Questa è una storia narrata da
Claudio Servetti, racconta un rapporto con dei cavalli
che aiutano a vivere
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Brown è il mio cavallo da 12 anni, non è
stato facile all’inizio ma poi piano piano,
passando molto tempo insieme e condividendo molte
avventure abbiamo imparato a conoscerci, capirci
come due commilitoni prossimi al congedo.
Andare a cavallo con il “mio “ cavallo è
bello per me, sai per certo che tutto andrà
liscio, puoi veramente rilassarti perché c’è
sintonia e qualunque imprevisto si debba
affrontare sai benissimo che non rappresenterà
alcun problema.
Non rinuncerò mai al mio compagno ma è tempo
che penso che prima o poi debba valutare di
cominciare con un nuovo amico più giovane per
poter risparmiare Brown che ha già passato i 20
anni. Sono preoccupato di sbagliare la scelta, di
non riuscire a costruire un nuovo rapporto, di
fare inutili comparazioni, di farmi male o magari
di smettere di divertirmi.
Occorre però andare avanti, sempre e quindi
comincio a chiedere consigli e suggerimenti a
tutte le persone che stimo e che hanno il mio modo
di concepire l’equitazione e alla fine di tutte
le considerazioni, mi concentro su quello che
ritengo sia l’aspetto più importante: la
provenienza e l’imprintig, non mi interessa
tanto la razza o il colore del mantello ma sulla
fiducia che nutro sull’amico che aveva allevato
il cavallo e quindi sulla sua conoscenza del
carattere e delle caratteristiche.
Ed è arrivato Cody un Sauro Appaloosa di
cinque anni.
Si riparte, non si torna indietro.
Cody è molto socievole, di buon carattere
abituato ad avere intorno l’uomo, ben
predisposto ma poco abituato al lavoro, comincio
con un filetto leggero ad andare in passeggiata,
è inverno c’è molta neve,
non mi diverto per niente, a sua discrezione si
pianta e non c’è verso di farlo ripartire, ogni
corso d’acqua si terrorizza e non si va oltre,
è impossibile non fare confronti con Brown che mi
pare un carro armato che piloti con un dito.
Quanti rimpianti, avrò sbagliato nella scelta?
Sarò in grado di proseguire?
Non demordo, vado avanti. Credevo buona idea
tenere i due cavalli divisi per un primo tempo in
attesa che si conoscessero meglio prima di
metterli insieme nello stesso paddok ma , una
mattina, avevano deciso di rompere la divisione
per stare insieme.
Bene, tanto prima o poi l’avrei fatto io. Il
secondo giorno Cody ha il posteriore destro
sollevato da terra e zoppica vistosamente. Ad
altezza del nodello ha un “buco “profondo, lo
disinfetto e il pomeriggio pare andare meglio,
decido di montarlo per una mezzoretta e sembra
andare bene.
Per fortuna non è successo nulla di grave.
Il mattino seguente decido di uscire per una
gita della giornata, anche a Cody ho tolto il
filetto e uso la capezza Parelli, risponde bene,
non ho problemi particolari.
Cody non si muove, l’arto offeso e sollevato
da terra, non va per niente.
Decido di lasciarlo a riposo ma il giorno dopo
peggiora e mercoledì chiedo al veterinario di
darle un occhiata.
Inizia il calvario.
Cominciamo con una serie di antibiotici per
scongiurare l’infezione, non servono a molto, la
ferita si rivela un tendine offeso ma non si
riesce a capirne la gravità. Ma ora non è il
problema più grave.
Cody si è infettato. Perde peso, ha febbre,
non mangia. Tutta la vitalità del puledrone è
svanita.
Si suppone che Brown abbia calciato Cody e un
rampone del ferro appena cambiato abbia lacerato
il tendine .
Cure su cure, lavaggi e antibiotici e per
poterlo curare anestesie, iniezioni e le cose
vanno sempre peggio, la febbre continua e Cody
continua a dimagrire.
Se non si decide di fare qualcosa lo perdiamo.
Decidiamo per il ricovero in clinica. È l’unica
soluzione.
Cody viene operato per poter effettuare una
serie di lavaggi all’arto e cercare di debellare
l’infezione.
È andato tutto bene. Ora bisogna aspettare.
Vederlo è deprimente. Sembra un cavallo
vecchio prossimo alla morte, aghi piantati nel
collo per le flebo, magro, malato.
Niente da fare l’infezione continua a
progredire, l’antibiotico non fa effetto,
probabilmente il sangue non riesce a irrorare il
medicinale nella parte finale dell’arto.
Continuo a cercare di capire che cosa sta
succedendo, non ci riesco bene, non sono un
veterinario e non voglio apparire ignorante e
stufare, chiedo poco . Mi fido, non posso fare
altro.
Altra anestesia, si decide di riaprirlo per
tentare con nuovi lavaggi.
Cody non è più lui. Soffre ed io con lui. Mai
avrei detto che sarebbe andata a finire cosi.
Era l’invernale del 2009, la terza settimana
di marzo.
Parto con Brown, sono preoccupato, ci diamo
come ultimo termine proprio quel sabato, se la
febbre non passa, vuol dire che l’infezione è
presente e non c’ è più nulla da fare. Forse
è meglio smettere di farlo soffrire.
Sono sempre stato fatalista, contro il destino
non possiamo fare nulla.
Ho rischiato la vita mille volte quando
arrampicavo, sapevo con certezza che avrei potuto
non tornare a casa, mi andava bene così. Ero
attento e cercavo di controllare il rischio ma
sapevo con precisione che ci sono delle variabili
assolutamente imponderabili. Avevo la serena
consapevolezza che avrei potuto completare la mia
vita a 20 anni ma allora (ed anche adesso) ero
assolutamente convinto che non era importane
quanto vivevi ma come, e poi vivere 20 o 100 anni
cosa cambia rispetto alla vita di un albero o di
una montagna?
Forse è meglio smettere di farlo soffrire. Non
è più vita.
Aspettiamo ancora.
Ultimo tentativo, riapriamolo.
Ne varrà la pena? Si decide si.
Non ricordo bene che cosa fecero in quell’intervento
ma era l’ultimo tentativo.
Era meglio non passare a vederlo credetemi.
Dopo diversi giorni l’infezione pareva essere
stata debellata.
Ma che cosa rimaneva di quel cavallo?
Debilitato, emaciato, vecchio e con un tendine
danneggiato.
Il giorno che finalmente è stato dimesso,
prima di caricarlo sul trailer, il veterinario ha
voluto cambiargli i bendaggi, l’abbiamo portato
verso la camera operatoria per la medicazione.
L’aveva capito subito e imboccata la strada
ha incominciato a fermarsi ed arretrare, voleva
tornare indietro.
Non ne poteva più di veterinari, iniezioni,
medicamenti, flebo. Aveva deciso che forse era
più dignitoso morire e farla finita. Così non
era più vita.
È arrivato a casa, ho delimitato un quadrato
di quattro metri e l’ho messo li.
Qualche settimana dopo, ecografia di uno
specialista per vedere la situazione, altra
anestesia, altre iniezioni.
Non ci sono molte speranze, il tendine è
appeso ad un filo. Per fare quello che fate voi
Cody non funzionerà.
Basta un niente che il tendine salti del tutto,
non ci sono speranze.
Cody fatica a prendere peso, passa il tempo ma
migliora con una lentezza esasperante.
Decido di farlo vedere ad un terzo specialista.
Vorrei solo essere sicuro di non illudermi.
Cerco di non affezionarmi perché un cavallo
che non funziona non posso permetterlo e devo
sapere se cominciare a trovare un posto per lui.
Niente da fare.
Non sarà mai un cavallo utilizzabile al cento
per cento. Se avrai fortuna magari per qualche
uscita di un ora……
Siamo in Aprile sono passati tre mesi.
Nella vita bisogna dare a tutti una seconda
possibilità e decido di darla anche a Cody.
Lo lascerò per tutta l’estate e vedremo che
cosa succederà.
Nel solito quadrato, incomincia lentamente a
stare meglio, o almeno sembra.
L’erba cresce, soffre per non poter essere
nel prato a pascolare, tutti i giorni taglio l’erba
per poterlo accontentare e non mandarlo in
depressione.
Non ci sono speranze. Non illuderti.
Era una bellissima giornata di fine agosto,
quelle giornate terse, limpide avvisaglie dell’imminente
autunno. Non ce la faceva più a rimanere in quel
quadrato oramai consumato da quei chilometri fatti
in quella cella.
Sono sicuro che me l’abbia chiesto, forse era
pronto o forse si era solo stufato di fare quella
vita.
Ho aperto il recinto.
Vai e vivi o muori, non ha importanza.
Per i primi minuti è stato un susseguirsi di
salti ed evoluzioni ed ero sicuro che appena si
fosse fermato l’arto sarebbe stato danneggiato
irreparabilmente.
Ma non è andata cosi.
Cody pareva avercela fatta almeno per il
momento.
A fine settembre abbiamo ricominciato a
lavorare insieme, non era più lui, era più
sereno, meno timoroso forse ci eravamo solo
conosciuti meglio.
Un quarto d’ora per volta poi, mezz’ora ,
un’ora e poi a ottobre quando le cose parevano
andare meglio, basta. Ora ce la puoi fare, e da
allora Cody è diventato un cavallo normale e
trattato senza remore e condizionamenti, le uscite
del giorno e i trekking di più giorni , come
amiamo fare.
Un inverno ricco di neve, grandi sudate per via
di un anno di inattività e di tutti i farmaci in
corpo e ora smaltiti poco alla volta, il peso che
non è ancora quello che dovrebbe, ma noi non
abbiamo fretta abbiamo tutta la vita davanti.
Cody non ha mollato, forse ci ha voluto
dimostrare che anche quando le cose sembrano
prendere una brutta piega e in apparenza non ci
sono vie di uscita, occorre andare avanti e non
mollare mai.
Cosi è la vita.
PS non raccontate a nessuno questa storia
perché sono superstizioso e a volte parlarne
porta male………
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