SOMMARIO

Anno V
Numero 1
Aprile 2013

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ARCHIVIO

 

 

 

 

IL BASTO

di Mauro Ferraris
II basto serve a trasportare materiale sulla groppa di bipedi e quadrupedi.
Gli uomini che trasportano materiale sulla propria schiena sono chiamati ”portatori” mentre i quadrupedi “animali da soma”
Dromedari cammelli yak lama cani e perfino pecore sono ancora in molte parti del mondo utilizzati per alleviare la fatica dell'uomo, ma in Europa e nelle Americhe sono considerati animali da soma per eccellenza gli equini. Primo fra tutti il mulo seguito da asini e cavalli.
L'antica rete stradale di fine ottocento estesa ma primitiva, costituita da sentieri spesso scoscesi ed impervi, una volta ben segnati e battuti, non rendeva possibile la viabilità ai carriaggi; ecco la grande diffusione del basto nei territori desertici e montagnosi.
L'avvento degli automezzi e l’aumento della superficie stradale avevano già da tempo relegato i quadrupedi da basto nelle zone marginali, quelle solo sfiorate dal progresso.
Ora elicotteri fuoristrada e la relativa espansione della rete stradale alpina d'alta quota (troppo spesso realizzata in maniera delittuosa) hanno dato il colpo di grazia a questo vecchio mestiere, a questa antica cultura legata all'origine del lavoro dell'uomo.
Quando nel 1989 ho accompagnato i muli del nostro esercito nell'ultimo campo prima del definitivo congedo mi ero reso conto che la storia del basto era finita almeno nel nostro paese e le abitudini ad essa legate sarebbero, in fretta, scomparsi.
La figura del conducente di mulo, il mulattiere considerato, una “cosa” più simile alla bestia che all’uomo entrava nel suo umile crepuscolo recuperato in modo romantico da certa letteratura. “Centomila gavette di ghiaccio”, “II sergente nella neve”, sono esempi eclatanti, ma anche il villano mulattiere Timmons del recente “Balla coi Lupi” viene riscattato quando trafitto da cento frecce Pawnee era più preoccupato per la sorte dei suoi muli che per la sua.
Nel nostro paese, nel decennio passato, il basto era ancora usato:
- nell’Esercito, esclusivamente dalle truppe alpine (artiglierie e salmerie someggiate)
- dall'Enel per la costruzione di alcuni tipi di “Linea”
- dai pochi boscaioli sopravvissuti all'avvento del gasolio nelle stufe
- da pastori per raggiungere nei mesi estivi le malghe in montagna, salendo portavano materiale e legna da ardere, scendendo i formaggi
- da gestori di alcuni rifugi alpini e per la ristrutturazione di baite lontano dalle strade.

L’ESERCITO
L’Esercito ha congedato gli ultimi muli nel 1990 sollevando polemiche; alcuni senza aver mai visto un mulo in vita loro hanno strillato opinioni, giornalisti zelanti le hanno fedelmente riportate annoiandoci tutti.

- I dodici muli di ogni pezzo formano i raggi di un cerchio con la testa all'interno ognuno tenuto dal suo conducente.
- I serventi tolgono i pezzi degli obici che vengono immediatamente montati.
- I basti vengono levati e disposti nell'ordine consueto.
- I muli bruscati e strigliati.
- I muli vengono visitati dal veterinario.
- Abbeverata
- I muli vengono legati ai filari dove ricevano la profenda
- I soldati puliscono i cuscini dei basti, ingrassano il cuoio, eseguono le riparazioni ai finimenti.
- Poi la giornata è finita per tutti tranne per le guardie, ma nel frattempo la giornata è passata.
La colonna è così formata:
La colonna è preceduta dagli esploratori, in casi eccezionali anche dai fiancheggiatori; la colonna è guidata dal comandante di batteria seguita dai muli della B.C.S. -Batteria Comando Servizi-; poi viene il primo capo pezzo con i suoi dodici muli; poi i dodici muli del secondo pezzo, seguono i sellai, chiude la colonna l'ufficiale veterinario con gli infermieri.

Perché l’Esercito ha congedato i muli:
1) Mancanza di uomini: non esiste più il montanaro abituato da civile a trattare con i quadrupedi, la tipica figura del conducente immortalato in "Centomila gavette di ghiaccio" è scomparsa.
2) Distruzione della rete stradale alpina: dovuta allo spopolamento della montagna in seguito della grave crisi agricola ed economica avvenuta nei primi anni del dopoguerra, che ha fatto cessare la costante opera di manutenzione; neve pioggia, erosione, valanghe hanno contribuito a distruggere il resto.
3) La difficoltà di reperire i muli: soprattutto quelli adatti al trasporto dei carichi centrali che devono essere alti circa 1,50 mt., pesare 460 kg, avere una circonferenza del torace di 180 cm e di 21 cm quella dello stinco in quanto devono trasportare i carichi più pesanti coma la "culla superiore" dell'obice che pesa sola 96,1 chilogrammi.
L'Esercito è l'istituzione che per ultima ha rinunciato ai muli, 1'ha fatto  a malincuore, le truppe alpine erano e sono rimaste legate profondamente ai muli, e rinunciare ai propri ricordi più cari è sempre doloroso. Tatticamente un elicottero svolge in 10 minuti il lavoro che un'intera batteria fa in una faticosa giornata. E questo non può essere ignorato.

L'ULTIMA VOLTA
L'ultima volta che i muli dell'Artiglieria di Montagna della Bg. Taurinense sono usciti dalla caserma con gli obici sulla schiena sono passati da casa nostra.
Erano state piantate le tende, tirati i filari piazzati gli obici, tutta la scuderia si era animata. Avevo avuto la fortuna di accompagnarli per tutta la settimana e documentare la fine di questa incredibile storia. Di parlare con i conducenti di mulo che prima della naja non avevano toccato neppure una manza, che non avevano dormito una volta sotto tenda.
La via da seguire scavalcava alcuni colli del Piemonte bellissimi. Gli artiglieri marciavano a fianco dei muli, e quando qualcuno di questi cadeva si "buttavano" coraggiosamente e volontariamente con loro giù per scoscesi pendii. Dopo averli sbastati bisognava riportarli sul sentiero e recuperare il materiale anche a costo di vistose ammaccatture. Difficile da credere, era naja di leva, che faticava e marciava, era una bella naja.
Ho un ricordo bello e malinconico per tutto questo, della fila scura che tagliava la montagna composta da conducenti, muli e serventi, che si allungava in una specie di spina dorsale col midollo pieno di ricordi che attraversando scheletri di borgate abbandonate univa queste ultime una volta ancora  al loro dignitoso passato. 

I MULI NEL BOSCO
I boscaioli insieme ai margari sono stati gli ultimi civili ad usare i muli nel loro lavoro.
Da quando le stufe funzionano meno, legna e carbone hanno perso importanza. Una volta tutto quello che non serviva più e poteva essere bruciato finiva dentro il fornello e scaldando rendeva l'ultimo servizio. Si sprecava poco ed i rifiuti non erano molti.
Il lavoro che adesso fanno ruspe e trattori nei boschi per aprire strade e portare a valle il legno erano una volta svolto dai muli.
I boschi erano curati, tagliando il vecchio cresceva rigoglioso il nuovo, il legno veniva diviso per qualità, le ramaglie raccolte in fascine per riscaldare i forni del pane, le foglie rastrellate: servivano da lettiera (la paglia era costosa e veniva usata più come foraggio) e trasformate in buon letame che, sempre a dorso di mulo, tornava a concimare prati e campi.
II legno ora vale poco, oggi il bosco si taglia solo dove arriva la battuta, potendo caricare direttamente i tronchi sui trattori e anche così il boscaiolo stenta a guadagnare qualcosa.
Dalle nostri parti, nelle alpi occidentali, finchè Libero sarà in salute i suoi muli continueranno il lavoro di esbosco poi, se nessuno prenderà il suo posto, si perderà il ricordo di questo mestiere.

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BARBA DEI MULI 
Libero lo conosco da tempo. Abitava una volta a mezz'ora di cavallo da casa, andavo a trovarlo ogni volta che potevo. Son passati ormai vent’anni.
Viveva in un vecchio fienile, chiuso da tre lati, sotto teneva i muli, con i basti accatastati accanto; una bialera vicina assicurava l'acqua a tutti e non gelava mai, neanche durante il rigido inverno.
I muli quando non lavoravano vagavano per la piccola valle cercando di rimediare qualcosa da mettere sotto i denti oltre la razione di fieno.
Si sentiva il campano in lontananza.
La valle in cui viveva si era trasformata velocemente, il terreno era stato lottizzato e vi avevano costruito sopra una casa vicino all’altra, i vecchi sentieri erano stati cancellati, il bosco, il magnifico bosco respinto più in su.
Libero aveva dovuto sloggiare, nella piccola valle non c'era più posto, senza risentimenti aveva caricato i basti sui muli legato le sue poche cose e qualche prezioso bottiglione di vino. Se n'era così andato in silenzio in una altra valle passando su strade secondarie fuori mano, a cercare nuovi clienti che hanno boschi impossibili da tagliare, dove non esiste strada né possibilità di farla.
Libero Monfroni si chiama così per ricordare un amico anarchico di suo padre morto nella guerra del 15, son pochi a sapere come si chiama, è più conosciuto col nome di Barba, Barba dei muli.
Era arrivato in Piemonte ingaggiato dall'Enel per costruire la "Linea", poi aveva trovato lavoro e si era fermato. Questa persona straordinaria è amata da tutti, ora vive tagliando il ceduo in maniera sapiente, quando ha finito, il bosco sembra un Giardino.
Zoppicando per una vecchia ferita va da un mulo all'altro per caricarli di legna; una volta finita questa operazione, da una voce ed i muli una alla volta, si incamminano per conto loro sul sentiero che li porta a valle fermandosi vicino al luogo dove la legna viene scaricata per essere accatastata.
Aveva trovato una sistemazione alla sua maniera, accanto ad un campo sportivo, vicino al paese, da questa precaria base partiva per trasferirsi anche per lunghi periodi in borgate abbandonate per svolgere il lavoro di mulattiere e boscaiolo. Ma adesso sembra che dovrà andarsene anche di là.
Ogni volta che andiamo a trovarlo torniamo indietro portando qualche cosa, può essere un vecchio prezioso utensile trovato chissà dove o un uovo di gallina fresco. Vive con niente e non ha bisogno di niente.
Si sentono passare le macchine sulla provinciale poco distante, e si ha l’impressione di essere sulla parallela della vita "normale' a volte poco distante ma che non si incontra mai.
Ricordo spesso quando Libero viveva a mezz'ora di cavallo da me, ormai molto tempo fa, a stento riuscivo a mettere insieme la sera un po’ di fieno per Geremia e Tobia la capra e un pezzo di pane per me, adesso ho poco ma ho nostalgia di quando avevo ancora meno, e potevo passare con Libero giornate intere, a parlare di niente, vivendo con il cavallo vicino, al pascolo beato. Senza parlare di cose colte e intelligenti, dove il miracolo di una vita semplice e meravigliosa avveniva gustando un pezzo di formaggio e un bicchiere di vino. Vivendo senza nemmeno aver bisogno di capire
che la ricchezza non consiste nel possedere le cose ma nel poterne fare a meno.
Questo Libero lo sa.


IL BASTO NEI TREKKING
Se è vero che il mondo del basto legato al lavoro sta scomparendo dal nostro paese è anche vero che cresce l'interesse verso di esso da parte di quanti  si occupano del trekking a cavallo. In effetti il basto sta entrando paradossalmente nel concetto del diporto.
Molti cavalieri di campagna affascinati delle immagini americane scattate sulle Montagne Rocciose accarezzano l'idea di farsi accompagnare nelle loro escursioni da cavalli da soma per poter portare il materiale necessario alla progressione.

La mia esperienza: mette in guardia coloro che vogliono usare il basto nei trekking a cavallo.
Motivi:
- un cavallo con il basto ha più ingombro di un cavallo da sella senza cavaliere, pertanto trova più difficoltà nel procedere su sentieri stretti, passarelle con sponde, attraversare boschi; in questi casi il quadrupede viene prima scaricato, quindi portato sull'altra sponda, il materiale viene a sua volta trasportato a piedi dai cavalieri che dovranno poi rifare il carico perdendo tempo e con fatica.
- le mulattiere non esistono praticamente più, sono state sostituite da strade o piste carrozzabili, esse tenevano conto degli ingombri del carico ed erano per questo larghe, i sentieri che le sostituiscono creano inconvenienti di cui sopra.
- il quadrupede da soma deve essere affiatato con gli altri cavalli ed il cavaliere che lo conduce deve essere esperto. Questa non è cosa facile da realizzare occorre avere esperienza tempo e pazienza per ottenerlo.
- i passaggi difficili e ripidi, quelli che di norma vengono superati saltando in terra e procedendo con il cavallo sottomano, possono diventare pericolosi per la soma che ovviamente non può scaricare il suo peso.
Conclusione: il tutto diventa più complicato soprattutto per gli ignari che pensano di non complicarsi la vita scaricando sul basto il loro materiale pesante ed il più delle volte superfluo.

Quando uso il basto:
- per portare il materiale pesante (batteria da cucina - tende - attrezzi da campo) a gruppi di persone che marciano nei campi mobili a piedi alleggerendo il peso che devono portare sulle spalle, questo capita con gli scouts nei mesi estivi o quando si decide l'uscita con un gruppo di amici che non possiedono cavalli.
- per portare viveri materiali vari legna da ardere agli alpeggi o baite isolate, od il materiale necessario alle loro riparazioni e manutenzione.
In effetti la forte antropizzazione del nostro territorio ci permette di trovare spesso centri abitati dove poterci rifornire, le sconfinate e deserte praterie sono più lontane, e per affrontarle occorrono sacrifici e perizia.
N.B. La forte diffusione del basto negli Stati Uniti d'America è in parte dovuto alla tradizione da loro sentita verso gli "Uomini della Montagna" i mountain man, questa unita alla estensione del territorio determina l'uso di grandi tende munite di stufa e quindi materiale pesante, per accamparsi in posti veramente isolati dal mondo, distanti ancora oggi sei sette giorni di cavallo dal primo avamposto.