LA
BALLATA DI ARIANNA
Un’amazzone
dal monte Thabor a Verona
Storia
di una piccola grande avventura
Montagne a perdita d’occhio, alpi occidentali,
giornata fresca, vento lieve e non freddo,
cavalli tranquilli, cielo azzurro, nuvole
vaganti, sono a 1750 m in una gran bella valle.
Ho davanti Arianna Corradi, ventiseienne di Verona,
di mestiere costruisce con un gruppo di amici
tipì indiani e mongolfiere e “da grande”
vuole diventare addirittura guida a cavallo di
professione.
Ho letto su “L’Arena” di Verona la notizia di
questa donna minuta (50 kg di peso) che è
andata da Torino a Verona a cavallo ed eccomi
ora davanti a lei (sorridente e disponibile) per
farmi raccontare la storia.
Come mai sei in questa valle?
Guido su strade militari, mulattiere e sentieri
alpini dei cavalieri fuggiti dall’infuocata
valle del Po, così facendo sono vicino al mio
cavallo, mi diverto e guadagno fieno per lui e
pane per me (sul lui indica un baio scuro
castrone di 8 anni A.A.S.)
Com’è cominciata l’avventura?
La
mia vita (ma credo quella di tutti) è
un’avventura; questo viaggio è solo un
episodio di una storia più grande che è appena
iniziata. Perdonami ma devo iniziare con la
solita sconfortevole frase “Ho da sempre la
passione per i cavalli” (banale ma vera), ma
non basta, ho anche la passione per il
wilderness e la vita libera e selvaggia. Ad
andare a cavallo ho cominciato come tutte le
ragazzine nel maneggio vicino
casa, che fortunatamente nel mio caso era
serio e qualificato.
In questo maneggio cosa facevi?
Imparavo ad andare
a cavallo all’italiana con un valido
istruttore, Mario Andreis, che qui voglio
ricordare, in questo posto ho anche capito che
la via consueta dei concorsi, per fortuna, non
mi piaceva.
Perché?
Perché
onestamente non avevo (e non ho) attitudine per
questa disciplina (e mi rincresce).
E allora perché
usi la parola “fortuna”?
Perché
non avevo mezzi economici sufficienti per
sostenere i costi che questa disciplina comporta
se la si vuole affrontare con dignità. Ma
ripeto questa è solo una riflessione, perché
sono le notti di bivacco, canzoni e
imprecazioni, vento pioggia e sole, queste sono
le cose che mi piace affrontare con il mio
cavallo in sella, e per fare queste cose occorre
avere solo libertà, i soldi non servono.
Che cos’è la
libertà?
La
libertà è osservare la legge dell’onore.
Che cos’è
l’onore?
Il rispetto
codificato dell’Etica.
Quindi hai un
codice di comportamento
Certo e ben
preciso che cerco (senza riuscirci) di
rispettare.
Sto zitta, non
cambio espressione, ma penso che ho davanti una
donna di altri tempi e domando: Continua la
storia del maneggio
Oddio quando sono
diventata grandicella,
dopo il diploma, ho dovuto inserirmi (la
parola “dovuto” è sottolineata con
un’espressione facciale di disgusto adeguata)
nel piccolo mondo del lavoro veneto (odioso),
non ho niente contro nessuno credimi sulla
parola, ma non volevo essere condannata a fare
l’impiegata a vita, ho letto per caso
un’intervista di Mario Palumbo sull’Alpitrek
pubblicato su Cavallo Magazine.
E poi, cos'é
successo?
Ho telefonato. Ho
conosciuto qualcuno di loro alla Fieracavalli,
sono andata a trovarli nei loro accampamenti e
mi sono trovata in un mondo parallelo, sereno,
lontano dall’agonismo e dal protagonismo, mi
sono trovata vicino al concetto di libertà che
già avevo, una libertà determinata dal cavallo
che è la vera forza morale di questo gruppo di
cavalieri.
Adesso la vedo
quasi orgogliosa, e poi? (domando)
Ho pensato,
poi ho pensato ancora, poi ho preso il
largo (dall’impiego sicuro) tra lo stupore di
tutti, ho vagato un anno lavorando in alcuni
maneggi vivendo con il premio d’ingaggio come
i veri Cow Boy. Poi sono arrivata a Torino, o
meglio sulle montagne vicino a Torino, ho
allungato le gambe, intrecciato le mani dietro
alla testa e guardato finalmente il cielo, e il
cielo era mio.
E poi?
E poi ho tirato la
cinghia, ho comprato un cavallo (10 milioni),
una bella sella Stubben usata e sono partita il
10 maggio con una cartina e nessun punto
d’appoggio o programma, solo la meta era
precisa.
Ok raccontami
il viaggio.
Tutto è nato anni
orsono, quando ho iniziato a sognare il giorno
in cui sarei partita con il cavallo per
attraversare un territorio più o meno vasto,
andando ogni giorno sempre più in là, sempre
più in là. E così ho fatto.
Partita da Giaveno, ho pensato di dirigermi a
sud-est, verso la provincia di Alessandria, per
arrivare a toccare colline, forse montagne,
prima di approdare alla pianura del Po. Partenza
presto al mattino, procedevo alternando tratti
in sella ad altri a piedi, andando avanti fino
verso metà pomeriggio, quando iniziavo a
chiedere se in zona si potevano comprare fieno e
pietanza per il mio cavallo. Lasciata la
stupenda Val Borbera alle spalle, sono scesa a
Bobbio, fino ad arrivare poi al grande fiume,
che ho seguito fino alle basse veronesi. Ogni
giorno non più di 30 km, pochi, si sa, ma in
questo modo c’era il tempo di accorgersi di ciò
che capitava attorno: capitava di incontrare
persone meravigliose, operai, contadini,
imprenditori o casalinghe, tutti pronti a
fornirmi semplici informazioni o calda,
inaspettata ospitalità; capitava di rendersi
conto ancora una volta di quanto si sta bene ad
avere con sé un cavallo e le poche cose davvero
indispensabili e accorgersi di avere tutto, e
sentirsi leggeri; capitava di sbirciare nelle
bisacce prima di andare a dormire, e scorgervi
sorrisi, sguardi, sapori che ancora ho impressi
nella mente. Giunta a casa, il mio viaggio era
durato 24 giorni, ma a me sembra sia durato un
attimo, un lungo attimo atteso, ora vissuto.
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Colpiscono le parole e le descrizioni
semplici e chiare, ma in questa storia colpisce
di più l’assenza di un male diventato ormai
comune: il “protagonismo”. Certo vagare per
un mese a cavallo da sola non è una cosa
eccezionale, lo possono fare tutte le amazzoni
(se vogliono). Quello che veramente stupisce è
che Arianna lo sa, sa di non aver fatto niente
di eccezionale, sa che non è stato un atto
coraggioso (dice lei), sa solo di aver
attraversato un magnifico paese, pieno di buone
persone che riscaldano il cuore al loro
incontro, e che queste buone persone sono gente
qualunque e sono molte. Finisco questa
intervista riportando una cosa detta da lei e
che penso possa essere utile: “l’essenziale
è presentarsi in modo discreto, senza
proporsi”.
Barbara
Hoffmann
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Arianna e il suo cavallo Borbera
anglo arabo sardo
durante il viaggio attraverso il nord
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