SOMMARIO

Anno IV
Numero 3
Dicembre 2012

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ARCHIVIO

 

 

 

 

La FORTEZZA del MALAMOT
la struttura durante
di Claudio Servetti

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Realizzata nel 1889 per contrastare eventuali infiltrazioni francesi nella conca del lago Bianco o della Pattecreuse, la caserma difensiva "Malamot" è la fortezza  con l’altitudine più elevata di tutto il complesso difensivo del Moncenisio trovandosi a m. 2913 s.l.m.

La struttura segue la conformità rocciosa della cresta Malamot inglobandosi con essa tramite 3 salti di murature in pietra con putrelle gettate in calcestruzzo su 2 piani fuori terra. Le feritoie percorrono il perimetro battendo le aree circostanti assieme a 2 caponiere che controllavano lo sviluppo delle mura. Circa 200 uomini di presidio e 4 mitragliatrici "Gardner" facevano il resto.
All'estremità Nord-Ovest dell'opera si sviluppa una ripida scalinata che guadagna la vera cima del monte Malamot dove è situato l'osservatorio in torretta metallica  riparato da una struttura in cemento realizzata
 appositamente per proteggere dalla nevicate.
 Verso il fronte meridionale una piazzola circolare poteva ospitare due cannoni mantenuti all'interno che potevano incrociare il fuoco con la vecchia postazione esterna.
Un po’ ovunque, attorno all'opera difensiva, i nomi dell'epoca assieme ai loro gagliardetti, sono ancora incisi e leggibili dalle dure pietre che in silenzio ricordano chi fu comandato di guardia al "Malamot".

giugno 1940. Si sfascia la musica e devo separarmi così, non senza una stretta al cuore da tutti i miei cari amici. Io sono destinato ad una compagnia che sta molto lontano, la 3a compagnia cosiddetta compagnia alpina. Sono solo e parto alla sera e arrivo il giorno successivo alle ore 2 pomeridiane. Qui sono in mezzo alla neve, altezza 2600,  la vita qui è molto dura, fa freddo, sempre neve e tormenta, quasi mai si vede un raggio di sole,  si mangia male e non si può avere nessuna comodità.
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                                                                                      Stambecchi al Malamot

 

Come raggiungere il forte

Uno splendido itinerario di alta montagna in un ambiente solitario e selvaggio, tra spettacolari vedute sulla conca del Moncenisio e sui numerosi tremila che la circondano.

La vetta del Malamot, isolata e altamente panoramica, è raggiungibile con una bella carrareccia militare che risale, con numerosissime svolte sorrette da spettacolari muri a secco, il versante settentrionale delle montagna. La strada termina in prossimità dei ruderi della grossa caserma difensiva costruita alla fine dell’ottocento sulla cresta terminale subito sotto la cima. Lungo tutto il percorso sono imponenti i resti di istallazioni militari campali e in caverna.

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                                                                                                                 Cody

Abbiamo dormito malissimo e nella notte una gelida nevicata porta un freddo insopportabile. Siamo tutti intirizziti mentre la fame concorre a farci soffrire. Durante la giornata leviamo le tende e ci portiamo nelle caserme della G.A.F. al Giaset del Malamot, qui si sta un po' meglio, si può gustare il rancio quasi tutti i giorni. Nel pomeriggio  viene l'ordine di partire alla volta della Francia. In poco tempo si è raggiunto e oltrepassato la frontiera. Davanti a noi c'è l'avanguardia costituita da un battaglione del 63o Fanteria. Scendiamo su di una strada molto scomoda e arriviamo in val Savin che la notte è alta. Restiamo qui tutta la notte colle armi piazzate mentre la pioggia non ci dà un istante di tregua. L'alba ci trova tutti tremanti di freddo, bagnati al punto che abbiamo tutti i vestiti appiccicati alla pelle. Qui troviamo i primi morti, la pattuglia G.A.F. massacrata. Il 63o ha già dovuto affrontare un attacco ma riesce a infiltrarsi. Nel pomeriggio partiamo anche noi facendo la strada del piccolo Moncenisio. Camminiamo tutta la notte e nessun inconveniente ci ferma, si sente solo nella valle più avanti il tuonare rabbioso dei cannoni nemici. I nostri della G.A.F. Artiglieria dal Malamot rispondono ma con tiri imprecisi mentre il nemico pratico del suo terreno batte qualunque sito.
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 Ricoveri del Giaset

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 l'osservatorio in torretta metallica                                Forte Varisello

 Dallo spiazzo la strada aggira l’altura su cui sorge il forte Varisello, la principale opera del campo trincerato del Moncenisio, disarmata e trasformata in caserma all’inizio del novecento.

Evitato un bivio che scende verso la Gran Croce si svolta a sinistra al successivo iniziando la lunga ascesa.

Dopo poche centinaia di metri si ignora la strada proveniente dai laghi del Roterel per iniziare una lunga serie di tornanti che fanno rapidamente prendere quota alla carrareccia.

In prossimità del terzo chilometro un’evidente traccia di sentiero raggiunge in poche decine di metri la porta garitta addossata alla parete rocciosa della batteria in caverna B2 armata con quattro cannoni da 75 mm su affusto ruotato.

Ritornati sul percorso principale si prosegue in leggera salita affrontando una lunga serie di tornanti fino a giungere su un ampio pianoro dove sorgono i ruderi dei tre grandi ricoveri del Giaset costruiti nel 1889 per ospitare le numerose truppe di guarnigione alle diverse postazioni campali dei dintorni. Raggiunto un ultimo bivio si trascura il ramo di sinistra che conduce al lago Bianc per salire nello sterile roccioso vallone che termina con il colletto del Malamot.In prossimità del colle sorgono tre piccoli centri in caverna raggiungibili e visitabili negli interni con una digressione di poche centinai di metri.

Scendendo verso nord lungo la mulattiera per la Pattacroce si incontra, dopo pochi minuti, l’evidente torretta metallica del centro 9, resistente ai medi calibri e munita di quattro aperture protette da scudi ruotanti; questa cupola corazzata pesava fino a 16 tonnellate e permetteva l’installazione di due mitragliatrici contemporaneamente. L’opera venne costruita nella prima metà degli anni trenta a 2700 m di quota ed era armata con cinque mitragliatrici e servita da trenta uomini.

A nord-ovest del colletto su di una piccola altura tondeggiante, si nota  un’altra torretta metallica per mitragliatrice fiat appartenente al centro 8, una piccola installazione con tre postazioni e un piccolo ricovero sotterraneo in ottime condizioni.

Raggiunta nuovamente la strada del Malamot, si prosegue in leggera salita a mezza costa lungo lo scosceso versante nord della punta di Droset fino ad arrivare, in venti minuti, davanti all’imponente muro con doppio ordine di feritoie della caserma ottocentesca.

 

 Sono di vedetta. Il sito è molto bello, bello perché si è in montagna e la vista ha sempre qualcosa di bello da godersi. Ecco, per esempio in questo momento nel viale che passa in basso si vedono degli ufficiali a cavallo, vanno al trotto e si allontanano e scompaiono dietro una curva. Solo il ruscello compiendo un'acrobatica cascata corre e lo vedi sempre al suo posto. E gorgoglia il ruscello, chissà quante cose dirà nel suo linguaggio, forse manda un saluto alla montagna, agli abeti che impassibili lo guardano coi suoi rami ondeggianti, cullati dal vento. Il sole sta per tramontare, già i suoi raggi si indeboliscono. Le nubi che sembrano posate sulle cime coperte di neve sono baciate da questi ultimi raggi e mandano dorate scintille, pare che ringrazino il sole che col suo benefico calore le abbaglia. Intanto il sole è scomparso, lo si vede ancora sulle cime alte. È bastata la sua mancanza per cambiare l'aria, è già diventata più fredda. Già l'impressione della notte mi fa scorrere un brivido sulla pelle. Che contrasto tra il giorno e la notte in montagna. Di giorno tutto è bello, caldo, la montagna ha belle forme e colori: mentre di notte cambia totalmente aspetto. È tutto nero e l'aspetto del monte è orribile, mostruoso. L'aria gelida coadiuvata dalla nebbia umida ti batte sulla faccia facendoti intirizzire, è tutto un complesso di elementi cattivi che ti fanno trovare il tempo smisurato. Ed io dovrò stare qui a provare tutti questi mali. Il sole di domani sarà il premio per i disagi passati nella notte.