SOMMARIO
Anno V
Numero 1
Aprile 2013
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ARCHIVIO
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C'era una volta il nemico e il nemico era un uomo.
I suoi punti deboli erano i tuoi, le sue esigenze e nostalgie anche.
Un giorno qualcuno ha inventato il potere e, per giustificarlo, la politica.
Gli uomini sono diventati amici e hanno cominciato a combattersi spietatamente con armi invisibili.
PILATO E' VIVO
di Paola Giacomini |
Questi sono pensieri che
arrivano di sera davanti a un fuoco di bivacco,
in sella dopo aver letto una pagina di un libro speciale,
ascoltando il ruscello dopo un bel caffè bollente a metà mattina.
ISTRUZIONI PER L'USO
Seguono tre storie lontane tra di loro.
Sono storie di
uomini e di errori. L'errore è nella natura dell'uomo, l'unico essere vivente che può permetterselo da quando
ha inventato il perdono.
Ritengo
valga la pena di raccontarle
insieme per i punti in comune che chi vuole può riconoscervi. Prendile come quelle che si sentivano una volta davanti al
camino nelle lunghe sere invernali.
Storia e leggenda vicino al fuoco si mischiano e i fatti diventano semplice veicolo di idee.
Si sapeva che le cose sarebbero andate a finire così.
Era un tempo quello, in cui ogni nazione reclamava una terra.
Gli arabi: gente senza sfumature, notte e giorno senza alba nè tramonto.
Si assomigliano per abitudini e visione del mondo ma sono in eterno conflitto tra di loro. Una tribù contro l'altra.
I turchi erano alleati
della Germania e questo potere li autorizzava a opprimere le tribù con sempre maggiore autorità.
Gli inglesi volevano allearsi con gli arabi solo
perchè erano nemici dei loro nemici. Per questo promisero loro
mari e monti e passarono oltre alla differenza di credo per cui li
avevano sempre combattuti.
Ci voleva qualcuno che unisse le tribù volgendole in un'unica
direzione e non era facile perchè l'abitudine di rivalità
tra esse era storica e solida.
Alì Abdullah Feisal e Zeid, figli di Hussein ibn Alì,
discendenti del profeta Maometto, depositari della
responsabilità di condurre il loro popolo.
Da parte inglese, Thomas Edward Lawrence cercava qualcuno che potesse condurre la Rivolta
Araba e lo trovò nel Wadi Safra nella persona di Feisal accampato con i
suoi uomini e come i suoi uomini.
Lì nacque l'idea di attaccare la ferrovia dell'Hejaz, il primo
passo di una lunga marcia nel deserto che porterà fino a Damasco dopo la vittoriosa presa di Aqaba.
Gli uomini e i cammelli che hanno partecipato a questa guerriglia
mobile e imprendibile erano nomadi che non avrebbero mai avuto a che
fare reciprocamente se non per combattersi in scaramucce da nulla. La
potenza di un'idea non era sufficiente a smuoverli. Gli Arabi credono
nelle persone e Feisal era la persona giusta.
Questa campagna ai
limiti dell'impossibile ha tolto agli Alleati il problema dell'Impero
Ottomano con una spesa irrisoria sia in denaro che in vite umane rispetto al risultato ottenuto. La vittoria
è stata indiscutibile e subito trascurata come se fosse
scontata. Ogni tribù è tornata al suo circolare destino
con un'amarezza in più.
Dopo il suo ingresso trionfante a Damasco Feisal pensava di diventare
re della
Grande Siria. Gli accordi presi prima della campagna e la logica
conseguenza degli eventi che hanno portato i suoi uomini fino lì
avrebbero dovuto giustificare questa presa di posizione. I francesi lo
espulsero e lui si trovò ospite
degli inglesi che lo fecero diventare re dell'Iraq.
Un re è sempre un re e la regalità di Feisal era evidente
già prima che avesse un regno: gli erano state
fatte delle promesse da qualcuno che aveva un piano
diverso fin dall'inizio.
Quello che è successo dopo è stato narrato in lungo e in largo e fa in qualche modo parte della nostra storia.
Feisal e la sua guardia del corpo ad Aqaba
Quell'anno
sembrava che l'inverno non volesse finire mai. I colli sul confine con
l'Austria erano bianchi di neve e la lunga colonna di uomini e animali
che si stava inoltrando su quelle pendici era fradicia sotto una
pesante nevicata primaverile che entrava sotto i mantelli fino al
midollo e rallentava il passo.
I cosacchi avevano sempre vissuto delle loro
terre con i loro cavalli. Grandi fiumi, ampi orizzonti e quattro
stagioni che sembrava volessero susseguirsi per sempre in
cerchio nello stesso ordine.
Un giorno, lontano da lì, qualcuno ha
fatto la rivoluzione.
Da quel momento tutti gli uomini erano diventati
uguali e chi aveva fatto questa scoperta voleva che tutto il mondo
fosse d'accordo.
Bisognava mettere insieme un esercito per far
diventare uguali tutti gli uomini del mondo e chi non aveva intenzione
di sostenere quest'idea e si impuntava a difendere ciò che era
appartenuto alla sua famiglia da generazioni era un nemico.
In quei giorni di fine aprile del 1945 le pianure del Dnieper e del
Volga erano
molto lontane dalla Carnia. Combattere la rivoluzione aveva
costretto i cosacchi a una fuga di quasi trent'anni e in questo tempo
gli unici alleati che gli avevano fornito gli aiuti promessi erano
stati i tedeschi.
Solo quando la Germania si era sentita alle strette aveva visto la
convenienza a sostenerli per contrastare i russi. Allora gli aveva
promesso una terra in cui stare: la Carnia.
Dalle stanize più remote del Kuban, tutti quelli che avevano
potuto si erano spinti ad ovest con le loro famiglie e i loro animali
per andare a stabilirsi in quei villaggi italiani di frontiera. La
gente che aveva sempre vissuto lì li poteva vedere solo come
invasori invece nacquero legami e scambi. Quelle vite che non si
sarebbero mai incrociate altrimenti avevano molti punti in comune.
La Germania ha perso la guerra.
Chi si era alleato alla Germania ha perso la guerra.
Restituita la Carnia all'Italia, i cosacchi devono lasciarla.
Per suggellare la loro futura amicizia gli Alleati riuniti a Yalta hanno deciso il destino dei nemici.
I cosacchi dovevano essere restutuiti ai russi.
Nessun altro sapeva cosa farne.
La ritirata passato il confine arriva alla Drava.
Grande accampamento lungo il fiume in attesa di una meta.
Gli inglesi dicevano che la guerra era finita e che loro erano
prigionieri. Il suono della nota prigionieri degli inglesi era diverso
dal suono della nota prigionieri dei russi.
Gli ufficiali vennero convocati per una riunione e potevano accedere solo disarmati.
Non sono tornati.
L'odore di tutti gli animali dell'accampamento, del fieno e del letame,
del cuoio e dei mantelli bagnati di pioggia e di neve e di tutti quegli
uomini che aspettavano era forte e aspro.
La domenica mattina pentole sul fuoco e tutti riuniti intorno alla Santa Messa.
Il tenente colonnello Malcolm, comandante della guarnigione di Lienz
comunicò all'atamano Kuzma Polunin l'ordine di immediato
rimpatrio di tutti i russi e cosacchi presenti.
Notti di paura avevano preceduto quel momento. Bandiere nere erano state innalzate in giro per l'accampamento.
Gli uomini formarono uno scudo umano intorno a donne e bambini. Il
messaggio era un rifiuto di eseguire l'ordine. L'ordine doveva essere
eseguito. I britannici caricarono la folla.
Alcuni cercarono la fuga su un ponte pericolante che pare sia crollato
sotto l'irruenza del momento trascinando con sè tutti quelli che
erano sopra. Annegati.
Forse per cercare di raggiungere l'altra sponda, forse per sparire per
sempre, alcuni si gettarono nelle acque della Drava gonfia per lo
scioglimento delle nevi. Mentre annegavano altri li imitarono e la
pazza idea contagiò militari e civili e il fiume portò
via tutti insieme senza distinzione.
Alcuni riuscirono davvero a nascondersi nei boschi ma la maggior parte
venne ripresa dai rastrellamenti di polizia dei giorni seguenti.
Chi era morto venne inumato in una fossa comune a località
Peggetz sulla sponda sinistra della Drava. Chi è andato via
nella corrente della Drava è sparito. Chi era vivo venne
caricato sul treno che partiva dalla stazione di Dolsach verso i campi
di concentramento russi.
Quello
che è successo dopo fa in qualche modo parte della nostra storia
ma non si può ancora raccontare tranquillamente. La storia
troppo vicina brucia ancora.
Presenza di cammelli in un paese della Carnia durante l'occupazione cosacca
I
confini dell'Impero erano così distanti da Roma che
l'amministrazione delle province più periferiche doveva
necessariamente essere condotta da persone fidate che sapessero
coinvolgere le autorità locali conservandone le
responsabilità. Il meccanismo era sempre stato quello di
obbligarle a rendere quel che dovevano alla capitale lasciandole libere
di gestire le vicende politiche della loro regione come sempre avevano
fatto.
Tra il 26 e il 36 dC, il prefetto della Giudea era Ponzio Pilato e in
quegli anni scadevano da quelle parti profezie millenarie. Era detto
che sarebbe giunto il Messia. Tutti si guardavano intorno per essere
sicuri di essere vicini a quello giusto nel momento in cui si fosse
svelato e tutti provavano a proporre il loro. In questa
abbondanza di profeti, doveva esserci quello vero.
Uno di questi era in grado di discutere con gli Anziani del Tempio di
Sacre Scritture come se le avesse nel sangue e di partecipare della vita
dei pescatori del lago di Tiberiade come se avesse sempre vissuto con
loro. Le sue storie incantavano grandi e bambini e a tutti lasciavano
un pensiero su cui riflettere. Guariva i malati e faceva vedere i
ciechi e un giorno si era permesso di esagerare facendo resuscitare un
morto.
Era troppo. Quel messia che spuntava dal nulla avrebbe potuto mettere
in discussione il potere millenario del Tempio. Non ci erano riusciti i
romani e ci riusciva un falegname senza storia.
I rabbini ricorsero a Pilato. Lui era la massima autorità della
regione e poteva dettare le regole che gli avrebbero imposto per
mettere al sicuro i loro interessi. Lui era uno straniero e credeva
in altri dei. Cosa poteva capire di tutto questo trambusto?
Ha fatto quello che volevano e si è lavato le mani. Forse doveva
lavarsele perchè erano sporche o forse perchè il rimorso
di consegnare alla crocefissione un uomo che non aveva fatto niente di
male lo imbarazzava.
Quello che è successo dopo è stato narrato in lungo e in largo e fa in qualche modo parte della nostra storia.
Pilato si fa portare dell'acqua per potersi lavare le mani.
Sant'Apollinare Nuovo, mosaico.
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