I
cavalli hanno zoccoli che li portano oltre il
gelo e la neve, e un manto per proteggerli dal
vento e dal freddo. Mangiano erba e bevono
acqua, e galoppano facendo sventolare la coda. I
manieri e le vaste dimore li lasciano
indifferenti... Quando sono contenti si
strofinano le froge. Quando sono infuriati,
fanno un voltafaccia e si sferrano calci.
Il
cavallo, animale sociale per eccellenza,
mantiene una gerarchia ben definita in seno al
gruppo. Quest'ordine gerarchico serve a fornire
delle regole strette. Ogni cavallo conosce il
suo posto e, fintanto che la sua situazione
resta chiara, si sente relativamente al sicuro,
anche se si trova sul gradino più basso. La
vita in branco, anche per un animale
maltrattato, offre almeno la sicurezza che dà
la protezione dello stallone capo e degli altri
cavalli dominanti contro gli intrusi e i
predatori.
La
vita in branco, oltre ad offrire un sistema
collettivo di allarme, ha una parte molto
importante nella riproduzione. Grazie alle bande
di giovani maschi che girano intorno alla
mandria, gli stalloni di famiglia vengono
sostituiti via via che diventano vecchi, o troppo deboli per essere dei buoni
riproduttori o per proteggere il loro harem.
Malgrado
la loro statura e la loro forza, i cavalli sono
animali timidi che il minimo disturbo inatteso o
di natura sconosciuta può sgomentare. Non
bisogna dimenticare che il cavallo è
originariamente una creatura selvaggia, il cui
temuto nemico era, e molto spesso continua ad
esserlo, l’uomo.
Le
lunghe zampe del puledro appena nato sono pronte
in capo a poche ore a essergli utili nel suo
modo più vitale di difesa: la fuga.
La
gerarchia del branco appare con maggiore
evidenza durante l’abbeverata, al pascolo o
all’arrivo in un luogo di riposo. I cavalli
dominanti mostrano allora la loro superiorità
appiattendo le orecchie, facendo finta di
scalciare contro i loro congeneri e di morderli;
questi ultimi si scansano velocemente.
Quando
un gruppo si avvicina a un posto dove c’è
dell’acqua, in principio lo fa in fila indiana
con lo stallone di testa o la giumenta dominante
che vengono per primi.
Si
può determinare l’ordine del branco anche
osservando un gruppo di animali in fuga. I
cavalli dominanti si mostrano spesso minacciosi
verso i subordinati se questi cercano di
sorpassarli.
L’Età,
la statura ed il temperamento, come pure una
dominanza ereditaria, sono altrettanti fattori
che condizionano la gerarchia del branco. E’
capitato, a volte, di osservare cavalli piccoli,
ma aggressivi, dominare animali più grandi e più
anziani.
Nonostante
ci siano, tra i cavalli in libertà o in
semilibertà, notevoli differenze, esistono
anche comportamenti di base universali.
I
segnali della testa e del corpo sono le forme di
comunicazione più frequenti tra i cavalli in
libertà, ma anche l’odorato ha una parte
importante. In generale solo la distanza, o la
presenza di ostacoli, impedisce agli animali di
vedere questi silenziosi messaggi e pertanto
ricorrono al nitrito.
I
segnali più importanti e i più chiari sono
quelli delle orecchie, che forniscono un
barometro virtuale per determinare l’umore di
un altro membro del branco. Le posizioni possono
andare dall’orecchio puntato in avanti, che
indica la tensione, la curiosità e buone
intenzioni, all’orecchio appiattito sulla
criniera a mò di avvertimento e di accentuata
aggressività, attraverso l’orecchio
divaricato - che tradisce la noia o la fatica
quando è disteso -, ma il cattivo umore quando
invece è teso. Tra queste posizioni estreme
c’è tutta una serie di segnali quasi
impercettibili, con tutta verosimiglianza
altrettanto facilmente compresi dagli equini. Si
notano delle posizioni combinate nei momenti di
ansietà o incertezza. Le orecchie forniscono
anche un mezzo di comunicazione eccezionale,
poiché un animale riconosce la sorgente di un
suono guardando l’orientamento delle orecchie
di un suo compagno.
Dopo
la posizione delle orecchie, altre
manifestazioni fisiologiche sono probabilmente i
segnali visuali più importanti nella
comunicazione individuale. Talmente sottili da
divenire spesso impercettibili, il dilatarsi
delle froge (le narici del cavallo),
l’increspamento del muso e le flessioni delle
mascelle rivestono un aspetto importante
dell’espressione dei cavalli. Il fatto di
stringere o aprire le labbra, l’angolo formato
dalle commessure della bocca, il numero dei
denti mostrati sono altrettanti mezzi quotidiani
di comunicazione muta tra membri di un branco.
L’attitudine del cavallo ad afferrare perfino
i più leggeri movimenti gli permette di leggere
dei segnali generalmente invisibili all’occhio
umano. Altro sistema di comunicazione utilizzato
dai cavalli è il movimento degli occhi. Lo
strizzare o il chiudere gli occhi, secondo il
grado di apertura, possono essere un indice di
passività di fronte ad uno stimolo esterno. Gli
stalloni impiegano costantemente i loro occhi,
soprattutto per valorizzarsi.
Un
inglese ha scritto che i suoi cavalli
impiegavano una trentina di espressioni vocali,
che andavano da “voglio la mia dannata
colazione” a “tagliamo la corda”. Tali
vocabolari cavallini sono particolarmente vasti
in confronto alle vocalizzazioni di base
ascoltate tra i cavalli che ancora vivono in
libertà. Gli animali che vivono in condizioni
imposte dall’uomo sono senza dubbio frustrati
e le loro articolazioni vocali sono per tale
ragione più varie.
I
suoni comunemente usati dai cavalli selvaggi
sono: 1) il nitrito; 2) il brontolio; 3) lo
sbuffo; 4) il soffiare; 5) il sospiro; 6) un
suono particolare, proprio degli stalloni,
soprattutto quando si pavoneggiano in vicinanza
di mucchi di escrementi o sopra di questi, che
assomiglia a un nitrito proveniente dal più
profondo del pettorale.
Il
nitrito propriamente detto viene usato in
diverse circostanze, ma soprattutto per il
richiamo a distanza.
Il
brontolio è usato il più delle volte a breve
distanza dai membri di uno stesso gruppo,
soprattutto dalle giumente e dalla loro prole.
Le femmine durante il corteggiamento, talvolta
digrignano i denti e usano emettere piccoli
gridi teneri per incoraggiare lo stallone.
Lo
sbuffo è innanzi tutto affare di stalloni
affrontati, nel primo stadio
dell’intimidazione o del rituale della
battaglia. Il soffiare esprime il pericolo; è
generalmente emesso dallo stallone che ha appena
scoperto un intruso e grida prima di mettersi in
posizione di allarme. Il sospiro esiste
probabilmente in ugual misura tra i bambini che
giocano ai cavalli come nei branchi stessi. E’
il più usuale dei suoni sopra elencati. Gli
esseri umani imitano il sospiro espirando dalla
bocca e facendo vibrare le labbra. In principio
è un’espressione di contentezza e i cavalli
emettono sospiri soprattutto quando pascolano,
al principale scopo di liberarsi le froge.
Il
soffio – un’emissione rumorosa di aria
attraverso le froge – è esclusiva prerogativa
degli stalloni quando si pavoneggiano vicino ad
un mucchio di sterco o allorché sono impegnati
in un rituale di combattimento simulato.
Il
cavallo è un animale particolarmente curioso.
Da dove viene questa curiosità? Probabilmente
è il prodotto dell’insicurezza e della paura.
Con la loro vista penetrante, il loro udito e il
loro odorato, i cavalli sono ben attrezzati per
avvertire una possibile minaccia, ma è
soprattutto alla loro vista che si affidano. Al
contrario dei predatori, che, per catturare la
preda, dipendono essenzialmente dalla loro
attitudine a giudicare la distanza, i cavalli,
proprio a causa del loro campo visivo, sono
svantaggiati dal fatto di dover ricorrere quasi
unicamente alla visione monoculare. La loro
visione binoculare non si spinge che al di là
dei 60-70°. Il loro apprezzamento delle
distanze è certamente cattivo, ma la loro
attitudine a percepire da lontano il minimo
movimento è imbattibile. La retina del cavallo
non è elastica, il che implica un curioso
metodo di focalizzazione. Il basso è molto più
vicino al cristallino che l’alto. Per i
cavalli in libertà questa configurazione è
particolarmente vantaggiosa poiché, durante il
pascolo, mentre sono con la testa in basso, sia
l’erba davanti a loro sia l’orizzonte si
trovano a fuoco. Quando hanno la testa in alto,
per mettere a fuoco basta che l’alzino o
l’abbassino leggermente. Gli equini non solo
sono capaci di distinguere i colori, ma vedono
estremamente bene di notte. La struttura dei
loro occhi assomiglia da vicino a quella degli
animali notturni e, durante la notte i cavalli
in libertà continuano la loro attività -
compresi i combattimenti, le prove di forza e
l’accoppiamento - allo stesso ritmo che
durante il giorno.
Dato
che il cavallo domestico si comporta spesso in
maniera assolutamente sottomessa, un osservatore
senza esperienza può prenderlo per un animale
con scarsa intelligenza. Ma al contrario il
cavallo è una creatura molto accorta e le
sfaccettature del suo carattere lo rendono un
poco enigmatico. Certo nei cavalli, come negli
uomini, le attitudini variano enormemente da un
individuo all’altro.
Attraverso
l’osservazione dei cavalli in libertà si è
potuto ammirarne l’astuzia, la vivacità e
l’acuta percezione mostrata dagli stalloni nel
tenere sotto controllo i movimenti dentro e
fuori al loro branco. Ciò che inganna in
partenza colui che osserva una strategia
talmente calcolata è il fatto che il cavallo si
fa avanti a testa bassa, brucando con gli occhi
che fissano in apparenza l’erba. Di fatto, la
particolare visione del cavallo gli permette di
focalizzare nello stesso tempo il suo nutrimento
e gli oggetti lontani. La vista, l’udito e
l’odorato degli equini sono talmente più
percettivi di quelli dell’uomo che, i membri
del branco sanno localizzare gli intrusi o altri
gruppi familiari viventi nello stesso habitat
basandosi sulla posizione degli orecchi e delle
froge degli animali circostanti. Il fatto che il
cavallo sia capace di far roteare le orecchie
indipendentemente l’una dall’altra gli è di
grande vantaggio per individuare i suoni.
Malgrado la parte principale sostenuta dalla
visione e dall’udito nella scoperta di una
minaccia, anche l’odorato deve essere preso in
considerazione. Il senso olfattivo dei cavalli
è molto più sottile di quanto si possa
generalmente immaginare.
Durante
gli accostamenti o i rituali d’intimidazione
fra maschi, il fatto di odorarsi le froge e il
fiato, così come di annusarsi la parte bassa
dei fianchi, sembra spesso bastare per
determinare il grado. Tutti i cavalli usano le
froge per salutarsi, toccandosele e aspirando
rumorosamente. La consuetudine e
l’orientamento sono eccezionalmente sviluppati
nel cavallo. Delle esperienze hanno provato che
gli animali abbandonati lontano dalla loro zona
sono capaci di tornare al punto di partenza,
grazie con molta probabilità al vento e al loro
senso olfattivo. E’ risaputo che dei cavalli
separati dal branco sono andati, attraverso
grandi distanze, di mucchio di sterco in mucchio
di sterco ricercandovi le tracce dei loro
compagni. Succedeva persino che annusassero le
impronte degli zoccoli.
I
cavalli sono ipersensibili alle variazioni
meteorologiche, che si ripercuotono in modo
notevole sul loro comportamento. I venti, la
temperatura e l’umidità condizionano la
maggior parte delle attività del branco. Quando
il tempo è pesante gli animali sono più calmi
di quando è mite. Ma un momento prima del
temporale, quando la pressione atmosferica è
alta e l’aria carica di ioni, quasi tutti i
cavalli sembrano nervosi, instabili e
aggressivi. Anche i forti venti stimolano
l’attività. Quando il vento e la pioggia
rendono la vita dura ai membri di un branco,
questi si dispongono sul terreno secondo uno
schema ben preciso. Ogni animale volge la
schiena al vento, in funzione del suo grado,
cosicché i cavalli all’estremità inferiore
della scala gerarchica si situano sui bordi meno
riparati. Lo stallone dominante si pone al
centro dello schieramento con la testa che
supera leggermente in altezza quella dei suoi
congeneri.
Tratto da “Vita segreta
del cavallo” di Robert Vavra.
Corrado Piccoli