GREGORIO, CAVALLO ALPINISTA
il Maresciallo Blasio e Paola Giacomini hanno scritto sui ferri da trekking, avevamo un pezzo interessante da pubblicare ma l'abbiamo sostituito con questo scritto da Franco Faggiani nel 1984, l'abbiamo sostituito perché si è saliti lassù proprio grazie a  ferri descritti da loro, e  questo pezzo documenta bene la salita oltre Plateau Rosà

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II suo nome completo è Gregorio Luciano Quintino, ma tutti lo chiamano Messner: è l'unico equino a essere salito fino al Cervino.

Mauro Ferraris, il compagno d'avventura di questo incredibile quadrupede, racconta a Jonathan la sua bellissima storia

Molti ci hanno voluto osannare, altri ci hanno criticato. Il bello é che noi non volevamo dimostrare niente di speciale; volevamo semplicemente vivere un momento magico, solo un momento, con le cose che più amiamo al mondo: i nostri cavalli, le nostre montagne, la nostra libertà". Così Mauro Ferraris, alpinista e cavaliere, risponde a chi gli chiede il perché della sua ultima impresa: la salita a cavallo ('Con il cavallo' ci tiene a dire lui) fino a quota 4 mila del Colle del Breo. Chilometri e chilometri fianco a fianco con Gregorio. Gregorio Luciano Quintilio, ribattezzato dai giornali II Messner degli equini, é stato il compagno di questa insolita avventura. Ma lui, cavallo sardo di dodici anni, rustico e robusto, dal passo solido e sicuro, non si è mai minimamente scomposto. Neanche quando le sette guide della Scuola di Alta Montagna della Valle d'Ayas gli hanno messo una complessa inbragatura da alpinista per sostenerlo in caso di caduta; neanche quando sempre lui, Gregorio L.Q. ha dovuto superare un improvviso tratto di ghiaccio vetrato o camminare su una stretta cresta franosa con sotto Zermatt da una parte e tutta la Valtournanche dall'altra.

"Quella del ghiaccio vetrato é stata la sorpresa più brutta del viaggio" dice Ferraris, "perché in quel tratto non ce lo aspettavamo proprio e quindi noi non eravamo ancora materialmente attrezzati per affrontarlo. Per fortuna amici alpinisti ci erano venuti incontro e hanno fatto in quel tratto una catena umana alla quale mi sono potuto aggrappare mentre salivo di slancio i lastroni tenendo Gregorio per le redini portandolo con me." Ma come può nascere l'idea di una impresa del genere? "Io e alcuni amici abbiamo già quattro anni fa fondato l'Alpitrek, un gruppo informale di persone che amano andare a cavallo e andare in montagna. Quando possiamo fare imprese come questa ci sentiamo affiatati, allenati, felici. L'impresa con Gregorio è nata da un ricordo. Un giorno ero in boita a lavorare con calma (la boita, nella tradizione piemontese, era la piccola officina meccanica di periferia n.d.r. ) e ho pensato che il Colle del Teodulo a oltre 3300 metri una volta era l'unico punto di attraversamento, e quindi di comunicazione e di commercio, tra i territori elvetici del Vallese e quelli valdostani. Gruppi di mulattieri, fino a meno di mezzo secolo fa, ogni estate andavano su e giù per concludere affari da questa o da quella parte delle montagne. Così ho pensato semplicemente che valesse la pena di ripetere quell'itinerario; la mia, se vogliamo, é stata una piccola impresa che alcuni potrebbero definire, secondo una moda corrente, dai risvolti culturali." Come si é sviluppato l'itinerario? Siamo partiti in 4 cavalieri e 4 cavalli da St. Jacques, ultimo villaggio della valle d'Ayas, scelto proprio perché era tranquillo e nessuno ci avrebbe notato troppo. Lì, al rifugio Casale, ci siamo incontrati per la prima volta con le guide alpine che avrebbero dovuto accompagnarci nel tratto finale. Le guide al primo impatto si sono meravigliate di vedere dei clienti quanto meno strani: cavalli e gentaccia con giacche di pelle ricamate e intarsiate, arricchite di perline colorate degli indiani canadesi anziché alpinisti con le impeccabili attrezzature all' ultimo grido. Ma ci hanno subito capito, anzi, si sono anche entusiasmati tanto che poi ci hanno guidato gratuitamente. Abbiamo fissato un appuntamento due giorni dopo al Colle del Teodulo per non far perdere loro troppo tempo: noi infatti volevamo portar su i cavalli con molta calma per farli ambientare e pascolare tranquilli mentre le guide avrebbero potuto salire in poche ore. Così il giorno dopo ci siamo portati ai 2 mila metri dell'Alpe Masi, bei pascoli tranquilli, grandi montagne e tanto silenzio. La notte ecco però le prime preoccupazioni serie: pioggia torrenziale mista a neve. Comunque siamo ugualmente partiti presto e in tre ore siamo arrivati ai 3 mila metri del Colle delle Cime Bianche, attraversando la grande pietraia per portarci sull'altro versante della conca e risalire verso il Colle del Teodulo. Al rifugio omonimo i gestori torinesi Maria e Aldo Bonino ci avrebbero fatto trovare un tetto confortevole e avena e fieno fresco per i cavalli. Per affrontare questa salita abbiamo avvitato agli speciali ferri dei cavalli dei ramponi da ghiaccio che ci avevano realizzato i maniscalchi della Scuola Militare di Mascalcia del Corpo Veterinario dell'Esercito a Pinerolo. Nel pomeriggio sono finalmente arrivate le guide, ma purtroppo il tempo era brutto, con nuvole basse e caldo. I cavalli erano stati sistemati fuori, con addosso coperte di piumino preparate dalla Manudieci di Milano, un prodotto nuovo che volevamo collaudare. Anche noi cavalieri ci siamo sistemati all'aperto accanto ai cavalli, nei sacchi a pelo sotto il portico. Volevamo stare tranquilli e controllare il comportamento dei nostri compagni a quattro gambe. Si scrutava il cielo sperando ardentemente che venisse il vento a portare per noi cielo terso e quindi freddo. In serata abbiamo fatto un summit con le guide: tensione, parole, silenzi, sguardi riflessivi. Poi la decisione finale che avevo lasciato a loro in tutta serenità; la sicurezza innanzitutto e non una impresa, seppur piccola, a tutti i costi. E la decisione fu che saremmo andati su con un solo cavallo. Venne scelto Gregorio perché ormai un veterano dei trekking d'alta quota. Quasi contemporaneamente ci fu un brivido di euforia: fuori il cielo si era improvvisamente aperto e il termometro era ormai sceso a meno quattordici gradi. Alle tre e mezzo del mattino alcune guide sono partite per un sopralluogo sui ponti di neve che avremmo dovuto attraversare. Erano solidi e potevamo andare. Siamo così partiti alle cinque, io, Gregorio, le guide, alcuni amici che nel frattempo ci avevano raggiunto. In silenzio totale, con le lampade accese, uno dietro l'altro. Siamo andati su per oltre 3 ore fino a quota 4 mila, sul Colle del Breithorn splendente di ghiacci e di sole, con le cime del Rosa e del Cervino così vicine che potevi toccarle, con l'emozione di aver ripetuto una storia. Poi i sogni, si sa, durano poco, perché la realtà ti costringe a prendere decisioni concrete. Avremmo potuto salire ancora, ma perché? Il caldo cominciava a farsi sentire e il piede ad affondare. Era tempo di ritornare.

Franco Faggiani

 
Ferri con ramponi da ghiaccio del Maresciallo Blasio

Parco nazionale del Gran Paradiso - marcia di avvicinamento - dietro ai cavalli il ghiacciaio del Gran Paradiso

 

La compagnia raggiunge il colle nel sorgere del sole

 

Primo piano del mitico Gregorio Luciano Quintilio al colle del Breithorn, magnifico dietro le sue spalle il Cervino

 

Sette del mattino. Gregorio attorniato da guide alpinisti e cavalieri all'arrivo al colle, il primo a sinistra è Renato Scagliola, la persona alla sinistra di Gregorio è Enrico Camanni. La foto è stata scattata nel 1984

 

Si toglie il ghiaccio dagli zoccoli

 

Colle del Teodulo, il Breithorn sullo sfondo

 

Rifugio del Teodulo 3317 m. dove abbiamo passato la notte