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Anno IV
Numero 2
Maggio 2012

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EPILOGO

Il  selvaggio cacciatore delle pianure non  considerava sé stesso superiore alle altre creature, ma solo diverso.

Non credeva nell’immortalità dell’uomo anzi, come abbiamo visto, cercava la morte, considerata come un dono del Grande Spirito. Tramite questo dono poteva finalmente accedere al più Grande Mistero.

Era selvaggio e primitivo.

Fuggire la morte era per lui sbagliato perché innaturale. I quadrupedi morivano, i volatili anche, le erbe e le piante della prateria morivano anche loro.

L’uomo bianco considera la morte come una specie di punizione, con timore e orrore.

Per il guerriero selvaggio era invece il premio che nobilitava la vita.

Ricordo Tocca le Nuvole quando, uscito dalla baracca, guardandoci negli occhi, disse: “E’ bene che sia così, egli ha cercato la morte ed essa è arrivata.”

Stringevo il fucile con il serbatoio pieno sotto la coperta, e la rabbia impotente che avevo nel cuore si trasformava in una sorta di rassegnata disperazione che per assurdo assomigliava quasi ad una lieve serenità.

Stordito e solo tornai nella tenda.

Era la notte tra il 5 e il 6 settembre 1877.

Ero a Camp Robinson, nell’attuale stato del Nebraska.