SOMMARIO

Anno IV
Numero 1
Gennaio 2012

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ARCHIVIO

 

 

 

 

RACCONTO DI UN'UGGIOSA GIORNATA
DI META' GENNAIO
di Pinocowboy

Una breve escursione a cavallo di 5 ore fatta Domenica 9 Gennaio.
Una cosa da nulla nella vita di un centro ippico, e men che meno per cavalieri con una modesta esperienza. Ogni dettaglio però è fedelmente corrispondente al vero.

Appena sceso dall’auto, dopo cinque ore di viaggio, e mentre si accingeva al disbrigo delle operazioni di scarico dei bagagli, quel cellulare che suonava gli era parsa una seccatura non desiderata. Ma quella meticolosa cella lassù aveva fatto maledettamente bene il suo lavoro, ed era etico rispondere. Una voce a lui ben nota abbassò la bandierina del via alla conversazione: “Ciao Cowboy, sono Giacomo Aquila Rossa, tutto a posto?” Istantanea la risposta, di getto, dal più profondo del cuore: “ Ciao Jack!- Che si dice dalle tue parti?” – “Domani usciamo a cavallo?” Fulminea la replica, quasi fosse lì da tempo, in attesa di infilare l’uscita giusta: “Certo che sì, a che ora ci troviamo?” Dall’altro capo del ponte telefonico una breve, inequivocabile sentenza, da uomo di legge: “Piede nella staffa alle 10,30” – “Ci sarò. A domani”

Così, nelle prime ore del giorno, avvolti nella umida nebbia di una uggiosa giornata di inizio anno, due uomini a cavallo, ben impachettati nei loro pastrani e con colbacchi alla David Crockett, si muovevano perfettamente a loro agio nel folto di una boscaglia di abeti selvatici. Erano parte stessa della natura. Gli zoccoli dei cavalli lasciavano sul terreno bagnato impronte modeste, segno evidente che il terreno poco più sotto era ancora gelato. Meglio procedere al passo.
Lasciato alle spalle lo stretto sentiero tra i pini, l’assoluto silenzio della piccola radura che adesso si apriva davanti ai loro occhi li rendeva più attenti. Forse dovuto all’inconscio atteggiamento di difesa ereditato dalle tante letture sui mountain men, quella loro attenzione ottenne il risultato di avvistare all’altro capo della radura un branco di caprioli che brucavano i pochi fili d’erba risparmiati dall’inverno. Solo un cenno tra i due, ed entrambi divennero immobili come statue. Giusto il tempo di mettere bene a fuoco quel piacevole incontro, che già quei graziosi animali scomparivano veloci nel bosco sulla destra.
Ripreso il cammino, di quando in quando, il focoso pezzato di uno dei due, evidentemente rimasto troppo tempo chiuso in box, manifestava il suo disaccordo per la scelta del percorso, improvvisando figure di un rodeo fuori luogo, subito richiamato all’ordine dalla salda mano del mountain man. Cresciuto ad immagine e somiglianza del suo cavaliere, dopo anni di dure arrampicate, notti all’aperto in posti mai visti e passaggi oltre il logico ardire, quell’esperto destriero dimostrava essere diventato un suo diritto discutere sul da farsi. Credo non sappia che i cavalieri amano le salsicce.
Lasciata alle spalle la piccola radura, ora il sentiero iniziava decisamente a salire, tra una vegetazione brulla e discontinua, mentre la nebbia e l’umidità facevano a gara per contendersi il primato del disagio. In compenso lo spettacolo che man mano andava presentandosi ai loro occhi diventava sempre più suggestivo. Soli, su quella piccola montagna, non si sentivano per niente sperduti in quel mare di nebbia, anzi, nei loro cuori sicuramente la amavano. Poi d’improvviso, come la visione desiderata che appare all’esploratore sperdutosi nel deserto, ecco l’ormai vecchio e scuro gazebo, zuppo d’acqua come se fosse appena uscito da un violento temporale. E’ lì da anni, ma pareva stesse aspettando proprio loro.
Conosco bene le loro storie. Aquila Rossa e Cowboy fanno ormai parte del mito dei cavalieri che frequentano il centro del Pueblo. Già anni fa, era noto il monito: “Se vedi due a cavallo, uno senza sella e l’altro con un pezzato, gira alla larga, o ti troverai nei guai”. Il tempo li ha moltiplicati.
A ben osservarli, niente trapelava della loro vita di tutti i giorni, ed ancor meno quando, seduti sulle umide panche di quello sperduto gazebo in cima ad un colle, che solo qualche carta battezza con il nome di Costa Bella, consumavano il loro frugale pasto e bevevano un caldo vin Brulè.
Lassù la nebbia la potevi sicuramente tagliare con il coltello, ma credo che mai nebbia fu più amata di quella.
Poi il ritorno.
Avanzavano senza fretta, e durante il loro procedere i due cavalieri parlavano con calma delle loro vicende, si raccontavano coloriti episodi della loro esistenza, colmando il buio dei giorni vissuti lontano, con il cuore colmo di infinita gratitudine verso l’Onnipotente, che stava donando loro una delle tante indimenticabili giornate vissute a cavallo.
Poi, come sempre, giunti al Saloon del Pueblo, un whisky e via, nuovamente inghiottiti dalla vita di tutti i giorni.


By Pinocowboy