SOMMARIO

Anno IV
Numero 1
Gennaio 2012

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ARCHIVIO

 

 

 

 

POSTA

"state sereni"

Tornare in città fa venire il mal di testa. E non si capisce bene se sia per via del fatto che si è già in ritardo anche se non sono affatto le cinque e mezzo del mattino ma sei incazzato come se ti ci fossi svegliato per davvero. E mi torna in mente il bel sorriso di Claude all'alba, con l'acqua calda della teiera sul fuoco, che sveglia tutti un pochino prima dell'orario stabilito perché da solo nella bruma si stava annoiando. Claude che con il suo fare sornione mi prende per il culo perché mi trascino dietro il sacco a pelo come la coperta di linus e vado a sbattere contro i pali per quanto sto rincoglionita dal sonno ma poi, appena riesco a connettere, mi si siede vicino e mi regala un po' della sua saggezza: è importante partire all'alba quando si è in montagna perché il percorso è una scommessa ed il tempo è imprevedibile, quindi è meglio evitare di rimanere smarriti nel buio nel mezzo del cammin di nostra nuova vita ad alpitrek. Io però quando sento la voce potente del Capo che grida "Ugooooo" sono comunque contenta che non stia chiamando me bensì gabriele, ugo per gli amici, chissà poi perché. Ugo sa un sacco di cose sui cavalli, sulla monta americana e sull'horsemanship, eppure ha l'umiltà di dirtele soltanto se gliele chiedi, senza stare li a riempircisi la bocca dall'alba al tramonto come fanno tanti proprietari di cavalli cittadini. Il suo puledro ha la psoriasi da stress, proprio come il mio compagno di vita, Alberto: ed io penso che entrambi partecipano della stessa natura e non sono fatti per vivere in città o essere chiusi fra quattro mura, che sia un box o un ufficio non fa molta differenza… comunque è sabato mattina ed io mi rigiro come una cotoletta nel sacco a pelo, almeno un altro paio di volte, farneticando ad alberto, sempre lui il mio spirito guida, qualcosa sulle musette da dare ai cavalli. Ma tanto, quando arriviamo noi, le hanno sempre già date. Già, perché c'è il braccio destro del capo, Arianna dagli occhi attenti, che sembra sappia sempre cosa stia per accadere e che ha la virtù di trovarsi sempre a portata di mano di chiunque abbia una qualche domanda idiota sui sassi lungo la via, sull'altitudine della montagna, sulla testiera che chissà come andrà allacciata. Arianna ha la determinazione di un soldato e la calma di un ufficiale: è capace di dare ordini senza far vivere l'umiliazione di dover obbedire per forza. La virtù è quella di saper dire sempre la cosa giusta. Arianna ha lasciato la sua vita sicura da ufficio e tacchi a spillo per andare a vivere nella riserva. Per molti la riserva, anche se è soltanto un villaggio spirituale e non una residenza fisica, è una vera e propria ragione di vita. Luchino ad esempio vive a Torino e lavora in un parco ma tiene il suo cuore in un baule che lascia sotto il fienile a Giaveno. È così pulito che non sembra aver dormito all'adiaccio per tre giorni come gli altri, che iniziano a prendere il colore e l'odore della terra e delle foglie… che inziano ad avere negli occhi la luce dell'alba, come la dolce Cecilia, che studia all'università mentre Topo l'aspetta serenamente brucando l'erba alle pendici della montagna. E l'obiettivo dell'allegra brigata è quello di arrivare a duemila metri, fra le pendici innevate di quel panorama silenzioso che si scorge all'orizzonte. E per vedere la cima di un monte all'orizzonte non importa quanta neve bisogna spalare, quanto bisogna faticare, quanta strada bisogna percorrere, quanto tempo deve ancora passare. La fede lungo il cammino riscalda la via, il desiderio spira attraverso gli animi e i sorrisi in direzione della vetta. Il regime sembra militaresco: tutti in fila per uno, tutti ad una debita distanza, tutti molto attenti a stabilire le gerarchie; l'unico elemento che tradisce la gerarchia è la costellazione di occhi sereni che rispondono allo sguardo goliardico del capo. Tutti sanno come comportarsi, l'accordo è implicito e condiviso: ed è questa l'atmosfera in cui ogni ordine diviene un consiglio dettato dall'esperienza.  Una sera il grande Mauro davanti al fuoco scherza sulle donne. Io lo punzecchio dicendogli che le donne gli servono, a dispetto di quanto possa credere: lo dico guardandomi attorno ed apprezzando il suo esercito di amazzoni. Lo sguardo fiero della sua guerriera solitaria, Paola, che ci racconta del suo cammino di Santiago e delle altre donne a cavallo che ha incontrato lungo la via. Paola ci parla del suo equipaggiamento da viaggio con lo sguardo basso, perché ogni stoffa che porta con sé le ricorda un frammento del suo passato, perché ogni scatolina che apre per spiegarci a cosa serva sembra nascondere una dimensione intima, quella del racconto di un giorno che ha reso la vita degna di essere chiamata tale. Quella di una persona che con un semplice regalo ha donato nuovamente la fiducia di poter continuare ancora a credere nell'intima bontà dell'uomo, come scrisse un giorno Anna Frank. Paola porta con sé dei turchesi da regalare alle persone gentili che incontra nel cammino, quelle che non vogliono soldi per l'ospitalità; non perché il turchese abbia una gran valore, quanto piuttosto per perpetuare la sacrosanta legge del "bastailpensiero". Mauro crede che le donne lo abbiano amato per due ragioni: la prima è che le ha fatte sognare. E forse continua a farlo tutt'ora regalando sogni e strumenti di spedizioni lontane ai sui adepti. E non c'è bisogno che siano solo donne. Alberto ha sognato che divenisse il suo maestro per un lungo inverno. Ha immaginato di andare a vivere con lui nella tenda degli indiani ed abbandonare così la civiltà per intraprendere il suo cammino di uomo fra gli uomini con quella saggezza che ancora non cerca dentro di sé per via della giovane età. Io ero gelosa e incazzata per via dei suoi sogni, e quando ho conosciuto Mauro lo sono stata ancora  di più perché certi spiriti si riconoscono al primo sguardo, non trovano mai tregua, non piantano mai la tenda, se non per ospitare qualcuno e la loro permanenza sul tuo cammino è sempre incerta, dipende da quello che gli spiriti gli sussurrano all'orecchio. La seconda ragione per cui Mauro è stato amato dalle donne, a suo dire, è che le ha sempre trattate come esseri umani. Io ingoio saliva ed immagino che si riferisca alla parità fra sessi, anche se è una di quelle visioni della parità fra sessi che risulta all'apparenza tipicamente maschile. Ma quel che conta sono i fatti. E nei fatti gli esseri umani sono tutti uguali di fronte al cammino. La sua compagna l'ha lasciato quindici anni fa gettandolo, sempre a suo dire, nella disperazione più profonda. Ma una famiglia Mauro si può ben dire che l'abbia. Ma il legame a due, quello convenzionale, pare non abbia più ragion d'esistere di questi tempi. Anche se saulo e clara hanno lo stesso sguardo e magari faranno dei figli dagli occhi blu. La famiglia di Mauro invece è una di quelle famiglie indistruttibili, nate dalla passione di un ideale e non dalla formalità del dover stare assieme per convenzione, per necessità, per buonsenso. Non c'è nulla di ostentato, non c'è nulla di apparente. Il legame è profondo, saldato con il cinismo delle sofferenze e delle delusioni affrontate assieme, quelle ferite di guerra riportate durante la vita fuori dalla riserva. Riscaldato al sole caldo delle cime raggiunte in fila per uno, insieme attorno ad una cena al tramonto.  La montagna unisce gli uomini, i ritmi della natura li rendono più umili, il freddo della notte li rende più vicini. Anche quelli seri e scrupolosi, come Alberto quello grande con la bella appaloosa che montava Sandrine (quella bella amazzone che la jungla ha cercato di rapire quando è rimasta appesa al roveto), che parla così poco e solo a ragione, nasconde un universo di emozioni che solo gli amici possono immaginare. La prima tappa del viaggio è il bosco di Roberta: io la immagino dapprima come una strega che vive nei boschi quando invece scopro che Roberta è l'elfo preposto al nostro cammino. Roberta e Dan IV vegliano su di noi, ci trovano ovunque al tramonto, a volte c'incrociano anche lungo la via. Il loro sguardo è sereno, i loro movimenti sono tranquilli, la natura il loro elemento: ci si può fidare, ce l'ha detto il vento. I loro spiriti sembrano abitare su quel confine in cui gli uomini sono tutti uguali. Poi il tempo che passa inizia a confondere i tempi e le tabelle di marcia, ricordo zoccoli sull'asfalto e ruscelli prepotenti, signore affacciate a salutare lungo i vicoli e animali impegnati a nascondersi fra le foglie. Un rapace in circolo su di noi. Ricordo una notte in cui il telo su di noi era tutto bucato ma a me sembravano stelle, Alberto russava ed io ero così felice; ricordo quando alla Sacra ci siamo accampati in discesa ed ho sognato per tutta la notte di rotolare verso quelle luci laggiù, quelle della civiltà che sembrava così lontana; ricordo che siamo passati tutti assieme sotto alla porta dello zodiaco, proprio come un esercito celeste guidato da San Michele abbiamo cercato di liberare il cuore dalle persecuzioni, abbiamo sostato sulla scalinata dei morti ad ascoltare quel prete simpatico che, a forza di abitare lassù da solo, pare che con la morte ci abbia fatto amicizia. Io con la morte continuo ancora a farci a botte tutti i giorni perché ho troppa paura e troppa voglia di vivere che basta per me e per tutti quelli che mi circondano e sono ben lontana dallo spirito ascetico di un'abbazia, così, lassù da sola fra le rocce, però so soltanto che noi tutti assieme abbiamo attraversato il portale dello zodiaco e questa è una cosa che ricorderò finché campo, una di quelle cose che si raccontano ai figli, perché in fondo lo zodiaco è la strada maestra del sole, della luna e degli altri pianeti e mi piace pensare che in qualche modo, guidata da voi attraverso le alpi, anche io abbia trovato una specie di strada, certo ricca di contraddizioni come del resto lo è anche il portale, ma che vada oltre l'ira, la lussuria, la falsità, il tradimento e Sansone con tutti i filistei… insomma, tanto per completare le mie curiosità erudite ho fatto delle piccole ricerche sui nostri racconti serali, scoprendo che la terza punta del triangolo sacro assieme a San Michele ed a Mont Saint Michel in Francia, è proprio l'abazia di Monte Sant'Angelo, ovvero la chiesa di un piccolo paese sul Gargano in cui passai per caso quando un'estate mi si ruppe il furgone da quelle parti. E 89 gradini mi sembravano così tanti in agosto che stavo quasi per desistere quando una vecchietta tutta nera mi disse che mi avrebbe preso per mano, se volevo, perché lei li faceva tutti i giorni quei gradini… se dunque l'ultimo passo del mio personalissimo pellegrinaggio è quello di arrivare a Mont Saint Michel, mi domando perché mai non organizzare una spedizione tutti insieme a questo punto, che arrivi addirittura fino in Francia, che tanto pure quella è terra di cavalli. So bene che, secondo il vostro stile, dovrei partirmene da sola e fare il mio cammino iniziatico, ma io sono una irriducibile compagnona e quindi almeno tentar di creare un'allegra brigata non nuoce… soprattutto mi sono rimaste alla mente le parole della dolce cecilia, lo spirito nobile del gruppo, che l'ultima sera ci ha detto, a bassa voce " quante volte vi fermate a guardare l'alba? Sono sempre troppo poche…". E Vittoria che non aveva parole inutili da buttare così davanti al fuoco perché lei punta all'essenziale, perché lei doveva pensare al percorso del giorno dopo, perché non aveva altro nella mente se non i passi del suo Soldato e la preoccupazione per la sua tosse. E poi l'ultima sera mi sono ritrovata di nuovo davanti al fuoco come d'estate con gli amici, ed invece erano tutti pressocché sconosciuti, ma tutti sorridenti come vecchi amici. C'era il militare di professione che si è arruolato per andarsene di casa, c'era la guida equestre del parco del rossore che passa la sua vita a cavallo ed in vacanza ha pensato bene di farsi una settimana a cavallo. Insomma c'era un sacco di gente che fatico quasi a ricordarne i volti ma in fondo non ho scritto per questo, il mio era piuttosto un desiderio di ricordare, di ricordarvi tutti anche solo per un particolare, per tenervi vicini al cuore ancora un po', in attesa del freddo del prossimo inverno insieme…

cristiana