IL FORTE DELLO CHABERTON
Se chi si spinge lungo i tracciati di fondovalle delle nostre montagne, preoccupato di raggiungere in fretta le stazioni turistiche, dove in una sorta di "riserva" è stato ricreato, in un habitat da periferia urbana, quello che si spaccia per ambiente di montagna, alzasse lo sguardo oltre il guardrail e i cartelloni pubblicitari scoprirebbe poco più in alto memorie di un mondo passato, fatto di opere imponenti, barriere erette per impedire il transito lungo tracciati che portavano a lontani campi di battaglia, strutture ancora orgogliose anche se in rovina, memorie di un mondo che sembra ormai molto lontano. A vederlo ora, alto e solitario, dominare l'intera vallata della Dora e il pianoro del Monginevro, é difficile pensare che il Monte Chaberton abbia causato tanta paura agli abitanti di Briancon. Eppure solo fino a settant'anni fa, niente come il suo nome poteva evocare ai Francesi l'immagine della spada di Damocle, una persistente minaccia alla sicurezza della propria terra. Tutto ciò era dovuto alla presenza, sulla sommità, del misterioso forte costruito dagli Italiani alla fine dell'ottocento, "il forte più elevato d'Europa ed il più elevato luogo abitato tutto l'anno" (m. 3130 s.l.m.), come lo definiva la guida d'Italia del TCI nel 1930. 

 

Le rovine della vecchia batteria, ancora oggi ben distinguibili nelle limpide giornate dal fondovalle, sono raggiunte ogni estate da centinaia di escursionisti e di curiosi. E' incredibile constatare come la storia e le vicende di questo nido d' aquile, avvolte in un pesante manto di segretezza richiesto dalle esigenze militari, abbiano potuto suscitare nel quarantennio della sua esistenza, un fascino così sensibile e misterioso. La decisione di costruire un'opera di quel tipo e a quell'altitudine, considerando le circostanze e l'epoca nella quale venne meditata, fu oltremodo coraggiosa. 

Nell'ambito di un sistema sostanzialmente difensivo della frontiera occidentale italiana, lo Chaberton venne progettato invece come "opera autonoma ad azione lontana" con caratteristiche dichiaratamente offensive, in grado di colpire obbiettivi rilevanti posti nel vicino territorio nemico. Alla batteria era richiesto di essere completamente autonoma, con la capacità di operare in qualsiasi stagione ed anche nell'eventualità che fosse stata aggirata dalle truppe nemiche in avanzata. Dalla vetta del monte, dominando completamente la conca di Briancon, si era in grado di agire direttamente sulle numerose batterie che facevano parte della munitissima piazzaforte francese, tutte particolarmente vulnerabili perché poste ad una quota sensibilmente più bassa. I lavori per la realizzazione del forte vennero avviati nell'estate del 1898, appena completata la lunga rotabile, che salendo dal vallone di Fenils, raggiungeva il colle dello Chaberton (2671 m) e la vetta del monte. 

La cima della montagna venne completamente spianata, sotto la sommità fu creato un gradino alto una dozzina di metri che avrebbe avuto la funzione di spalto naturale. Le campagne di lavori, necessariamente limitate alla stagione estiva, andarono avanti fino al 1905, nell'Agosto del 1906 i primi cannoni da 149/35 della casa Armstrong, quanto di meglio la tecnologia dell'epoca poteva fornire, salirono in vetta, furono montati nelle cupole e, il mese successivo, effettuarono alcuni tiri di esercitazione verso Rochers Charniers e il Colle di Costa Piana. La costruzione continuò fino alla vigilia della prima guerra mondiale con la realizzazione di altri interventi che apportarono decisivi miglioramenti. L'interno della fortificazione era improntato alla massima semplicità: su due lunghi corridoi che percorrevano tutto l'edificio si aprivano vari locali, destinati ad ospitare le camerate, i magazzini, l'infermeria, il comando, le cucine. 

Sul tetto della costruzione, a distanza di sei metri l'una dall'altra, si alzavano otto torri cilindriche in muratura rivestite da blocchetti di calcestruzzo: alte poco più di sette metri, sorreggevano alla cima le casematte metalliche con le artiglierie. Le casematte erano formate da una cupola di lamiera, di forma assai simile a quelle delle batterie marine, ma priva di una vera e propria corazzatura, la lamiera metallica non superava i 5 cm di spessore, in grado di riparare il personale solo dalle schegge di granata, mentre di solito, nelle batterie corazzate dello stesso periodo, si preferiva adottare una spessa cupola in acciaio tale da essere perfettamente sicura nei confronti dei proiettili di medio e di grosso calibro. La minor protezione delle casematte fu sicuramente dettata dall'esigenza di proteggere i materiali e gli uomini dalle intemperie, piuttosto che dal tiro nemico. I progettisti del forte lavorarono nella convinzione che non esistesse un'arma a tiro curvo con delle caratteristiche di potenza tali da colpire con efficacia un obiettivo posto a così grande altezza, come lo Chaberton. Se il ragionamento poteva avere una certa validità ai primi del secolo, quando la batteria vide la luce, solo una ventina di anni più tardi, con la comparsa di nuovi materiali e con l'esperienza maturata nella Prima Guerra Mondiale, tale certezza sarebbe rapidamente sfumata e il forte avrebbe assunto sempre più l'aspetto, come si scrisse, di "una bella donna sfiorita troppo presto". La batteria, a differenza di altre fortificazioni di alta quota, fu costantemente presidiata, tranne nel periodo 1915-18 e in quello immediatamente successivo. D'inverno salivano a turno alcuni plotoni di alpini del 3° Reggimento; nel periodo estivo la guarnigione veniva completata dagli artiglieri, che vi effettuavano i consueti tiri di esercitazione. Nel 1938 lo Chaberton venne inquadrato nell'ottavo Reggimento di Artiglieria Guardia alla Frontiera (515^ batteria GaF). Nella breve Guerra delle Alpi del 1940, nonostante fosse ormai inadeguato per concezione tecnica, lo Chaberton venne chiamato a sostenere il suo compito. Il forte per troppo tempo ritenuto dagli alti comandi italiani inespugnabile ed impossibile da colpire, preoccupò alquanto lo Stato Maggiore francese che studiò adeguate contromisure, avvalendosi delle informazioni fornite dai suoi Servizi Segreti che funzionarono egregiamente, e che cominciarono a raccogliere informazioni dettagliate fin dall'inizio della costruzione della strada, nel 1897. Allo scopo di rendere inoffensiva la fortezza più alta d'Europa nel 1930 vennero ideati, approntati e trasportati in gran segreto a Briançon quattro speciali mortai Schneider calibro 280 mm. che consentivano di sparare sino a 10.000 metri di distanza granate cariche ad alto esplosivo pesanti 250 Kg. raggiungendo, quale vertice dell'arco parabolico di tiro, l'altezza di 3.000 metri dal punto di partenza. A totale insaputa dei nostri vertici militari, i quattro mortai vennero piazzati nella valle di Cervieres, ripartiti in due postazioni a quota 2.000 metri, in zone defilate, invisibili dal lato italiano, e furono portati a termine lunghi e complessi calcoli per predisporre le relative tavole di tiro. Il 10 giugno 1940 Mussolini dichiarò guerra alla Francia e, mentre nei primi giorni le forze contrapposte rimasero praticamente ferme ed inattive sulle posizioni di partenza, dal forte dello Chaberton, invisibile ed irraggiungibile perché al di sopra delle nuvole e della coltre nebbiosa, i cannoni cominciarono subito a sparare sui forti di Briançon. Il maltempo imperversò per vari giorni, piovve e nevicò copiosamente. Solamente il 21 giugno le nubi si aprirono ed agli artiglieri francesi divenne visibile la vetta dello Chaberton. Dopo pochi tiri di aggiustamento il forte venne centrato ed un'esplosione spettacolare fece volare una cupola di acciaio in un'enorme nuvola di fumo nero. Dopodichè i francesi iniziarono il tiro di batteria che si protrasse, tra molte interruzioni dovute al maltempo, per tutta la giornata. I tiri dei mortai Schneider giunsero a bersaglio anche nei giorni 22 e 23 giugno, ogni qual volta la nebbia e le basse nubi consentivano la visuale della vetta del Monte Chaberton, ma il forte italiano non rispose più: sei torri su otto erano state distrutte e due gravemente danneggiate. La difesa degli artiglieri italiani fu esemplare e coraggiosa, ma non diede risultati apprezzabili, in quanto non si riuscì a localizzare la provenienza delle granate avversarie. A sera il dramma dello Chaberton apparve in tutta la sua evidenza: in una sola giornata di fuoco avversario erano deceduti nove uomini, fra ustionati e feriti se ne contavano altri cinquanta, sei cannoni erano completamente fuori uso, la teleferica distrutta e tutti i collegamenti interrotti. L'armistizio del 24 giugno pose fine al bombardamento francese. Abbandonata completamente dopo l'8 settembre 1943, la batteria fu nuovamente occupata da reparti della Folgore della R.S.I. nell'autunno del 1944, in coincidenza con l'avanzata delle truppe alleate nella Valle della Durance. Le severe clausole del Trattato di Pace del 1947 assegnarono i ruderi della fortificazione e una cospicua parte del monte Chaberton alla sovranità francese come riparazione di guerra. Dieci anni dopo, per l'ultima volta salirono sulla vetta gli operai di una ditta di Cesana con il compito di smantellare totalmente le casematte e i relitti arrugginiti delle bocche da fuoco. 

Rimasero solo più i ruderi delle otto torri, sempre più degradati, a testimoniare l'esistenza di quello che era stato, nei primi anni del nostro secolo, il forte più alto d'Europa.

Fonti: Edoardo Castellano "Distruggete lo Chaberton" Ed.Tipolito Melli Dario Gariglio, Mauro Minola "Le Fortezze delle Alpi Occidentali" Ed. L'Arciere

 

Corrado Piccoli

 

CHABERTON
3130

Salita a cavallo dell’Alpitrek al forte più alto d’Europa

Chaberton: antica parola celtica,“Montagna Scintillante”.

Alta, isolata, magnifica attira per il suo osare l’ira degli Dei, che la tempestano di fulmini.

Gli uomini hanno spianato la sommità e creato nei tempi remoti una fortezza.

Otto torri resistono, casematte, caserme, bunker e centinaia di metri di filo spinato la proteggono ancora.

Ogni anno alla fine di giugno la tempesta fa turbinare schegge di ferro delle granate per scaraventarle sui fantasmi dei soldati, italiani e francesi che, abbracciati tra loro, giocano a schivarle.

La via parte dal fondovalle, man mano sale e attraversa villaggi alpini cresciuti nei secoli ai bordi della foresta.

Dopo il Rio dell’Inferno la via diventa approssimativa e s’impenna come un puledro imbizzarrito.

Occorre trattenere il respiro per attraversare Rocca Tagliata  e non svegliare lo Spirito della Parete, quello che scaglia le pietre

Pian dei Morti: acqua pulita, acqua pura, acqua nascosta

Colle Chaberton: nei giorni limpidi si scorge Gondor

Poi la cima  

dalla quale puoi guardare gli Spiriti dritto negli occhi

 

2010
l'anno dello Chaberton

lunedì 16 agosto

la compagnia lascia vallestretta nel pomeriggio, attraversa il colle della scala su sentieri militari, a plampinet prende un buon caffè presso la locanda poi prosegue per chalet des acles, ideale posto per un bivacco, nel raggio di 10  metri  ci son  sorgenti torrenti e legna da bruciare

si riempiono le borracce a pian dei morti, l'alta montagna è arida l'acqua preziosa le pinte grasse sono belle e piccole resistono al clima severo, più in su i cavalli possono bere l'acqua delle cisterne dei soldati, è possibile calando le musette con una corda

martedì 17 agosto

l'alpitrek sale alla dourmeillose poi alla lause poi scende per la colazione a claviere, continua su sagnalonga su strade militari ex carrozzabili, in sella nella foresta, si passa sotto il lago nero, si accampa a ruilles, tappa magnifica

si percorre il camminamento che porta alla base delle otto torri, il mondo è sotto la voragine;
si vedono in basso le vecchie caserme che davano ricovero agli artiglieri

mercoledì 18 agosto

l'alpitrek scende su buona strada su bousson dentro una foresta, prosegue per cesana, continua per far colazione a fenils, da qui inizia la salita verso colle chaberton, per bivaccare in prossimità di questo colle a 2700mt, non si può spiegare cosa succede di notte lassù, sei tra vento e stelle, vedi lontano nell'inquieta notte (la notte a quelle altitudini è sempre inquieta) la civiltà dell'uomo che vive mille metri sotto, sei appeso alla pietra,  il saccopelo è la  tana, i kamerati vicini

 Lo senti vicino.

Chi preferisce dormire a fenils può farlo in un bel agriturismo e raggiungere la compagnia il giorno successivo, in questo caso la partenza è alle sei di mattina

ore 8e30 sulla cima dello chaberton

giovedì 19 agosto

l'alpitrek sale a forte chaberton, la montagna scintillante, si ferma e si sofferma, senza fretta, entra nelle torri, nei bunker poi scende di nuovo al colle, fa colazione raccoglie l'equipaggiamento e scende ancora percorrendo la stessa strada fino al rio dell'inferno, dopo il rio converge a sinistra verso madonna di cotolivier, e finalmente si accampa nei ricchi pascoli sottostanti

la compagnia ha superato colle chaberton 2700m per accamparsi ai baraccamenti militari; sono le 6 del pomeriggio il sole si abbassa adagiandosi sull'ovest facendo ripiombare nell'ombra l'altro lato della montagna

venerdì 20 agosto

l'alpitrek scivola su ulzio e pian piano ritorna a casa seguendo il fondovalle

Chaberton 2010
più che un trekking è una spedizione  a cavallo a vasto raggio su terreno alpino di spettacolare bellezza, sviluppandosi abbastanza lontano dai centri civili permette di osservarli guardando giù

è una spedizione in quanto la progressione ha supporto logistico

i cavalieri procedono con equipaggiamento leggero sulla sella, mentre quello pesante è trasportato dal logistico con i viveri per cavalli e cavalieri

la spedizione è divisa in due parti

la prima sulle aree alte dura  5 giorni ed è caratterizzata dalla salita al forte, ovviamente se il tempo è cattivo non se ne parla nemmeno, a quelle quote (3000 m) è estremamente pericoloso procedere, il freddo l'eventuale neve e soprattutto i fulmini non consentono sicurezza

la seconda è sul fondo valle e consiste in 2 o 3 tappe rilassanti per rientrare alla base di giaveno

il fondovalle della valsusa è ricco di storie e di abbazie, è il sentiero che i franchi percorrevano nell'evo antico

possono partecipare cavalieri con il proprio cavallo

cavalieri con i nostri cavalli (che son pochi)

persone a piedi agganciandosi al logistico

è possibile, per coloro che preferiscono, partecipare al solo sereno (culturale) rientro

per prezzi ed informazioni mettersi in contatto con l'alpitrek

bivacco a 2700m sotto lo chaberton
bivaccare ha queste quote è possibile solo quando il tempo è perfetto
i cavalli sono sistemati in trincea al riparo dal vento
al tramonto le termoriflettenti vengono sistemate sulle loro groppe, a quelle quote la temperatura di notte scende