E’ opinione
diffusa, tra noi cavalieri della domenica, che
per uscire in passeggiata a cavallo non sia
necessario frequentare una scuola. Stravagante
opinione, infatti non si può leggere un libro
senza saperlo fare; solo dopo viene la qualità
della lettura. Ovvio che molti amano sbagliare
da soli, altri, soprattutto in Italia, sono
“fai da te” e i risultati si vedono quando,
raramente, si osserva lo stile di un gruppo di
cavalieri in movimento. Questo paese è fatto
così, in Germania o in Danimarca ogni sperduto
di villaggio ha un capannone dove istruttori
insegnano ad andare a cavallo. Non è vero che
il lavoro in piano non serve, serve eccome,
anche per noi che ci muoviamo soprattutto in
campagna.
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LE
PRIME LEZIONI DI EQUITAZIONE
E’
difficile descrivere da cosa nasca la passione
per il cavallo e per l’andare a cavallo.
Ognuno ha il proprio motivo, per qualcuno non si
tratta neanche di passione ma solo di curiosità,
sfida o di un passatempo come un altro; per
altri invece si trasforma in poesia, in una
sensazione, in un modo di vivere.
Certo
è che qualunque sia la cosa che ci
spinge a salire su quella sella, l’approccio
è comune a tutti, professionisti e cavalieri
della domenica, o per lo meno così dovrebbe
essere.
Abbiamo
così chiesto ad una
vecchia
conoscenza quale fosse la maniera
corretta per iniziare a montare a cavallo.
Piero
Massolo è un cavaliere ormai appiedato dagli
acciacchi derivati da una lunga esperienza
equestre. Per quarant’anni ha gestito scuderie
e centri ippici e ancora oggi, pur non montando
più a cavallo, si dedica alla formazione di
cavalieri e amazzoni presso l’A.S.D. “Mannus
Club” di Villardora, in Bassa
Valsusa. Racconta che da giovane, prima
di diventare Istruttore federale di I° livello,
frequentava i campi gara, e soprattutto i campi
prova dei concorsi di salto ostacoli, non per
assistere allo spettacolo ma per poter
apprendere la tecnica equestre.
Alla
prima domanda già ci ferma. Gli abbiamo chiesto
cosa un istruttore dovrebbe far fare al proprio
allievo la prima lezione di equitazione. E lui
ha risposto che non si può parlare di prima,
seconda o terza lezione, ma tutto il lavoro e il
modo di impostarlo dipende dai mezzi a
disposizione, quindi il cavallo, e soprattutto
dall’attitudine dell’allievo, perché come
in qualunque cosa c’è chi è più e chi meno
portato.
Bisogna
avere un buon cavallo, tranquillo, educato,
esperto, sensibile alla voce dell’istruttore e
che sappia girare alla longia.
Il
primo approccio è fondamentale, è quindi buona
cosa insegnare al principiante come avvicinarsi
al cavallo senza spaventarlo, prendendo
confidenza con lui senza però smettere di
averne un po’di paura.
Le
prime lezioni avvengono alla longia e sono
dedicate all’impostazione dell’assetto del
neofita che dovrà imparare a montare con i
talloni bassi,
lo sguardo tra le orecchie del cavallo e
le spalle aperte e all’acquisizione della
calma necessaria. Massolo insiste molto per
tutta l’intervista sull’importanza della
calma, della tranquillità che però non devono
far perdere la decisione. Sottolinea anche come
il rapporto tra uomo e cavallo debba rimanere
tale senza trasformarsi in un “rapporto
amoroso”, come se l’animale fosse un
fidanzato.
Una
volta acquistato un controllo iniziale del
cavallo e ci si può permettere di aumentare
l’andatura, si comincia a lavorare al trotto.
Si farà molto trotto seduto per imparare ad
entrare nel movimento del cavallo e molto trotto
in sospensione per insegnare l’equilibrio al
cavaliere. A questo concorrono il lavoro sulle
barriere a terra e la ginnastica in sella.
Imparati
i rudimenti si passerà ad affinare la tecnica
insegnando a trottare sul diagonale corretto
(quello esterno per alleggerire l’anteriore in
girata) al fine di lavorare in maniera omogenea
la muscolatura del cavallo. Gli “otto” sono
ad esempio esercizi molto
utili a questo scopo.
Si
insegna che il cavallo non deve stare agli
ordini perché il cavaliere tira ma perché
cede. Bisogna
alleggerire la mano esterna utilizzando invece
la redine interna di apertura, sempre senza
tirare.
Da
questo punto in poi il livello aumenta e anche
la difficoltà degli esercizi. Si passerà al
galoppo e ai primi salti, ma ormai il nostro
cavaliere non sarà più un principiante.
Ciò
che non bisogna mai dimenticarsi è di insegnare
a montare programmati. Non si deve salire a
cavallo improvvisando ma sapendo già ciò che
si deve fare, sia se accompagnati
dall’istruttore, e soprattutto se si lavora da
soli.
Ci risentiamo per continuare questa chiacchierata.
Luca
Zignin
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