato dietro la paletta della sella, c’è il cilindro in
tessuto tecnico, diametro 20 cm, lungo circa 1 m, dentro il quale infiliamo l’occorrente per
la notte.
Davanti alla sella c’è un altro cilindro, dello stesso tessuto, ma un po’ più piccolo, che
contiene l’impermeabile per il cavallo.
Dentro le bisacce possiamo avere una piccola striglia di plastica, i ramponi da ghiaccio
e relativo maschio filettatore con chiave per avvitarli, mentre sono indispensabili le pinzemartello
e una manciata di chiodi per rimettere i ferri quando si perdono.
Appesa all’occhiello anteriore sinistro del feltro pende la musetta dell’avena, in tessuto
di cotone; questa serve a trasportare la razione di avena giornaliera -4-5kg – e soprattutto a
somministrarla senza sprechi.
L'EQUIPAGGIAMENTO DI MERLINA
Fino ad ora abbiamo teorizzato, adesso passiamo alla pratica quotidiana.
Le ricognizioni, che sono indubbiamente più impegnative dei trekking, necessitano di
un equipaggiamento completo e nel contempo leggero; le due caratteristiche non sono tra
loro antitetiche; all'esploratore occorrono poche cose, e conosce i comfort che la natura offre
generosamente ed è abituato ad usufruirne.
Osserviamo ad esempio l'equipaggiamento portato da Merlina (cavalla Anglo Arabo
Sarda del peso di 500 Kg) durante l'impegnativa attraversata del Monte Rosa nella piovosa
estate del 1989, che impegnò i cavalli per 10 giorni in passi di alta quota tra i 2700 e i 2900
m.
Il cilindro d'arcione (diametro 10 cm - lunghezza 1 m) conteneva un impermeabile
alluminato per il cavallo e viveri per il cavaliere: pane, formaggio, scatolette, fornello e
combustibile solido, bustine di caffè, latte in polvere e zucchero.
Al feltro sottosella, davanti al quartiere, sono appesi:
- a destra machete, longhina e musetta;
- a sinistra borraccia, cordino da montagna, moschettone e chiodi da roccia.
Queste cose vengono bilanciate tra loro a seconda che musetta e borraccia siano tra
loro più o meno piene.
Nelle bisacce trovano posto:
gilet e berretto di alpaca, pinza-martello e chiodi di cavallo, binocolo, taccuino con
penna, macchina fotografica, cartina e rullini, fiaschetta di Genepy e foulard.
Lo scout ha nella bisaccia una particolare dotazione per le riparazioni da fare sul
campo: durante una ricognizione può accadere che le redini cadano a terra, il cavallo le pesti
e le rompa, oppure che le bisacce, urtando contro una roccia o una pianta, si forino e lascino
fuoriuscire il contenuto.
Ago, filo, lesina e rivetti possono dunque tornare utili.
Il cilindro da sella contiene l'occorrente per il cavaliere:
impermeabile, saccopelo, scarpe da ginnastica, tuta, pila, maglione di alpaca, giacca a
vento non imbottita, telo tenda.
Il peso complessivo è di 32,5 Kg., comprendente sella, feltro e coperta militare
sottosella.
Sappiamo che il peso complessivo trasportato dal cavallo non solo non deve superare
un terzo del suo peso, ma deve restarne ben al di sotto; quindi il peso dell'equipaggiamento,
sommato a quello di sella, testiera, coperta e feltro, al peso del cavaliere e a quello del cibo
ingerito dal cavallo non deve superare un terzo del peso del cavallo stesso.
Quindi, visto che Merlina pesa 500 kilogrammi e noi possiamo portare un terzo del suo
peso ( 500/3) che è 166,6 kg, il peso del cavaliere più il peso dell’equipaggiamento (32,5kg)
si deve tenere al di sotto di 166 kg. Ovviamente quest’ultima cifra è il limite massimo
consentito: l’esperienza ci insegna a tenerci ben al di sotto. Merlina è un cavallo da
concorso che va benissimo anche nei trekking, ma in genere i cavalli da trekking pesano
meno e il carico trasportabile diminuisce in proporzione.
CAVALIERE
Sulle montagne, anche quando siamo a cavallo, si cammina sempre molto, vuoi per
dare sollievo al cavallo nel superare passaggi difficili, nelle salite impegnative o ripide
discese o per la gioia di camminare. Così diventa utile procedere con un buon paio di scarpe
da montagna nei piedi, non del tipo pesante, ma neanche troppo leggere, una via di mezzo
insomma, con il Vibram in buono stato. Questa calzatura va “fatta”; è consigliabile per
questo motivo non partire per un trekking con gli scarponi nuovi, ma solo dopo averli usati
un po’di volte. La scarpa deve essere impermeabile e resistente, quindi quelle fatte con pelle
e Goretex sono meno indicate, tendono a perdere con il tempo la loro impermeabilità.
Ricordiamo che nelle salite, e soprattutto nelle discese, è facile pigliarsi un “pestone” dal
cavallo, ed il suo piede è sempre ferrato: la scarpa con il cuoio più spesso protegge di più
anche in questo caso.
Altro discorso va fatto per le calzature da allenamento, come le scarpe da ginnastica o
gli stivali ( cogliamo l’occasione per ricordare che in Francia esiste un tipo di stivale
chiamato randonneur espressamente concepito per gli addetti ai lavori, robusto,
impermeabile, con la para che lo rende adatto anche per camminare su terreni difficili; lo
usano i grooms e durano molto anche usandoli a lungo).
Tra il piede e lo scarpone ci vuole il calzettone di lana, ma questo lo sanno tutti.
Nei lunghi itinerari è utile avere con sé una comoda scarpa da ginnastica per far
riposare il piede dopo la marcia faticosa.
Sopra il “vecchio scarpone”, per proteggere il polpaccio c’è la ghetta di pelle. Le
ghette hanno tre scopi: riparare la gamba da eventuali “pestoni”, proteggere il fondo dei
pantaloni dal sudore del cavallo e, per quei cavalieri che non hanno assetto perfetto, per
proteggere il polpaccio dalle ferite che provoca lo staffile.
Il machete da sella Abbiamo imparato ad usarlo dai vaqueros messicani, lo portiamo sempre
appeso all’anello anteriore sinistro del feltro ed è infilato tra questo e il quartiere della sella.
Per essere portato in questo maniera deve essere: leggero, sottile e flessibile per non
arrecare fastidio; quindi non tutti vanno bene, ma solo quelli appositamente concepiti; sono,
in genere, sudamericani da canna (da zucchero) e risultano molto utili anche se possiamo
non averne bisogno per giorni interi; accade, per esempio, che d’improvviso si incontri un
sentiero che dobbiamo ripulire per percorrerlo: allora sperate di averlo con voi. Nei casi in
cui il sentiero è invaso completamente dai rami di pino e dalle sterpaglie, il primo cavaliere
“ apre” il grosso del passaggio lasciando il suo cavallo dietro con le briglie legate intorno al
collo, mentre il secondo cavaliere rifinisce il percorso tenendo le briglie del suo cavallo. Un
sentiero inutilizzato da anni va ripulito a dovere: spezzoni appuntiti, lasciati qua e là,
possono provocare ferite nel costato del cavallo, a volte anche gravi, soprattutto se abbiamo
un soggetto un po’ pauroso. Inoltre i rami non tagliati possono rovinare la sella, ricordarsi
inoltre che pulire sentieri è un servizio gradito a tutti. Va da sé che un machete affilato torna
comodo anche per montare il campo serale.
Dentro il nostro cilindro, al quale abbiamo accennato poco fa, mettiamo le cose
impiegate di notte e che non devono essere a portata di mano nel corso della giornata e cioè:
sacco a pelo leggero o pesante a seconda della quota e della stagione, tuta da ginnastica di
cotone, pila, maglione caldo e leggero ( l’alpaca va benissimo per questo uso), ecc.
Legato dietro l’arcione sotto il cilindro c’è anche l’impermeabile per il cavaliere. Un
buon impermeabile appositamente concepito con lo spacco posteriore per restare ben
inforcati ci protegge perfettamente dal temporale improvviso o dalla pioggia che può durare
anche alcuni giorni. Infatti durante un trekking spesso dobbiamo continuare la marcia anche
se veniamo sorpresi dalla pioggia. Le precipitazioni in estate sono sovente a carattere
temporalesco e in genere durano poco e il cavaliere può aspettare che passino e poter quindi
ripartire. Ma nei nostri viaggi, anche quelli effettuati nella bella stagione si possono trovare
giornate piovose, di quella pioggia che cade a lungo e fitta. I cavalli non patiscono l’acqua,
lo sappiamo; naturalmente dobbiamo essere accorti, come sempre d’altronde, a non farli
sudare, rispettando i problemi della temperatura corporea rispetto a quella esterna per
evitare pericolosi e repentini raffreddamenti.
I cavalieri per poter continuare confortevolmente la marcia sotto la pioggia dovranno
infilarsi l’impermeabile.
Complemento dell’impermeabile è il cappello di feltro a falda larga; protegge gli occhi
e la testa dai raggi del sole e soprattutto dall’acqua; esso può essere di merinos o lapin:
entrambi sono resistenti, ma il lapin è sottile e morbido, mentre il merinos è più spesso e
grossolano. Ogni tanto è bene spruzzargli sopra un po’ di appretto per mantenere
l’impermeabilità. Possiamo forare la falda con un’occhiello, nel quale far scorrere un laccio
di pelle per assicurarlo alla sella quando non lo usiamo; può avere un sottogola o, meglio
ancora, un sottonuca; personalmente però non uso né l’uno né l’altro. Un buon vecchi
cappello di feltro della giusta misura non vola via quando è ben messo, anche se si
galoppa veloci; se incontriamo bufera basta passargli sopra il foulard e annodarlo sotto il
mento per non farlo volar via. D’inverno, però, conviene adoperare i colbacchi di pelo o di
montone come quelli dei trappers; sono belli e tengono caldo.
Come si è potuto intuire da queste brevi note, riguardo all’abbigliamento personale nei
trekking non ci sono regole fisse o etichette da rispettare, e ognuno si infila gli indumenti
che ritiene più comodi e adatti.
Ultima nell’elenco la borraccia; dev’essere di forma rotonda e piatta e contenere circa
1 o 1.5l d’acqua; si fissa all’anello anteriore destro del feltro e la sua forma serve a non
infastidire il cavallo e a non farla sobbalzare quando si trotta. Purtroppo borracce del genere
se ne vedono poche in commercio e molti trekkers hanno dovuto farsele loro.
La gamella di ferro serve per far bollire l’acqua per il caffè nei campi serali. Gli
articoli che abbiamo descritto sono quelli che ci portiamo di norma sempre appresso, cioè
legati all’arcione o dentro le bisacce, a seconda della durata del trekking o della stagione.
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