SOMMARIO
Anno XV
Numero 24 Aprile 2023
____________
ARCHIVIO
|
|
Due passi sulle Alpi
di Cecilia Mainardi
Viva le Alpi, un passo alla volta, da casa fino al mare dell’Est!
70 giorni, un paio di scarponi, un buon libro (Arboreto Salvatico di
Mario Rigoni Stern), due taccuini, tre amuleti per tenere vicini i
sogni e scacciare le paure, una piccola scorta sempre costante di
capperi salati, miele e gelatine di mela cotogna (vero pan di via), un
ciuffo di crini di Topo, tanti amici e compagni di viaggio vecchi e
nuovi, scoperti, ri-scoperti, trovati sulla strada, forse per caso ma
non a caso.
“La via prosegue senza fine. Lungi dall’uscio dal quale parte”
dice Bilbo Baggins: mi è sempre piaciuta l’idea di partire da casa, in
fondo le strade non partono tutte dalla soglia, dal primo passo fuori?
Undici angeli custodi (Luca, Tom, Marti e Eugenio, Lavi e Lollo, mamma
e papà, Matte, Betta + Sandokan) hanno reso l'andare spensierato e
condiviso, davvero con un amico accanto tutto è più lieve, anche la
pioggia e le zanzare!
20 giugno 2022, Valle Stretta, estremo ovest delle Alpi (italiane),
andando verso oriente, con l’idea che magari hai il sole sempre in
fronte e dirigersi verso l’alba è di buon auspicio.
Il bello di andare per montagne, per un mare di montagne come sono le
Alpi, è che non c'è una via unica, diretta, tracciata ma è tutto da
inventare, ci sono molte strade e la scelta è nelle tue mani e nelle
tue gambe.
Il limite alla progettazione di un percorso immaginato da casa - sul
pavimento perché ci stiano più cartine possibile aperte insieme - è che
manca la realtà del territorio, del meteo e dell'umore; per quanto fino
al Passo dello Stelvio avessi delle idee abbastanza precise (a tratti)
di dove volevo passare, la strada si è fatta da sé e modificata
andando, in base alla natura e al fattore umano.
Prima di partire sono emersi alcuni, pochi, punti geografici
dell'arcipelago alpino che avrei voluto toccare e che mi hanno aiutata
ad orientarmi, in ordine di apparizione: le grandi maestà (Monte
Bianco, Cervino e Monte Rosa), il museo di Giovanni Segantini a Sankt
Moritz, l'abbazia di Müstair nei Grigioni al confine con la Val Venosta
(scrigno di affreschi romanici), le Tre Cime di Lavaredo, il mare di
Trieste.
I consigli di cavalieri fidati sono stati fondamentali: le mappe e i
racconti di Mauro e Paola hanno stabilito alcune coordinate, Giuseppe e
Rudy Il Pirata mi hanno permesso di passare la muraglia cinese
dell'Adula nel Canton Ticino, Rudolf ha tracciato la via attraverso le
Dolomiti.
Trovare buoni consiglieri lungo il cammino è stato un po’ più raro, ma
con il tempo si affinano i sensi e diventa più facile decifrare e
scovare quelli giusti, due mitici: Dario e Valentino, walser di due
valli lontane (uno in Val Formazza, l'altro al confine con la valle
d'Avers nei Grigioni), veri montanari; con entrambi è bastato uno
scambio di battute per capire di essere sul dritto e hanno saputo
aprirmi la strada su luoghi e storie splendide. Valentino con la sua
parlata arrotondata e ironica e gli occhi da lince, dopo avermi
invitata/costretta a ritoccare il caffè con la grappa (ore 12.00) mi ha
letteralmente dato il suo nome come lasciapassare per una valle
incantata dove si è creata una catena umana di persone che mi ha
accolto in modo così naturale e schietto da volerci rimanere insieme
altri dieci anni.
La strada davvero si fa andando e ogni incontro ha portato al
successivo, talvolta in modo imprevedibile, in un intreccio sempre
nuovo.
Al ventesimo giorno di viaggio ci ho messo quasi sei ore a scendere
2000 metri di dislivello (ne avevo immaginate molte meno, dal passo
Variola a Varzo in Ossola) perché continuavo a incontrare persone e
situazioni in cui fermarmi a chiacchierare (tutte diverse, tutte
interessanti) e quando sono arrivata al fondo di questa discesa
strepitosa e a tratti mistica, colma di volti ma affamata perché erano
già le 15.00 e non avevo pranzato, sono stata invitata alla festa
musulmana dell'agnello da cinque personaggi in cerca d'autore accanto
alla cui casa mi ero fermata a fare acqua e mangiare un ovetto al
paletto: "Kuli Kuli! Mangia! L'ospitalità è sacra, la strada è lunga!
Mangia! " .
Ecco, in questo senso il viaggio può essere inimmaginabile!
E ciò che si trova o non si trova sulla strada, e chi si incontra è
davvero un ingrediente fondamentale: al Passo del Bernina, Matteo e io
incrociamo le nostre strade e diventiamo compagni di viaggio. Cerchiamo
acqua, ci fermiamo in una specie di agriturismo di montagna, una
signora gentile ci mette in allarme: “L’acqua non si può bere è piena
di arsenico! C’è un lupo aggressivo che pare abbia inseguito delle
persone! Guai ad accamparsi fuori, fanno le multe!”. Ripartiamo
un po’ frastornati, io anche un po’ intimorita, mezz'ora dopo vediamo
un fuoristrada che si parcheggia, ci fiondiamo lì e nel giro di quattro
frasi il guardiacaccia della valle fuga tutti i dubbi: "L'acqua è
buona, ai lupi non interessate e questo è un buon posto per accamparsi
(ma io non vi ho detto niente!)". E così, con queste benedizioni, sulla
“rocca degli sparvieri”, protetti dagli abeti, nasce una bella amicizia.
A volte è bastato desiderare perché accadesse: Carnia, 13 agosto, primo
giorno in Friuli, ho bisogno di un po' di umanità e di relazioni vere,
arrivano: Anna Laura ingegnere sagace, Elettra ottantenne elettrica,
Eva e Fabio pieni di luce e affetto, Carmen Andrea e Adele famiglia
speciale e delicata, Paolo malgaro spaziale, signore di Bordaglia. Nel
giro di un pomeriggio ho più amici di quanti ne potessi immaginare,
sono fortunata. Dio salvi il Friuli e la Venezia Giulia!
A volte bisogna chiedere: Giogo di Sant'Antonio 2466 m, meravigliose
dolomiti, stanca, chiudo gli occhi, mi addormento di botto, seduta, con
il temporale in arrivo ma senza forze da schierare: Sant Antòni pien ëd virtù feme trové lòn ch'i l'hai perdu (Sant'Antonio pieno di virtù fammi trovare quel che ho perduto).
La chiave di volta di questa traversata sono state le persone e gli
incontri: senza di loro, quelli trovati, quelli che hanno camminato
insieme, quelli a casa che ci hanno creduto e mi hanno amato, non
sarebbe stato, non solo lo stesso, ma proprio possibile. Tutti questi
nomi insieme, detti sottovoce, sono un incantesimo perché davvero
ognuno è stato importante e ha fatto la magia.
Ma con gran pena le reti cala giù.
Le Alpi sono tutte meravigliose, tutte diverse, tutte simili per certi
versi, un'unica grande catena che muta pian piano e di cui percepisci
lo svolgersi non solo dai profili delle cime e dei crinali o dalla
forma e sostanza delle rocce ma anche dal modo in cui si costruiscono
le case e da che mucche o pecore si trovano nei pascoli, dettagli che
raccontano una storia antica ma anche presente di genti, lingue e vita.
Montagne vissute e amate, trasformate, chiamate per nome. I walser sono
stati una delle prime scoperte, dal Monte Rosa alla Val Formazza fino
ai Grigioni. Le lingue che sopravvivono e vivono nello spazio alpino e
in alcuni casi solo qui hanno il loro nido come per il romancio e il
ladino, hanno qualcosa di epico e semplice insieme. Non so quante volte
ho pensato - e ogni volta quasi mi stupivo del pensiero - di quanto
amore e cura avevano trasfuso nella terra, nel prato, nel bosco, nelle
pietre gli uomini e di come lo sapevano narrare.
Davvero il viaggio porta fuori sé, oltre, riconnette con lo spirito del
mondo, la natura, il tempo. Tempo altro, tempo per restare e ascoltare,
ci vuole tempo per imparare a prendere tempo.
Cinque agosto, otto di mattina, seduta sulla forcella Forces de Sieles,
vedo montagne come scogliere, oceani, barriere coralline, fosse delle
Marianne, pesci, flutti e balene che nuotano placide. Ci vuole del
tempo per immaginare!
Uno scultore a Mūstair mi ha detto: "Allora tu vai come un uccello!", credo di aver risposto cinguettando.
Come? In autonomia senza però diventare una fondamentalista; in
libertà, scegliendo ogni giorno senza "dover fare"; occhi aperti e
orecchie tese perché il paradiso sta nei dettagli.
Nessuno sforzo viene fatto invano! Viva le Alpi! Un passo alla volta, con tuffo finale.
***
|
|
|