EDITORIALE

In questo numero si parla dei mongoli. Ne parla Paola Giacomini che non solo li ha studiati ma è anche andata in Mongolia ad osservarli. Paola ha scritto un pezzo storicamente interessante che fa intravedere la loro forza semplice, brutale e poetica: la forza del vento della steppa; infatti i mongoli come il vento sono arrivati irresistibili, per poi scomparire nel “da dove erano venuti”.

La storia scritta dai popoli progrediti, quelli che affermano di avere o possedere una cultura superiore, condanna la loro selvaggia brutalità sottolineando che niente essi avevano lasciato di duraturo dietro di loro; lo stesso fanno i democratici quando parlano delle rovine inesistenti di Sparta osannando quelle di Atene, il loro giudizio negativo è evidente e intrinseco e serve a dimostrare la tesi, loro, di esser migliori avendo lasciato monumenti per essere ammirati dai posteri.

Ai nomadi tutto questo non interessa, il loro spirito non è contaminato dalla cultura, loro sanno di essere la Natura crudele e violenta, solo poche volte magnificamente serena; sanno di essere come l'erba della steppa: verde dopo la pioggia, gialla quando è bruciata dal gelo, ma sempre nutriente per i loro cavalli.

I nomadi nascono guerrieri, non hanno scelta, sono soldati sempre, e cosa lasciano i soldati sul terreno, se non le loro ossa  sparse sui campi di battaglia.

L'enorme potere acquisito con le fantastiche conquiste ha corrotto molti Khan ma non i semplici soldati, questi bevevano latte di cavalla, che è buonissimo, mangiando carne di pecora; non avevano esigenze.

La fine dell'armata si può riscontrare nel non aver voluto adeguarsi alle armi da fuoco, ma un altro fattore è determinante per la fine della potenza militare e pochi lo sanno: la Religione.

La storia dei nomadi, di tutti i nomadi, è insanguinata, ma i mongoli erano in fatto di religione tolleranti come tutti i popoli animisti, la costante presenza della morte al loro fianco, data e ricevuta, era diventata mistica presenza, presenza reale.

I guerrieri si convertirono all'unica religione possibile per loro: il Buddismo lamaistico della Chiesa Gialla del Tibet, i guerrieri divennero monaci.

Ecco il punto, ecco cosa si vede oggi nelle steppe gelate della Mongolia, quelle ovviamente rimaste fuori dalla corruzione dei russi, dei cinesi e degli occidentali, cioè da coloro che hanno il peggiore dei poteri: quello di uccidere senza spargere sangue.

M.F.