Passano
gli anni, passano i ricordi, passa anche il
ricordo del primo maestro, peccato. Peccato perché
il maestro aveva "scoperto"
l'equitazione naturale per i cavalieri
dell'esercito, per gli uomini degli squadroni,
per i soldati e per i caporali, per noi umili
cavalieri della domenica. Avere le nozioni
dell'equitazione naturale è un dovere per le
persone che vanno a cavallo, è un dovere che
abbiamo verso il cavallo, per non
"spaccarlo" inutilmente. Dopo
l'adozione del metodo, la cavalleria ridusse
enormemente i costi di rimonta dei reggimenti. Non
dimentichiamolo, il maestro lavorava per noi,
con loro, con i ricchi borghesi e le loro belle
signore, si divertiva soltanto. Non
dimentichiamolo. ________________________
Le guerre
napoleoniche che avevano sconvolto il volto
politico dell’Europa, avevano dimostrato che
l’Arma di Cavalleria, sempre vincente nei
secoli passati, doveva essere trasformata per
poter fronteggiare la potenza e la forza delle
armi da fuoco, “invenzioni diaboliche”,
secondo la definizione dell’Ariosto.
L’esercito
austro-germanico fu uno dei primi a comprendere
i vantaggi di un nuovo impiego delle Armi a
cavallo. A questo si ispirarono presto i vari
eserciti europei. Su questa scia anche il
piccolo esercito sabaudo comprese la necessità
di un miglioramento della propria Cavalleria ed
Artiglieria a cavallo. Re Carlo Felice infatti,
con Regio Viglietto del 15 Novembre 1823, istituì
la “Regia Scuola Militare di Equitazione”
“per l’ammaestramento nell’equitazione non
solo degli allievi dei Corpi di Cavalleria, ma
altresì degli Ufficiali d’ogni arma e nelle
persone addette alla regia Corte”, come si
legge nel documento. Il corso ebbe inizio il 19
settembre nel maneggio della Reggia di Venaria.
Cavallerizzo capo fu nominato il venticinquenne
tedesco Otto Wagner il quale dispensò il suo
sapere equestre fino al 1845, quando fu
sostituito dal suo allievo Carlo Antonio Le
Maire.
Otto Wagner
profuse tutte le sue energie e le sue capacità
nell’insegnamento, adottando il metodo
tedesco. Quasi leggendari il rigore e la
disciplina imposti nell’Istituto. Introdusse
importanti innovazioni. Il Maestro intravide
quello che sarà in seguito sviluppato dai suoi
successori, Le Maire, Paderni e finalmente
Caprilli.
Otto Wagner
si rese conto che i cavalli militari non
potevano essere addestrati nel chiuso delle
cavallerizze, ma in campagna. La partecipazione
alle guerre d’indipendenza della cavalleria
piemontese dimostrò la validità
dell’insegnamento.
Come è
noto la Scuola di Venaria, rinnovata nei suoi
quadri nel 1845 per opere di Re Carlo Alberto,
dopo i tragici eventi della campagna del 1848,
venne soppressa per essere poi riaperta e
trasferita a Pinerolo nel 1849, dando vita, in
tal modo alla gloriosa storia dell’equitazione
italiana.
Proprio a
Pinerolo il capitano di Cavalleria Federico
Caprilli ideò un nuovo “sistema” di andare
a cavallo, rivoluzionando e sconvolgendo
l’insegnamento tradizionale ed i regolamenti,
dando vita ad una “equitazione naturale”.
L’equitazione
naturale è “quella che lascia libero il
cavallo nei suoi equilibri e nei suoi
atteggiamenti spontanei naturali, lasciandogli
solo il peso di portare il cavaliere” secondo
la definizione di Mario Badino Rossi, storico
dell’equitazione moderna e strenuo difensore
della dottrina caprilliana.
Secondo i
dettami dei dettami del Capitano il cavaliere
deve porsi in condizioni di non procurare al
cavallo altro disturbo, o contrarietà, al di
fuori di quello inevitabile del suo peso. Ma,
sempre ai fini del miglior rendimento, deve
anche fare sì di agevolarlo in ogni modo e di
assecondarlo il più possibile. Partendo da
questo principio, apparentemente molto semplice
da applicare, l’equitazione “naturale” si
basa su due leggi fondamentali: l’assetto e la
libertà di bocca.
Il
“sistema” è valido per tutte le discipline.
Si è soliti pensare che la “rivoluzione”
caprilliana sia rivolta soprattutto al salto
ostacoli. In tal modo si restringe il suo
valore. La felice intuizione di Caprilli, frutto
di studi, di osservazioni del cavallo scosso, di
esperimenti, di tante cadute, è destinata a
tutti coloro che montano a cavallo.
In tempi più
vicini a noi l’insegnamento di Caprilli è
stato falsato e frainteso. Si è confuso, ad
esempio, “libertà” con “fare niente”.
Il cavaliere, pur concedendo la massima libertà
al cavallo, non deve permettergli di fare quello
che vuole; deve avere costantemente un contatto,
seppure leggero, con la sua bocca, necessario
per sentirlo, comprenderlo e comunicare a lui la
propria volontà. Mario Badino Rossi nella sua
opera Il sistema e la sua dottrina,
puntualizza che “se non vi è contatto
permanente fra la bocca e la mano del cavaliere,
non vi è collegamento, così come avviene al
telefono quando è abbassato il microfono…”
La lettura degli scarni scritti di Caprilli, come quelli, fondamentali,
di Senofonte,e l’applicazione debbono
costituire la base delle conoscenze del
cavaliere, a qualunque titolo pratichi
l’equitazione, in un campo ostacoli durante un
concorso ippico, una semplice passeggiata
attorno al maneggio o un impegnativo percorso ad
alta quota, sulla neve, organizzato dagli amici
dell’Alpitrek. Mario
Gennero
"Viglietto"
è sinonimo di "biglietto",
"editto"... ecc. Il Re emanava le sue
leggi attraverso queste forme, ben frequenti nei
documenti dei secoli passati.
Il nome di Caprilli era Federico. Lui stesso
però firmava anche con la forma toscaneggiante
di "Federigo".
ndr
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