ROCKY MOUNTAINS
di Andrea Mischianti 

Foto di Natalia Estrada
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Dal Taccuino di Campo di Natalia Estrada e Andrea Mischianti.

Agosto.

Wyoming.

Teton National Park

Giovedì.

Una tempesta sta arrivando dal Canada. La vediamo dalla vecchia baita in mezzo al sagebrush, ci viene addosso con furia e rumore.

Vento da Nord.

Grandine.

Gli alberi si piegano e gemono forte.

Siamo soli in mezzo a questa pianura circondata dalle montagne.

Natalia vuole fotografare la tempesta.

Io vorrei solo tornare alla base.

Una mandria di bisonti fila via a testa bassa verso il fiume, cercano riparo nel canyon.

Nessun uccello in cielo. Ad un tratto è buio.

Mai visti tanti fulmini in vita mia. I tuoni mi fanno sbattere i denti.

Ma Natalia è lì con la sua Nikon, e non ce ne è a portarla via.

Poi ci siamo dentro.

Penso che un fulmine ci ammazzerà di sicuro.

Lei scatta e ogni tanto mi guarda.

C’è un altro temerario in giro.

Un bisonte, un grosso maschio solitario e più matto di noi.

Rimane lì con la schiena verso la fine del mondo e lascia il suo naso sul pascolo.

Arriva la pioggia fredda e la grandine dura.

Finalmente torniamo indietro.

Col fuoristrada, lentamente raggiungiamo un rifugio vicino al fiume Snake.

C'è gente che l’ha vista brutta tra le rapide con le canoe.

Siamo tutti dentro, al sicuro.

Due cavalli e un mulo sono legati fuori, sotto una tettoia.

Ci sediamo, dalla vetrata enorme si vedono il fiume e la montagna.Lo Snake è gonfio d’acqua e arrabbiato come un grosso cane cattivo.

Ci servono vino californiano e un pezzo di salmone locale.

E’un momento speciale e non lo dimenticheremo mai.

Il mio coltello è ancora nella fonda, credevo di averlo perso. E’ un green river, me l’ha regalato Mauro. Questo vecchio pezzo di ferro e palco di cervo mi ha accompagnato attraverso tutto il Nord America selvaggio e a casa, in Italia e poi in Spagna e in Austria e in un sacco di altri posti dove un dannato cittadino non metterebbe mai piede.

Ci taglio il pezzo di salmone col coltello e penso a Vecchio Lupo e so che lui è qui con me…

Fuori continua a venire giù dura, il cielo è nero e vomita fulmini.

Il rifugio è pieno di disperati come noi.

Alpinisti, vaccari, pescatori, famiglie sperdute che vengono magari da Boston o New York. Noi siamo a posto, veri e sereni nei nostri vecchi stivali, le giubbe di tela consumate, i cappelli frusti di sole e di pioggia i coltelli affilati, l’anima fiera di chi conosce il “ là fuori”…e non lo teme, pur rispettandolo con immensa umiltà.

Venerdì

Entriamo nella foresta. Siamo ad Ovest dell’Absaroka Range.

Ci sono molti stagni e piccoli laghi.

Avvistiamo e fotografiamo un alce femmina con il piccolo.

Troviamo orme di lupo e di puma nel fango e una grossa impronta d’orso.

Credo sia un Nero, non un Griz.

Oche canadesi attraversano il cielo.

Vento da nord.

Nuvole.

Procediamo verso ovest e poi torniamo a sud.

Andiamo a caccia. Con una Nikon al posto di un 30-06.

L’emozione c’è tutta, ma la pancia rimane vuota.

Io sono abituato ad avere un bel pezzo di acciaio carico tra le mani, ma Natalia non ama uccidere niente.

Io non amo uccidere, ma se devo mangiare preferisco iniziare e finire il discorso, ma questa è un’altra storia. Ascolto, capisco, mi adeguo.

Mangiamo quindi Jerky di bisonte sotto gli alberi osservando un branco di femmine wapiti al pascolo.

Torniamo al campo base.

Il campo base è una bella baita di tronchi, calda e accogliente.

Meglio di qualsiasi campo base vero.

Meno selvaggia ma bella, solida. Potremmo viverci e forse un giorno lo faremo davvero.

Dimenticatevi il forse.

Piove.

Andiamo in paese. Un posto fondato dai mountain men.

Scambiavano pelli, coperte, pentole e coltelli nella piazza con gli indiani… un po’ di tempo fa.

Trappers francesi, gente della Compagnia di Hudson e... pensate, anche un paio di Italiani, uno di Firenze e uno di Roma, finiti a vivere coi Crows…

Ceniamo in un lordissimo Burger place che però fa dei panini favolosi.

Il nostro lusso è una birra Flat Tire, da sorseggiare sereni guardando da lontano la riva del selvaggio Snake River.

Sabato

Verso il Montana.

Territorio aperto, sterminato.

Antilopi lontane nell’altopiano.

Molte poiane dalla coda rossa. Cervi mulo sulle pendici dei colli.

Sta arrivando un’altra tormenta da Nord.

Nel paesino di Dillon ci prende in pieno.

Alberi che si sradicano e noi dentro a un negozietto second-hand di attrezzatura per montanari e vaccari. Compro delle cose incredibili per un dollaro al pezzo e sono felice come fossi uscito da una  boutique.

Natalia scatta foto anche qui.

Dormiamo in un motel e mangiamo palle di vitello fritte. Le ostriche della prateria.

Il mattino dopo torniamo verso sud e incontriamo un orso nero che ci attraversa la strada e salta dentro ad un parcheggio dei fuoristrada dei rangers.

Domenica

Mammoth Hot Springs, Yellowstone Nat.Park.

Antilopi sul plateau.

Bisonti. Cervi Wapiti, coyotes, aquile e cigni sul fiume.

Sole e vento.

La foresta intorno a noi, verso ovest è immensa. Immensa nel senso dell’immenso, cioè non finisce mai, copre l’orizzonte, eterna, profonda, scura, severa, bellissima.

Arriviamo al Canyon.

Alberi contorti sopra il baratro.

Impossibile scendere direttamente dalla parete.

Prendiamo il sentiero e raggiungiamo il punto più basso possibile.

In fondo il fiume  infuria tra le rocce.Tornando verso monte incontriamo una bellissima cerva curiosa nel bosco.

Pranziamo con un paio di sandwich vicino al fuoristrada.

Questa è Grizzly Country, meglio non rischiare.

Un’altro orso nero attraversa la valletta vicina.

Lo guardiamo allontanarsi tra l’erba.

Attraversiamo la Lamar Valley.

La MIA valle.

Amo questo luogo.

Tanti anni fa ci ho passato un po’ di tempo e lasciato un mucchio di pensieri strani.

Da solo. Ero qui da solo.

Lontano da chi mi voleva vicino.

Ma solo nell’incomprensibile bisogno di esserci.

Ora sono con Rugiada e Batte Le Ali.

Mi sembra impossibile.

Questa valle credevo fosse un posto dove ritrovare quel pezzo di me che beveva vento e si beava della libertà di essere solo.

Ora sono qui con loro e sono felice. Mancano Lupo Rosso e Betulla.

Mancano come a un cieco mancano gli occhi.

Il cielo è selvaggio e straordinario.

Ci vola dentro un falco ….

Osserviamo un grosso lupo con il binocolo.

Poi verso Cooke City, che è un buco di quattro case di legno sul confine col Montana, avvistiamo dei Bighorns sulle ripidissime pendici delle montagne.

Lunedì

A cavallo nel Gros Ventre Range.

Territorio indiano, una volta,oggi paradiso di natura selvaggia.

Il simbolo degli Stati Uniti d’America volteggia sopra di noi nel cielo turchese. La Bald Eagle.

Branchi di wapiti si muovono tra la foresta e il fiume che pullula di trote “gola tagliata” e salmoni.

Arriviamo sul crinale che domina le vette dei monti Tetons.

Lo spettacolo è indescrivibile.

Osserviamo le mandrie dei bisonti muoversi sui flats come fossimo vecchi Trappers alla ricerca del Passaggio a Nord-Ovest.

Vento.

Sole.

Clima perfetto.

Torniamo al ranch.

Pranziamo con Sean, su una terrazza di legno accanto al torrente.

Parliamo di orsi.

Un problema per chi vive qui.

Grizzlies e puma entrano letteralmente nelle case.

Al ritorno attraversiamo di nuovo i flats e ci fermiamo in una Pack Station dove partono le spedizioni di caccia all’alce con muli e cavalli al seguito.

Roosvelt è stato qui.

Antilopi sulla strada.Tramonto straordinario. 

Martedì

Prepariamo i bagagli.

Si torna a casa.

Come sempre ci mancheranno questi posti, ma abbiamo anche molta voglia di scoprire i nostri sentieri domestici.

Le colline e l’Appennino, l’Alpe di Lusia, Valle Stretta, i monti sopra la mia casetta in Umbria…

Questo viaggio ci ha messo fame di wilderness…

Appena arrivati, selliamo i cavalli e andiamo.

Ci aspetta un campo sulle Alpi Francesi con il Centro Sperimentale di Equitazione Alpina di Mauro Ferraris, l’Alpitrek, insomma.

Una settimana accampati con le tende accanto al fiume, insieme ad i nostri cavalli, pronti a scalare le montagne…

Prima di andare all’aeroporto torniamo a dare un saluto ai monti Tetons.

Sono belli come dei ellenici.

Selvaggi, ancora spruzzati di neve.

Conservano i nostri ricordi e la nostra voglia d’avventura.

No river too wide…no mountain too high.

Continueremo ad andare.

 

Andrea Mischianti

Foto di Natalia Estrada