SOMMARIO
Anno VI
Speciale Isbuscenskij
Q213,5
Aprile 2016
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ARCHIVIO
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Kirovograd
Lunedì 13 luglio 1998
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Leggo
“...la cittadina ha un’aria opprimente circondata da
fabbriche, le case in stile tardo ottocento sono quasi tutte in mattoni
grezzi e senza intonaco dipinte di grigio...”.
Nel centro della città alcune case sono ancora così, come
le descrive un cavaliere di “Savoia” che le vide passando
nell’estate del 1941.
Avevamo parcheggiato gli automezzi alla periferia, davanti a una
fabbrica abbandonata, tutte le fabbriche sembrano abbandonate anche
quelle che non lo sono, i cavalli mangiavano l’erba delle aiuole
incolte legati a recinti di ferro malandati. Avevamo sellato i cavalli,
dopo sette giorni di viaggio iniziava la cavalcata verso Est.
Passo e trotto sui viali in terra battuta che fiancheggiano
l’asfalto tra la strada e i campi coltivati, passo e trotto
facendo attenzione a non inciampare negli innumerevoli rottami di ferro
buttati o abbandonati lungo i bordi delle strade e ai tombini, larghi
un metro e tutti senza coperchio. Attraversiamo la città nel
calore del pomeriggio. E’ difficile per me descrivere una
città della vecchia Unione Sovietica, ne abbiamo attraversate
alcune e quando ho passato Sverdlov ho pensato che forse è
più facile morire che passarvi dentro una domenica. I paesi, i
villaggi invece sono incantevoli, soprattutto al mattino e al tramonto
sono quieti, sereni, pieni di voci e di rumori amici, dove la voce
dell’uomo si unisce a quella dei galli, delle oche e dei vitelli.
Spesso in mezzo alla steppa soprattutto in prossimità dei bivi,
polverosi incroci di piste annegate nelle ore del giorno nel
caldo improponibile si vede un T34 in perfette condizioni, ricordo
dell’ultima guerra
Questo è il cimitero militare russo di Isbuschenskij
Isba cosacca
Vecchia isba cosacca abbandonata
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