SOMMARIO
Anno VI
Speciale Isbuscenskij
Q213,5
Aprile 2016
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LA MEMORIA
All’alba del 24 agosto 1942 “ Savoia” si trovò
di fronte due reggimenti siberiani di fanteria, la luce era incerta, il
Comandante ordinò di far spiegare lo stendardo ,appiedare
il 4° Squadrone per fronteggiare i Russi e
immediatamente dopo al 2° Squadrone di caricare subito seguito dal
3° la cavalleria si disponeva al galoppo caricando da destra
verso sinistra guardando il Don quindi da est verso ovest
spiazzando la difesa Russa.
Andata e ritorno.
Non è compito nostro scrivere i particolari della carica
già descritti nel modo più egregio da Lucio Lami prima e
dall’amico Luigi Gianoli poi, l’atmosfera oggi è
quasi impossibile da capire, lo Spirito napoleonico o
rinascimentale proiettato nel 42, Lucio Lami ben lo spiega nel suo
ultimo libro “ Le passioni del Dragone” spiega bene il
carattere spesso pessimo degli aristocratici ufficiali di Cavalleria
che seguendo l’ anticha tradizione caricavano per primi alla
testa dei “loro” Squadroni e morivano per primi, la
morte può riscattare le miserie della vita?
Non so.
Certo è che il concetto della “ Bella Morte”
affascina le persone dal “cuore avventuroso” da coloro che
fuggono la normalità, che non possono sopportare il quotidiano e
che dal quotidiano sono espulse e rifiutate.
Oggi il concetto della bella morte fa ridere e sorridere, è un
concetto che non è funzionale al sistema, i colti ,i
cosmopoliti, gli istruiti , gli intellettuali sono tra quelli che
ridono di più.
Ma noi miseri cavalieri della domenica abbiamo vivida nella mente le
parole che Tolstoj mette in bocca all’Imperatore quando vede il
Principe Andrea in “ Guerra e Pace”.
Ricordiamo le parole di Guy De La Rigaudie
Perché in fondo restiamo degli imperdonabili maledetti e fuori tempo romantici.
Cimitero miliare russo di Jagodni, l’ak si era accampato
vicino, Jagodni e Tcebotareskij erano due capisaldi rimasti in
mani Italiane semisommersi d alla prima offensiva Russa, erano difese
da Camicie Nere che combatterono con estremo valore ma che non vengono
ricordate per ovvi motivi politici.
Al nostro arrivo la gente della staniza ci venne incontro gioiosa era bella gente.
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l’Alpitrek a quota 213,5.
Si noti Pierangelo Caprioli che porta il kepì della “
voloire” presente nel quadrato di “ Savoia”nella
notte del 23 agosto 1942.
Pierangelo ha prestato servizio nell’artiglieria a cavallo.
La “Voloire” era presente quel giorno nel quadrato di
“Savoia”.
NOTA
In
Russia nessuno sapeva della spedizione, né le autorità
civili e militari, né i Cosacchi. Abbiamo preferito così.
Non volevamo complicarci la vita. Difficile spiegare i motivi che
hanno spinto i nostri miseri corpi attraverso paesi difficili,
preferivamo usare un termine banale e lontano da noi: sport,
così tutti capivano un’altra cosa ma ci lasciavano
continuare in pace, parlo dei controlli doganali e di polizia stradale
e lasciavano passare. I nostri sono stati i primi cavalli Italiani che
sono entrati in Russia dal dopoguerra, uno dei miracoli della marcia,
siamo filtrati alla chetichella pensavamo che fosse l’unico modo
per raggiungere il Don. Avevamo ragione. Le cose ufficiali, la scorta
della polizia “Milizia”, avrebbe tolto l’avventura e
soprattutto il contatto con la cosa più bella della Russia, la
sua gente, che cambia atteggiamento, come del resto noi, davanti alle
forze dell’ordine.
Ma quando siamo giunti sui luoghi, quando siamo giunti a Gorbatovo e a
Cebotaresckij la gente uscita dalle isbe, ormai tutte con il tetto di
eternit sapeva che eravamo lì per i soldati italiani, ci hanno
accompagnato nei luoghi dove erano sepolti, hanno aperto la cucina
della scuola e ci hanno dato da mangiare e poi latte, dolci, pesce,
frutta e miele sono arrivati, sbigottiti assistevamo alla scena. Un
vecchio ha portato, adagio per l’età, Daniele dal cimitero
di guerra Russo dove eravamo accampati verso una collina 1 Km a nord di
Gorbatovo, da quella collina si vedeva Bachmutkin e forse anche
Jagodni. Il vecchio ha indicato un punto preciso nella steppa dicendo
che sotto quella terra ci sono soldati italiani poi, pian piano sono
tornati indietro, il vecchio ha detto a Daniele che suo fratello e suo
padre sono stati ammazzati dai tedeschi, prima si sono scavati la buca
e poi li hanno uccisi. I nostri soldati quelle cose non le hanno fatte
ed il vecchio sembrava saperlo, ed è stata forse l’unica
volta che sono stato orgoglioso di essere italiano.
cimitero militare russo di isbuscenskij
Q 213,5 la bandiera italiana è tornata a sventolare per una
notte. Due Km. a est di Cebotareskij, finisce la balka, essa continua
in una lingua di steppa che giunge fin sulla strada asfaltata che da
Bolschoj porta a Ustkchopersckij, dividendo un campo arato lungo tre Km
da un campo di grano nero per la cenere della paglia appena bruciata,
il campo arato è verso sud, mentre il campo di grano si alza
morbido verso la sommità della collina. Q 231,5 la cui
sommità è solcata, ora, da un filare Stalin; dalla parte
opposta degrada dolcemente verso il Don in campi di girasoli. Il nostro
campo era su quella lingua di steppa ventilata e lì abbiamo
lasciato l’elenco dei cavalieri che idealmente hanno partecipato.
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