Il
signor Bianchi, quando giunge al termine della
sua stressante settimana d’ufficio, si
trasforma in un cacciatore Ottawa e si tuffa
nella natura attraversandola velocemente, sempre
ossessionato dai suoi pensieri, col naso per
aria (quell’aria che sa del suo dopo barba) e
l’intima convinzione di saperci fare. Lui ha
letto, per prender sonno, intere serie di Field
Guides: come si accende un fuoco, come ci
s’orienta in un bosco, come si scuoia ed
sviscera una preda, come si costruisce un riparo
o un paio di racchette da neve, come si segue
una pista ed altre amenità, testi zeppi di
notizie, disegni, consigli ed avvertenze.
Eruditi cataloghi di strambi nomi che acquietano
le sue ansie ma che non riescono a svegliare in
lui quella particolare sensibilità per la
natura che tutti noi dovremmo avere, ma che
abbiamo speso interamente a favore della nostra
sopravvivenza nell’ambiente urbano. Come dice
Luigi Boitani, biologo di fama internazionale, “…avete
mai trovato in libreria un libro che insegni a
“sentire” un quadro? Mai, al più splendide
guide di storia dell’arte che, in un museo,
servono solo a sapere quello che qualcun altro
ha pensato del significato che etc etc…Erudizione
e non cultura, informazione e non sensibilità…”.
Detto ciò scrivere qualche pagina sulle tracce
non appare un’impresa tra le più semplici: da
un lato c’è il timore di scivolare nel
banale, dall’altro il pericolo di trasformare
quella che vuol essere una chiacchierata in una
saccente quanto inutile Field Guide. Anche il
signor Bianchi, già compenetrato nelle vesti
Ottawa, mi guarderebbe imbarazzato: tutto
sommato del suo enorme bagaglio di cultura
selvaggia a buon mercato, non si era mai sognato
di mettere in pratica alcunché fidando nel
vecchio detto “impara l’arte e mettila da
parte”. Cosa voglio dire con queste poche
righe? Innanzi tutto che quanto andrete a
leggere non sarà il
verbo, ma soltanto un limitato ricettacolo
d’idee: la vostra esperienza e le conoscenze
che acquisirete col tempo, qualora vi
appassionaste a queste cose, varranno
infinitamente di più di quanto andrò a
raccontarvi. Parleremo di orme, di segni utili a
seguire una traccia, di luoghi frequentati da
animali che attraversano i vostri sentieri
nell’ambiente montano. Ci racconteremo di
uomini, ungulati e di piccola fauna selvatica,
ma prima una pausa di riflessione: cosa ci
occorre per far sì che le nostre ricerche
abbiano buone possibilità d’essere coronate
dal successo? Pensate a un fil rouge che lega il
cacciatore Ottawa al trapper, al professional
hunter e allo sniper: un acuto spirito
d’osservazione. Lo possediamo tutti?
Potenzialmente sì, bisogna solamente
rispolverarlo un po’ ed esercitarlo tutte le
volte che possiamo, evitando di macinar
chilometri scarrozzati come pacchi postali senza
guardarci attorno, a velocità sostenuta,
preoccupati soltanto di arrivare da lì a là in
tempi da record. Ecco il primo paletto: muoversi
con calma e in silenzio, il che vuol anche
dire occhio a dove si mettono i piedi: evitiamo
di pestare rami secchi e preferiamo muoverci
sull’erba piuttosto che su foglie secche,
appoggiando prima la parte esterna della suola e
poi il resto del piede, mai pesantemente come
faremmo in città. Ma torniamo al nostro
offuscato spirito d’osservazione: che ne
direste di provare a “valutarlo” prima di
buttarci sul campo? Il signor Bianchi potrebbe
essere sconcertato se non addirittura offeso,
lui ci vede benissimo e non ha bisogno
d’alcuna visita oculistica, già ma osservare
non significa vedere, per cui vi propongo un
test, meglio, un giochino che vi occuperà
pochissimo. Guardate per 2 minuti l’immagine
qui sotto cercando di memorizzare tutti gli
oggetti in essa contenuti. Trascorsi i 2 minuti
copritela e cercate di ricordare numeri, forme e
posizione di ogni oggetto, magari annotandoli su
un pezzo di carta.
Ora
tornate all’immagine e confrontatela con i
vostri appunti. Cosa avete dimenticato? Cosa vi
è sfuggito? A quale particolare non avete dato
peso? Ora provate a riportate tutto ciò nel
vostro hike all’aperto: cosa ricordate del
sentiero percorso? Da che parte è cresciuto il
muschio sugli alberi, il numero, la grandezza e
la forma delle rocce che avete passato, i corsi
d’acqua e la direzione della corrente, le
specie di piante e di fiori che avete incontrato
lungo la via, così come tutte le cose
“insolite” che vi è capitato di vedere e
gli odori che vi è capitato di avvertire (cosa
assai più difficile per i fumatori
inveterati…). Se questa semplice pratica
assumerà valenza di routine quasi automatica
non sarà necessario un gps per trovare la
strada del ritorno…
E’
giunto il momento di dare un’occhiata in giro
con più attenzione. Quali saranno le modifiche
dell’ambiente che ci potrebbero interessare?
Innumerevoli, ma proviamo a fare qualche
esempio: sul terreno:
impronte, pietre capovolte che assumono un
colore diverso da quelle immediatamente vicine,
sassi con grumi di terra. Vegetazione: rami spezzati o rivoltati, foglie staccate dai rami,
muschio pestato o asportato, corteccia
graffiata, rugiada strofinata sulle foglie, erba
piegata o pestata, movimenti di rami o d’erba
in assenza di vento. Animali
e insetti: movimenti improvvisi di uccelli e
loro grida se spaventati, ragnatele staccate,
voli d’insetti in agitazione. Corsi
d’acqua: segni di scivolata sulle sponde
nei tratti più accessibili etc etc
Senz’altro
le orme che ci capiteranno di osservare con più
facilità saranno quelle lasciate dagli
escursionisti che ci hanno preceduto:
Potremmo
individuarne la direzione, il numero di persone,
il carico, il sesso.
Consideriamo
il tipo d’impronta: l’uomo lascia impronte dirette verso
l’avanti o leggermente verso l’esterno
mentre la donna fa passi più corti con impronte
di dimensioni ridotte, dritte o verso
l’interno. Se queste persone trasportano un
carico sulle spalle i passi saranno corti, con
impronte profonde e allargate verso l’esterno
e vi saranno tracce di trascinamento dei piedi
sul terreno; se invece il loro sarà un passo di
corsa, allora i passi saranno allungati e le
impronte risulteranno più profonde verso la
punta che verso il tacco. Proviamo ora a stimare
il numero di persone. Consideriamo una
sezione di impronte lunga circa 1 metro e
cerchiamo di contare il più esattamente
possibile quante impronte vi rientrano (poste
nella stessa direzione). Ora basta dividere il
numero ottenuto per 2 e si otterrà, con buona
approssimazione, il numero di persone che sono
transitate di li.
Assai
più difficile è poter stabilire da
quanto tempo queste persone hanno calcato
quel terreno perché entrano in gioco altre
variabili, specie quelle di natura atmosferica.
Il vento e la pioggia deteriorano l’orma assai
velocemente e diviene assai ostico definirne
l’apposizione se non si conoscono gli eventi
atmosferici di quel luogo con una certa
sicurezza. In generale se l’orma è coperta da
foglie o se ha contorni confusi, avremo la
certezza che si tratti di un’impronta vecchia,
ma solo l’esperienza può portarci a
determinare con una buona approssimazione la sua
età. Ci si può aiutare con un altro tipo
d’osservazione: la presenza di rifiuti. Ad
esempio una scatoletta arrugginisce prima in
corrispondenza del taglio per l’apertura, ma
se piove arrugginisce rapidamente anche
l’interno o trattiene l’acqua. Se si conosce
quando è piovuto l’ultima volta nella zona,
si potrà determinare almeno il periodo del suo
abbandono.
Sin qui abbiamo qualche
spunto di riflessione per i nostri futuri passi
da cacciatori Ottawa, si tratta ora
d’arricchirlo con la nostra personale
esperienza prima di abbandonare il sentiero
battuto per immergerci nel folto del bosco.
Yo agarasqua!
Piervittorio Stefanone
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